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Trees Outside Forests (TOF) inventory as a tool for landscape analysis and support for territorial planning

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 253-266 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0363-0030253
Published: Jun 13, 2006 - Copyright © 2006 SISEF

Research Articles

Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio

Abstract

During the FAO Expert Consultation on Global Forest Resources Assessment 2000 (Kotka - Finland 1996), the importance of Trees Outside Forests (TOF) and the need for complete and detailed information about these stands were underlined for the first time. Since then and thanks to some pilot studies launched by FAO at the end of the ninenties, the international attention focused on three main topics: the definition of TOF and its classification (linear features, small woods, scattered and individual trees); the effective sampling methods to assess TOF, that are usually rare elements; the ecological role and the economic and social importance of TOF in industrialized and developing countries. Basing on these considerations, the sampling points of the second Italian National Forest Inventory (National Inventory of Forests and Carbon Sinks - INFC) intercepting small woods or linear features were recorded. Consequently, the INFC provides information about a substantial portion of the TOF of the country. Thanks to the availability of these data, a specific study was undertaken, aimed at improving information on TOF features and their role in the landscape. The present paper reports on the first results of this study for four regions of the Central Italy (Lazio, Marche, Toscana and Umbria), where the TOF are particularly significant.

Keywords

Alberi fuori foresta, Paesaggio, Inventario forestale, Italia centrale

Introduzione 

Alberature stradali e di ripa, alberi sparsi, siepi e boschetti in campagna, parchi e giardini urbani costituiscono i principali elementi del territorio associati al concetto di “alberi fuori foresta” (AFF). Questi, pur presentando una diffusione estremamente variabile da contesto a contesto, risultano importanti nella formazione e caratterizzazione del paesaggio, basti pensare al paesaggio “a mosaico” dell’Appennino settentrionale ([32]) o “a bocage” della Bretagna ([27]).

Il concetto di “alberi fuori foresta” viene dibattuto ufficialmente per la prima volta nel 1996 durante la FAO Expert Consultation on Global Forest Resources Assessment 2000, tenutasi a Kotka in Finlandia, il cui obiettivo principale era quello di fare il punto della situazione sulle tematiche inerenti la valutazione delle risorse forestali e le relative carenze informative. In detta sede non viene formulata una vera e propria definizione di AFF, ma il termine appare come un neologismo coniato per deduzione dalla definizione di foresta data dalla FAO ([7]). Il termine AFF fa riferimento a tutti quegli alberi o gruppi di alberi presenti su aree non appartenenti alle categorie “foreste” e “altre terre boscate”, in quanto non raggiungono le soglie minime di estensione, larghezza, copertura e altezza a maturità fissate per queste categorie ([11]). Secondo questa definizione sono alberi fuori foresta:

  • gruppi di alberi o boschetti con una superficie inferiore a 0.5 ha;
  • alberi sparsi capaci di raggiungere un’altezza di almeno 5 m a maturità in situ, ma con una densità inferiore al 5%;
  • alberi sparsi che non raggiungono un’altezza di 5 m a maturità in situ e con densità inferiore al 10%;
  • formazioni lineari e formazioni riparie di larghezza inferiore a 20 m.

Rientrano in questa definizione gli alberi disseminati nelle praterie e nei pascoli permanenti, le colture arboree permanenti, gli alberi dei sistemi agro-forestali, gli alberi in ambienti urbani e circostanti le infrastrutture (parchi e giardini) e quelli lungo le strade, le autostrade, i corsi d’acqua e i canali ([11]). Questa definizione non considera quindi aspetti importanti quali le funzioni e gli usi principali a cui sono destinate queste formazioni, la loro organizzazione spaziale, l’uso del suolo associato ([7]).

Nei singoli inventari nazionali degli AFF, sono state adottate invece delle definizioni differenti, maggiormente focalizzate su aspetti quali la funzione, l’origine, la distribuzione geografica e gli usi del suolo associati ([6], [20]).

