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Family forest owners’ motivations in forest management activities: a case study in Recoaro Terme municipality (north-east Italy)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 7, Pages 44-57 (2010)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0618-007
Published: Apr 01, 2010 - Copyright © 2010 SISEF

Research Articles

Abstract

In Italy 67% of forestlands belong to private, usually small-scale, owners. Understanding landowners’ motivations is a crucial element to promote better and more active forest stewardship. This paper describes private forest owners’ managerial motivations. After a literature review on the issue, motivations are analyzed through a case study in the municipality of Recoaro Terme, located in the outer Alps range, Veneto Region, north-east Italy. Stated reasons for forest management are empirically identified by means of structured interviews to a statistically representative sample of local forest owners. Results show that forests are much more important for their intangible values and firewood self-consumption than for timber selling or other financial benefits. Different classifications of family forest owners are presented. The more helpful one is based on a cluster analysis and leads to the identification of three owners types with different motivations: a group of owners characterized by “Intangible Values”, a cluster of the “Multiobjective” owners and a group of “Un-interested” owners. These types show different socio-demographic features, various management, aims and information-seeking behaviour. Communication strategies, and management and assistance programs that might appeal to each type are discussed.

Keywords

Family forest owners, Small-scale forest ownership, Forest fragmentation, Cluster analysis

Introduzione 

In base ai dati del secondo Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi di Carbonio ([15]), su 8.7 milioni di ettari (M ha) di bosco, 5.8 M ha sono di proprietà privata (66.6%).

Secondo il Censimento Generale dell’Agricoltura ([16]), nel 2000 la superficie forestale per la quale si è individuato un conduttore (pubblico o privato), anche solo de facto - la presenza di un titolare dell’azienda non comporta di per sé una gestione attiva e continua della stessa, ma almeno il fatto che il bosco non sia res nullius: il mancato conoscimento in fase di rilevazione censuaria di un titolare del diritto d’uso del terreno è un problema che non dovrebbe coinvolgere la proprietà forestale pubblica che è prevalentemente costituita da demanio comunale -, risultava di 4.6 M ha (5.5 nel censimento del 1990). Prendendo a riferimento l’“universo UE”, e quindi escludendo le aziende con Superficie Agricola Utilizzata minore di 1 ha o con valori della produzione inferiori a 2500 €/anno, la superficie al 2000 risulta di soli 3.9 M ha, che scendono a 3.6 nel 2005 ([18]).

È evidente il divario tra i dati delle due fonti statistiche; tuttavia, anche se la qualità statistica dei dati e le diverse definizioni di “bosco” non consentono una stima esatta delle aree forestali prive di conduttore o di dimensioni economiche estremamente limitate, probabilmente non si è molto lontani dal vero affermando che più della metà del patrimonio forestale nazionale è in condizioni di totale abbandono e questo fenomeno è in espansione.

Il 23.3% delle aziende censite nel 2000 (poco più di 600000 su oltre 2.5 M di aziende) ha al proprio interno superfici forestali. Rispetto al 1990 si è registrato nei dati censuari un calo molto sensibile nel numero di aziende con boschi (-22.1%), mentre la superficie media di boschi per azienda è cresciuta da 7.09 a 7.51 ha (nel 1982 il dato medio era di 6.69 ha, nel 1990 di 6.87 ha). Questi valori medi sono fortemente influenzati dalla presenza di relativamente grandi aziende, in prevalenza di proprietà comunale. Le dimensioni medie dei boschi nelle 2074 aziende pubbliche sono di 772.8 ha, a fronte del dato di 5.7 ha per le aziende private. È quindi ipotizzabile, date tali dimensioni medie, che le proprietà pubbliche siano incluse tra le 11.609 aziende con classe di superficie maggiore di 100 ha. È perciò evidente che la struttura fondiaria forestale italiana è caratterizzata da un notevole dualismo: da una parte la proprietà pubblica che, con un paio di migliaia di aziende (lo 0.6% del totale), controlla il 43.9% dei boschi censiti, con superfici di relativamente grandi dimensioni che consentono una certa continuità di gestione, dall’altra centinaia di migliaia di aziende private di limitate dimensioni, e spesso con problemi di frammentazione fondiaria dei terreni aziendali.

I dati sopra riportati permettono di intuire una delle cause strutturali dei processi di abbandono gestionale: la frammentazione fondiaria. In questo contesto quali sono le motivazioni gestionali dei proprietari forestali privati (PFP) o, almeno, di quella parte di PFP che ancora mantengono un legame con il proprio patrimonio fondiario? Comprendere le motivazioni dei PFP è fondamentale per orientare le politiche che promuovano una migliore gestione forestale. La generale scarsa risposta dei PFP ai bandi relativi alle Misure forestali dei Piani di Sviluppo Rurale 2007-13 potrebbe spiegarsi anche in termini di aspettative e richieste da parte dei PFP diverse rispetto a quelle dei programmatori regionali.

Becker (citato in [1]) ha evidenziato che nel contesto europeo è necessario convincere i PFP che un più alto livello di attività forestale (cure colturali, prelievi finali, interventi di prevenzione contro i fattori avversi biotici e abiotici, ecc.) è possibile e vantaggioso sia in una logica privatistica che in una prospettiva di pubblica utilità. Allo scopo è però necessario conoscere le motivazioni dei PFP per sviluppare politiche mirate.

Il presente lavoro si propone dunque di descrivere e classificare le motivazioni e attitudini gestionali dei PFP. In particolare lo scopo del lavoro è duplice: data la carenza di studi sulle motivazioni gestionali dei PFP in Italia, si è voluto effettuare un’ampia revisione della letteratura su questo argomento (vedi par.: “I proprietari forestali privati”); successivamente si è analizzato un caso di studio prendendo a riferimento Recoaro Terme, un comune delle Prealpi vicentine (vedi par.: “L’area di studio”), con una attenzione particolare alla definizione di un approccio rigoroso alla scelta del campione in modo che questo potesse fornire indicazioni statisticamente significative (vedi par.: “Il metodo d’indagine”). I proprietari sono stati classificati in base alle motivazioni gestionali, e quindi ne è stata analizzata una serie di altre caratteristiche, alla ricerca di differenze che rispecchiassero i tipi attitudinali (vedi par.: “Risultati dell’indagine”). In particolare sono stati indagati i canali d’informazione preferiti, per ipotizzare una strategia di assistenza tecnica efficace, e la propensione all’associazionismo, per valutare se questo strumento, che potrebbe ovviare al problema della frammentazione fondiaria, abbia delle prospettive di successo.

