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Carbon, energy and forest biomass: new opportunities and needs for forest management in Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 270-272 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0312-0002
Published: Sep 21, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Forest biomass provides a relevant fraction of world energy needs, not only in developing Countries. In Italy, several factors are presently contributing to a new interest for this resource, ranging from regulatory quotas for renewables to the increasing price of fossil fuel to the emergence of a European carbon stock exchange. This focus on renewable resources constitutes an important opportunity for the forest sector and for society by and large, but because of the potential dimensions of the emerging market it also requires new planning instruments, in order to avoid a sudden and widespread resumption of coppice management and a reduction of standing carbon stock in forest ecosystems, which would run contrary to the objectives of the Kyoto Protocol. An example of the future demand for biomasses in Central Italy is presented, based on the possible use of fuelwood in new coal-fired power plants by the ’co-firing’ technology.

Keywords

Carbon, Energy, Forest, Fuelwood, Coppice, Management, Italy

 

A livello mondiale, le biomasse costituiscono la quarta fonte di energia, dopo il carbone, il petrolio ed il gas naturale, contribuendo il 14% del fabbisogno energetico del pianeta ([6]). Il loro peso è particolarmente importante nei Paesi in via di sviluppo, dove la legna da ardere e le biomasse di origine vegetale costituiscono ancora in molti casi l’unica risorsa disponibile. Anche nei paesi sviluppati le biomasse hanno peraltro mantenuto un peso non trascurabile. A livello italiano, si stima che il consumo di legna da ardere nel settore domestico ammontasse nel 1999 a 14.5 Mt, corrispondenti a 3.4 Mt equivalenti di petrolio ([4]). Questo equivarrebbe a circa il 3% del fabbisogno energetico nazionale.

Il concorso di numerosi fattori sta oggi determinando una crescente attenzione per le biomasse, così come per tutte le fonti energetiche rinnovabili. A partire dal 1999, infatti, in base al "decreto Bersani" (D.L. 79/99, come aggiornato dalla Legge 239/04 e dal d.lgs. 387/03), una frazione del 2% dell’energia prodotta da ogni operatore deve provenire da fonti rinnovabili. Questo ha determinato l’emergere di un mercato preferenziale, tale da ridurre il vantaggio economico dei combustibili fossili. Tale margine è stato poi ulteriormente eroso dal recente aumento del prezzo del petrolio e degli altri idrocarburi, passato fra il 2002 ed oggi da meno di 20 agli attuali 70 Dollari al barile.

Un terzo fattore sta infine giocando dal febbraio 2005 a favore delle energie rinnovabili: la nascita di un mercato europeo del carbonio ([5]), che stabilisce per ogni grande operatore dell’energia dei limiti di emissioni nell’atmosfera di gas a effetto serra, una delle misure introdotte per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Ogni aumento di produzione di energia viene quindi vincolato al ricorso alle fonti rinnovabili o all’acquisto di ’crediti di carbonio’ da chi sia invece riuscito a ridurre le sue emissioni di CO2 sotto il limite imposto. Il mercato ha già visto un aumento del prezzo dei crediti di carbonio dagli iniziali 7 ad oltre 20 Euro t-1, costituendo un ulteriore premio all’impiego di fonti rinnovabili di energia.

Fra queste, le biomasse presentano il vantaggio di essere prontamente integrabili con le tecnologie e le reti esistenti per i combustibili fossili. La strategia dell’ENEL, il maggiore produttore nazionale di energia elettrica, è incentrata soprattutto sulla tecnologia della co-combustione (co-firing), associata alla conversione al carbone cosiddetto ’pulito’ di numerose centrali, parte di una strategia generale di diversificazione delle fonti energetiche. La co-combustione permette infatti di miscelare al carbone un 10% di biomasse, senza alcuna modifica sostanziale agli impianti e con un impatto positivo sulle emissioni di inquinanti.

Quale potrebbe essere la rilevanza di questi nuovi sviluppi per la domanda di biomasse e di legna da ardere in particolare? Un esempio può servire a fornire un ordine di grandezza.

La centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia è una delle principali centrali elettriche italiane. La centrale è in via di riconversione dall’olio combustibile al carbone ’pulito’; per questo progetto l’ENEL si è aggiudicata il premio Powergen per l’innovazione tecnologica. Il volume di carbone movimentato è previsto fra i 3.5 e i 4 milioni di tonnellate all’anno, con una potenza complessiva di 1980 MW. È in corso di valutazione il progetto di trasformare a carbone anche la vicina centrale di Montalto di Castro, della potenza di 3600 MW.

