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The hidden deforestation of Amazon

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 319-320 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0329-0002
Published: Dec 19, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A recent study on the extent of the deforestation in the Brasilian Amazon ([1]) suggests that deforested area doubles when selective logging is taken into account. The main results of this research are briefly presented and commented in the light of recent discussions in the scientific and political ground.

Keywords

Deforestation, Amazon, logging, Selective

 

Il governo brasiliano ha recentemente annunciato di aver significativamente ridotto la deforestazione in Amazzonia[1]. Ma di quale deforestazione si parla, e come la si misura? Misurare un fenomeno così capillare ed esteso come la deforestazione è difficile, e molto dipende dalla scala di analisi adottata. La deforestazione “tradizionale”, cioè quella effettuata su vaste superfici con il principale obiettivo di far posto a colture agrarie o ai pascoli, viene quantificata da più di tre decenni attraverso immagini satellitari. Oltre a questa, però, c’è una deforestazione “nascosta”, realizzata attraverso tagli selettivi delle piante più grandi e pregiate e che finora è risultata difficilmente quantificabile, rimanendo largamente assente dalle statistiche ufficiali e quindi nascosta all’attenzione dei media. Ancor più difficile, poi, è stimare i danni che essa provoca sugli alberi rimanenti, la vegetazione del sottobosco, i suoli, l’erosione, gli incendi e il bilancio di gas serra.

In un recente lavoro apparso su Science ([1]) vengono illustrati i risultati di un vasto studio realizzato tra il 1999 ed il 2002 nei cinque stati brasiliani con maggiore produzione di legname. Attraverso un sistema avanzato di analisi delle immagini satellitari (capace di analizzare in modo automatico milioni di km2 con una risoluzione spaziale di 30 x 30 m), supportato da numerose verifiche in campo, gli autori sono riusciti ad individuare e quantificare le superfici interessate da tagli selettivi, largamente ignorati dagli studi precedenti. I risultati sono allarmanti: a seconda dell’anno considerato, la deforestazione “nascosta” ha interessato da 12000 a quasi 20000 km2 (± 14%), pari al 60-120% della deforestazione “ufficiale” nello stesso periodo. Includendo le aree soggette ai tagli selettivi, quindi, la superficie deforestata raddoppia. Tra le conseguenze di questi tagli, spesso illegali, gli autori pongono l’accento sull’indebolimento dell’ecosistema (più facilmente soggetto a incendi) e sul maggior flusso antropogenico di carbonio verso l’atmosfera (che, per l’intera Amazzonia, aumenterebbe del 25% rispetto alle stime attuali).

In seguito alla pubblicazione di questi dati non sono mancate precisazioni e commenti.

Sul versante scientifico è chiara l’importanza di sviluppare indici affidabili per misurare il degrado reale di questi ecosistemi, solo parzialmente espresso dalla superficie deforestata (ad es., una foresta tropicale con un 20% di copertura arborea è una foresta distrutta). E` fondamentale, in altre parole, quantificare l’impatto dei tagli selettivi anche sulla biodiversità e la funzionalità di questi ecosistemi.

Ad esempio, i modelli elaborati in un recente studio, pubblicato sempre da Science ([2]), suggeriscono a tale proposito che la futura capacità di assorbimento di carbonio da parte degli ecosistemi tropicali sarà fortemente influenzata dalla loro composizione specifica. Collegato a questo tema c’è un altro aspetto, di valenza più “politica”, emerso nel corso della recente conferenza di Montreal sui cambiamenti climatici: su proposta di alcuni Paesi in via di sviluppo, si è avviata la discussione per sviluppare un meccanismo di contabilizzazione della “deforestazione evitata”[2] (Federici & Mollicone, com. pers.). In altre parole un meccanismo che, attraverso il riconoscimento economico del valore delle foreste tropicali nella protezione del clima, contribuisca a limitarne la scomparsa. Tuttavia, il principale ostacolo all’implementazione di questo meccanismo è la definizione stessa di foresta, che non permette di cogliere la deforestazione “nascosta” studiata da Asner et al., cioè la degradazione delle foreste primarie in foreste con bassissimo grado di copertura (fino al 10% secondo la definizione FAO). Ed è perciò prevedibile che, in sede di convenzione ONU sui cambiamenti climatici, si provvederà a sviluppare un meccanismo capace di cogliere sia la variazione d’uso (foresta - non foresta) che la degradazione delle foreste (perdita di copertura e quindi di stock di carbonio).

Infine, è importante menzionare la presa di posizione della FAO ([3]) che, pur apprezzando il contributo fornito dallo studio di Asner et al., ha giustamente sottolineato che i tagli selettivi nelle regioni tropicali non sono necessariamente distruttivi. Se la foresta non fornisce reddito, ai proprietari conviene convertirla all’agricoltura, con enormi danni per l’ambiente. I tagli selettivi, se condotti con tecniche a basso impatto, possono fornire un reddito costante ai proprietari minimizzando i danni all’ambiente. Potenzialmente, quindi, rappresentano la migliore alternativa alla deforestazione, e a tal fine la FAO si sta da tempo impegnando per sviluppare codici di taglio selettivo a basso impatto in varie regioni del globo.

Il problema, come sempre, appare l’implementazione su vasta scala di questi codici. Nel solito mare (di alberi) che c’è tra il dire e il fare, i principali ostacoli a una selvicoltura sostenibile in queste regioni esulano dal settore forestale, e ruotano intorno all’illegalità dei tagli, fenomeno in crescita e che in molte aree supera per entità i tagli legali. Illegalità che sicuramente affonda le proprie radici nel sottosviluppo e nella corruzione della classe politica locale, ma che al tempo stesso viene (inconsapevolmente) alimentata anche dai nostri consumi di prodotti agroforestali di origine tropicale (legno, carne, ecc.). Bene dunque nuove tecniche per svelare la deforestazione nascosta, bene meccanismi per incentivare il mantenimento delle foreste, bene l’impegno della FAO verso tecniche di taglio a basso impatto, ma da sole queste iniziative non bastano. Tra le altre cose, sarebbe utile anche una maggior consapevolezza - da parte dei cittadini occidentali - di vivere in un sistema mondiale economicamente ed ecologicamente interdipendente. Un sistema nel quale, ad esempio, anche la sensibilità dei consumatori, potenzialmente capace di influenzare il comportamento delle imprese e dei governi, può dare un contributo significativo.

References

(1)
Asner GP, Knapp DE, Broadbent EN, Oliveira PJC, Keller M, Silva JN (2005). Selective logging in the Brazilian Amazon. Science 310, 480-482.
CrossRef | Google Scholar
(2)
Bunker DE, DeClerck F, Bradford JC, Colwell RK, Perfecto I, Phillips OL, Sankaran M, Naeem S (2005). Species Loss and Aboveground Carbon Storage in a Tropical Forest. Science 310, 1029-1031.
CrossRef | Google Scholar
(3)
FAO (2005). Selective logging, if done properly, not destructive: proper logging techniques should be applied in the Amazon.
Online | Google Scholar
[1]
Per informazioni sui tassi di deforestazione in Amazzonia: ⇒ http:/­/­www.mma.gov.br.
[2]
Per approfondimenti sulle proposte per contabilizzare la “deforestazione evitata”: ⇒ http:/­/­www-gvm.jrc.it/­tem/­EU_development_policy/­activities/­kyoto_support.htm.
 
 
 

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