I proprietari forestali privati: aspettative e motivazioni gestionali 

In America e nei paesi del centro e nord Europa sono stati pubblicati ormai numerosi studi che descrivono i PFP. Da tali studi è emerso che i proprietari sono eterogenei nelle motivazioni che li spingono alla gestione forestale, nei loro obiettivi e nelle loro strategie gestionali ([30], [27], [22]). Il comportamento dei PFP differisce inoltre da quello delle imprese forestali di tipo industriale per la molteplicità degli obiettivi che caratterizza la proprietà ([3]). Molti PFP attribuiscono un’importanza relativa all’utilizzazione del legname e non sono motivati da eventuali introiti finanziari ([28], [2], [39], [37], [7], [36], [12]). Secondo Butler & Leatherberry ([7]) solo il 9% dei PFP statunitensi ritiene importante la produzione di legname. Le motivazioni principali per il possesso del bosco sono il godimento estetico, la protezione della natura, l’integrazione del bosco all’abitazione, la privacy e la successione ereditaria. A queste motivazioni Young & Reichenbach ([39]) aggiungono la tradizione e altri valori immateriali. Becker in AA.VV. ([1]), relativamente al panorama europeo, spiega che “molti PFP non considerano il bosco come una fonte costante di reddito ma come una riserva per eventuali necessità future”. “Altri non hanno alcun interesse nell’occuparsi del bosco poiché i redditi ricavabili da superfici molto piccole sarebbero irrilevanti rispetto alla loro principale occupazione. Altri proprietari vivono in città e non hanno né le conoscenze né la voglia di gestire attivamente i loro boschi”.

A prescindere da specifici e mutati obiettivi, il bosco rimane un valore importante come componente dell’identità famigliare, cosa che spiega il forte attaccamento a questo bene da parte dei PFP ([27]). Ciò vale per le persone che hanno vissuto valorizzando i beni fondiari, mentre è incerta l’attitudine degli eredi a seguito del ricambio generazionale. Sicuramente “il trasferimento per eredità della proprietà forestale da agricoltori a non agricoltori è la principale caratteristica del cambiamento strutturale tra i PFP” in Finlandia ([38], [21]). Hogl et al. ([14]) osservano lo stesso fenomeno nel contesto austriaco. In Finlandia si evidenziano anche altri cambiamenti: l’invecchiamento dei proprietari, un aumento della comproprietà e delle donne tra i PFP, l’allontanamento crescente della residenza dei PFP rispetto alla localizzazione dei boschi di proprietà.

Le motivazioni gestionali dei PFP possono essere effettivamente diverse in contesti socio-economici diversi. Quando poi si procede ad una classificazione dei PFP sulla base di queste motivazioni, i risultati sono molto variabili. Tale situazione dipende principalmente dagli obiettivi dei ricercatori e dai metodi che essi impiegano. Di solito quel che interessa sono le caratteristiche psicologiche dei PFP, che servono per poter effettuare delle previsioni sul loro comportamento. Tutti gli studi hanno l’obiettivo di motivare i PFP a promuovere una più attiva e corretta gestione forestale. A questo scopo numerosi autori enfatizzano l’importanza di attuare programmi informativi specifici rivolti ai PFP ([11], [25], [31], [23], [24], [9], [30], [5]).

Passando alla breve rassegna di alcuni studi specifici, si nota come la metodologia più impiegata sia l’analisi delle componenti principali (ACP), seguita da una classificazione dei proprietari in base alle componenti così ottenute, tramite analisi dei raggruppamenti (AR). Le variabili prese in considerazione dai diversi autori sono i valori, gli obiettivi e le motivazioni, ma anche i comportamenti dei proprietari forestali o altre loro caratteristiche.

Una delle prime ricerche di questo tipo è quella di Kurtz & Lewis ([25]) in Majumdar et al. ([30]) e in Richter ([36]) che considera, oltre alle motivazioni, anche variabili demografiche e scelte gestionali dei PFP. Gli autori identificano e descrivono quattro tipi di proprietari nello Stato del Missouri (USA): i Timber Agriculturalists sono i più orientati alla gestione forestale per scopi strettamente produttivi; i Timber Conservationists, benché anch’essi dediti alla gestione forestale, esprimono un maggior interesse verso gli impatti e la sostenibilità delle loro attività; i Forest Environmentalists pongono grande enfasi nella conservazione dell’ambiente forestale e nei beni immateriali legati ad esso; infine, per i Range Pragmatists il bosco è funzionale all’allevamento del bestiame.

Similmente, considerando un insieme di variabili molto disparate, Kluender & Walkingstick ([24]) hanno individuato quattro tipi di PFP: i Timber Managers (selvicoltori produttivisti), i Resident Conservationists (residenti ambientalisti), gli Affluent Weekenders (visitatori benestanti del fine settimana) e i Poor Rural Residents (residenti rurali poveri).

Kuuluvainen et al. ([26]), invece, hanno scelto di classificare i PFP sulla base dei soli obiettivi gestionali. Ventuno obiettivi specifici sono stati accorpati in tre categorie: obiettivi diversi dal produrre legname, reddito e sicurezza economica, lavoro autonomo. A partire da queste motivazioni gli autori hanno poi suddiviso i PFP finlandesi in quattro classi, per mezzo di un’analisi dei raggruppamenti: i Multiobjective (multiobiettivo), i Recreationists (ricreazionisti), i Self-employed (auto-impiegati) e gli Investors (investitori). I proprietari Multiobjective danno importanza tanto ai benefici monetari che a quelli non monetari. I Recreationists enfatizzano i benefici non monetari. I proprietari Self-employed sono interessati all’opportunità di lavoro e di guadagno offerta dal bosco. Per gli Investors, infine, il bosco è una fonte regolare di reddito e di sicurezza economica.

A risultati analoghi è giunta la ricerca di Majumdar et al. ([30]) negli USA. L’indagine ha individuato due insiemi di motivazioni (interessi monetari e non-monetari) e tre gruppi omogenei di PFP: i Multiobjective, i Timber (interessati al legname) e i Non-timber (non interessati al legname). Il gruppo Timber comprende persone interessate alla produzione di legname o all’investimento fondiario, mentre il gruppo Non-timber dà valore agli usi immateriali del bosco come il valore estetico, la biodiversità, la ricreazione e la riservatezza.

D’impostazione metodologica simile (ACP+AR) ma concettualmente più complessa è la ricerca condotta da Richter ([36]) nel Missouri (USA). L’autrice enfatizza inoltre l’importanza di indagare come i diversi tipi di proprietari si mantengano informati, così da poterli raggiungere con appropriate strategie di comunicazione.

La Richter ha utilizzato un criterio piuttosto articolato per costruire una tipologia attitudinale, basata su quattro dimensioni psicologiche del proprietario: il significato attribuito alla terra, le motivazioni della proprietà, la vita nella comunità e la propensione alla collaborazione. Un ACP è stata applicata separatamente per ciascuna delle dimensioni. Ne sono emersi perciò quattro gruppi di fattori, e l’analisi dei raggruppamenti ha svelato l’esistenza di due tipi: i Legacy owners, per i quali la terra è una componente importante dell’identità personale e famigliare, ed i Detached owners, per i quali non lo è. I primi, a differenza dei secondi, hanno forti e diversificate motivazioni gestionali, ad eccezione dell’interesse per i benefici economici legati alla proprietà. La gestione dei boschi distingue nettamente i due gruppi: i Legacy owners sono più attivi (taglio, miglioramenti, rimboschimenti) e inoltre utilizzano più fonti di informazione.