Le funzioni svolte dagli AFF sono molteplici e diversificate, tali da rendere questi elementi del paesaggio un’importante risorsa multifunzionale utile per l’uomo. Tra queste merita ricordare la produzione di legname e legna da ardere ([25]), le produzioni secondarie, quali corteccia e frasca per gli animali domestici e altri prodotti eduli (ad esempio piccoli frutti, miele) ([26]), l’immobilizzazione di anidride carbonica atmosferica ([9]) e i conseguenti effetti positivi sulla mitigazione climatica, la protezione idrogeologica del suolo e della qualità delle acque ([13]), la protezione delle colture agricole in favore di una maggiore produttività ([18]), la conservazione della biodiversità animale e vegetale ([5]) e del patrimonio colturale e culturale sedimentatosi nel corso dei millenni ([16]). Gli AFF presentano però un ruolo diverso nei paesi industrializzati rispetto ai paesi in via di sviluppo. In questi ultimi, soprattutto in quelli caratterizzati da scarsa presenza di copertura forestale, gli AFF costituiscono la maggiore, se non unica, fonte di approvvigionamento di legname ([8]). Proprio in alcuni paesi tropicali e sub-tropicali, dove si osserva una pericolosa riduzione delle foreste naturali, il sistema agro-forestale contribuisce a diversificare la produzione e a compensare, in parte, le perdite di legna da lavoro e ad uso domestico. Viceversa nei paesi industrializzati il ruolo degli AFF in questi ultimi anni è sempre meno legato agli aspetti produttivi, legnosi e non, e sempre più connesso con la qualità dell’ambiente naturale e il livello di vita della popolazione. Soltanto alcuni anni addietro la situazione si presentava in modo differente, basti pensare che negli anni ’€˜50 in Italia gli AFF producevano tanta biomassa legnosa quanto i boschi veri e propri ([25]) e la legna da ardere derivante da boschi cedui, filari e siepi campestri era la principale fonte di energia usata per il riscaldamento domestico ([28]).

Sulla base di queste considerazioni si intuisce come la conoscenza degli AFF rappresenti un aspetto rilevante per intraprendere delle corrette scelte pianificatorie e gestionali finalizzate alla conservazione e al miglioramento del paesaggio nel suo complesso e dei singoli elementi che lo costituiscono. Lo stesso concetto è stato anche ribadito nell’ambito del workshop FAO “Enhancing the contribution of trees outside forest to sustainable livelihoods”, tenutosi nel novembre del 2001 a Roma, e conferma l’importanza delle politiche di ripristino delle siepi e della alberature messe in atto, in questi ultimi anni, da alcune regioni italiane, quali ad esempio Veneto e Lombardia ([31], [33]).

In linea con queste considerazioni, il secondo Inventario Forestale Nazionale Italiano (INFC - Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio) ha previsto nella prima fase dei rilievi, condotta mediante fotointerpretazione, la segnalazione di tutti i punti ricaduti su formazioni forestali lineari e su boschetti.

Sulla base della disponibilità di questi dati, è stata avviata la realizzazione di uno specifico inventario nazionale degli alberi fuori foresta (IAFF), con l’obiettivo di valutarne la consistenza in termini di estensione e distribuzione territoriale e di rilevare una serie di attributi integrativi, sia di tipo qualitativo che quantitativo, finalizzati a definire il ruolo degli AFF nel paesaggio italiano.

Il presente lavoro illustra i primi risultati dell’inventario, riferiti a 4 regioni dell’Italia centrale (Lazio, Marche, Toscana e Umbria) in cui la presenza di queste formazioni risulta particolarmente significativa.

Esempi di inventari degli alberi fuori foresta

A livello europeo, le indagini su scala nazionale condotte sugli alberi fuori foresta si limitano fino ad oggi alle esperienze del Regno Unito e della Francia. Nel Regno Unito, caratterizzato da una tradizione secolare nella gestione degli spazi verdi, dei filari e delle siepi campestri, si è giunti nel 2000 al completamento del quarto Inventario Nazionale degli AFF, che fa seguito a quelli del 1951, 1965 e 1979-82 ([34]). In questo Paese, oltre a questa indagine denominata Small Woods and Trees Inventory, integrata nell’inventario forestale nazionale, anche il Countryside Survey, attivato nel 1978 e giunto alla quarta ripetizione con il Countryside Survey 2000, si occupa di rilevare i sistemi lineari. A livello extra-europeo, si segnala la presenza di un aggiornato sistema di monitoraggio degli AFF in Ghana ([2]) e in India ([29]), dove queste formazioni rappresentano una delle principali risorse di legna da ardere per le popolazioni rurali ([1]). In aggiunta a questi esempi si segnalano il Progetto TROF (Tree Resources Outside Forests) della Commissione Europea ([22]), relativo ad alcuni paesi dell’America Latina (Costarica, Guatemala e Honduras) e una serie di studi pilota della FAO, finalizzati a quantificare gli AFF e la loro importanza economica ed ecologica, realizzati in diversi paesi, quali Mali, Namibia, Kenya, Marocco e Sudan ([6]).

In Italia sono stati realizzati due inventari degli AFF a livello locale: il primo, condotto dall’Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura (ISP), concentrato sui filari di piante da legno della pianura lombarda ed emiliana ([23]), il secondo, realizzato dall’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA), avente come oggetto di studio le formazioni boscate lineari del Piemonte ([15]).

