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Effects of long-term water shortage on Mediterranean pine forests: lessons from two experiments carried out in southern Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 31-36 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0247-0020031
Published: Mar 10, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Research Articles

Guest Editors: Matera Meeting (2004)
« Climate change and pollution: effects on the southern Italian forests »
Collection/Special Issue: Elena Paoletti

Abstract

A synthesis is presented of two studies carried out on the effects of imposed water shortage in two Mediterranean pine stands growing in Southern Italy, highlighting how physiological responses and structural acclimation can combine in the overall response of mature pine trees to long-term drought. The impact of a severe reduction in water availability on the water relations, transpiration and growth of 50-year-old Pinus halepensis trees (growing along the Ionian coast, Puglia, experiment 1) and 35-year-old Pinus laricio trees (growing in Sila, Calabria, experiment 2) was studied in two replicated experiments, in which the water available to trees was restricted by suspending a `roof’ made up by transparent polyethylene sheet. The experimental effects were followed for 12 months in experiment 1 and for 36 months in experiment 2, comparing “covered” plots and “uncovered” control plots. In experiment 1 trees experienced a severe water stress during the experimental period; a direct and rapid impact of drought was evident on the water relations and gas exchanges; there was an evident decrease of predawn water potential and transpiration was strongly reduced by stomatal closure (short-term physiological adjustment). A few months after the removal of the covering, no difference in whole plant hydraulic resistance was observed between droughted and control trees. Needle and shoot elongation and stem radial growth were considerably reduced in droughted trees, but no strategy of trees to allocate carbon preferentially to the stem conducting tissues was apparent throughout the experiment. In experiment 2, albeit rather extreme at the first sight, the treatment resulted in a realistic simulations of water availability as predicted by climate change scenarios; a 35% reduction in terms of timber yield and a 30% reduction of leaf area was estimated over the experiment in covered plots; however, the reduction of radial growth over the three years translated into a mere 2% reduction in sapwood area, so that a shift of resources from leaves to sapwood was apparent after three years (structural adjustment). As for the effect of treatment on transpiration, a 43% reduction of transpiration was observed in covered trees over the summer, but recovering to the same control values was measured over the autumn when, due to differences in leaf area, leaf specific transpiration was greater in covered trees; no significant differences was found for leaf hydraulic resistance and minimum daily values of water potential between covered and control plots; this suggests that stomatal closure was effective in counterbalancing the effects of soil dryness, maintaining minimum water potential values rather constant (homeostasis of water potential), largely decoupled from predawn water potential (isohydric behaviour).

Keywords

Drought, Climate change, Tree, Stand, Acclimation

Premessa 

In conseguenza dei cambiamenti climatici, nelle regioni mediterranee si prevede una diminuzione della disponibilità di acqua nel suolo; unitamente all’incremento della richiesta evaporativa determinata dall’innalzamento della temperatura dell’aria, ciò si potrà tradurre in un aggravamento dello stress idrico nella vegetazione, in grado di annullare l’effetto positivo che l’aumento della CO2 atmosferica potrebbe avere sull’accrescimento degli alberi e delle foreste ([14], [6], [7]).

In pochi lavori, tuttavia, la risposta alla carenza idrica è stata indagata su foreste adulte, tanto che la maggior parte delle conoscenze utilizzate nei modelli predittivi sugli effetti dei cambiamenti climatici proviene da esperimenti condotti su giovani piantine, i cui risultati non sono sempre estrapolabili agli alberi adulti ([13], [10]).

Può sfuggire, ad esempio, come i processi di acclimatazione di lungo periodo possano, attraverso modifiche della struttura arborea, compensare o comunque alleviare gli effetti diretti dello stress idrico sulla conduttanza stomatica e sulla fotosintesi e, più in generale, di come i meccanismi di regolazione degli scambi gassosi e l’acclimatazione strutturale possano cooperare nel determinare la risposta complessiva degli alberi a siccità di lungo periodo ([3], [4], [11]).

Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze sperimentali su come la cavitazione e l’embolia xilematica rappresentino fenomeni di grande significato funzionale per gli alberi ([12], [5]) e su come sia la regolazione stomatica sia i cambiamenti nell’allocazione della biomassa fra gli organi della pianta (in particolare: aumento del rapporto fra biomassa delle radici fini e delle foglie, diminuzione del rapporto fra area fogliare e area dell’alburno) possano efficacemente contribuire a mantenere il potenziale idrico xilematico al di sopra della soglia critica per l’innesco di fenomeni estesi di cavitazione, prevenendo in questo modo la compromissione della capacità di trasporto idrico e i conseguenti danni alle foglie ([9], [10]).