Alcune ricerche sono state impostate sin dall’inizio per fini applicativi con lo scopo di evidenziare le preferenze per determinati strumenti di politica forestale, la propensione alla collaborazione, la domanda di informazioni, ecc. Young & Reichenbach ([39]), per esempio, hanno suddiviso i PFP in base all’intenzione di utilizzare o meno legname. Broderick et al. ([6]) hanno classificato i proprietari in base alle loro intenzioni di gestione, individuando quattro categorie: coloro che intendono vendere la propria terra (Sellers), coloro che hanno adottato uno strumento di pianificazione (Planners), coloro che hanno (Intenders) o non hanno (Non-intenders) intenzione di farlo. Finely et al. ([11]), invece, hanno suddiviso i PFP del Massachussets sulla base della loro propensione a diverse forme di cooperazione con altri proprietari. Janota & Broussard ([19]) si sono chiesti quali fossero gli strumenti di governo preferiti dai PFP dell’Indiana e hanno scoperto una relazione fra queste preferenze e le motivazioni dei PFP. Gli autori sono arrivati inoltre alla conclusione che “per aumentare l’adesione ai programmi, i governanti dovrebbero attuare politiche che considerino la foresta sia come investimento finanziario che come investimento simbolico”.

Per superare i limiti metodologici delle ricerche fin qui descritte, basate su dati raccolti tramite questionari, alcuni autori hanno impiegato la metodologia qualitativa, fondata su interviste non strutturate e reiterate a distanza di tempo. Utilizzando la metodologia qualitativa per descrivere un gruppo di PFP del Wisconsin, Bliss & Martin ([5]) hanno individuato delle motivazioni gestionali che altri non avevano colto a pieno, raggruppate sotto le categorie “etnia”, “identità famigliare” e “identità personale”.

Alcuni autori hanno cercato di formalizzare la relazione fra i comportamenti e certe categorie di PFP, sviluppando dei modelli matematici. Per sintetizzare i risultati di una vasta letteratura in merito, si può citare la meta-analisi di Beach et al. ([4]), che recensisce numerosi studi nordamericani ed alcuni studi europei. Gli autori hanno analizzato in particolare le relazioni fra attività quali le utilizzazioni, i miglioramenti del popolamento e i rimboschimenti da un lato, e quattro categorie di fattori dall’altro: variabili di mercato, politiche, caratteristiche del proprietario e del fondo. Per quanto riguarda le utilizzazioni, emerge che l’influenza dei fattori di mercato sulla gestione dei boschi è meno importante di quanto si ritenga comunemente. Effetti positivi sulle utilizzazioni, e ancor più sugli investimenti fondiari e sulle piantagioni, sembrano contraddistinguere le politiche forestali di assistenza tecnica.

L’area di studio: ambiente, foreste e proprietà forestali 

Il Comune di Recoaro Terme è situato nelle Prealpi vicentine. Esso si trova in una conca delimitata da rilievi che si avvicinano ai 2000 m di altezza. Gran parte della superficie comunale, che misura circa 60 km2, occupa le fasce altimetriche submontana e montana. I boschi ricoprono i due terzi del territorio.

I terreni privati nel territorio comunale comprendono 3676 ha di bosco, 488 ha di pascolo e 747 ha di coltivi e prati ([32]). Tutti i boschi privati sono soggetti a pianificazione forestale: esiste un’estesa proprietà privata sottoposta a Piano di Riassetto, mentre il resto dei fondi privati sono interessati dal Piano di Riordino Forestale.

I popolamenti prevalenti sono le faggete (40.0%), seguite dai castagneti (23.5%) e dagli aceri-frassineti (16.5%). Sia i cedui di castagno che i castagneti da frutto, che erano le formazioni più caratteristiche di questo territorio, sono in regressione e stanno lasciando il posto a formazioni eterogenee ([32]), mentre si stanno espandendo gli aceri-frassineti. La superficie forestale è in aumento (+15% in 50 anni - [34], [33]).

Nel Comune di Recoaro il 94.7% delle aziende agricole, la cui superficie media è di 3.78 ha, comprende superfici forestali, che si estendono in media per 2.35 ha ([16]). La forma di governo prevalente dei boschi recoaresi è il ceduo matricinato ([33]). Le fustaie rappresentano appena il 3.3%. Il 46.1% dei boschi è abbandonato, come risulta dal confronto fra la superficie complessiva rilevata dal Censimento ISTAT (1981 ha) con la superficie totale dei boschi privati (3676 ha - [32]). Da secoli i fondi agricoli e forestali sono estremamente frammentati ([29]); lo conferma uno studio sulle neoformazioni nel territorio della Comunità montana Agno-Chiampo ([13]).

Il metodo d’indagine 

Il criterio di campionamento scelto per individuare un campione rappresentativo di PFP è di tipo casuale semplice, per punti, con reinserimento: sono state campionate le proprietà boschive e non i proprietari, e la probabilità di selezione di una proprietà era proporzionale alla sua area.

Tecnicamente la determinazione casuale dei punti-bosco è stata effettuata con l’ausilio dei programmi Microsoft ExcelTM e Mapinfo ProfessionalTM v 8.0. Associando un insieme di coordinate geografiche alle foto aeree ([35]) e alle mappe catastali, tramite GIS, è stato compilato un elenco di punti-bosco, parte dei quali ricadevano entro proprietà private. Per determinare il campione sono state adottate la definizione di bosco FAO ([10]) e la definizione anglofona di Family Forest Owner ([7], [8]), che esclude di fatto tutte le imprese ad eccezione di quelle agricole. Il campione risultante, di 78 unità, è stato impiegato per la raccolta dei dati sulla struttura fondiaria. Per le interviste sono state escluse le proprietà con un’estensione inferiore agli 0.5 ha, per cui sono rimaste 72 persone candidate all’intervista.

La raccolta dati relativa ai PFP è stata svolta per mezzo di ampie e dettagliate interviste personali. Pur riconoscendo, soprattutto per uno studio pionieristico, i vantaggi della metodologia qualitativa, è stato applicato un approccio quantitativo, che ha permesso di ottenere, in un tempo sufficientemente breve, una classificazione dei PFP basata su criteri ben codificati.

I PFP sono stati contattati per telefono quando possibile, altrimenti richiedendone il certificato anagrafico al comune di residenza.

Le interviste sono state condotte nel periodo Novembre 2008 - Febbraio 2009. Ne sono state portate a termine 43. Correggendo il numero di unità campionate per i quattro proprietari che sono risultati ineligibili ed i cinque irreperibili, il tasso di risposta è stato del 68.7%. Quando la persona che si occupava del bosco godeva di autonomia decisionale (l’11.6% dei casi), questa è stata intervistata al posto del proprietario.

Considerando le variabili qualitative, un campione di 43 unità permette di ottenere delle stime con un margine d’errore del 14.9% ad un livello di confidenza del 95%.

Il questionario era costituito prevalentemente da domande chiuse di tipo fattuale e d’atteggiamento, più alcune domande di conoscenza e d’opinione. Il questionario era suddiviso in sette sezioni: (1) le caratteristiche della proprietà, (2) l’uso del terreno (utilizzazioni, altre attività svolte in bosco o in relazione ad esso, strumenti di pianificazione), (3) i valori, gli obiettivi e le intenzioni future, (4) la propensione alla collaborazione, (5) i mezzi d’informazione preferiti, (6) le caratteristiche socio-demografiche e (7) le opinioni dei PFP.

