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Post-effects of long-term water drougth in Mediterranean pine stands

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 308-317 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0549-0050308
Published: Dec 12, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Research Articles

Abstract

Two studies were carried out on the effects of imposed water shortage in two Mediterranean pine stands growing in Southern Italy. The impact of a severe reduction in water availability on the growth of 50-year old Pinus halepensis trees (growing along the Ionian coast of Puglia, experiment 1) and 35-year-old Pinus laricio trees growing in Sila (Calabria Region, experiment 2) were studied. The experimental effects were followed for 12 months in experiment 1 and for 36 months in experiment 2, comparing covered plots and uncovered control plots. The experiment was carried out on plants of the same plots, to check if long-term water shortage caused post-effects on their growth. This research aimed to investigate what pines suffer during last years, considering the beginning of possible long-term effect on these pine forests. The results were different for the species. After treatment, the reduction of radial growth Pinus halepensis covered plants was observed, while a positive trend of growth of control trees was observed. A recovering of both covered and control Pinus laricio trees growth was observed.

Keywords

Climate change, Water stress, Pinus halepensis, Pinus laricio, Dendrochronological analysis

Premessa 

Cambiamento climatico e inquinamento atmosferico sono due aspetti del cosiddetto “cambiamento globale”, che è oggi considerato tra le più serie emergenze ambientali. L’impatto di queste mutazioni climatiche potrebbe essere maggiore nelle aree a già forte tensione, sia climatica (alte temperature, scarsa piovosità) che per pressioni antropiche ([24]).

In questi contesti, infatti, la scarsità di precipitazioni si combina con un’elevata richiesta evapotraspirativa; il deficit idrico che ne risulta, interagisce con le alte temperature e l’intenso irraggiamento che sono tipici del clima mediterraneo, annullando i potenziali benefici che un aumento di CO2 potrebbe indurre con la stimolazione dell’attività fotosintetica e un miglioramento dell’efficienza d’uso idrico delle piante ([14], [27]).

I caratteri e la distribuzione della vegetazione, data la longevità delle specie forestali, sono strettamente condizionati dai minimi di pioggia in grado di determinare una riduzione della disponibilità idrica nel suolo. Di conseguenza, l’azione disseccante che si viene a creare non permette alle piante di abbassare la temperatura degli organi vegetativi, inducendo una elevata traspirazione che le conduce allo stress idrico. Prolungati effetti di stress possono perciò indurre nelle conifere meccanismi di regolazione dell’apertura stomatica per evitare o ridurre il rischio di interruzione del flusso xilematico ([8]).

Come è noto, nel corso della loro esistenza gli alberi formano anelli secondo un ritmo periodico legato all’attività vegetativa e, all’interno dei limiti fissati dal genoma, il meristema cambiale opera sotto l’influenza di processi fisiologici interni e fattori ambientali esterni ([28]). Pur tuttavia, in condizioni di luce e temperatura sufficienti, in aree a clima mediterraneo, la crescita degli anelli dipende quasi esclusivamente dalla disponibilità d’acqua nel terreno ([21], [25], [6]).

In Italia, dove le zone che si possono considerare più a rischio sono quelle meridionali ([32]), i periodi di siccità sono diventati più frequenti dal 1950 ad oggi e si prevede un riscaldamento generalizzato, con diminuzione delle precipitazioni invernali (che rimpinguano le riserve idriche nel sottosuolo) e aumento dei temporali estivi (che erodono il suolo - [24]).

In previsione di imbatterci in tali problematiche, nel corso degli anni ’90 sono stati svolti degli esperimenti per studiare l’effetto di carenze idriche prolungate, con specifico riferimento al caso di due pinete (pino laricio e pino d’Aleppo) ubicate nell’Italia meridionale. In entrambi i casi è stato organizzato un esperimento a parcelle ripetute durante il quale è stata esercitata una prolungata manipolazione della quantità di acqua disponibile nel suolo, mediante l’utilizzo di teli di plastica. Ogni parcella era anche isolata lungo il perimetro da profonde trincee per impedire infiltrazioni di acqua per via laterale. L’obiettivo principale era quello di verificare, se gli stress idrici cui le piante erano state sottoposte hanno determinato effetti di lungo periodo sugli accrescimenti annuali.