Rispetto ad un inventario tradizionale delle risorse forestali, un inventario degli AFF si distingue in primo luogo per la diversa struttura degli oggetti da censire: bassa densità, diversa distribuzione spaziale, presenza di specie non forestali, differenti condizioni di crescita ([21]). I caratteri degli AFF e della loro distribuzione nel territorio condizionano notevolmente anche le modalità di campionamento da adottare. I metodi solitamente impiegati negli inventari degli AFF derivano da procedure già collaudate in inventari forestali di tipo tradizionale, adattate ai caratteri specifici dell’oggetto d’indagine. I disegni di campionamento più efficienti sono quelli che integrano l’impiego di varie fonti d’informazione, quali immagini, ortofoto e rilievi a terra ([20]). Le foto aeree (o in alternativa le immagini satellitari ad altissima risoluzione) rappresentano il supporto telerilevato attualmente più utilizzato per individuare gli AFF e descriverne i caratteri spaziali.

Per il Countryside Survey 2000, realizzato nel Regno Unito, è stato adottato un campionamento sistematico stratificato basato su una griglia con passo di 1 km sovrapposta all’intero territorio di riferimento. Per ogni punto di campionamento, lavorando su foto aeree a scala 1:25.000, è stato rilevato il numero di boschetti e di formazioni lineari presenti e le rispettive estensioni. Successivamente, dopo aver suddiviso le maglie di 1 km2 in 16 parti di 250x250 m, sono stati rilevati in campo differenti attributi per ciascuna classe di AFF ([34]).

In analogia con questa indagine svolta nel Regno Unito anche il Progetto TROF, sperimentato in 3 nazioni pilota dell’America Latina, ha utilizzato griglie con passo di 1 km, le cui maglie sono state suddivise in quadrati con lato variabile da 25 a 100 m. In questo caso i rilievi in campo si sono concentrati su tre variabili chiave: il numero di soggetti arborei presenti, l’area basimetrica e il volume ([22]).

Per quanto riguarda la Francia l’inventario degli AFF ha rilevato in particolare le formazioni lineari utilizzando il metodo noto come associated strips method. Con tale metodo vengono rilevate le formazioni lineari localizzate ad una distanza di 25 m dal punto di campionamento ed a queste viene attribuita una stima della lunghezza complessiva ([6]).

Riguardo alle esperienze condotte in Italia, l’inventario relativo alla pianura lombarda ed emiliana si è basato su di un disegno a due fasi, la prima condotta con campionamento sistematico per punti su foto aeree, finalizzata a individuare i filari produttivi[1] e valutarne la lunghezza, la seconda eseguita in campo su un sottocampione dei punti, allo scopo di rilevare numerosi attributi, fra i quali la distanza tra file, il numero totale di alberi, la percentuale di alberi malati, la destinazione d’uso del territorio limitrofo e, per ciascun soggetto, la specie, l’altezza totale e il diametro ([23]). Il censimento delle formazioni boscate lineari del Piemonte invece si è inserito in un lavoro più ampio concernente il monitoraggio delle variazioni temporali dell’uso del suolo. Attraverso un processo di fotointerpretazione, le formazioni boscate lineari[2] sono state digitalizzate a video distinguendo i filari a struttura discontinua (con densità compresa tra 5 e 15 piante ogni 100 m) da quelli a struttura continua (caratterizzati da una densità di piante maggiore). In una fase successiva le formazioni lineari analizzate a video sono state controllate a terra rilevando le specie prevalenti, il tipo di gestione (a capitozza, ad alto fusto) e la localizzazione geografica (limiti interpoderali, limiti delle strade e dei canali - [15]).

Materiali e Metodi 

L’area di studio scelta per il rilievo qualitativo e quantitativo degli AFF corrisponde al territorio di 4 regioni limitrofe dell’Italia centrale (Lazio, Marche, Toscana, Umbria) per una superficie totale di 5.834.577 ha di cui 2.488.561 ha di bosco e altre terre boscate[3] (42.6%). La scelta è stata motivata dalla particolare consistenza numerica degli AFF, così come risultata dalla prima fase dell’INFC, i cui dati hanno costituito il punto di partenza del presente lavoro.

Nella prima fase dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC), 301.000 punti di campionamento, estratti casualmente nelle maglie di una griglia con passo di 1 km, sono stati attribuiti alle diverse classi di uso del suolo, attraverso la fotointerpretazione di ortofoto digitali in bianco e nero, visualizzabili ad una scala nominale 1:10.000, riferite al periodo 2000-2003 ([19]). Questa attivitàè stata svolta dal personale del Corpo Forestale dello Stato nel corso del 2003. Fra le classi di uso individuate dall’INFC rientravano anche gli inclusi di elementi forestali ricaduti in usi non forestali, ossia:

  • i boschetti, gruppi di alberi con una superficie compresa tra 500 e 5.000 m2 e larghezza minima superiore a 20 m;
  • le formazioni forestali lineari (FFL), fasce boscate o filari alberati costituiti da almeno tre piante con larghezza compresa fra 3 e 20 m e lunghezza di almeno 20 m.

