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The likely impact of climate change on the biodiversity of Italian forests

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 245-250 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0708-009
Published: Dec 03, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Based on literature results and our expert evaluation, we report some likely impacts of climate change on the biodiversity of forest communities in Italy by the end of this century. In the Mediterranean region and on the Apennines: at low altitudes, vulnerability of Pinus sp. and Quercus ilex forests, with loss of intraspecific genetic variability; transition from Mediterranean closed-canopy macchia to scattered shrublands; risk of local extinction for coastal populations of mesic/relic hardwood species (e.g., Quercus robur, Carpinus betulus, Zelkova sicula, Fraxinus sp.); ’eastern’ relic species like Quercus troiana, Quercus frainetto, Quercus aegilops, and Q. gussonei in Sicily, and the peripheral low-altitude Fagus sylvatica populations, will be highly vulnerable; in the mid-altitude forest, vulnerability of most demanding species like Quercus cerris and Castanea sativa, possible immigration of Mediterranean species like Quercus ilex; in the montane forest, Fagus sylvatica and Abies alba will be less competitive with respect to more continental and drought-resistant tree species, and could loose genetic variability; relic species like Taxus baccata and Betula aetnensis may be at risk. In the alpine region: upward movement of timberline and changes in timberline communities, for instance Picea abies may be more competitive over Larix decidua, and fragmented species like Pinus cembra might become vulnerable. In general, we recognize the difficulty in separating the effects of climatic variables from those of other processes, like fires and land-use change.

Keywords

Climate Change, Forest, Biodiversity, Impact, Adaptation, Italy

Strumenti e limiti della valutazione 

Il cambiamento climatico (CC) influenza in modo significativo la biodiversità forestale, sia negli aspetti che riguardano la distribuzione delle specie, i loro processi di migrazione e la loro variabilità genetica, sia in quelli che riguardano la fisionomia e la struttura delle biocenosi forestali, con ricadute anche alle scale più complesse di ecosistema e paesaggio.

Conoscenze utili, al fine di formulare previsioni orientative, possono essere ricavate da studi paleo-ecologici e filo-geografici, con particolare riferimento alla risposta delle specie arboree ad antecedenti variazioni climatiche, in termini di capacità di adattamento e migrazione (ad es., [22], [32], [7]). A tale riguardo, sono note sia le principali rotte di migrazione post-glaciale, sia le maggiori aree di rifugio inter-glaciale di numerose specie forestali europee. Il recente approccio basato sull’incrocio tra dati genetici e paleobotanici sta aumentando notevolmente le conoscenze sulla storia evolutiva delle specie forestali, tra conferme e sorprese rispetto ai risultati ottenuti dagli studi monotematici (ad es., [19], [21]).

Significative indicazioni derivano anche da studi sul grado di sensitività al clima condotti a livello di specie, combinando scenari di CC con modelli di risposta alle variabili climatiche (ad es., [5]). Queste ricerche concordano sul fatto che il CC possa determinare un più rapido turnover delle specie arboree forestali, con una riduzione delle loro aree di stabilità, soprattutto negli ambienti mediterranei, dove si potrebbe verificare una contrazione delle specie arboree oggi presenti, con un aumento relativo delle specie più termofile e xerofile rispetto a quelle più esigenti di umidità ([2]). Ben studiato è il caso della faggio, per il quale, in base a dati genetici e fisiologici, è prevedibile un arretramento del limite meridionale dell’areale e un aumento della frammentazione delle popolazioni in queste aree ([17]).

In generale, numerosi modelli prevedono una rarefazione delle specie arboree temperate alle quote più basse, come conseguenza del CC, anche se persiste una notevole divergenza fra gli scenari di previsione, dovuta in buona parte ai diversi criteri con cui i modelli rappresentano l’effetto dell’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera ([9]). La maggior parte di questi esercizi di stima sotto scenari di CC sono stati comunque condotti su dati regionali a bassa risoluzione spaziale; le applicazioni su dati ad alta risoluzione sono poche (v. [28]) e, a nostra conoscenza, carenti per il nostro paese.

Malgrado le specie arboree forestali siano in genere caratterizzate da alti livelli di variabilità genetica intraspecifica e flusso genico, con elevati potenziali adattativi, i possibili processi di asincronia riproduttiva e di frammentazione degli habitat innescati dal CC potrebbero determinare conseguenze sui processi riproduttivi e, di conseguenza, sulla diversità genetica a scala di popolazione (ad es., [1], [18]). Per le specie forestali la stima delle conseguenze del processo di frammentazione non è comunque facile; la difficoltà deriva in buona parte dalle caratteristiche del loro ciclo biologico (longevità, generazioni sovrapposte, ritardo nel raggiungimento della maturità sessuale), che tendono a ritardare le conseguenze tipiche della frammentazione: diminuzione della variabilità genetica, aumento dei fenomeni di inincrocio, effetti della deriva genetica sulle popolazioni periferiche, limitazioni del flusso genico tra popolazioni ([16], [31], [3]).

