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The Kyoto Protocol in the forest sector: state of the art and perspectives

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 3-5 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0342-0003
Published: Mar 17, 2006 - Copyright © 2006 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

The first anniversary of the Kyoto Protocol’s entry into force is the occasion to overview the implementation status of this global treaty in the Italian forest sector. We illustrate the national actions aimed at promoting the carbon uptake by the LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry) activities, the status of the negotiation concerning the elegibility of the activities under 3.4 article as well as some future perspectives of this sector in the post-Kyoto scenario.

Keywords

Kyoto Protocol, Carbon sinks, LULUCF, Application, Italy

 

Con la ratifica della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, l’Italia partecipa allo sforzo internazionale di riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra attraverso l’impegno e le modalità di attuazione definite dal Protocollo di Kyoto, formalmente in vigore dal 16 Febbraio 2005.

Salutato come un accordo storico nel campo della politica ambientale, raggiunto dopo 8 anni di negoziazioni, il Protocollo di Kyoto, ad un anno dalla sua adozione, continua a suscitare reazioni contrastanti tra quanti ne sostengono le ragioni e chi ne lamenta la scarsa efficacia, attribuita in larga parte alla mancata adesione agli accordi di Paesi “fortemente inquinatori” come Stati Uniti, Cina e India.

Sebbene il Protocollo di Kyoto e i successivi accordi negoziali definiscano un quadro generale di regole attraverso cui ogni Paese industrializzato firmatario deve rispettare il proprio obiettivo di riduzione (si vedano al proposito gli accordi di Marrakesh), ogni Paese ha facoltà di decidere le misure mediante le quali intende mantenere l’impegno (con un’importante eccezione che giova essere sempre ricordata: l’esclusione del ricorso al nucleare).

L’Italia, per rispettare un obiettivo di contenimento pari a 487.1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel primo periodo di impegno (2008-2012), ha previsto l’attuazione di una serie di misure, elencate nel dettaglio nel “Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010”, adottato con Delibera CIPE n. 123 del 19 Dicembre 2002. Tra le misure previste figurano anche interventi volti a promuovere l’assorbimento di carbonio nel settore agro-forestale dal momento che, come è noto, gli art. 3.3 e 3.4 del Protocollo ed i successivi accordi negoziali consentono l’impiego dei pozzi (sinks) di carbonio per la riduzione del bilancio netto nazionale delle emissioni di gas ad effetto serra.

Allo stato attuale delle cose, l’Italia prevede di realizzare attraverso i sinks (settore forestale e agricolo) un assorbimento di carbonio pari a 10.2 MtCO2 per anno (per il dettaglio delle attività e relativi contributi si veda la tabella 6 della Delibera CIPE 123/02 - [1]), corrispondente all’11% dell’impegno totale di riduzione.

Le modalità attraverso cui raggiungere questo obiettivo sono oggetto di un apposito piano, il “Piano dettagliato per la realizzazione del potenziale massimo nazionale di assorbimento di carbonio, triennio 2004-2006” (PPNAC), realizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestale, in attuazione dell’art. 7.1. della stessa Delibera CIPE.

Il PPNAC rappresenta, attualmente, il riferimento per l’azione politica nazionale di attuazione del Protocollo di Kyoto nel settore agro-forestale.

La strategia di fondo che caratterizza il PPNAC consiste essenzialmente nella promozione di interventi volti ad una più efficiente gestione del patrimonio forestale esistente e nella realizzazione di nuove piantagioni, avendo presente l’obiettivo di contribuire, allo stesso tempo, alla sicurezza idrogeologica del territorio ed all’aumento del volume di biomassa disponibile per la produzione di energia rinnovabile.

