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How media report scientific results

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 151-152 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0534-0005
Published: Jun 20, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Editorials

Abstract

A comment is made on the sensationalistic way the main Italian newspaper (Corriere della Sera) reported the results of a research on the effects of long-term drought on the productivity of old beech forests in Italy.

Keywords

Newspaper, Research, Climate change, Forest, Corriere della Sera

 

Sul numero di giugno di un’affermata rivista internazionale (Global Change Biology 14 (6): 1265-1281, 2008), Gianluca Piovesan e colleghi pubblicano un interessante articolo in cui mostrano che lo stress idrico di lungo termine riduce la produttività di foreste vetuste di faggio dell’Appennino centrale, in analogia ai trend di crescita osservati in altre zone montuose della regione mediterranea e in contrasto, invece, con i trend osservati in molte foreste del centro Europa.

Un contributo di sicuro rilievo che evidenzia bene come gli effetti del cambiamento climatico sulla produttività delle foreste esistenti dipendano da come il cambiamento climatico stesso si manifesta, ovvero dalla combinazione di variazione termica, cambiamento del regime di precipitazioni, aumento della concentrazione atmosferica di anidride carbonica, deposizioni azotate, ecc.

Ma vediamo come la ricerca è stata presentata al pubblico di un grande giornale.

Sul Corriere della Sera del 14 giugno, a pag. 25, compare un pezzo a firma di Massimo Spampani, dal titolo: “Sorpresa: più caldo, meno foreste”; e nell’occhiello: “Studio di ricercatori italiani su vegetazione e clima: piantare alberi non aiuta ad assorbire anidride carbonica”.

Il pezzo illustra i contenuti della ricerca e si chiude con un virgolettato che recita “... Il messaggio da lanciare è quindi quello che il contributo che stanno dando le foreste nell’assorbire l’anidride carbonica rilasciata dai combustibili fossili nell’atmosfera sarà sempre meno in futuro e nelle politiche internazionali sarebbe più opportuno non puntare sull’incremento delle foreste ma ridurre concretamente le emissioni di anidride carbonica”.

Nel messaggio conclusivo, il pezzo del Corriere (oltre a mescolare impropriamente un risultato che riguarda la velocità di crescita di boschi vetusti esistenti con gli effetti dell’afforestazione) propone un’indebita estrapolazione a scala globale di un risultato conseguito invece a scala locale su foreste vetuste in ben determinate condizioni ambientali; e sembra insinuare il dubbio che le misure di politica internazionale a favore del sacrosanto obbiettivo della riduzione delle emissioni di anidride carbonica debbano porsi in alternativa a quelle in favore dell’afforestazione.

Domanda maligna del sottoscritto: anche delle misure (v. accordi di Bali e sviluppi previsti) che cercano faticosamente di contrastare la rarefazione della foresta laddove drammaticamente si verifica, come nelle zone tropicali?

Ma vediamo qual è la situazione fino ad ora attestata dalla ricerca scientifica.

Nella più recente rassegna sull’argomento, pubblicata da una delle riviste scientifiche più prestigiose (Bonan GG, Science 320 (5882): 1444-1449, del 13 giugno 2008), si riporta che le foreste attualmente immagazzinano il 45% del carbonio presente nella biosfera terrestre, contribuiscono per il 50% alla produzione primaria netta globale e assorbono una quantità di carbonio corrispondente a oltre il 30% delle emissioni attribuibili alle attività antropiche.

Nella medesima rassegna è messo anche in evidenza come le foreste influenzino il clima attraverso tutta una serie di processi fisici, chimici e biologici che modificano il bilancio energetico della terra, il ciclo idrologico, la composizione dell’atmosfera.

Senza entrare nel dettaglio, è ben vero che si tratta di processi complessi e non-lineari che possono, secondo il contesto ambientale, sia mitigare sia amplificare il cambiamento climatico d’origine antropica.

Per cui siamo di fronte a un quadro sicuramente articolato, con molti feedbacks biogeofisici ancora da esplorare e che richiede un grande sforzo scientifico per essere ulteriormente interpretato al fine di poter fare previsioni sul potenziale che le foreste avranno in futuro nella mitigazione del cambiamento climatico.

Ma che comunque, pur con le necessarie distinzioni, evidenzia la sicura importanza delle foreste nella regolazione del bilancio del carbonio e del clima terrestre.

Siamo quindi piuttosto distanti dall’asserzione anapodittica (“il contributo delle foreste nell’assorbire anidride carbonica sarà sempre meno in futuro”) con cui, sulla base di una ben specifica ricerca, si chiude il pezzo del Corriere della Sera.

Dubbi finali. La semplificazione operata dal Corriere va nella direzione di una giusta e utile divulgazione scientifica? Rischia o no di stravolgere il significato di una ricerca scientifica sicuramente interessante ma da interpretare in modo necessariamente circostanziato? Rende merito a un problema ambientale di così grande complessità? Quali strade possiamo esplorare per garantire che sui grandi mezzi di comunicazione venga garantita un’informazione più oggettiva e documentata sulle tematiche forestali e ambientali, immune da fuorvianti sensazionalismi?

 
 
 

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