I due esperimenti hanno conseguito effetti differenti. L’esperimento sul pino d’Aleppo ha messo in evidenza che gli alberi sottoposti a stress idrico severo reagiscono in modo rapido alla siccità, attraverso una pronta regolazione degli scambi gassosi. È stata infatti osservata una forte riduzione della traspirazione. È prevalsa quindi una risposta rapida ed elastica.

Abbastanza diverso è il quadro che è emerso dall’esperimento sul pino laricio. I meccanismi di chiusura stomatica risultano efficaci nel controbilanciare gli effetti della siccità. È stata osservata, quindi, una risposta di acclimatazione strutturale.

Entrambi i pini studiati hanno rivelato, quindi, una notevole potenzialità di acclimatarsi alla carenza idrica ([4], [9]).

Con l’asportazione dei teli di plastica utilizzati per l’esperimento del 1995 le piante sono tornate a vegetare in condizioni naturali.

In base alle nostre conoscenze, lavori sperimentali che analizzano tale argomento in previsione dei cambiamenti climatici futuri sono insufficienti soprattutto per i tipici ambienti forestali dell’area Mediterranea. Per questo motivo esiste un concreto interesse a studiare tali fenomeni che potrebbero chiarire le strategie poste in essere dalle foreste in contrasto a stress ambientali di una certa rilevanza.

Utilizzando metodi dendrocronologici e operando sulle piante dei medesimi siti sperimentali, l’obiettivo di questo lavoro è stato quello di verificare se gli stress idrici cui le piante erano state sottoposte hanno determinato post-effetti di lungo periodo sugli accrescimenti.

Materiali e metodi 

Area di studio

Lo studio è stato condotto in due siti: una foresta di pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.), nel comune di Castellaneta Marina (40° 29’ N, 16° 58’ E, a livello del mare), in provincia di Taranto, e una foresta di pino laricio (Pinus nigra subsp. laricio Poiret), nel comune di Acri (latitudine 39° 28’, longitudine 16°30’, altitudine pari a 1.080 m s.l.m.), in provincia di Cosenza, sulla Sila Greca.

Altre informazioni sulle aree di studio sono reperibili in precedenti lavori di Borghetti et al. ([4]), Borghetti et al. ([5]), Cinnirella et al. ([9]).

Esperimenti precedenti

Nel 1995, in entrambi i siti, si è provveduto ad organizzare un esperimento, a parcelle ripetute, in cui la ricarica idrica nel suolo veniva ridotta da una copertura di plastica trasparente tenuta sospesa ad una certa altezza sul terreno; ogni parcella era anche isolata lungo il perimetro da profonde trincee per impedire infiltrazioni di acqua per via laterale. L’esperimento è durato 12 mesi nella pineta di pino d’Aleppo, 36 mesi nella pineta di pino laricio.

Durante l’esperimento sono state misurate, sia nelle parcelle coperte sottoposte ad esclusione idrica sia nelle parcelle scoperte di controllo, le variabili relative a: crescita, scambi gassosi, relazioni idriche e traspirazione, embolia xilematica ([4], [5], [9]).

Attività sperimentale svolta

Nell’ottobre del 2004, nelle 12 parcelle (sei nel sito di Castellaneta Marina e sei sulla Sila Greca) interessate dal precedente studio (Fig. 1) è stato effettuato il rilievo dendrometrico del soprassuolo arboreo. Mediante la trivella di Pressler, sono state prelevate due carotine per pianta (per un totale di 120 campioni) a 1.30 m da terra, in due direzioni opposte (N-S; S-N).

Fig. 1 - Particella sperimentale, di forma rettangolare, sulla Sila Greca.

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Il pino d’Aleppo è una specie mediterranea che per regolare l’evapotraspirazione ([2]) ed evitare fenomeni di embolismo ([1]) durante il periodo estivo, interrompe la propria attività di crescita, dando luogo alla formazione di anelli di ampiezza particolarmente ridotta (falsi anelli, o addirittura la loro mancanza).