L’elemento portante del PPNAC è rappresentato dall’istituzione di una struttura, il “Registro Nazionale dei Serbatoi di carbonio agro-forestali” la cui funzione primaria è rappresentata dalla certificazione delle quantità di carbonio sequestrato nei serbatoi dei sistemi agro-forestali italiani (biomassa epigea, ipogea, necromassa, lettiera, sostanza organica del suolo) e nella contestuale autorizzazione all’impiego a detrazione di queste quantità nel bilancio nazionale di emissioni di gas serra, lo strumento rispetto al quale è valutata in sede internazionale la performance italiana rispetto al mantenimento degli obblighi di riduzione del Protocollo di Kyoto.

Il meccanismo di certificazione prevede di attribuire un valore remunerabile (credito - RMU, ReMoval Units) all’assorbimento di carbonio realizzato attraverso le attività di forestazione (imboschimenti e rimboschimenti), di gestione forestale, delle terre agricole, dei pascoli e di rivegetazione. I beneficiari, rappresentati dai singoli proprietari forestali, agricoli, enti pubblici, possono aderire al Registro su base volontaria, in base al loro interesse a mettere in atto azioni che realizzino l’assorbimento di carbonio, cogliendo, in questo modo, l’opportunità di diversificare le proprie fonti di reddito, senza che vengano alterati in alcun modo i loro diritti di proprietà.

Il PPNAC è stato depositato presso la Conferenza Stato-Regioni nel Maggio 2005 e non è stato ancora approvato. Il confronto tra le Amministrazioni centrali e Regionali contribuirà sicuramente ad una sua progressiva affinazione e si auspica che si arrivi presto ad un accordo che permetta agli interventi previsti nella Delibera CIPE 123/02 di passare finalmente ad una fase operativa.

Nel frattempo si avviano a conclusione anche altre questioni importanti nella definizione dei meccanismi nazionali di attuazione del Protocollo di Kyoto nel settore agro-forestale. Prima fra tutte le decisioni relative all’intenzione di impiegare le attività di gestione forestale, dei suoli agricoli, dei pascoli e di rivegetazione (attività opzionali previste dall’art.3.4. del Protocollo di Kyoto) per il rispetto dell’impegni assunti, da definire entro il 31 Dicembre 2006.

Il contributo del settore agricolo è gravato attualmente dalle maggiori incertezze e saranno necessarie in questi mesi approfondite riflessioni, tra Amministrazioni Centrali e Regionali, in merito alle potenzialità di questo settore ai fini dell’assorbimento di carbonio.

Per quanto riguarda la gestione forestale, la decisione relativa alla sua eleggibilità sarà valutata sulla base degli esiti dell’azione negoziale, avviata nel 2001 e attualmente in atto, finalizzata alla revisione del tetto massimo attribuito all’Italia per queste attività, pari a 0.66 Mt di CO2/anno. Si tratta di un valore fortemente sottostimato che non corrisponde alle reali potenzialità del settore, già stimate conservativamente in Delibera CIPE in un ammontare pari a 4.1 Mt di CO2/anno (il valore sconta già il limite di impiego dell’assorbimento di carbonio stabilito per le foreste gestite, pari al 15% dell’incremento netto degli stock di carbonio stesso).

La COP/MOP1 di Montreal (28 Novembre - 9 Dicembre 2005) ha formalmente riconosciuto l’errore nell’assegnazione del tetto massimo all’Italia e nella stessa sede ha richiesto all’Italia stessa i dati mediante i quali avviare il processo di revisione. Durante la prossima sessione dell’Organo Sussidiario Tecnico-Scientifico della Convenzione (UNFCCC-SBSTA24), nel Maggio 2006, i dati forniti dall’Italia verranno analizzati e sarà predisposta una bozza di decisione per la seconda sessione della COP/MOP nella quale la correzione del tetto massimo, se accettata, diventerà ufficiale.