Nelle 4 regioni di studio, sui punti classificati nella prima fase dell’INFC come boschetti (468 punti) o FFL (866 punti), è stata eseguita un’ulteriore analisi a video sulle ortofoto in bianco e nero utilizzate per l’INFC, visualizzando i punti con il software GISWEB SIM messo a disposizione dell’ISAFA dalla FINSIEL per conto del Corpo Forestale dello Stato. Il rilevamento ha riguardato l’estensione e la distribuzione degli AFF ed una serie di caratteri quantitativi e qualitativi così sintetizzabili:

  • forma geometrica e dimensioni (lunghezza, larghezza e densità delle FFL, area e perimetro dei boschetti);
  • distanza del boschetto o della FFL dalla più vicina area boscata;
  • funzione di collegamento con i corpi boscati;
  • uso del suolo associato;
  • presenza di altri AFF nell’intorno del punto di campionamento.

La forma geometrica delle tessere o patches del paesaggio, espressa come rapporto tra le variabili area e perimetro, è un carattere importante legato alla frammentazione del paesaggio. Lo sviluppo dei margini e la frammentazione possono influire sulle dinamiche delle popolazioni animali in modo positivo o negativo, in particolare per le specie più sensibili all’effetto margine, ossia alla presenza di frammenti di habitat molto frastagliati e privi di un nucleo centrale consistente ([3], [4], [17]). Per quanto riguarda i boschetti, si è proceduto innanzi tutto a classificarne la forma a video; sulle stesse ortofoto utilizzate per l’INFC visualizzate a una scala di circa 1:2.500, sono state distinte tre categorie:

  • boschetti circolari, con forma tendenzialmente rotondeggiante e la presenza di un nucleo centrale consistente;
  • boschetti allungati, con forma più simile alle FFL, ma con una larghezza superiore a 20 m;
  • boschetti frastagliati, con forma irregolare e un’elevata presenza di aree di margine a discapito di un non sempre identificabile nucleo centrale.

Fig. 1 - Area e perimetro dei boschetti.

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Dopo questa analisi qualitativa preliminare, si è proceduto a misurare l’area e il perimetro di ciascun boschetto (Fig. 1). Le misure sono servite a calcolare alcuni indici di forma delle tessere scelti tra quelli proposti da Farina ([14]) per misurare la “distanza” della forma del frammento da quella circolare. Il primo indice di forma utilizzato è dato dal rapporto area perimetro (eqn. 1):

\begin{equation} \gamma^1 = \frac{2\sqrt{\Pi A}}{P} \end{equation}

dove A è l’area del boschetto e P è il perimetro del boschetto.

Il secondo indice, più sensibile rispetto al precedente alle dimensioni dell’area considerata, è dato dal rapporto area perimetro semplificato (eqn. 2):

\begin{equation} \gamma3 = \frac{A}{P^2} \end{equation}

dove A è l’area del boschetto e P è il perimetro del boschetto.

In relazione alle dimensioni delle FFL, sono state misurate a video la larghezza nel punto di campionamento e la lunghezza totale, considerando come estremi quelli in cui la distanza tra le chiome supera i 20 m o in cui la fascia si collega ad un corpo boscato (Fig. 2). Queste informazioni di tipo quantitativo sono state ulteriormente integrate con un’informazione qualitativa volta a distinguere le FFL continue (o dense) in cui la distanza tra le chiome degli alberi è minore di 3 m da quelle rade in cui la distanza tra le chiome degli alberi è maggiore di 3 m.

Fig. 2 - Lunghezza e larghezza delle FFL.

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Un altro carattere misurato per entrambi i tipi di AFF è stato la distanza, espressa in metri, tra il boschetto o la FFL e il più vicino corpo boscato. Questa informazione, integrata con l’uso del suolo associato e l’eventuale presenza di altri elementi naturali, permette di inquadrare meglio il fenomeno degli AFF nel paesaggio circostante e di valutarne, almeno qualitativamente, il grado di connettività ([10]).

Inoltre è stata valutata la potenziale funzione di collegamento tra ambienti naturali svolta dagli AFF. Sono state distinte due classi: la prima comprendente gli AFF che collegano tra loro due ambienti naturali (boschi, pascoli, praterie e formazioni forestali rade) e che pertanto possono svolgere un importante ruolo in favore della fauna selvatica ([4]); la seconda relativa a quei popolamenti che non svolgono un ruolo di collegamento fra aree naturali ma che possono essere considerati come stepping stones (pietre di guado) per gli spostamenti degli individui erratici ([24]).

Gli AFF con potenziale funzione di collegamento sono stati a loro volta ripartiti in tre sottoclassi per meglio rimarcarne il differente ruolo ecologico (Fig. 3):

Fig. 3 - AFF di collegamento tra due aree boscate.