Considerata la difficoltà di lettura degli anelli del pino d’Aleppo (presenza di falsi anelli o loro assenza), nel sito di Castellaneta Marina sono state prese altre 15 carotine da tre piante diverse (roverella, frassino e pino domestico) che sono state utilizzate per la cross-datazione delle carotine di pino d’Aleppo.

Le carotine, opportunamente conservate, sono state fissate su supporti di legno e, utilizzando delle lame, è stata resa evidente la sezione trasversale di esse al fine di evidenziarne le tracheidi e gli anelli di crescita. Dopo la cross-datazione visuale ([33]) e l’individuazione di eventuali falsi anelli o addirittura assenti, si è proceduto alla misurazione degli anelli utilizzando il dendrocronografo Lega Smile 3, che consente una lettura al centesimo di mm.

Sono state prodotte 4 serie di misure: due per il pino d’Aleppo (controllo e stressato) e due per il pino laricio (controllo stressato).

L’insieme delle cronologie è stato sottoposto a controllo qualitativo mediante il software COFECHA ([18]) che, con l’analisi comparata di ciascuna serie individuale con l’insieme delle serie datate, ha valutato la qualità della cross-datazione. La standardizzazione dei dati è avvenuta mediante il software Arstan ([12]). Al fine di amplificare il segnale climatico (alta frequenza) sono stati rimossi gli effetti dei fattori non climatici (bassa frequenza) dalle serie individuali utilizzando una curva spline pari a 15 anni per il pino d’Aleppo e a 20 anni per il pino laricio, seguendo le indicazioni riportate in Cook & Peters ([13]) e Chhin & Wang ([7]).

La lunghezza media delle serie è pari a 20 anni per il pino d’Aleppo e 34 anni per il pino laricio.

Ogni serie misurata è stata modellata con un processo auto regressivo. La varianza, dovuta a misure di ampiezza lontane dai valori medi, è stata opportunamente stabilizzata con metodologie indicate nel software utilizzato.

Le osservazioni coprono l’arco di tempo che va dal 1970 al 2004. La cronologia dei residui è stata utilizzata per valutare le relazioni tra crescita radiale e precipitazioni ([11]). I valori degli accrescimenti medi annui residuali sono stati messi in relazione con i valori medi mensili di precipitazione.

I parametri di riferimento per lo studio climatico coprono l’arco di tempo che va dall’Ottobre dell’anno precedente la crescita (t-1) al Settembre dell’anno in corso (t), periodo in cui viene elaborato l’anello in tutto il bacino del Mediterraneo ([31], [30]).

Nelle analisi dendroclimatiche sono comunemente utilizzate le funzioni di correlazione e le funzioni di risposta. Nelle prime i coefficienti sono stimati mediante il metodo di Pearson mentre nelle seconde derivano da stime multivariate di modelli di regressioni che tengono conto dell’analisi delle componenti principali ([10]). La significatività e la stabilità dei coefficienti di regressione calcolati è basata sulla tecnica statistica bootstrap ([15]) che permette di determinare l’errore associato ad una funzione di dati campionari ripetendo l’estrazione casuale dei dati stessi in modo da aumentare artificialmente la dimensione del campione ([17]).

Per le elaborazioni dei valori di correlazione (P) e delle funzioni di risposta (FFRR), con un livello di significatività pari a 0.05, è stato utilizzato il software DENDROCLIM2002 ([3]).

Per il sito del pino d’Aleppo le serie climatiche adottate si riferiscono alla stazione termopluviometrica di Metaponto (MT, 10 m s.l.m. - 40° 21’ N, 16° 48’ E). Le lacune nei dati di pioggia presenti sono state stimate mediante regressioni lineari (R2 pari a 0.71) con la serie delle temperature di Pisticci (MT, 34 m s.l.m. - 40° 17’ N, 16° 46’ E).

Per quanto riguarda il sito del pino laricio le serie climatiche adottate si riferiscono alla stazione termopluviometrica di Cecita (CS, 1180 m s.l.m. - 39° 24’ N, 16° 32’ E). Le lacune nei dati di pioggia presenti sono state stimate mediante regressioni lineari (R2 pari a 0.75) con la serie delle temperature di Acri (CS, 750 m s.l.m. - 39° 29’ N, 16° 24’ E).