Per ridurre questa lacuna di conoscenza, nel corso degli anni ’90 sono stati programmati ed effettuati, sia nell’ambito di progetti di cooperazione europea sia nell’ambito di progetti nazionali, degli esperimenti di manipolazione idrica in pinete ubicate in diverse aree europee ([8], [1], [2]).

In questa sede, presentiamo una sintesi dei risultati scaturiti da questi esperimenti, in cui si è provveduto a studiare l’effetto di carenze idriche prolungate, con specifico riferimento al caso di due pinete ubicate nell’Italia meridionale.

Casi di studio e metodi sperimentali 

I casi che vengono presentati sono quelli di una pineta di pino d’Aleppo (Pinus halepensis Miller) dell’arco ionico (provincia di Taranto, età degli alberi: 50 anni) e di una pineta di pino laricio (Pinus laricio Poiret.) ubicata sull’altopiano della Sila (provincia di Cosenza, età degli alberi: 35 anni). Nel primo caso si tratta di una pineta litoranea collocata in una zona a clima termo-mediterraneo, caratterizzato da precipitazioni annue inferiori a 600 mm e da spinta aridità estiva; nel secondo caso si tratta di una pineta mediterraneo-montana, ubicata ad una altitudine di oltre 1000 m, in una zona in cui il clima è caratterizzato da precipitazioni annue superiori a 1000 mm e da aridità estiva meno accentuata.

In entrambi i casi si è provveduto ad organizzare un esperimento, a parcelle ripetute, in cui la disponibilità di acqua nel suolo veniva ridotta da una copertura di plastica trasparente tenuta sospesa ad una certa altezza sul terreno; ogni parcella era anche isolata lungo il perimetro da profonde trincee per impedire infiltrazioni di acqua per via laterale. L’esperimento è durato 12 mesi nella pineta di pino d’Aleppo, 36 mesi nella pineta di pino laricio (Fig. 1, Fig. 2, Fig. 3).

Fig. 1 - Dispositivo sperimentale per l’intercettazione della pioggia nella pineta di pino d’Aleppo

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Fig. 2 - Dispositivo sperimentale per l’intercettazione della pioggia nella pineta di pino laricio

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Fig. 3 - Trincee per l’isolamento idraulico laterale dei plot sperimentali.

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Durante l’esperimento sono state misurate, sia nelle parcelle coperte sottoposte ad esclusione idrica sia nelle parcelle scoperte di controllo, le variabili relative a: crescita, scambi gassosi, relazioni idriche e traspirazione, embolia xilematica (Fig. 4). Per una descrizione dettagliata delle condizioni sperimentali e delle misure effettuate si rimanda ai lavori originali sui quali è basata questa sintesi ([1], [2]).

Fig. 4 - Sonde termoelettriche per la misura del flusso linfatico.

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Sintesi dei risultati più significativi 

I due esperimenti hanno conseguito effetti differenti. Nel caso dell’esperimento sul pino d’Aleppo la copertura del suolo ha provocato una diminuzione molto marcata del contenuto idrico del suolo, simulando quindi condizioni di siccità e stress idrico piuttosto estremi, mentre nel caso del pino laricio, per le diverse caratteristiche del suolo e della distribuzione degli apparati radicali, la riduzione del contenuto idrico del suolo e anche lo sviluppo dello stress idrico sono risultate più moderate e, in un certo senso, più compatibili con gli scenari di siccità previsti come conseguenza dei cambiamenti climatici. Le diverse condizioni sperimentali e il diverso sviluppo dello stress idrico hanno peraltro consentito di mettere in evidenza diversi meccanismi di risposta alla carenza idrica.