Nella terza parte del questionario si è chiesto di attribuire un punteggio ad una serie di motivazioni per il possesso del bosco. La risposta viene espressa con una scala ordinale Likert a cinque intervalli, da “per niente importante” a “molto importante”.

I dati sulla struttura delle proprietà sono stati raccolti a parte. Apposite visure catastali hanno permesso di compilare l’elenco dei terreni appartenenti a ciascuno dei 78 PFP selezionati. I mappali, visualizzati e sovrapposti alle foto aeree, sono stati disegnati su un layer GIS per rappresentare le proprietà fondiarie. Su un layer distinto sono state invece tracciate le particelle forestali. Per ogni proprietà sono state osservate o calcolate le seguenti caratteristiche: l’area complessiva, la superficie boschiva, il coefficiente di boscosità, la frammentazione, la frammentazione dei corpi di area superiore ai 2000 m2, il numero di comproprietari, la quota di bosco posseduto, il numero di usufruttuari, la quota di bosco in usufrutto.

La popolazione di tutti i PFP è stata analizzata con statistiche descrittive. I PFP sono stati poi classificati secondo tre criteri diversi. La prima classificazione, da qui in poi indicata come “classificazione attitudinale”, si basa su valori e obiettivi dei PFP. Le altre due si basano su variabili strutturali: residenza e dimensione della proprietà.

Nella classificazione attitudinale l’individuazione dei tipi e la loro caratterizzazione è stata ottenuta in una serie di passi successivi: prima è stata impiegata la tecnica dell’ordinamento per eliminare la ridondanza delle variabili osservate, trasformandole in un insieme ridotto di variabili latenti. Queste sono servite per la successiva analisi dei raggruppamenti, da cui è risultata una tipologia di PFP. Infine sono stati messi a confronto i tipi rispetto al resto delle variabili rilevate. Per i calcoli statistici è stato utilizzato il pacchetto statistico SPSS v.14.0.

Otto variabili attitudinali sono state utilizzate per la classificazione: l’investimento fondiario, l’autoconsumo di legna da ardere, la vendita di legna o legname, la ricreazione, il godimento estetico, la conservazione dell’ambiente, il bosco come parte dell’identità famigliare e personale, il valore affettivo legato al bosco.

Nell’ACP sono state mantenute le componenti i cui autovalori superano il valore-soglia di 1 ([20]), e a riprova è stato valutato anche lo scree-plot degli autovalori. Le componenti principali sono state ruotate con il metodo varimax. Si precisa che le otto variabili grezze sono espresse su scala ordinale, ma nelle analisi le si è trattate come variabili continue. L’opportunità di applicare il metodo della ACP è stata valutata con il test di Kaiser-Meyer-Olkin. L’Alfa di Cronbach è stato calcolato per misurare la consistenza interna e come indice di dimensionalità delle variabili.

I punteggi di componente, calcolati con il metodo di regressione e non standardizzati, sono stati usati nella successiva analisi dei raggruppamenti.

Nell’analisi dei raggruppamenti sono state applicate diverse tecniche gerarchiche agglomerative con indice di distanza euclidea: trattandosi di un’analisi esplorativa, nessuna ipotesi è stata fatta sulla struttura dei dati, quindi vari algoritmi sono stati applicati e poi è stata valutata la soluzione più facilmente interpretabile. Questa soluzione, che verrà di seguito presentata, è stata ottenuta con il metodo di Ward.

La scelta del numero ottimale di gruppi si è basata su diversi criteri: la lettura del dendrogramma, lo scarto fra le distanze di fusione dei gruppi e l’analisi della variabilità spiegata dalla partizione in gruppi considerata ([40]).

Individuati i gruppi, ciascuno è stato descritto sulla base delle variabili impiegate per la classificazione. In seguito il profilo di ciascun tipo di PFP è stato delineato con maggior precisione, mettendo a confronto i tipi rispetto alle variabili diverse dalle otto motivazioni impiegate per la classificazione attitudinale. Per le variabili categoriali e binarie sono state prodotte tabelle di contingenza, e l’indipendenza fra gruppi è stata valutata con il test esatto di Fisher o con il test del χ2. Per le variabili quantitative e per quelle ordinali, trattate come se lo fossero, è stata condotta l’analisi della varianza (ANOVA) e a posteriori le medie sono state confrontate a coppie con il test t di Student. Considerata la natura esplorativa di questo studio, gli errori di tipo II sono stati ritenuti un problema più grave degli errori di tipo I. Per questo sono stati riportati i valori di significativitàα validi per i confronti singoli ([22]).

La classificazione basata sulla residenza distingueva i PFP in due gruppi a seconda che il tratto più vicino del proprio bosco si trovasse a più o meno di 20 km dall’abitazione.

Per quanto riguarda l’estensione della proprietà, sono stati scelti i 3 ed i 10 ha come valori soglia fra proprietà piccole, medie e grandi. Le categorie così individuate sono state confrontate con gli stessi metodi impiegati per i tipi attitudinali.

Risultati dell’indagine 

Nel seguito vengono presentati e discussi i risultati del caso di studio a partire da una descrizione generale dei PFP analizzati (vedi par.: “Caratteristiche generali dei proprietari forestali privati”); vengono successivamente proposte tre tipologie di PFP in relazione alle diverse attitudini gestionali (vedi par.: “Le attitudini gestionali”) e da ultimo si accenna ad altri criteri di classificazione dei PFP (vedi par.: “Altri sistemi di classificazione dei proprietari”).

Prima di presentare i dati è utile ricordare le motivazioni per il rifiuto a collaborare nella compilazione del questionario; queste si possono ricondurre a due categorie: la mancanza di tempo o di interesse (73.7%) e la diffidenza (26.3%).

Caratteristiche generali dei proprietari forestali privati

Un inquadramento generale dei PFP può essere effettuato prendendo in considerazioni 6 macrovariabili: la struttura fondiaria, le caratteristiche socio-demografiche, l’intensità e le finalità di utilizzo dei terreni, i valori di riferimento dei proprietari, la propensione all’associazionismo, le fonti di informazione.

La struttura fondiaria

In Tab. 1 sono riportati i dati relativi alla struttura fondiaria della realtà campionata. L’area forestale media per azienda per le 78 proprietà campionate è risultata di 4.8 ha, con un variabilità molto ampia (DS - deviazione standard: 9.3); il frazionamento in particelle è risultato in media di 7.3 (DS: 5.8); il numero medio di comproprietari di 2.8 (DS: 3.5).

Tab. 1 - Struttura fondiaria delle proprietà forestali (N=78).

