*

The importance of forest ecology in forestry faculties in Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 353-354 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0484-0004
Published: Dec 20, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A comment is made on recent changes in the teaching organization of Forestry faculties in Italy, which in some cases seems to constrain the role of ecological disciplines.

Keywords

Forest ecology, Environment, Forestry, Faculty, Italy

 

Il terzo millennio è, come sappiamo, quello dei cambiamenti climatici, della deforestazione tropicale, della crisi ecologica, della urgente ricerca di una gestione sostenibile. Sulle prime pagine dei giornali certi argomenti si presentano con frequenza crescente. Il ruolo delle foreste nel ciclo del carbonio è sottolineato in schede e inserti di quotidiani e settimanali. Chi oggi vuole gestire i boschi secondo i principi della gestione sostenibile, nell’ecologia forestale trova basi scientifiche indispensabili. Trasferendo il concetto nel mondo universitario (quello in cui il professionista si forma), non fornire serie basi di ecologia forestale a uno studente significa creare una grave lacuna nel percorso formativo che conduce, progressivamente, alla selvicoltura generale, alla selvicoltura speciale e all’assestamento forestale. Del resto, che il peso specifico dell’ecologia sia cresciuto è confermato dal fatto che, a metà degli anni ’90, in tutti i corsi di laurea forestali italiani tale materia d’insegnamento è diventata autonoma (in precedenza l’ecologia forestale faceva parte del corso di Selvicoltura Generale).

L’ecologia forestale italiana è nata a Firenze. La Facoltà di Agraria fu infatti inaugurata nel 1924, dieci anni dopo il Regio Istituto Superiore Forestale Nazionale: all’epoca, personaggio di grande spicco del mondo forestale era Aldo Pavari, il pioniere dell’ecologia forestale italiana. Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscerne l’allievo, Alessandro de Philippis. Quando lo ha incrociato, Marco Paci era agli esordi della sua attività accademica, mentre il professore era appena andato in pensione: ciò non ha impedito di apprezzarne la grandezza sotto l’aspetto didattico, scientifico e umano. Difficile scordarne l’intelligenza, l’eleganza, l’educazione, lo stile. Difficile anche scordare le qualità di un altro grande ecologo forestale, che formatosi a Firenze è poi andato a fondare la scuola padovana: Lucio Susmel.

Pavari, De Philippis, Susmel: bastano questi monumenti a ricordare cosa rappresenti, sotto il profilo della tradizione e della memoria, l’ecologia forestale. È soprattutto grazie all’insegnamento e all’ingegno di questi studiosi che la selvicoltura è cresciuta come scienza su basi ecologiche: non a caso ognuno di essi ha contribuito non poco a valorizzare la selvicoltura naturalistica.

È pure vero che a volte le tradizioni devono lasciare il passo alla praticità, all’esigenza di modernità. Se, col passare del tempo, una materia d’insegnamento di un corso di laurea diventasse obsoleta, non avrebbe senso tenerla in piedi come si fa nei musei con le vecchie opere d’arte. Nel caso dell’ecologia forestale e della selvicoltura naturalistica, invece, la tradizione si sposa mirabilmente con la modernità.

Nonostante queste premesse, l’insegnamento dell’Ecologia Forestale è stato svilito proprio in una Facoltà italiana che è stata culla della scuola forestale: in quella sede l’ecologia forestale formalmente sopravvive, anche se sostanzialmente viene “annacquata” fino a perdere di efficacia didattica. Risulta che nella Facoltà in questione l’ecologia forestale sia stata inserita, a minuscole dosi, in corsi integrati che paiono non avere molta logica sotto il profilo culturale e formativo: uno dei due corsi integrati è infatti in comune a due corsi di laurea (la logica suggerisce dunque che si tratterà, nei contenuti, di un corso di ecologia generale, con qualche accenno ai sistemi forestali), l’altro appare invece come il risultato di una giustapposizione forzata di due discipline, cioè privo di contenuti informativi congrui e integrabili in una laurea di primo livello (per essere efficace, un corso integrato non può ridursi alla somma di due insegnamenti, a meno che non si guardi più alla spartizione che alla sostanza...).

Chiunque possieda un po’ di buon senso sa che spezzettare non è sempre il modo migliore di dividere equamente una risorsa. Insomma, avendo due bambini da accontentare e un solo gatto, sarebbe forse meglio scontentare un bambino piuttosto che fare il gatto in due pezzi, che non accontenterebbero nessuno e per di più implicherebbero la morte del gatto in questione. È pur vero che non è facile costruire un corso di laurea, soprattutto in Facoltà ormai intasate di docenti e insegnamenti, tuttavia...

Come se non bastasse, giunge notizia che nella stessa Facoltàè scomparso dalla laurea magistrale in Scienze e Tecnologie dei Sistemi Forestali, dopo quattro anni di insegnamento, il corso di Selvicoltura Naturalistica, una disciplina ovunque - in Italia come all’estero - rispettata e valorizzata. Il quadro formativo degli studenti forestali e ambientali appare così completo.

Purtroppo la logica formativa e quella universitaria, a volte, non coincidono.

I pericoli di una impostazione del genere non vanno sottovalutati. Il danno che ne deriverà ai fruitori del servizio nonché alla stessa Facoltà sono evidenti. Si perderà, soprattutto, un efficace fondamento formativo per gli studenti di un corso di laurea forestale.

Com’è potuta accadere una cosa del genere, paradossalmente in una sede di grande tradizione forestale? Giunge voce che la spiegazione sia questa: la collocazione dell’ecologia forestale (presente in piccole dosi sia al I che al II anno), a dispetto del frazionamento e del ridotto peso didattico effettivo, rappresenterebbe uno spot per incoraggiare gli studenti a iscriversi alla Facoltà. È dunque in un’ottica pubblicitaria che la disciplina formalmente sopravvive? Magari come specchietto per le allodole, nel caso specifico studenti che pagano fior di tasse? Con quali vantaggi? Vale la pena di rifletterci.

È vero che nella nostra epoca spesso l’apparenza ha il sopravvento sulla sostanza, ma è anche giusto avere fiducia nell’intelligenza delle persone: fra gli studenti che frequentano i corsi forestali è possibile incontrane alcuni assai brillanti, quelli su cui bisognerebbe puntare. Quelli che degli spot non sanno che farsene e che guardano alla sostanza delle cose.

Il succo della faccenda è tutto qui: l’Università non deve incoraggiare allodole ma ragazzi intelligenti! Nel nostro Paese, del resto, esistono molti casi in cui i corsi di laurea forestali sono costruiti seguendo logiche formative: è giusto sottolinearlo.

Resta una sensazione sgradevole: che il destino di due insegnamenti prestigiosi come l’Ecologia Forestale e la Selvicoltura Naturalistica sia dipeso, nella Facoltà in questione, da criteri che con gli aspetti culturali e formativi hanno ben poco a che fare. E che assolutamente niente hanno a che fare con l’Università, parola che richiama valori universali, per loro natura lontani da questioni personali e accordi locali.

 
 
 

Navigazione

 

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website. More info