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  • di collegamento per specie più vagili, quando sono collocati in posizione intermedia fra due aree boscate distanti fra loro non più di 1.000 m;
  • di collegamento per specie meno vagili, quando sono collocati in posizione intermedia fra due aree boscate distanti fra loro non più di 100 m;
  • di transizione tra un’area boscata e un’altra area naturale (pascoli, praterie e formazioni forestali rade).

Gli AFF non svolgono funzione di collegamento quando non ricadono nelle situazioni sopra descritte, oppure quando pur trovandosi in prossimità di aree boscate o di altri ambienti naturali, ne sono separati dalla presenza di barriere. Le barriere considerate sono quelle artificiali estese, come gli insediamenti urbani, o localizzate, come le strade o le opere lineari (elettrodotti, canali artificiali - [3]).

L’uso del suolo associato è un’informazione già rilevata durante la prima fase dell’INFC che è stata ripresa in questa sede al fine di mettere in luce alcune peculiarità tipiche degli AFF in generale e delle FFL in particolare. Difatti, accanto ad una prima classificazione dell’uso del suolo in tre grandi categorie (aree rurali, altre aree naturali e aree artificiali) sono state distinte le FFL che costeggiano strade e autostrade, linee ferroviarie e corsi d’acqua di differente portata e utilità (fiumi, torrenti, canali). Questo al fine di uniformare le informazioni rilevate nel presente studio con la classificazione FAO che enuncia esplicitamente tali categorie come esemplificative degli AFF ([30]).

Infine, come ultima caratteristica, è stata rilevata la presenza o assenza di alberi sparsi, boschetti e FFL in un intorno di analisi circostante il punto di campionamento di superficie complessiva di 22.500 m2 ripartito in nove quadranti ciascuno di 2.500 m2. Questa informazione, che permette di capire la tendenza all’aggregazione degli AFF e conseguentemente la distribuzione del fenomeno nel territorio, è stata rilevata contando il numero di boschetti e FFL nell’intorno di analisi e registrando semplicemente la presenza o l’assenza di alberi sparsi.

Risultati e discussione 

Densità degli alberi fuori foresta

Il principale risultato di un inventario degli alberi fuori foresta è la stima della superficie occupata da questi elementi del territorio. In questo caso le stime di superficie derivano dai dati INFC integrati con quelli rilevati ad hoc in questo studio.

Complessivamente, nell’area studiata, che per semplicità viene indicata come “Italia centrale”, i boschetti e le formazioni forestali lineari occupano una superficie di 133409 ha. La presenza delle FFL è nettamente prevalente su quella dei boschetti: questi ultimi infatti occupano 46803 ha, mentre le formazioni forestali lineari si estendono su 86606 ha. Tali valori corrispondono rispettivamente allo 0.8% e all’1.48% dell’intera superficie territoriale analizzata. Fra le singole regioni esaminate sono state però riscontrate differenze notevoli, con valori più elevati per le Marche, dove la densità dei boschetti è risultata pari a 1.76% e quella delle FFL pari a 2.33%, e più ridotti per il Lazio, con densità di 0.55% per i boschetti e di 0.76% per le FFL.

Il confronto di questi risultati con quelli delle due principali indagini sugli alberi fuori foresta condotte a livello europeo, quelle relative al Regno Unito e alla Francia, è di notevole interesse, ma risulta però piuttosto difficile, a causa delle diverse definizioni adottate.

Come illustrato in Tab. 1, i valori di densità stimati per l’“Italia centrale” sia per i boschetti che per le AFF, risulterebbero leggermente inferiori rispetto a quelli forniti dall’inventario degli alberi fuori foresta condotto in Francia, in particolare per quanto riguarda i boschetti, con una differenza pari a 0.23%. Al contrario, confrontati con i risultati delle indagini condotte per l’Inghilterra (con riferimento allo Small Woods and Trees Inventory relativo all’anno 2000), i valori stimati nel presente studio sembrerebbero notevolmente più elevati. Mentre però il confronto con la Francia può fornire delle indicazioni attendibili, poiché le definizioni di FFL appaiono simili, a meno di un limite più restrittivo per la lunghezza - che per la Francia deve risultare superiore ai 25 metri, contro i 20 metri fissati nella nostra indagine - quello con l’Inghilterra diventa molto problematico poiché le stime di superficie delle FFL (dalle quali abbiamo derivato quelle di densità) si riferiscono soltanto a formazioni lineari ampie, cioè di larghezza compresa fra 16 e 25 metri. Le altre numerose formazioni forestali lineari presenti sul territorio inglese sono state soltanto contate. Allo stesso modo, anche la definizione dei boschetti adottata per l’Inghilterra è poco conciliabile con quella adottata nel presente studio. Per l’inventario inglese, infatti, i “boschetti” sono i boschi compresi tra 0.1 e 2 ha e con una copertura delle chiome maggiore del 20%, mentre nel presente studio la definizione di boschetto mantiene come soglia minima per il grado di copertura delle chiome quello della definizione di bosco della FAO (pari al 10%) e pone come limite massimo di superficie quello di 0.5 ha. Al di sopra di questa soglia, se anche le altre condizioni della definizione FAO venissero rispettate, si transiterebbe direttamente nell’uso del suolo “bosco”.