Parametri Min Max Media St. Err. St. Dev.
Area della proprietà (ha) 0.13 151.94 8.93 2.75 24.29
Area forestale (ha) 0.09 71.49 4.79 1.06 9.35
Coefficiente di boscosità (ha foresta/ha proprietà) 0.14 1.00 0.80 0.02 0.20
Quota di bosco posseduto (ha posseduto/ha) 0.05 1.00 0.75 0.04 0.32
Quota di bosco in usufrutto (ha in usufrutto/ha foresta) 0.00 1.00 0.07 0.02 0.22
Comproprietari (n) 1 21 2.82 0.39 3.45
Usufruttuari (n) 0 2 0.15 0.05 0.43
Frazionamento (n particelle) 1 24 7.32 0.65 5.77
Frazionamento particelle oltre gli 0.2 ha 0 12 3.28 0.28 2.48

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Caratteristiche socio-demografiche

Come si può osservare in Tab. 2, l’età media dei PFP è di 56.7 anni (DS: 11.7) ed il numero medio di figli di 1.7 (DS: 1.0). Solo il 33.8% dei boschi appartiene a donne. Quanto all’occupazione, la popolazione è equamente divisa fra lavoratori a tempo pieno e pensionati. Il 61.0% ha un reddito inferiore ai 20000 euro lordi l’anno; una sola persona (2.3%) ha un reddito superiore ai 30.000 euro lordi l’anno. Solamente due proprietari percepiscono un reddito da attività agricole o forestali. Il livello di educazione rispecchia grossomodo la media nazionale ([17]).

Tab. 2 - Caratteristiche socio-demografiche dei gestori forestali. I dati si riferiscono alla persona intervistata, non al proprietario (N=43).

Caratteristica Parametro Valore
Età Min 33
Max 85
Media 56.7
St.err 1.78
St.dev 11.65
Figli Min 0
Max 5
Media 1.70
St.err 0.15
St.dev 1.01
Genere
(frequenza)
M 86.0
F 14.0
Occupazione
(frequenza)
Lavoratori 46.5
Pensionati 48.8
Altro 4.7
Reddito
(frequenza)
<20.000 61.0
20.000-30.000 36.6
>30.000 6.4
Istruzione
(frequenza)
Elementari 39.5
Medie 16.3
Qualifica 20.9
Maturità 20.9
Laurea 2.3

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Intensità e finalità di utilizzo dei terreni forestali

L’86.0% dei PFP dichiara di gestire il proprio terreno. Le ragioni per cui il restante 14.0% non lo fa sono la scomodità del bosco (quattro delle sei persone abitano lontano) e il non aver bisogno di legna da ardere. Nessuno si avvale di uno strumento di pianificazione.

Il 79.1% dei PFP utilizza con regolarità il proprio bosco ed il 13.9% in maniera episodica, ma l’utilizzazione del legname da lavoro è molto bassa: l’81.3% dei PFP non taglia legname da lavoro da anni, se mai l’ha fatto, mentre lo fa regolarmente solo il 4.7%. Quasi tutti (90.7%) utilizzano legname per autoconsumo, e cioè per ottenere legna da ardere; ben il 53.5% usa la legna come principale fonte di riscaldamento per la propria abitazione. Solamente una persona su quattro vende il proprio legname.

Il 41.9% dei PFP raccoglie PFNL nel proprio bosco; il 44.2% vi svolge altre attività ricreative ed il 27.9% lo sfrutta per andare a caccia. La manutenzione delle strade è praticata dai due terzi degli intervistati. Quanto alle piantagioni, molti non ne sentono l’esigenza; qualcuno (18.6%) ha piantato alberi per produrre legna (carpini) o legname pregiato. I dati più significativi sull’uso del terreno sono riportati in Tab. 3.

Tab. 3 - Uso del terreno. (1): Taglio con frequenza annuale o biennale; (2): Percentuale sul totale di chi possiede, oltre al bosco, anche superfici erbose.

Parametro Frequenza (%)
Taglio periodico(1) 79.1
Raccolta PFNL 41.9
Attività Ricreative 44.2
Caccia 27.9
Sfalcio/pascolo(2) 80
Manutenzione strade e confini 65.1
Riforestazione 18.6

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Valori e obiettivi di riferimento

Le motivazioni per il possesso del bosco sono indicate, in ordine decrescente di importanza, nella quinta colonna di Tab. 6 (gli altri dati della tabella verranno discussi successivamente). Le due motivazioni principali sono di tipo completamente diverso: la prima è il valore affettivo, cioè il valore dei ricordi d’infanzia e delle persone care legati al bosco; la seconda è invece un obiettivo materiale: l’autoconsumo di legna da ardere. Subito dopo vengono altri interessi immateriali, cioè il bosco come simbolo dell’identità personale e famigliare, la conservazione dell’ambiente ed il piacere estetico.

Tab. 6 - Importanza delle otto motivazioni per ciascuno dei tre gruppi e per l’intero campione: valori medi dei punteggi (scala 1-5, dove 1 indica nessuna importanza e 5 molta importanza) e relativa deviazione standard (tra parentesi).

Motivazioni Valori
immateriali
Multiobiettivo Disinteressati Totale
Valore affettivo 4.9 (0.24) 4.4 (0.91) 3.4 (1.43) 4.4 (1.05)
Autoconsumo legna 3.9 (1.28) 4.7 (0.49) 3.4 (0.70) 4.0 (1.05)
Conservazione 4.7 (0.59) 4.1 (0.88) 2.4 (0.97) 3.9 (1.18)
Identità 4.6 (0.61) 4.2 (0.77) 2.2 (1.40) 3.9 (1.31)
Godimento estetico 4.0 (1.19) 3.8 (0.94) 1.3 (0.67) 3.3 (1.49)
Ricreazione 3.3 (1.64) 2.5 (1.46) 1.9 (1.37) 2.7 (1.58)
Investimento fondiario 1.3 (0.69) 3.1 (1.33) 1.7 (0.67) 2.0 (1.22)
Vendita legna o legname 1.1 (0.24) 1.7 (1.03) 1.1 (0.32) 1.3 (0.71)

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La ricreazione si colloca a metà fra le motivazioni forti e quelle deboli - va detto che questo obiettivo non si identifica solo con attività di svago vero e proprio (passeggiate e picnic) ma anche con il lavoro in bosco che può essere ritenuto piacevole, e dunque un’attività ricreativa. Per quasi tutti i PFP che vanno a caccia è importante possedere del bosco come ambiente che, assieme al prato, consente di praticare questo hobby. Con riferimento alla ricreazione e al valore estetico del bosco, si deve tener presente che l’importanza ad essi attribuita è influenzata dall’estensione limitata dei fondi: i PFP, pur interessati a questi benefici immateriali, non li cercano solo nel fondo di proprietà, quanto in generale nel territorio di loro frequentazione.

La vendita di legname e l’investimento fondiario, cioè gli obiettivi finanziari della gestione forestale, sono ritenuti di scarsa rilevanza. Solo il 27.9% degli intervistati ha risposto di essere interessato a ricavare reddito dal bosco. Quanto all’investimento fondiario, pochi considerano il bosco una riserva di capitale, per i prezzi bassi e per la staticità del mercato.

In generale i PFP intendono continuare la gestione attuale senza progetti particolari, eccezion fatta per il miglioramento della viabilità forestale: il 53.5% vuole migliorare le strade sul proprio fondo, o costruirne di nuove, nei prossimi dieci anni. Pochi (il 16.3%) hanno una qualche intenzione di rimboschire; in questa evenienza lo fanno per rendere produttivo un terreno altrimenti inutilizzato, vista la cessazione delle attività zootecniche, o per impedire l’insediamento di vegetazione infestante. Il 9.3% vuole convertire l’uso del suolo in maniera opposta, cioè disboscare: il problema dell’avanzata del bosco è sentito da tutti, ma chiaramente ripristinare prati e coltivi è ancor più difficile che conservare i rimanenti. Il 90.7% non ha intenzione di vendere il proprio bosco, l’83.7% non pensa di acquistare nuovi fondi.

