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Sensitivity of Amazon rainforest to drought: results from forest inventories

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 6, Pages 199-201 (2009)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0585-0006
Published: Jun 30, 2009 - Copyright © 2009 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A recent study based on inventory data from the RAINFOR network, published in the journal Science, reported a relevant effect of an anomalous dry year (2005) on biomass accumulation and mortality in Amazon old-growth forests. Results were obtained by comparing inventory data taken before and after the dry year and point to biomass losses in consequence of drought. These losses were driven by large mortality increases at some plots and by small but diffuse declines in growth. If upscaled to the area affected by drought, the release of carbon (1.21 PgC) would be much larger than that resulting from deforestation in the area (0.3÷0.8 PgC) and would offset the carbon gained in the recent past (0.5 PgC). As the frequency of extreme dry years is expected to increase in future climate scenarios, regional carbon balances may be strongly impacted with a positive feedback on climate change. The main results of the paper are briefly presented and commented.

Keywords

Tropical forests, Carbon budget, Biomass inventory, Drought

 

Di recente sono usciti molti lavori sul ciclo del carbonio delle foreste tropicali, sia in Amazzonia ([3]) che in Africa ([2]). Questo è indice sia dell’interesse dei ricercatori per questi ecosistemi, che sono tra le ultime foreste primigenie del pianeta, sia anche della consapevolezza dell’importanza che esse rivestono per la biodiversità e per i cicli biogeochimici a diversa scala e, di conseguenza, della necessità di approfondire la conoscenza della loro ecologia e delle risposte ai cambiamenti globali.

Nella linea di questi studi, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Science un lavoro ([6]) che si è basato su dati inventariali provenienti dalla rete RAINFOR (Amazon Forest Inventory Network) che è stata creata per studiare la biomassa e la dinamica delle foreste Amazzoniche (RAINFOR 2009 - [4]).

Per l’Amazzonia, il 2005 è risultato un anno estremamente arido, probabilmente il più arido negli ultimi 100 anni. Inoltre, questa aridità non è stata legata ad un evento El Niño, come usuale a quelle latitudini, ma dalle alte temperature superficiali del Nord Atlantico tropicale che hanno determinato una riduzione delle precipitazioni ed un aumento delle temperature nell’Amazzonia del Sud. Dato che queste dinamiche sono tra quelle previste in aumento da alcuni scenari climatici per il XXI secolo, l’evento del 2005 potrebbe essere esemplificativo di condizioni future.

In seguito a questo, i ricercatori di RAINFOR, che avevano recentemente pubblicato i dati sull’aumento della biomassa e, quindi, sull’assorbimento di carbonio tra il 1980 ed il 2000 ([5]), hanno deciso di effettuare un censimento eccezionale, anticipato rispetto ai tempi previsti, proprio per verificare quale fosse stato l’impatto dell’aridità su larga scala.

Lo studio si è basato su dati inventariali raccolti su 136 plot in 44 siti distribuiti nelle maggiori nazioni amazzoniche e in diverse condizioni climatiche, di suolo e di tipologia vegetazionale raccolti negli ultimi 25 anni ([6]). La ricerca, partendo da classici dati inventariali (diametro e specie arboree, densità basale del legno, relazioni allometriche, mortalità degli alberi) ha calcolato la biomassa per inventari successivi, determinando aumenti e perdite per mortalità. Da segnalare che l’analisi dei dati è stata molto attenta e sofisticata per evitare artefatti legati, ad esempio, alla diversa lunghezza degli intervalli inventariali o al peso maggiore dei cambiamenti in alcuni siti rispetto ad altri (si veda il materiale supplementare disponibile online, SOM - [6]).

Se prima del 2005 le foreste misurate avevano mostrato un aumento di biomassa epigea pari, in media, a 0.89 t ha-1 anno-1, durante il periodo arido il cambiamento è risultato mediamente negativo (-0.71 t ha-1 anno-1, range: -1.93÷0.30 t ha-1 anno-1). Inoltre, se prima del 2005 il 76% dei plot ha aumentato la biomassa epigea, durante il periodo arido, questo è successo solamente nel 51% dei casi. Nei 25 anni di rilievi, il periodo centrato intorno al 2005 è stato il primo ed unico nel quale il cambiamento di biomassa è risultato negativo.