I dati medi di crescita radiale sono stati sottoposti ad analisi statistica utilizzando il pacchetto statistico SPSS 10.0.

Risultati 

Gli effetti dello stress idrico e i suoi post-effetti sono stati valutati mediante l’analisi delle curve di crescita delle due specie oggetto di studio nelle due situazioni considerate: parcelle controllo e parcelle trattate. Per il pino d’Aleppo, data la difficoltà delle letture è stato preso in considerazione il periodo 1990-2004 mentre per il pino laricio il periodo 1970-2004.

Pino d’Aleppo

Dalla Fig. 2 si osserva che dal 1989 al 1994 i trend di crescita degli alberi appartenenti ai due trattamenti mostrano un andamento concorde di crescita. Naturalmente, è quello che ci si aspettava considerando che in questi anni non ci sono state influenze esterne. Nel 1995, anno del trattamento, le curve di crescita delle piante presentano una differenza statisticamente significativa con il trattamento controllo che evidenzia una media di crescita superiore al trattamento stressato.

Fig. 2 - Ampiezza degli anelli di crescita del pino d’Aleppo in funzione dei trattamenti esaminati.

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Nel 1996 e 1997 si assiste ad un recupero di crescita delle piante appartenenti al trattamento stressato e le differenze di crescita non sono statisticamente significative.

Dal 1998 al 2004 i ritmi di crescita si modificano in modo significativo, con il “controllo” che evidenzia valori di crescita addirittura inferiori rispetto a quelli del “trattato”.

Gli anni 1989, 1990, 1995, 2000 e 2002 risultano anni di crescita ridotta, sia per le piante trattate, che per quelle testimone. In corrispondenza di questi anni l’individuazione degli anelli di crescita è stata alquanto difficile. Solo dopo accurate analisi che hanno preso in considerazione la crescita di altre piante limitrofe (Fig. 3) ai siti sperimentali, è stato possibile individuare la presenza di falsi e doppi anelli tipici del pino d’Aleppo (Fig. 4).

Fig. 3 - Curve di crescita di alcune specie cresciute nella stazione di Castellaneta Marina (TA) utilizzate per la cross-datazione delle piante di pino d’Aleppo.

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Fig. 4 - (A) Carotina prelevata da piante di pino d’Aleppo sottoposte a stress idrico nel 1995; (B) carotina appartenente a piante delle parcelle controllo. Le frecce di colore verde indicano anelli di crescita presenti solo nella carotina delle piante controllo. Con la lettera M sono indicati gli anelli mancanti, con la F i “falsi anelli”.

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Questa specie, rientra a pieno titolo tra quelle citate da Cherubini et al. ([6]), vegetanti in area mediterranea, di difficile lettura degli anelli di crescita.

Raventós et al. ([26]) sottolineano che nelle aree costiere mediterranee le anomalie degli anelli di crescita del pino d’Aleppo rendono estremamente difficoltosa la loro identificazione e lettura ponendo serie limitazione per la costruzione di serie dendrocronologiche. Tali difficoltà sono ancora maggiori nelle aree dove le condizioni stazionali sono difficili (precipitazioni ridotte e variabili, temperature elevate, salsedine, effetti antropici).

In Fig. 2 e Fig. 3 si può notare che alcuni anni caratteristici sono, nella maggior parte dei casi, comuni a tutte le specie esaminate e, in particolare, per quelli a crescita ridotta il 1971, il 1986 (ad eccezione della roverella), il 1990, il 1995, il 1998, il 2000 e il 2002. Quelli riguardanti una crescita maggiore sono il 1972, il 1974, il 1991, il 1996, il 1997, il 1999, il 2001 e il 2004.

Pino laricio

Dalla Fig. 5 si osserva che il trend della curva di crescita per il pino laricio è, nel periodo 1970-2004, in entrambe le situazioni in esame, inizialmente decrescente con una concavità verso l’asse delle ascisse e, successivamente, presenta una ripresa della crescita con andamento crescente.