Tab. 1 - Confronto tra differenti inventari degli AFF. Fonte: ns. elaborazione da Forestry Commission ([12]), Bellefontaine et al. ([5]).

Luogo/Anno Italia centrale
(2005)
Francia
(2000)
Inghilterra
(2000)
Definizione boschetti Bosco con una superficie compresa tra 0.05 e 0.5 ha e larghezza minima superiore ai 20 m Bosco con una superficie compresa tra 0.05 e 0.5 ha e larghezza minima di 25 m Bosco con una superficie compresa tra 0.1 e 2 ha e copertura non inferiore al 20%
Superficie boschetti
(ha)
46803 596000 62300
Densità boschetti rispetto alla superficie territoriale (%) 0.80 1.03 0.48
Definizione FFL Fasce boscate con larghezza compresa tra 3 e 20 m e lunghezza di almeno 20 m Formazioni vegetali con lunghezza superiore ai 25 m e larghezza inferiore ai 25 m (inclusi i pioppeti) Formazioni vegetali con lunghezza non inferiore ai 25 m e pari ad almeno quattro volte la loro larghezza
Superficie FFL
(ha)
86606 944900 12800
Densità FFL rispetto alla superficie territoriale (%) 1.48 1.63 0.10

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A causa di tali differenze si ritiene corretto soltanto il confronto con la realtà francese, che comunque risulta interessante, poiché mette in luce una certa analogia fra i paesaggi francesi e quelli del territorio esaminato.

Uso del suolo associato

L’informazione sull’uso del suolo nel quale ricadono gli alberi fuori foresta risulta fra le più importanti per caratterizzare queste formazioni, come sottolineato dai rapporti della FAO su questo tema ed anche dagli stessi sistemi di classificazione degli AFF proposti, quale ad esempio quello adottato in Francia ([5]), già citato nella parte introduttiva del presente testo.

La classificazione dell’uso del suolo associato agli AFF adottata nell’area di studio è la stessa applicata nella prima fase dell’INFC, corrispondente al I livello della classificazione CORINE Land Cover, con la distinzione di alcune ampie sottoclassi nella classe delle “Superfici boscate e degli ambienti naturali e seminaturali” ([19]). Gli AFF sono risultati fortemente legati agli ambienti rurali (69% delle FFL e 73% dei boschetti), che sono però anche quelli più diffusi sul territorio italiano. Per le FFL è stata anche applicata una classificazione più dettagliata, distinguendo quelle collocate lungo strade, autostrade e ferrovie (pari al 18% del totale), da quelle situate lungo i corsi d’acqua (che costituiscono appena il 4%). Quest’ultimo risultato è probabilmente dovuto al fatto che le fasce di vegetazione riparia superano spesso il limite di 20 m di larghezza fissato per le FFL e ricadono pertanto nella superficie forestale vera e propria.

Caratteri geometrici: forma, dimensioni, densità

Mentre le FFL presentano per definizione stessa una forma allungata, con un notevole sviluppo dei margini, il carattere della forma può permettere di differenziare i boschetti in base alla loro capacità di costituire un ambiente più o meno protetto dai fattori esterni. Come descritto nel paragrafo sui metodi, si sono sperimentati due approcci, uno di tipo semplicemente qualitativo ed uno invece quantitativo, basato sulla misura di indici di forma. La valutazione sintetica da parte del rilevatore ha portato ad attribuire complessivamente il 43% dei boschetti alla forma allungata, il 35% a quella frastagliata ed il 22% a quella circolare (vedi Fig. 4). A livello delle singole regioni, in Toscana e nelle Marche i boschetti allungati sono risultati molto frequenti, rispettivamente pari al 47% e al 44% del totale, mentre quelli circolari sono risultati poco rappresentati, con frequenze minori o uguali al 20%. Nelle altre due regioni esaminate, il Lazio e l’Umbria, i boschetti sono stati invece ripartiti in modo piuttosto omogeneo nelle tre classi di forma individuate, dove circa un terzo di questi sono stati giudicati circolari. Questo risultato è stato confermato dall’applicazione degli indici di forma che ha portato a valori medi elevati per queste due regioni (Tab. 2). Tali indici hanno però portato ad un risultato contrastante per quanto attiene alla Toscana, dove i valori sono piuttosto elevati, nonostante i boschetti siano stati classificati per la maggior parte come allungati o frastagliati. Questo fatto denota come un’analisi esclusivamente qualitativa, basata su di una valutazione visiva, non sia sempre sufficiente e necessiti di essere integrata con indici di tipo quantitativo.