In merito alle “Opinioni” dei PFP, il 45.2% ritiene che siano ugualmente importanti le funzioni pubbliche e quelle private del bosco, il 33.3% privilegia quelle private, il 21.4% quelle pubbliche. I due terzi degli intervistati ritiene che la gestione forestale debba essere migliorata.

Propensione all’associazionismo

La propensione alla collaborazione è stata valutata con una domanda diretta, nella quale si chiedeva al proprietario se egli ritenesse che una gestione consortile del bosco, in termini di programmazione, di lavoro e di uso delle attrezzature in comune, comportasse dei vantaggi. Solo il 17.5% ha risposto positivamente.

Le fonti di informazione

Le fonti d’informazione preferite dei PFP (Tab. 4) in materia forestale sono quelle informali (amici, parenti e conoscenti), seguite dalle indicazioni tecniche del personale delle Stazioni forestali del Corpo forestale dello Stato. I tecnici della Comunità montana, del Servizio forestale regionale e i mezzi di comunicazione di massa (radio, TV, stampa) hanno un ruolo informativo inferiore. I liberi professionisti, le associazioni di categoria, quelle ambientaliste ed i siti web sono ancora meno utilizzati. Alcuni PFP sostengono di non aver bisogno di imparare alcunché, perché l’esperienza già acquisita è sufficiente.

Tab. 4 - Fonti d’informazione preferite dai PFP. Le domande contraddistinte con la lettera (a) chiedevano se ci si rivolgerebbe a queste persone o istituzioni (azione ipotetica), le altre se si ricorre abitualmente ad una certa fonte informativa.

Fonte d’informazione Frequenza (%)
Amici, parenti, conoscenti 79.1
Corpo forestale dello Stato(a) 69.8
Servizi forestali regionali(a) 48.8
Radio, TV, quotidiani 41.9
Comunità montana(a) 41.9
Libri e riviste 23.3
Liberi professionisti(a) 14.0
Associazioni di categoria 11.6
Siti web 7.0
Associazioni ambientaliste 2.3

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Le attitudini gestionali: le tre tipologie di proprietari

Come ricordato nel par.: Il metodo d’indagine, per una migliore interpretazione dei dati si è proceduto ad un’analisi delle componenti principali; realizzando l’ACP sono state estratte tre componenti con autovalori maggiori di uno, che assieme spiegano il 68.2% della varianza. La matrice di correlazione fra le otto motivazioni e le componenti principali ruotate è riportata in Tab. 5.

Tab. 5 - Correlazione fra variabili attitudinali e componenti principali. I coefficienti che assegnano le variabili alle componenti (>0.4) sono contraddistinti dalla lettera (a). La comunanza è la varianza di ciascuna variabile che si suppone comune e che è spiegata dalle componenti. Per ogni componente è riportato l’α di Cronbach. (*): componente denominata “Valori immateriali”.

Matrice delle componenti ruotata
Parametri Componente Comunanza
1(*)
α=0.826
2
α=0.429
3
α=0.466
Identità 0.841(a) 0.150 0.185 0.764
Valore affettivo 0.830(a) 0.087 -0.267 0.768
Conservazione 0.759(a) 0.056 0.324 0.685
Godimento estetico 0.676(a) 0.172 0.487(a) 0.723
Vendita legna o legname 0.127 0.714(a) -0.145 0.547
Autoconsumo legna 0.245 0.673(a) -0.022 0.513
Investimento fondiario -0.221 0.650(a) 0.466(a) 0.689
Ricreazione 0.218 -0.119 0.838(a) 0.765

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La prima componente (denominata “valori immateriali”) esprime valori e obiettivi immateriali ed è legata alla dimensione psicologica, alle convinzioni profonde della persona basate su una concezione del bosco e della sua gestione fortemente collegata alle tradizioni e al vissuto personale: questi PFP sono cresciuti in una società rurale e hanno vissuto della loro terra, e il bosco è un simbolo dell’identità personale e famigliare. Il bosco, e la terra in generale, sono depositari dei ricordi d’infanzia e delle persone care con cui si condividevano le fatiche quotidiane: per questo motivo il bosco ha anche un valore affettivo. Lo specifico modo di governare il bosco, trasmesso da genitori e nonni, diventa poi un modello colturale, che permette la conservazione di una risorsa preziosa, ma anche un modello estetico. Così si spiega l’idea di “conservazione” chiaramente espressa da alcuni intervistati: ciò che sta a cuore non è la conservazione di una natura selvaggia, lasciata al suo corso, ma dell’ambiente curato dall’uomo, cioè i prati-pascoli sfalciati e pascolati ed un bosco privo di ramaglie, piante schiantate e infestanti, che usando le parole della gente potremmo chiamare un bosco “pulito” o un “bosco-giardino”.

La seconda e terza componente hanno un α di Cronbach inferiore al minimo valore generalmente accettato di 0.5 (il valore α è proporzionale al quadrato del numero di variabili che contribuiscono a ciascuna componente; il fatto che siano poche - solo tre - per le componenti 2 e 3 non è però sufficiente a giustificare un valore inferiore a 0.5). Se ne deduce che la struttura delle variabili originali è multidimensionale e che queste due componenti non esprimono dei tratti psicologici comuni. A differenza della prima componente, quindi, queste due non sono interpretabili.

La misura di Kaiser-Meyer-Olkin (KMO) è di 0.61 e dunque accettabile.

I punteggi delle tre componenti estratte dalla ACP sono stai usati per l’analisi dei raggruppamenti (AR). Fra i vari metodi impiegati, quello di Ward ha dato i risultati migliori, producendo gruppi di dimensione paragonabile ed in numero contenuto. Sono stati individuati tre insiemi, composti da 18, 15 e 10 casi. I tre gruppi sono stati rispettivamente denominati proprietari con Valori Immateriali, proprietari Multiobiettivo e proprietari Disinteressati, in base alla diversa importanza attribuita alle otto motivazioni (Tab. 6).

Il nome del primo gruppo deriva dall’importanza che questi PFP attribuiscono ai valori immateriali piuttosto che all’investimento fondiario o alla vendita di legname. Anche l’autoconsumo di legna è per loro importante, sebbene sia un obiettivo materiale, ma l’interesse nella legna è trasversale. I proprietari Multiobiettivo hanno interessi vari. Il loro principale obiettivo è rifornirsi di legna da ardere, ma anche i valori immateriali sono tenuti in buona considerazione. Per loro il bosco ha una discreta importanza anche come investimento fondiario, a differenza che per tutti gli altri PFP. Alcuni di questi proprietari sono interessati a vendere legname, anche se per nessuno è una priorità. Il gruppo dei Disinteressati ha motivazioni deboli.

Le peculiarità di ciascun gruppo sono descritte nei paragrafi seguenti e in Tab. 7. I risultati vanno letti con prudenza perché, date le limitate dimensioni del campione, non sempre sono rispettate le condizioni per verificare l’indipendenza delle variabili.