Impatti consistenti del CC sulla biodiversità delle biocenosi forestali italiane sono ipotizzabili soprattutto nelle zone mediterranee (v. [27]) e negli ambienti di alta quota (v. [20]). Peraltro, pochi sono gli studi che quantificano le conseguenze genetiche delle migrazioni legate allo spostamento altitudinale nelle specie forestali (v. [24], [26]), e carente è anche la letteratura sulle dinamiche al margine meridionale dell’areale, dove le specie forestali potrebbero subire una progressiva perdita di habitat ([15]). In Italia, a fronte di qualche studio su specie di maggior interesse (es. [30], [18], [34]), le caratteristiche genetiche delle popolazioni forestali periferiche sono state poco indagate nonostante, per le peculiarità del territorio e la sua posizione geografica, la penisola italiana rappresenti una sorta di esperimento a cielo aperto per studiare le conseguenze del CC connesse alla frammentazione dell’habitat.

Incomplete appaiono pure le conoscenze circa l’impatto sulla biodiversità forestale di eventi climatici estremi, così come pone problemi la discriminazione fra gli effetti diretti delle variabili climatiche e quelli indiretti connessi ad altri processi potenzialmente modulati dal CC, quali i cambiamenti di uso del suolo, gli incendi, le deposizioni azotate, in grado di plasmare la biodiversità a scala di biocenosi, con particolare riferimento alla loro consistenza e continuità spaziale (v. [10]). In alcuni casi, è prefigurabile un effetto di rinforzo fra i vari fattori connessi al CC, con un esito complessivo che potrebbe portare alla marginalizzazione di specie arboree oggi ampiamente diffuse, e a cambiamenti nella fisionomia e nella continuità delle coperture forestali. Esiste quindi la possibilità che si determinino condizioni di vulnerabilità della biodiversità forestale al CC anche al di là del grado di sensitività alle variabili climatiche delle singole specie che costituiscono le biocenosi forestali.

Metodi e contenuti della valutazione 

La presente valutazione di sintesi circa l’impatto del CC sulla biodiversità delle biocenosi forestali italiane si basa su analogie rispetto a studi condotti in zone geografiche comparabili (es. [28]), su ragionamenti fondati sulle relazioni clima-crescita e clima-distribuzione derivanti da studi dendro-ecologici, ecofisiologici e genetici (es. [6], [12], [20], [13], [33], [25], [24], [8], [11], Dirnböck et al. 2012, [18], [23]), su stime di funzionalità ecologica condotte sotto scenari di CC (es. [17], [35]), su valutazioni dei processi di rinnovazione di specie localizzate al limite del proprio areale (es. [29]), nonché sulla conoscenza diretta dei vari ecosistemi forestali del nostro paese.

Si è tenuto conto anche dei possibili effetti sulla biodiversità dovuti all’espansione di specie aliene legnose ed erbacee che, superata la fase di adattamento, possono mettere a rischio le biocenosi forestali direttamente e/o indirettamente, ad esempio riducendo le capacità di rinnovazione delle specie autoctone e impedendo un loro recupero attraverso processi di successione secondaria ([14], [4]).

Nella Tab. 1 si mettono in luce alcuni impatti prefigurabili da questa valutazione di sintesi, incrociando fisionomie forestali e regioni biogeografiche.

Tab. 1 - Impatti del CC sulla biodiversità delle biocenosi forestali italiane prefigurabili entro il 2100. La suddivisione in regione biogeografiche segue la mappa condivisa dal Ministero dell’Ambiente (MATTM).