Fig. 4 - Ripartizione percentuale dei boschetti per forma.

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Tab. 2 - Area, perimetro e indici di forma.

Regione Media
Area
(ha)
Media
Perimetro
(m)
Media
Is1
Media
Is3
Lazio 0.19 187.28 0.831 0.059
Marche 0.27 308.37 0.639 0.036
Toscana 0.16 168.36 0.823 0.056
Umbria 0.22 213.61 0.777 0.049
Italia centrale 0.21 229.07 0.752 0.048

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Per quanto riguarda le FFL, si è ritenuto interessante valutare le dimensioni, che possono dare qualche prima indicazione sulle loro potenziali funzioni di corridoi ecologici. Nella regione Lazio sono stati riscontrati i valori medi più alti, sia in lunghezza (508 m) che in larghezza (13 m) rispetto alle medie dell’”Italia centrale” che si attestano attorno ad una lunghezza di 356 m e una larghezza di 11 m (Fig. 5 e Tab. 3). Anche la densità delle FFL può permettere di caratterizzare la loro potenziale funzione ecologica: complessivamente, su tutta l’area di studio si è registrata una netta prevalenza delle FFL continue (94%) rispetto a quelle rade (6%), anche in questo caso con dei valori massimi nel Lazio dove il 99% delle FFL sono continue (Fig. 6).

Fig. 5 - Ripartizione delle FFL per classi di lunghezza.

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Tab. 3 - Lunghezza e larghezza media delle FFL.

Regione Lunghezza
(m)
Larghezza
(m)
Lazio 508 13
Marche 300 9
Toscana 256 10
Umbria 360 11
Italia Centrale 356 11

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Fig. 6 - Ripartizione delle FFL per classi di densità.

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Distribuzione nel paesaggio e potenziale funzione di collegamento fra aree naturali

Di seguito si confrontano i risultati relativi alla distanza dalla più vicina area boscata e alla funzione di collegamento tra aree naturali, sia per i boschetti che per le FFL.

Riguardo ai boschetti, come si evince dall’analisi della Fig. 7, nelle quattro regioni considerate, la grande maggioranza è situata nei pressi di corpi boscati: più del 90% di questi si trovano nel raggio di 1 km da corpi boscati più estesi, ad eccezione delle Marche, dove la percentuale è leggermente inferiore al 90%. Più del 20% dei boschetti, e in Umbria addirittura quasi il 50%, è collocato entro 100 metri di distanza da corpi boscati. Riguardo alla funzione di collegamento fra due corpi boscati o fra un bosco ed un’altra area naturale, questa è potenzialmente svolta da meno della metà dei boschetti (circa 49%), e si limita quasi esclusivamente alle specie più vagili (Fig. 8). A livello di singole regioni, si può notare che i boschetti con funzione di collegamento sono più frequenti nelle Marche e in Umbria e poco rappresentati in Lazio.

Fig. 7 - Distribuzione dei boschetti rispetto alla distanza dalla più vicina area boscata.

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Fig. 8 - Ripartizione dei boschetti per differente tipo di collegamento.

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Con riferimento alle FFL, la Fig. 9 mostra la loro distribuzione in relazione alla distanza dalla più vicina area boscata, evidenziando anche in questo caso come questi elementi si trovino quasi sempre in prossimità di un bosco: complessivamente, più dell’85% è collocato entro un raggio di 1000 metri da un bosco, il 72% a meno di 500 m e addirittura il 26% a meno di 100 m. A livello di singole regioni si conferma lo stesso trend, sebbene con alcune lievi differenze. Le formazioni forestali lineari sono più uniformemente distribuite nel territorio, anche lontano dalle aree forestali, poiché la loro presenza è spesso legata all’azione antropica, trattandosi in gran parte di filari associati alle attività agricole o alle infrastrutture. La loro potenziale funzione di collegamento, secondo le definizioni di questo lavoro, è pertanto meno frequente rispetto ai boschetti ed interessa circa il 30% delle FFL, di cui un 7% riguarda le specie poco vagili (Fig. 10).

Fig. 9 - Distribuzione delle FFL rispetto alla distanza dalla più vicina area boscata.

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Fig. 10 - Ripartizione delle FFL per differente tipo di collegamento.

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Un ultimo carattere importante rispetto alla distribuzione spaziale degli AFF è la loro tendenza all’aggregazione. Questa è stata rilevata osservando la presenza di altri AFF nell’intorno di analisi del punto di campionamento. I risultati evidenziano che gli AFF si ritrovano solitamente aggregati; infatti soltanto il 3% dei boschetti ed il 10% delle FFL non presenta altri AFF nell’intorno di analisi (Fig. 11 e Fig. 12).