L’esperimento sul pino d’Aleppo ha messo in evidenza che gli alberi, sottoposti a uno stress idrico severo, reagiscono in modo rapido alla siccità attraverso una pronta regolazione degli scambi gassosi. È stata infatti osservata una forte riduzione della traspirazione come effetto della chiusura stomatica. È prevalsa quindi, nell’esperimento sul pino d’Aleppo, una risposta rapida ed elastica, di breve periodo, di tipo fisiologico (short-term physiological adjustment). Negli alberi sottoposti a trattamento di esclusione idrica è stata osservata una notevole riduzione sia della crescita dei getti e degli aghi sia di quella del fusto; nel complesso, tuttavia, non è stata messa in evidenza, nel corso dei 12 mesi sperimentali, una strategia mirata a modificare il pattern di allocazione della biomassa e, in particolare, a favorire la crescita xilematica rispetto a quella fogliare. Sono state osservate fluttuazioni temporali anche notevoli del contenuto idrico xilematico, interpretabili come effetto di processi di cavitazione e risaturazione dei condotti legnosi, ma pochi mesi dopo la fine del trattamento non sono state riscontrate differenze significative nei valori di resistenza idraulica fra gli alberi ’trattati’ e quelli ’controllo’. Il trattamento non ha determinato un aumento della mortalità fogliare; peraltro, nell’anno successivo al trattamento, nelle parcelle trattate gli alberi hanno esibito un tasso di accrescimento del fusto inferiore a quello degli alberi di controllo, evidenziando così un possibile post-effetto della carenza idrica.

Nel complesso, dunque, una risposta di tipo elastico, reversibile, non strutturale, anche se con possibili post-effetti sulla crescita.

Abbastanza diverso è il quadro che è emerso dall’esperimento sul pino laricio. Come si diceva, a dispetto della durata del trattamento (36 mesi), in questo caso l’esperimento ha prodotto l’effetto di una riduzione prolungata ma realistica della disponibilità idrica. Nell’insieme, nel corso del triennio sperimentale, è stata stimata una riduzione percentuale del 30% dell’area fogliare mentre la riduzione dell’accrescimento radiale si è tradotto in una riduzione dell’area dell’alburno di solo il 2%, a testimonianza quindi di una ’deviazione’ degli assimilati dalla crescita fogliare a quella xilematica (structural adjustment). Per quanto riguarda la traspirazione, negli alberi sottoposti a trattamento è stata osservata una riduzione di oltre il 40% della traspirazione durante i mesi estivi, ma con un pronto recupero durante l’autunno e l’inverno tanto che, per via della minore area fogliare, la traspirazione specifica (riferita all’unità di area fogliare) è risultata superiore negli alberi sottoposti a trattamento. Non sono state riscontrate differenze significative fra le parcelle trattate e quelle di controllo né per quanto riguarda la resistenza idraulica specifica (per unità di area fogliare) né per quanto riguarda il potenziale idrico minimo diurno; ciò suggerisce che anche nel pino laricio, in ogni caso, i meccanismi di chiusura stomatica risultano efficaci nel controbilanciare gli effetti della siccità, garantendo una quasi-omeostasi del potenziale idrico xilematico diurno, che si mantiene relativamente ’sganciato’ dagli andamenti del potenziale idrico di base (comportamento di tipo isoidrico).

Nel complesso, dunque, sono state osservate sia una risposta di tipo elastico, reversibile, che una risposta di acclimatazione strutturale.

Considerazioni finali 

I pini studiati hanno rivelato una notevole potenzialità di acclimatarsi alla carenza idrica, sia attraverso meccanismi fisiologici efficaci sul breve periodo, sia attraverso modificazioni strutturali conseguibili sul più lungo periodo, che consentono all’albero di acclimatarsi a riduzioni durature di disponibilità idrica. L’esperimento di un anno sul pino d’Aleppo ha permesso di apprezzare esclusivamente il primo tipo di risposta, mentre solo dopo tre anni di osservazione, sul pino laricio, è stata evidenziata una risposta di tipo strutturale. È a questa, peraltro, che l’albero prevalentemente ricorre per riuscire a mantenere un’omeostasi funzionale dello stato idrico in un contorno ambientale dove la risorsa idrica risulta significativamente ridotta. Va sottolineato, fra l’altro, che questa capacità di omeostasi funzionale, dipendente da modificazioni strutturali, può essere apprezzata unicamente attraverso esperimenti di lungo periodo su alberi adulti.

Ringraziamenti 

Si ringraziano sentitamente il Prof. Francesco Iovino (Università di Arcavacata, Rende, CS) e l’ispettore forestale Nicola Cantore (CFS, stazione di Ginosa Marina, TA) per la preziosa collaborazione nell’organizzazione degli esperimenti.

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