Il nuovo dato, ricavato sulla base delle stime riportate nel “National greenhouse gas inventories of anthropogenic emissions by sources and removals by sinks of greenhouse gases not controlled by the Montreal Protocol” realizzato dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e la Tutela del Territorio (APAT) quale obbligo annuale di reporting per ogni Paese - Annex I al Segretariato della Convenzione sul clima (UNFCCC), estenderebbe significativamente le possibilità di intervento in questo settore, così come l’ammontare dei crediti generabili ed eventualmente remunerabili attraverso i meccanismi definiti dal PPNAC. Sommando ad esso il contributo della ricolonizzazione indotta da parte della vegetazione forestale negli ex-coltivi, stimato in Delibera CIPE in 3 milioni di tonnellate di CO2 eq/anno, l’assorbimento di carbonio attribuibile alle foreste esistenti potrebbe risultare superiore a 10 milioni di tonnellate di CO2 per anno.

I vantaggi per il settore e per l’Italia, in genere, possono essere facilmente quantificati.

Un assorbimento di carbonio dell’ordine di 10 milioni di tonnellate di CO2 equivale ad un uguale ammontare di emissioni di CO2 evitate, valutabili con riferimento al meccanismo dell’Emission TradingScheme (ETS) in un totale dell’ordine di 200 milioni di euro per anno (considerando un valore medio della tonnellata di CO2 scambiata nel meccanismo europeo dell’Emission Trading pari a 20 euro).

Attualmente l’ETS rappresenta l’unico mercato attivo a livello europeo nel quale l’emissione di CO2 assume un valore monetario, ma i crediti di carbonio generabili attraverso le attività di uso del suolo (RMU) non sono assimilabili ai “permessi di emissione” (Allowances, AU) e sono pertanto esclusi dalla partecipazione a questo mercato.

Si è creata molta attenzione nei confronti della possibilità di inserire gli RMU nell’ETS nei successivi periodi di impegno (post 2012) e a tal proposito, nel giugno 2006, la Commissione Europea dovrà presentare un rapporto al Consiglio Europeo e al Parlamento che valuti l’opportunità di procedere a tale inclusione, attraverso un emendamento della Direttiva 2003/87/CE. L’Italia, come altri paesi dell’Unione Europea, si è espressa favorevolmente nei confronti di questa possibilità.

Se l’equiparazione dei crediti derivanti dalle attività di uso del suolo con i permessi di emissione è ammissibile a rigor di logica, dal momento che una tonnellata di CO2 emessa da un impianto termoelettrico è fisicamente equivalente ad una assorbita da una foresta, va tuttavia osservato che l’operazione di esclusione attuale nasce da posizioni condivisibili in sede europea che hanno concepito le politiche di attuazione del Protocollo di Kyoto, almeno nella prima fase, come un volano per l’ammodernamento e l’adeguamento tecnologico rivolto soprattutto al settore industriale ed energetico.

Né d’altra parte questo approccio preclude definitivamente le possibilità di valorizzazione degli RMU nel mercato internazionale del Protocollo di Kyoto dal momento che l’ETS copre solo il 45% delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea, lasciando aperte possibilità di intervento per la restante parte.

Molte delle prospettive del settore agroforestale in questo ambito dipenderanno dagli esiti delle negoziazioni già in atto per la cosiddetta fase post-Kyoto, avviata informalmente nel Maggio 2005, con il workshop di Graz “Options for Including LULUCF Activities in a Post-2012 International Climate Agreement”. Le proposte analizzate in quella sede saranno presto disponibili in una pubblicazione di sintesi. Tra le altre, particolarmente interessante appare la possibilità di fissare per ogni Paese firmatario della Convenzione UNFCCC, due target di contenimento delle emissioni di gas serra, di cui uno relativo specificatamente alle attività di uso del suolo. Al suo raggiungimento potrebbero concorrere sia iniziative di conservazione ed estensione del patrimonio forestale nazionale sia l’acquisizione e cessione di crediti risultanti da progetti realizzati, in territorio nazionale, in cooperazione con altri Paesi (Joint Implementation, JI), purché entrambe le Parti siano inserite tra i Paesi - Annex I della Convenzione sul clima (UNFCCC).

 
 
 

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