Ipotizzando che grazie alla tecnologia della co-combustione un 10% del combustibile della centrale di Torrevaldaliga sia costituito da biomasse forestali, il fabbisogno annuo di legna ammonterebbe a 700000 m3. Questo equivale a più del 39% dell’attuale consumo di legna da ardere dell’intero Lazio, facendo riferimento ai dati di Gerardi & Perrella ([4]), o addirittura all’84% della biomassa prodotta in regione da cedui con buona o media esboscabilità, facendo riferimento alle stime di Ciccarese et al. ([3]). Prendendo in considerazione anche la centrale di Montalto di Castro, tale percentuale andrebbe più che raddoppiata.

Ovviamente resta da vedere quali saranno le scelte tecniche delle compagnie energetiche, e nel caso quanta parte delle biomasse utilizzate proverrebbero dalla utilizzazione dei cedui, ma l’esempio vale a illustrare l’importanza di queste scelte politiche per la gestione sostenibile dei boschi italiani. È facile notare peraltro una aumentata domanda di legna da ardere e biomasse legnose in tutto l’Appennino.

La rinnovata richiesta di biomasse di origine forestale costituisce ad un tempo una grande opportunità ed una fonte di incertezza. La produzione forestale costituisce infatti una delle poche risorse realmente rinnovabili del pianeta, se correttamente realizzata secondo i canoni della gestione sostenibile ([1]), ed una sua valorizzazione potrebbe contribuire a controbilanciare in parte un modello di sviluppo totalmente incentrato sull’uso di risorse non rinnovabili quali i combustibili fossili. In particolare, un aumento della domanda potrebbe aiutare a finanziare almeno in parte tutte quelle cure colturali e quegli interventi di miglioramento che si sono dovuti affidare negli ultimi anni alla sola disponibilità di finanziamenti pubblici, quando non sono stati del tutto trascurati. Anche una ripresa delle utilizzazioni del ceduo non deve essere certo vista come un attentato all’integrità del bosco, se correttamente governata ([2]). Vista l’entità della domanda esiste però oggi il fondato timore che la ripresa improvvisa delle utilizzazioni, dopo oltre un trentennio di maturazione del bosco e di accumulo di biomassa, si configuri come un prelievo non del frutto annuo ma del capitale accumulato, rischiando di riportare i boschi dell’Appennino nelle condizioni di impoverimento del secondo dopoguerra. Non si tratterebbe ovviamente di ’tagli di rapina’, essendo comunque gli interventi soggetti alle norme delle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale, ma verrebbe comunque meno il presupposto della sostenibilità stessa, che cioè il tasso di deplezione della risorsa sia non superiore al suo tasso di accumulo ([7]).

Va inoltre sottolineato che, nel quadro degli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto, il rischio è di immettere comunque nell’atmosfera del carbonio al momento immobilizzato in un serbatoio permanente: non già quello immagazzinato sotto terra nel corso di milioni di anni da parte dei micro-organismi produttori di petrolio, ma quello accantonato nella biomassa forestale nell’ultimo cinquantennio grazie alla riduzione dei tassi di prelievo. Questo contrasterebbe con l’obiettivo del Protocollo di Kyoto di ridurre la concentrazione atmosferica di ’gas serra’ e di contenere gli effetti sul clima globale, pur facendo ufficialmente ricorso ad una risorsa ’rinnovabile’ come il bosco.

Nel promuovere l’uso delle biomasse forestali come sostituto dei combustibili fossili, è perciò essenziale distinguere fra la gestione pianificata (’assestata’), che interessando ogni anno una frazione della superficie boscata complessiva compensa il prelievo con gli incrementi di tutte le particelle non toccate, dal taglio occasionale, guidato solamente dalle condizioni di mercato del momento. Se la prima è garanzia di gestione sostenibile, il secondo rischia di generare nel medio termine squilibri paesistici ed ambientali imprevisti.

Vista la prevalenza a livello nazionale della proprietà privata, non soggetta ad alcun vincolo di pianificazione di medio termine, sarebbe importante sviluppare in tempi rapidi strumenti normativi capaci di regolare questa fase di transizione, esaltandone le grandi potenzialità per la montagna italiana e riducendo al contempo i rischi di degrado.

References

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