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Estimation of fine-roots turnover. Towards a revision of global carbon balance?

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 5-6 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0515-0005
Published: Mar 26, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A comment is made on a recent paper published on Science ([7]), in which authors demonstrate an irreconcilable difference in fine-root life spans estimation with two different methodological strategies. In this paper authors point out on major discrepancies and errors from carbon isotopes based analysis and direct observations based on minirhizotron methods. In both cases a revision of fine-roots contribution to the global carbon cycle is required.

Keywords

Soil, Root, Life span, Minirhizotron, Carbon isotope

 

La componente fine dell’apparato radicale, caratterizzata da un elevato tasso di ricambio (turnover), rappresenta una componente estremamente dinamica della biomassa ipogea, oltre che una frazione significativa della produttività primaria netta nei sistemi forestali, stimata pari al 33% della produttività primaria netta globale annua ([4]).

Più in generale, l’allocazione del carbonio verso le strutture ipogee della pianta rappresenta una componente rilevante nell’ambito dei flussi di carbonio nei sistemi forestali. Le incertezze che ancora caratterizzano le stime di carbonio allocato al sistema radicale, e le risposte a livello ecosistemico in uno scenario di cambiamento climatico, rappresentano una questione cruciale al centro del dibattito nella comunità scientifica ([2]).

A livello globale i pools di carbonio presenti nel suolo rappresentano il 75% del totale del carbonio terrestre, di cui si stima che circa il 40% si trovi nei suoli forestali ([3], [1]). Pertanto risulta evidente come i processi legati all’allocazione della sostanza organica nell’apparato radicale e la loro variabilità possano avere un effetto significativo sul bilancio del carbonio su scala globale.

Le radici fini svolgono un ruolo di interfaccia nel sistema suolo-pianta, regolando i flussi di nutrienti e di carbonio in ingresso e in uscita dalla pianta. La maggior parte del prelievo di acqua e nutrienti dal suolo passa attraverso le radici con diametro inferiore a 1 mm, influenzando in modo determinante la produttività della pianta e più in generale dei sistemi forestali. Infine il turnover delle radici fini rappresenta la velocità con cui tale input di carbonio viene trasferito dalla pianta al suolo.

Purtroppo la stima della longevità delle radici fini è estremamente complicata poiché condizionata da diversi parametri come la specie, la tipologia dei suoli e le dimensioni delle radici stesse ([6]). Inoltre le incertezze nella stima della longevità sono legate anche ai metodi di misura utilizzati che spesso portano a risultati discordanti, come già evidenziato da Tierney & Fahey ([8]) basandosi su due diverse tecniche di misura, come il radiocarbonio e i minirizotroni.

Di recente in un articolo pubblicato su Science, gli autori ([7]) mettono in luce le differenze riscontrate nella stima della longevità delle radici fini con due diversi approcci metodologici. Gli autori hanno messo a confronto i risultati ottenuti con analisi isotopiche sulla persistenza del carbonio delle radici fini nel suolo, e con analisi basate sull’osservazione diretta mediante la tecnica dei minirizotroni. Precedenti lavori avevano già messo in luce tali differenze ([5], [4]), evidenziando come le misure di persistenza nel suolo del carbonio delle radici fini, ottenute con le analisi isotopiche, risultavano superiori ai 4 anni, rispetto alle osservazioni con i minirizotroni che stimavano una durata media del turnover inferiore a 1 anno.

In questo lavoro gli autori hanno analizzato e messo in evidenza le maggiori fonti di errore e le principali discrepanze tra i due approcci metodologici, come l’effetto disturbo del segnale isotopico relativo ai carboidrati di riserva allocati nelle radici fini, ma anche sugli effetti di disturbo causati dall’installazione nel suolo dei tubi di accesso per i minirizotroni. Differenze tra l’approccio isotopico e la tecnica dei minirizotroni si riscontrano anche nelle unità di misura considerate. Infatti il metodo isotopico è basato sul tempo di persistenza medio del carbonio delle radici fini nel suolo in termini di biomassa, mentre con i minirizotroni viene misurato semplicemente il turnover delle singole radici, rendendo in tal modo le due grandezza sostanzialmente non comparabili.

La principale fonte di errore legata alle analisi isotopiche è rappresentata dall’impossibilità di campionare le radici fini con diametro inferiore a 0.3 mm, portando così a una sottostima sistematica della persistenza del carbonio delle singole radici.

L’analisi tramite i minirizotroni, su 8 anni di osservazioni, ha permesso di stimare la durata dell’effetto di disturbo e di correggere gli errori nella stima della longevità delle radici fini. Infatti è stato rilevato come la longevità delle radici fini nate nei primi 3 anni dopo l’installazione dei tubi di accesso è risultata pari al 50% di quelle nate nei 5 anni successivi. Inoltre anche l’analisi statistica delle osservazioni con i minirizotroni comporta delle forti incertezze nella stima della longevità. Infatti è stato rilevato come l’impiego del valore mediano della longevità delle singole radici sul breve periodo, porterebbe ad una sottostima del tempo di permanenza della biomassa delle radici fini superiore al 300%, se comparata con il valore medio della longevità misurata in un esperimento di lungo termine.

L’analisi dei due approcci metodologici ha evidenziato in entrambi i casi l’impossibilità di campionare la componente di minori dimensioni delle radici fini, che è la frazione maggiormente rappresentata e caratterizzata da tassi di ricambio più elevati, portando a una sovrastima sistematica del turnover radicale.

Risulta quindi evidente come le differenze riscontrate in questa ricerca mettano in risalto una sostanziale impossibilità di mettere a confronto la longevità delle singole radici con la persistenza del carbonio delle radici fini nel suolo. È dunque chiaro come le due metodologie siano sostanzialmente non comparabili, ma d’altra parte sono da considerare sicuramente complementari. Difatti la loro integrazione porterebbe a una maggiore comprensione delle dinamiche di trasferimento del carbonio dalla pianta al suolo: da una parte le tecniche isotopiche permetterebbero di analizzare i patterns di allocazione del carbonio nella pianta, mentre il corretto utilizzo della analisi con i minirizotroni permetterebbe di stabilire i tassi di rilascio dell’input di carbonio nel suolo.

Alla luce di questo lavoro è evidente come tali incongruenze portino ad una generale revisione delle stime del bilancio del carbono a livello globale. Infatti l’applicazione delle analisi con i minirizotroni sottostimerebbe del 60% il tasso di turnover delle radici fini se confrontate con le stime isotopiche della persistenza del carbonio, riducendo drasticamente l’input di carbonio nel suolo.

Questo lavoro dunque offre un importante contributo sull’analisi degli errori che maggiormente condizionano le stime del turnover delle radici fini, e in modo indiretto pone l’attenzione della comunità scientifica sulle problematiche legate alla scala temporale degli esperimenti condotti in ecosistemi complessi come i sistemi forestali.

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