Tab. 7 - Differenze significative fra gruppi attitudinali. (a, b, c): test t di Student, differenza significativa per α= 0.05; (d): sono stati esclusi i due casi di persone che non lavorano; la frazione complementare sono i pensionati; (e): più del 20% delle celle con frequenza teorica < 5; (f): minima frequenza teorica < 1; (DS): deviazione standard; (ES): errore standard.

Macrovariabile Variabile Parametro
riportato
Valori
Immateriali
Multiobiettivo Disinteressati alpha
Caratteristiche demografiche Distanza abitazione-fondo Media
(DS)
18.5(b)
(22.85)
2.7(a)
(2.47)
6.9
(9.83)
-
Età Media
(DS)
57.4
(13.44)
50.5(c)
(7.62)
64.5(b)
(8.34)
-
Numero figli Media
(DS)
2.1(b)
(1.08)
1.1(ac)
(0.88)
1.9(b)
(0.57)
-
Occupazione: lavoratori (d) %
(ES)
47.1
(11.8)
71.4
(11.7)
20
(12.6)
0.045(e)
Seconda abitazione sul fondo %
(ES)
50
(11.8)
26.7
(11.4)
0
(0)
0.021(e)
Uso del terreno Utilizzazioni periodiche %
(ES)
72.2
(10.6)
100
(0)
60
(15.5)
0.035(e)
Manutenzione di strade e confini %
(ES)
61.1
(11.5)
93.3
(6.5)
30
(14.5)
0.004
Rimboschimenti %
(ES)
11.1
(7.4)
40
(12.6)
0
(0)
0.024(e)
Investimenti recenti %
(ES)
22.2
(9.8)
60
(12.6)
0
(0)
0.004(e)
Valori e
obiettivi
Migliorare le strade forestali %
(ES)
52.9
(11.8)
80
(10.3)
22.2
(13.1)
0.021
Percepire un reddito %
(ES)
16.7
(8.8)
53.3
(12.9)
10
(9.5)
0.023(e)
Propensione alla
collaborazione
Sono in buoni rapporti con i confinanti %
(ES)
88.9
(7.4)
80
(10.3)
44.4
(15.7)
0.035(e)
Informazione Servizi forestali regionali %
(ES)
38.9
(11.5)
80
(10.3)
20
(12.6)
0.007
Comunità montana %
(ES)
33.3
(11.1)
73.3
(11.4)
10
(9.5)
0.004
Conoscenza dell’autorizzazione - dichiarazione di taglio %
(ES)
94.4
(5.4)
100
(0)
66.7
(14.9)
0.020(e,f)

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Gruppo “Valori Immateriali

Il gruppo di PFP denominato “Valori immateriali” comprende quasi tutti i proprietari “lontani”, cioè coloro che abitano a più di 20 km dal fondo: la distanza media della residenza è di 18 km e la metà di essi ha una seconda casa o una baita nel fondo. L’età media è di 57 anni, coincide cioè con quella dell’intero campione. In media questi proprietari hanno due figli.

Il 72.2% si rifornisce regolarmente di legna da ardere, che la metà dei proprietari impiega come fonte energetica prevalente per il riscaldamento domestico. Il 61.1% fa la periodica manutenzione delle strade forestali, e il 52.9% di essi intende migliorarle. Quasi nessuno ha fatto attività di piantagione. Una modesta parte è interessata a ricavare reddito dal bosco (il 16.7%), e in effetti solo il 22.2% ha fatto investimenti recenti nel bosco o in attività ad esso legate.

Nella ricerca d’informazione questi proprietari non sono particolarmente attivi e ricorrono preferibilmente ai contatti informali. Questo gruppo, in sintesi, è definito dalle motivazioni e da alcune caratteristiche demografiche, ma per il resto non si distingue in maniera netta dall’intero campione, e occupa una posizione intermedia fra gli altri due gruppi per molte delle variabili analizzate.

Si fa notare che questo gruppo non deve essere associato ad altri proposti in studi passati, come i Conservationists o i Recreationists (vedi par.: “I proprietari forestali privati”). Per il gruppo “Valori Immateriali” la ricreazione è mediamente importante e solo il 22.2% dei proprietari raccoglie PFNL. Quanto all’interesse nella conservazione dell’ambiente, si può escludere che questa categoria di PFP abbia un interesse ad obiettivi di tutela in senso stretto, associata a beni intangibili come la biodiversità.

Proprietari Multiobiettivo

I proprietari Multiobiettivo abitano a pochissima distanza dal bosco, sono relativamente giovani (51 anni) e hanno un unico figlio. I due terzi di essi lavora.

Nell’uso del terreno si distinguono particolarmente, tanto che potrebbero essere denominati, in alternativa, “proprietari attivi”. Avendo pochi figli e non piccoli, probabilmente essi possono dedicare più tempo al bosco; tutti utilizzano regolarmente legname, cioè legna da ardere, che per l’80.0% dei proprietari costituisce la principale fonte di riscaldamento domestico. In questo gruppo si contano i due casi eccezionali di persone che utilizzano regolarmente legname da lavoro, e quasi la metà destina una parte del legname alla vendita. Il 53.3% dichiara di essere interessato a percepire un reddito dal bosco. Il 93.3% fa ogni anno la manutenzione delle strade forestali e l’80.0% intende migliorarle in futuro. Un certo numero di proprietari (il 40.0%) ha fatto dei rimboschimenti. Tutti coloro che possiedono superfici erbose contengono l’avanzata del bosco con lo sfalcio dei prati o il pascolo. Un buon numero (il 60.0%) ha fatto nell’arco degli ultimi dieci anni investimenti fondiari o in attrezzature (ad esempio per razionalizzare la produzione di legna da ardere).

I proprietari Multiobiettivo fanno uso di vari mezzi d’informazione. In particolare hanno molta fiducia nei Servizi forestali regionali e nella Comunità montana. Tutti conoscono le procedure amministrative necessarie per il taglio di un bosco.

Proprietari Disinteressati

I proprietari denominati “disinteressati” sono i più anziani (64 anni in media), in larga maggioranza pensionati (80.0%), hanno due figli e abitano ad una distanza dal bosco intermedia. Nessuno di essi ha una seconda casa sul fondo.

Il 60.0% si rifornisce regolarmente di legna da ardere, ma solo il 20.0% la utilizza come fonte primaria di riscaldamento. Appena il 10.0% è interessato a ricavare reddito dal bosco. Solo il 30.0% fa regolare manutenzione delle strade forestali e il 22.2% ha intenzione di migliorarle. Nessuno ha fatto attività di piantagione o investimenti recenti.

Questi proprietari si informano poco: non leggono libri o riviste, utilizzano poco i mezzi di comunicazione di massa, non si rivolgono agli enti pubblici competenti. Un terzo di essi non conosce la dichiarazione di taglio necessaria per l’utilizzazione del bosco.

Due motivazioni sono abbastanza importanti anche per questo gruppo: l’autoconsumo di legna ed il valore affettivo del terreno. Forse è per questa ragione che nemmeno i disinteressati hanno intenzione di vendere il proprio bosco.