Fig. 5 - Ampiezza degli anelli di crescita del pino laricio in funzione dei trattamenti esaminati.

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La curva di crescita del pino laricio controllo presenta sempre valori statisticamente superiori a quella del pino laricio trattato. Anche nel caso del pino laricio, il 1990 risulta un anno caratteristico per l’accrescimento ridotto a causa delle difficili condizioni climatiche verificatesi.

Per studiare più a fondo come varia l’accrescimento tra le piante testimone e quelle trattate è stato calcolato il rapporto tra i valori delle ampiezze (Fig. 6). Tale rapporto presenta un valore sempre superiore ad 1, il che indica che le piante delle parcelle controllo si sono accresciute sempre di più di quelle stressate. L’andamento della curva del rapporto tra le ampiezze risulta pressoché costante dal 1970 al 1985. Dal 1987 si nota un valore del rapporto sempre superiore a 2, e fino al 2004 il trend della curva è crescente. Negli anni del trattamento, in particolare dal 1996 al 2000 il rapporto è pari a 2.9, il che significa che in tale periodo la crescita delle piante testimone è stata di quasi tre volte superiore a quella delle piante trattate.

Fig. 6 - Valori del rapporto tra le medie delle ampiezze delle piante di pino laricio controllo e le medie delle ampiezze delle piante stressate. Le barre verticali indicano l’errore standard.

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Discussioni e conclusioni 

La presente ricerca è stata finalizzata allo studio degli effetti causati da condizioni di stress idrico indotta sull’accrescimento radiale del pino d’Aleppo e del pino laricio.

Negli anni successivi ai trattamenti, si è verificata una variabilità di crescita, soprattutto nelle aree interessate in precedenza dallo stress idrico. Probabilmente ciò è stato causato da variazioni temporanee di apporto idrico al suolo che hanno causato sensibili variazioni nelle serie dendrocronologiche. Questo è confermato dalle relazioni intercorse tra la pioggia e la crescita radiale (Fig. 7, Fig. 8) in cui appare evidente, soprattutto per il pino d’Aleppo, che i fattori limitanti aumentano nelle analisi condotte su piante stressate. Le piogge del mese di aprile(t) sembrano essere maggiormente decisive per l’inizio dell’attività cambiale. Inoltre si può osservare che le piogge di ottobre(t-1) delle piante stressate sono correlate positivamente alla crescita radiale. Questo potrebbe voler dire che nel periodo autunnale il pino d’Aleppo conduce uno sforzo metabolico al fine di accumulare e rendere disponibile nel nuovo anno di crescita, importanti strutture di riserva.

Fig. 7 - Relazioni pioggia-crescita del pino d’Aleppo “Controllo” e “Stressato”. Funzioni di correlazione e funzioni di risposta tra la variabile climatica e valori di incremento indicizzati. Sull’asse delle ascisse il periodo compreso tra Ottobre(t-1) e Settembre(t), sull’asse delle ordinate i coefficienti di correlazione (livello di significatività pari a 0.05).

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Fig. 8 - Relazioni pioggia-crescita del pino laricio “Controllo” e “Stressato”. Funzioni di correlazione e funzioni di risposta tra la variabile climatica e valori di incremento indicizzati. Sull’asse delle ascisse il periodo compreso tra Ottobre(t-1) e Settembre(t), sull’asse delle ordinate i coefficienti di correlazione (livello di significatività pari a 0.05).

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Diverso è il discorso per quanto riguarda il pino laricio in cui viene rilevato, unitamente alla conferma dell’importanza delle piogge del mese di aprile(t), peraltro statisticamente più evidente nelle piante stressate, una relazione diretta con la piovosità di luglio per le piante controllo e giugno per quelle stressate. Appare evidente l’esigenza di un maggiore apporto di acqua nel periodo di elevata crescita per la pianta. Per le piante stressate l’esigenza idrica è in anticipo rispetto a quelle controllo (Fig. 8). La disponibilità di acqua in questa parte del periodo vegetativo oltre a stimolare l’attività del cambio, garantendo un buon turgore cellulare, favorisce l’attività di distensione cellulare e la sintesi delle proteine, processi che senza dubbio influiscono positivamente sull’accrescimento degli anelli ([16]). La correlazione inversa evidenziata in ottobre(t) sembra essere invece legata alla necessità da parte delle piante stressate di completare, in condizione di poca pioggia, la crescita radiale mediante apporto di lignina sulle pareti secondarie delle tracheidi.