Per verificare se questi cambiamenti fossero realmente in relazione alle condizioni idriche, i ricercatori hanno calcolato un indice di stress idrico (Maximum Climatological Water Deficit, in mm) su dati meteorologici e pedologici locali per gli anni dell’intervallo inventariale che includeva il 2005 e per gli anni precedenti. Questo indice è stato poi messo in relazione ai cambiamenti di biomassa avvenuti nei singoli plot che sono risultati negativamente correlati con l’aumentare dell’indice di deficit idrico calcolato relativamente al suo valore pre-2005. In particolare, hanno perso più biomassa quei plot nei quali lo stress è risultato scostarsi maggiormente rispetto agli andamenti di lungo termine.

Da segnalare che i cambiamenti di biomassa epigea sono stati determinati maggiormente da un aumento di mortalità, che in alcuni plot è risultata molto rilevante, e da una limitata ma diffusa diminuzione dei tassi di crescita che possono altresì recuperare in annate successive. La mortalitàè stata maggiore per gli alberi a legno meno denso, a crescita più veloce. Questo fattore potrebbe indicare anche la possibilità che, in caso di un aumento delle frequenza delle annate particolarmente aride, possa determinarsi un impatto selettivo sulle varie specie con potenziali conseguenze sulla biodiversità delle foreste tropicali amazzoniche.

Successivamente gli autori hanno stimato, con diversi approcci, l’impatto che l’annata arida potesse aver avuto sull’intera area (circa 330 Mha) arrivando a quantificarlo in -1.2÷-1.6 PgC, valore molto maggiore della deforestazione nella stessa area (-0.3÷-0.8 PgC) e molto di più di quanto assorbito prima del periodo secco (0.5 PgC). Si conferma quindi che annate anomale possono determinare un forte impatto negativo sul ciclo del carbonio a scala regionale, così come verificatosi durante l’ondata di calore del 2003 in Europa ([1]). A questo proposito, gli autori speculano sul fatto che l’aumento eccezionale di concentrazione atmosferica di CO2 rilevato nel 2005 possa essere stato causato, almeno in parte, dagli effetti dell’annata arida in Amazzonia ([6]).

Per il passaggio da cambiamenti nella biomassa alla corrispondente emissione di carbonio, va segnalato che i calcoli degli autori considerano che il carbonio della biomassa morta nel 2005 venga emesso in atmosfera nello stesso anno. Sebbene nelle foreste tropicali i cicli di decomposizione siano particolarmente accelerati, qualora la mortalità riguardi alberi grandi, il tempo di residenza del legno morto potrebbe essere anche prolungato. In realtà, come gli autori segnalano, parte delle emissioni sono “committed” più che “emitted”, quindi i cicli andranno verificati sul lungo termine. Inoltre, dato che le condizioni di aridità hanno un effetto negativo sui processi di respirazione del suolo, è anche possibile che gli effetti sullo scambio netto di ecosistema non siano stati negativi come quelli sulla biomassa, e che i popolamenti studiati (o almeno alcuni di essi) possano essere stati, in condizioni di aridità, sink per il carbonio, come già riportato sebbene in condizioni meno critiche ([7]).

Un altro aspetto riguarda il reale ruolo di questa annata anomala sui cicli ecologici di lungo termine. In effetti, l’anomalia è stata riferita agli ultimi 100 anni e non sappiamo cosa fosse avvenuto in passato. Andrà quindi verificato se quanto accaduto nel 2005 non possa aver indotto dinamiche che, in assenza di disturbi umani (deforestazione, cambiamenti climatici, deposizioni azotate), non siano in realtà nella naturalità dei cicli ecologici delle foreste tropicali, dove tipicamente agiscono disturbi ciclici su piccola e media scala caratterizzati dalla morte e da schianti di alcuni individui che alimentano la dinamica a buche (gap dynamic). L’altro aspetto fondamentale è legato al fatto che gli scenari climatici futuri prevedono che la frequenza di eventi simili a quello del 2005 sia destinata ad aumentare ponendo a rischio la stabilità anche delle foreste tropicali con possibili retroazioni positive sul cambiamento climatico. Ci sarà comunque bisogno di monitoraggi di lungo termine, un classico atout degli inventari forestali, per determinare se quanto è avvenuto sia episodico e la biomassa possa quindi recuperare o, altresì, se sia l’inizio di cambiamenti di più lungo termine.

Per i ricercatori forestali, è importante che risultati cosi rilevanti siano stati ottenuti partendo dalle classiche tecniche inventariali. Queste ultime, unite a tecniche più moderne come il telerilevamento e accoppiate ad un’analisi integrata di altre fonti di dati (meteorologici, pedologici, ecc.), a studi a scala di ecosistema e ad approcci modellistici possono fornire una conoscenza sempre più approfondita delle dinamiche degli ecosistemi forestali a diverse scale di indagine.

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