Altri sistemi di classificazione dei proprietari

La classificazione per residenza denota una differenza fra proprietari vicini e lontani non tanto sul piano delle motivazioni, quanto sul piano pratico, cioè nell’uso del terreno. I proprietari vicini, com’è intuitivo, gestiscono il terreno più attivamente: fanno manutenzione di strade e superfici erbose, tagliano più spesso legname e alcuni di loro vanno a caccia sul fondo.

L’estensione della proprietà, invece, non permette di classificare i proprietari in tipi diversi. Il risultato è senz’altro legato al fatto che esistono pochissime proprietà con una superficie boschiva superiore ai 10 ha; queste rappresentavano la categoria delle proprietà più grandi, ma di fatto sono anch’esse considerabili medio-piccole.

Conclusioni 

La tipologia di PFP evidenziata nell’indagine può essere considerata un riferimento concettuale utile, ma non ha la pretesa di essere una classificazione generalizzabile dei PFP, in quanto basata su un caso di studio limitato. Un risultato che si ritiene tuttavia generalizzabile è che per i piccoli PFP (ovvero per la quasi totalità dei proprietari forestali italiani) le motivazioni reddituali, e in particolare quelle legate alla produzione di legname per il mercato, sono secondarie nella gestione dei terreni boscati. Possedere del bosco è peraltro un fatto importante per i PFP, alla luce di una serie ampia di motivi, a volte concomitanti. Su queste motivazioni bisognerebbe fare leva per organizzare politiche di sostegno dei PFP, quando ci sia la necessità di migliorare l’offerta di beni pubblici, quali la tutela della biodiversità, la stabilità del territorio, la prevenzione di danni biologici e abiotici.

Sintetizzando i risultati si può affermare che la figura del proprietario assenteista esiste ma non è così comune e diffusa come lascia supporre il confronto tra dati ISTAT e del secondo Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi di Carbonio (almeno non considerando i PFP che detengono solo minime particelle di bosco, talvolta addirittura non soggette a successione ereditaria e di cui i legittimi proprietari hanno perso perfino la percezione dell’esatta localizzazione e dei confini). Sono numerosi i PFP con motivazioni forti che si dedicano alla loro terra con passione (i Multiobiettivo) e altri PFP che pongono particolare enfasi nei valori intangibili del bosco (Valori Immateriali). La demografia contribuisce a spiegare valori e obiettivi diversi fra i tre gruppi: i proprietari Multiobiettivo sono i più giovani, lavorano e hanno pochi figli, mentre molti PFP Disinteressati sono in pensione.

A prescindere dalla classificazione attitudinale, il profilo sociale del PFP è quello di un uomo, lavoratore o pensionato, che non è attivo nel settore agricolo. Dunque c’è una netta distinzione di genere nel ruolo del proprietario, o comunque di chi si occupa del bosco, e la figura del proprietario contadino tende ad essere marginale.

Quanto alla gestione forestale, il quadro è piuttosto uniforme: la varietà delle motivazioni spiega diversi livelli d’intensità gestionale, ma il tipo di gestione è unico perché le proprietà, piccole e frammentate, si adattano bene all’autoconsumo di legna ma non alla produzione per il mercato.

In relazione alle implicazioni dello studio, si può evidenziare che nel contesto preso in esame migliorare la gestione forestale significa razionalizzare la produzione di legna da ardere. I boschi recoaresi come in generale quelli prealpini e appenninici, sono un’importante fonte di legna, ma l’approvvigionamento dipende spesso da un lavoro in bosco sottopagato e da spese difficilmente ammortizzabili. Per migliorare l’efficienza di tutte le fasi della filiera, dal taglio ai servizi al consumo, una delle risposte ordinarie definite nelle politiche forestali di tutti i paesi occidentali è quella di stimolare l’associazionismo. Questo studio evidenzia tuttavia una scarsa propensione all’associazionismo (17.5% dei PFP intervistati sono favorevoli a forme di cooperazione con altri proprietari), peraltro confermata da chi in loco opera da anni nel settore per lo sviluppo di forme consortili di gestione (Fontana, com. pers.). Evidentemente, come ci insegna l’esperienza dei paesi scandinavi e centro-europei, la creazione di forme associative tra PFP è un processo complesso che richiede da una parte un impegno continuo dell’amministrazione pubblica, dall’altra la crescita di un capitale sociale tra i PFP che non può essere che lenta e graduale dal momento che coinvolge componenti culturali e affettive.

Nel cercare di incentivare una buona gestione forestale ci si chiede quali proprietari possano essere recettivi alle proposte di un organismo esterno, e come rendere accattivante un determinato programma di sviluppo. Questo studio suggerisce che ci si può rivolgere a tutti i PFP, anche residenti lontano dai fondi, facendo leva sull’importanza attribuita ai valori immateriali, oltre che alla razionalizzazione dell’auto approvvigionamento. Infatti chi si dedica ancora alla terra e ai boschi lo fa nel tempo libero, per passione e per tradizione, e si preoccupa relativamente di aspetti legati alla redditività finanziaria. Aderire ad un programma di sviluppo forestale dev’essere in primo luogo, per il proprietario, un modo per conservare il bosco e la sua bellezza, per mantenerne un controllo diretto, per soddisfare l’esigenza di legna da ardere, e per continuare un’attività di gestione piacevole pur disponendo di poco tempo.

Non è immediato stabilire chi potrebbe farsi carico dell’assistenza tecnica ai proprietari forestali. Infatti l’ente che, tra i PFP intervistati, è più conosciuto e gode di maggior credito, il Corpo forestale dello Stato, è istituzionalmente orientato a potenziare le proprie funzioni di polizia ambientale, riducendo quelle di assistenza tecnica. Quanto alla Comunità montana, l’atteggiamento verso di essa è positivo o neutro, ma il futuro dell’istituzione è, non solo nella regione Veneto dove si è effettuato il caso di studio, molto incerto. Rispetto al problema dell’assistenza tecnica ai PFP, si pone chiaramente la necessità di individuare ruoli e modalità di coordinamento, nella logica della sussidiarietà, tra servizi forestali regionali, enti regionali di sperimentazione e divulgazione, associazioni di categoria e l’ente che verrà a sostituire le Comunità montane.

Alla luce dei risultati di questa indagine emerge l’utilità, ai fini dell’impostazione corretta delle politiche forestali, di affiancare alle informazioni inventariali e di mercato, una conoscenza delle attitudini, motivazioni, preferenze e dei canali di comunicazione dei proprietari. È dall’integrazione di queste informazioni che è possibile meglio finalizzare le politiche di informazione, assistenza tecnica e incentivazione, così come quelle di comando e controllo: i boschi privati in Italia non sono più terreni impiegati dagli agricoltori in zone marginali per integrare i magri redditi dell’attività agricola, a rischio di sovrautilizzazione e da difendere con un corpo di polizia specializzata (è significativo il fatto che, dopo la recente riforma dell’amministrazione forestale portoghese, l’Italia sia l’unico paese dell’UE ad avere un corpo di polizia forestale specializzato), ma una risorsa per la quale si rende opportuna un’attivazione di capacità gestionali, anche a fini non-profit, in un rapporto di amichevole collaborazione tra società civile e amministrazione pubblica.

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