I principali risultati ottenuti indicano che:

  1. il pino d’Aleppo appartenente alle parcelle trattate, nell’anno successivo all’esperimento del 1995, ha ripreso a crescere superando la crescita delle piante controllo. Molto probabilmente tuttavia, molte piante originariamente presenti sono morte in seguito all’attacco del blastofago Tomicus destruens ([29]). Le piante rimaste in piedi sono quelle che presentavano una condizione di salute migliore che ha consentito loro di sopravvivere alle condizioni di stress indotto. Simili risultati sono stati conseguiti in un lavoro di Raventós et al. ([25]) in cui piante di pino d’Aleppo con chioma non danneggiata mostravano un minore numero di anelli mancanti. La presenza di anelli mancanti o doppi anelli è considerata una strategia adattativa del pino d’Aleppo ([22]) al fine di regolare gli stress idrici attraverso un appropriato uso dell’evapotraspirazione e di fenomeni di embolia ([26]). Il pino d’Aleppo è considerato una specie a ritmo estremamente plastico per quanto riguarda il ritmo annuale dell’attività cambiale. Tale manifestazione rende, spesso, pressoché impossibile rilevare la misura esatta dell’anno di crescita. La plasticitàè favorita dalla spiccata variabilità climatica dell’area mediterranea sia in termini di pioggia che di temperatura. Quando le condizioni ecologiche sono favorevoli le piante sono in grado di produrre xilema tutto l’anno mentre se la disponibilità idrica estiva o la temperatura invernale è troppo bassa si assiste a un arresto dell’attività cambiale ([20]). Il fenomeno è ancora più accentuato allorquando le piante vegetano nel piano dominato. Oppenheimer ([23]), a tal proposito, osservò che le piante dominanti erano in grado di mantenere il cambio attivo tutto l’anno e che tale attività era direttamente proporzionale allo stato sociale degli alberi.
  2. Le piante di pino laricio appartenenti alle parcelle stressate presentano un andamento dell’accrescimento decrescente nel periodo del trattamento, ma dal 2000 le piante seguono un andamento di crescita positivo, segno che dopo lo stress idrico i pini hanno ripreso la loro attività di crescita per aver rapidamente ristabilito la conduzione stomatica, la fotosintesi e lo stato idrico interno. Probabilmente, le buone caratteristiche pedologiche: la tessitura da franca, franca argillosa a franca limosa argillosa; lo scheletro, generalmente assente o scarso, di piccole o medie dimensioni; il drenaggio buono o moderatamente buono; la pietrosità assente o scarsa; la rocciosità assente ([19]), hanno favorito la formazione di una riserva idrica che ha consentito una ripresa della vegetazione forestale; inoltre, l’elevata umidità relativa della zona ha contribuito a mitigare le condizioni di carenza idrica indotta. Tuttavia ulteriori verifiche di tipo pedologico sono necessarie per confermare tali ipotesi.

Il nostro studio conferma l’adattabilità del pino d’Aleppo e del pino laricio allo stress idrico che sembra essere collegata alla loro abilità di evitare lo stress idrico interno. In conclusione si può affermare che i post-effetti della carenza idrica più pronunciati si sono potuti osservare nel pino d’Aleppo, con un’elevata percentuale di piante morte in seguito al trattamento.

Ringraziamenti 

Gli autori desiderano esprimere un particolare ringraziamento al Sig. Antonio Lapolla, per il prezioso supporto tecnico durante i rilievi di campo; il professor Francesco Iovino per la cortese disponibilità offerta; e il personale del Corpo Forestale dello Stato di Castellaneta Marina, per aver concesso la possibilità di accedere all’area di studio.

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