Fisionomie forestali Regione biogeografica
mediterranea - RBM
Regione biogeografica
continentale - RBC
Regione biogeografica
alpina - RBA
Macchia-foresta
mediterranea
Contrazione, nelle zone di bassa quota, delle aree di stabilità di Pinus sp. e Quercus ilex, con possibile erosione della variabilità genetica intraspecifica; transizione da macchie-foresta chiuse a macchie lacunose o garighe, con biocenosi semplificate in termini strutturali, non necessariamente in termini compositivi. A rischio le localizzazioni costiere di latifoglie mesofile (Quercus sp., Fraxinus sp., Carpinus sp.). Ulteriore contrazione di specie relitte e/o localizzate come Zelkova sicula. Maggiore espansione di specie aliene a scapito delle specie autoctone. Processi simili, ma attenuati, rispetto a quelli previsti per la RBM. Presenze trascurabili, impatti non significativi.
Formazioni forestali
sopra-mediterranee e sub-montane
Contrazione delle aree di stabilità delle latifoglie arboree più esigenti nelle zone di quota più bassa, con particolare riferimento a specie con modesta capacità di dispersione, come Quercus cerris. A rischio di ulteriore erosione entità"orientali" già relittuali come Quercus troiana, Quercus frainetto, Quercus aegilops, o differenziatesi nelle regioni meridionali come Q. gussonei. Pure a rischio le popolazioni eterotopiche di bassa quota di Fagus sylvatica. Possibili processi di immigrazione di specie del piano mediterranee (es. Quercus ilex). Come nelle RBM, a rischio le popolazioni eterotopiche di bassa quota di Fagus sylvatica, e le localizzazioni collinari di Castanea sativa. Dinamiche importanti delle biocenosi forestali comunque connesse ai cambiamenti di uso del suolo. Presenze minori, impatti attenuati del CC. Possibile maggiore espansione di Quercus ilex. Dinamiche importanti, legate alla biodiversità delle biocenosi forestali, comunque legate ai cambiamenti di uso del suolo.
Foresta montana Vulnerabilità di Fagus sylvatica, ma soprattutto di Abies alba, in termini di capacità competitiva, dinamica di popolazione e variabilità genetica intraspecifica; possibile ampliamento dell’area di stabilità delle latifoglie più continentali e resistenti al secco. A rischio di erosione le popolazioni di specie "oceaniche", già relittuali, come Taxus baccata e Ilex aquifolium, ma anche di Betula aetnensis e Popolus tremula in Sicilia e sugli appennini. Possibile aumento della diversificazione strutturale delle biocenosi forestali, ma diminuzione della loro consistenza e del loro grado di copertura. La riduzione della variabilità genetica intraspecifica può rappresentare un evento drastico per le specie arboree montane (es. Abies alba) aventi l’aliquota più alta di variabilità genetica, in seguito alle dinamiche di ricolonizzazione post-glaciale, proprio nella RBM. Possibile innalzamento altitudinale della timberline appenninica. Processi simili, ma attenuati, rispetto a quelli previsti per la RBM. Per l’effetto congiunto di riscaldamento e siccità la montagna appenninica potrebbe perdere buona parte della sua importanza come "rifugio" per le specie adattate a un clima temperato-umido (es. grandi latifoglie esigenti dei generi Fraxinus, Acer e Tilia), che vedrebbero contratta la loro area di stabilità, con rischi di erosione genetica. Impatti simili, ma prevedibilmente attenuati, rispetto alla RBC. Sulle Alpi Orientali, la continentalizzazione del clima potrebbe corrispondere a una contrazione dell’area di stabilità di Fagus sylvatica alle quote più alte.
Foresta subalpina Assente Assente Espansione verso l’alto del limite superiore della foresta subalpina, in rapporto al CC, che potrebbe facilitare i processi riproduttivi e le dinamiche di popolazione, e ai cambiamenti di uso del suolo. Possibile maggior competitività di Picea abies su Larix decidua e conseguente innalzamento della sua area di stabilità; vulnerabilità di specie già frammentate come Pinus cembra.

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Azioni di adattamento 

Le azioni di adattamento al CC in corso nel nostro paese, in termini di conservazione della biodiversità delle biocenosi forestali, sono rappresentate essenzialmente da strategie/azioni in situ, consistenti soprattutto: (i) nell’adozione, in numerose aree geografiche, di una "gestione forestale sostenibile" e di una selvicoltura "prossima alla natura" nell’ambito della quale viene dedicata cura al mantenimento della funzionalità e alla biodiversità degli ecosistemi forestali, anche in relazione alle pressioni climatiche che si prevede possano subire. Da rilevare, comunque, una variabilità non trascurabile fra le modalità gestionali in atto nelle diverse Regioni, anche in rapporto al regime di proprietà (pubblica vs. privata) e delle forme di governo della foresta (alto fusto vs. ceduo); (ii) nel rafforzamento della rete di aree sottoposte a regime di tutela, molte delle quali comprendono ecosistemi forestali a rischio, in termini di erosione della biodiversità. All’interno di queste aree, in diversi casi sono in corso azioni specifiche per la conservazione della biodiversità e della variabilità genetica, con una crescente (comunque da rafforzare) consapevolezza circa il problema delle dimensioni spaziali minime necessarie a tali fini.

Da segnalare anche azioni, spesso intraprese ad altri fini, che potrebbero avere significato in termini di conservazione ex-situ; ci si riferisce, per alcune importanti specie forestali come Fagus sylvatica, a collezioni di germoplasma gestite da istituti di ricerca, nell’ambito di common-garden experiments.

Per il futuro, la possibilità di definire più efficaci azioni di adattamento appare sicuramente legata ai progressi della ricerca. Nel settore della "conservazione biologica" la ricerca forestale italiana ha di fronte una sfida avvincente e difficile ad un tempo. La difficoltà dipende sia dalle molte sfaccettature dello studio delle risposte ai CC da parte di organismi ed ecosistemi, sia dal fatto che questa sfida va affrontata attraverso un approccio interdisciplinare, con una maggiore integrazione di discipline che fino ad ora hanno spesso marciato separatamente. Andrebbe ulteriormente perseguito, ad esempio, l’approccio fondato sull’incrocio di dati genetici, biogeografici e paleobotanici (che ha già prodotto risultati innovativi a livello europeo), soprattutto ora che grandi quantità di dati genomici (anche su aree del genoma con un possibile significato funzionale) possono venire analizzate in parallelo a dati sperimentali in grado di fornire una caratterizzazione funzionale degli individui. Così come sarebbe auspicabile che venissero privilegiati progetti di ricerca in cui i necessari approfondimenti a livello locale vengano comunque integrati su ampia scala geografica.

Ringraziamenti 

MB riconosce il contributo derivante dalla convenzione di ricerca con il Parco Nazionale del Pollino.

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