Fig. 11 - Livello di aggregazione dei boschetti con altri AFF.

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Fig. 12 - Livello di aggregazione delle FFL con altri AFF.

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Si può pertanto concludere che tali elementi non rappresentano quasi mai un fenomeno isolato, ma sono il frutto di una gestione tradizionale del territorio, che nell’area di studio è stata almeno in parte preservata.

Conclusioni 

L’indagine condotta nelle quattro regioni dell’Italia centrale ha permesso di integrare i dati sull’estensione territoriale degli AFF forniti dall’INFC con altre informazioni relative ad alcuni caratteri fondamentali di questi elementi del paesaggio.

Il protocollo di rilevamento per fotointerpretazione adottato si è dimostrato di facile applicazione e ha richiesto un limitato impiego di risorse. Si è trattato infatti di osservare a video un numero ridotto di caratteri utili per una prima lettura del paesaggio quali la forma, le dimensioni e la distribuzione spaziale. I tempi di rilevamento sono stati molto contenuti, richiedendo circa dieci minuti per punto di campionamento, sebbene variabili in relazione alla qualità del materiale fotografico e alla complessità del paesaggio analizzato. Le difficoltà incontrate durante i rilievi a video hanno riguardato principalmente il tracciamento dei limiti degli AFF e la loro individuazione, soprattutto quando questi risultavano collocati in una rete ecologica complessa. Un altro aspetto critico è stato il riconoscimento della presenza di barriere artificiali che ostacolassero la funzione di collegamento degli AFF.

L’INFC integrato dai rilievi dell’IAFF ha fornito i dati di base sulla consistenza e distribuzione dei boschetti e delle formazioni forestali lineari, così come definite dal progetto inventariale, colmando almeno in parte una lacuna sulla disponibilità a livello nazionale di informazioni relative agli AFF: l’indagine si è infatti concentrata su boschetti e FFL così come definiti dall’inventario forestale nazionale.

I risultati sulla densità territoriale di boschetti e FFL nell’area di studio sono stati messi a confronto con quelli di Francia e Inghilterra, gli unici paesi europei che dispongono di dati aggiornati e riferiti all’intero territorio nazionale. In sintesi, si sono evidenziate una certa omogeneità del territorio analizzato ed una sostanziale analogia con quello francese. Il confronto con la realtà inglese non si è rivelato invece attuabile a causa della notevole differenza fra le definizioni adottate. Riguardo all’area di studio, l’analisi dei dati di densità territoriale riferiti alle singole regioni, mette in luce come il paesaggio delle Marche sia quello maggiormente caratterizzato dalla presenza di AFF.

Oltre ad una valutazione quantitativa della presenza di AFF, il presente lavoro ha permesso di descrivere le modalità di distribuzione di questi elementi nel territorio. In relazione all’uso del suolo, i boschetti e le formazioni forestali lineari sono collocati soprattutto in aree rurali, si presentano solitamente aggregati tra loro e in prossimità di corpi boscati, svolgendo anche una funzione di collegamento fra ambienti naturali e semi-naturali.

Per quanto riguarda i caratteri geometrici, il discreto sviluppo lineare delle FFL evidenzia una loro potenziale funzione di corridoio ecologico, in particolare per la regione Lazio dove sono stati riscontrati i valori medi più alti con lunghezze superiori a mezzo chilometro. Rispetto alla densità delle chiome, tali formazioni sono inoltre quasi esclusivamente di tipo continuo e anche in questo caso i valori massimi sono stati registrati per il Lazio.

Le differenze riscontrate a livello di singola regione per i caratteri analizzati sono state riportate solamente a scopo descrittivo: non è infatti possibile valutare la significatività di tali differenze, a causa dell’intensità di campionamento adottata, che deriva da quella dell’INFC, e risulta più adatta ad un’indagine sulle superfici boscate che all’analisi di oggetti rari e di dimensioni ridotte quali gli AFF. L’analisi a video dei caratteri degli AFF non può inoltre essere ritenuta esaustiva allo scopo di valutare in modo efficace il ruolo ecologico di questi elementi del paesaggio. È necessario infatti considerare altri caratteri, quali ad esempio la composizione specifica, la struttura, la presenza di elementi di disturbo, che vanno necessariamente rilevati in campo.

L’attività di ricerca avviata sugli AFF prevede di estendere il rilevamento a video a tutto il territorio nazionale e la realizzazione di rilievi in campo su un sottocampione di punti finalizzati a migliorare le conoscenze relative ai caratteri ecologici di queste formazioni.

Ringraziamenti 

Si ringrazia il Corpo Forestale dello Stato per aver messo a disposizione i dati e gli strumenti necessari a svolgere questo studio.

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