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Defining the suitability for nectar production, bee bread and honeydew in managed forests (Trentino, Italy)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 95-101 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0432-0040095
Published: Mar 21, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Research Articles

Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio

Abstract

The project’s aim was to locate the wooden areas suitable for beekeeping activities. This has been possible thanks to the use of a multi-parametric model. This permits to define, for each of 85 forestal types of Trentino, the suitability for the production of nectar, bee bread and honeydew. According to the results, forestal types have been divided into 4 productivity classes. Datas have been reprocessed with GIS methodology so that high and medium productivity areas have been mapped. Following, new parameters have been introduced (distance from roads, slope, exposure) in order to highlight in the map the economically most important areas for beekeeping activities. In the next stage the apiaries’ position in the examined areas have been registered with the GPS. These registrations have been used in order to compare the theoretical results with the actual beekeeping activities’ distribution. The experimental stage showed that this methodology represents an useful tool to support beekeeping and, more in general, forest planning.

Keywords

Forest types, GPS, GIS, Maps, Honey, European honey bee, Trentino

Introduzione 

Il settore apistico rappresenta uno dei comparti minori nel quadro dell’agricoltura trentina; eppure è l’unica attività agricola presente pressoché in tutti i Comuni. Nel 2004 sul territorio provinciale operavano 1.451 apicoltori (con 22.951 alveari) che praticano prevalentemente un’apicoltura di tipo stanziale. Le tipologie di miele uniflorale riscontrate sulla base delle analisi melissopalinologiche, sono robinia, melata, rododendro, castagno e melo; ma la maggior parte dei mieli risulta classificabile come millefiori (oltre il 70% - [7], [10]). L’elevata percentuale di miele millefiori prodotto potrebbe essere connessa alla scarsa propensione alla transumanza degli apicoltori trentini. Incentivando tale pratica si potrebbe avere un ampliamento della base produttiva, un potenziamento della produzione di mieli tipici (miele di rododendro) ed in definitiva una maggiore produttività delle aziende presenti sul territorio. Per tali motivi, il Servizio Vigilanza e Promozione dell’Attività Agricola ha ricercato una metodica per individuare le aree più adatte al nomadismo.

L’ambiente fisico trentino è caratterizzato dalla diffusa presenza del bosco che assai diversificato nelle caratteristiche qualitative e quantitative, occupa il 56% dell’intera superficie provinciale. A partire dalla seconda metà degli anni ’50, i Piani di assestamento dei boschi pubblici sono stati impostati sulla base della selvicoltura naturalistica. Nel Secolo appena concluso, il legname ad uso industriale rappresentava il prodotto di maggior rilevanza economica. Oggi, la forte diminuzione dei prezzi del legname grezzo da industria, a fronte di una crescita progressiva dei costi della manodopera forestale, ha notevolmente ridotto la convenienza all’utilizzo commerciale dei boschi. Parallelamente, si è sviluppata una maggiore attenzione verso altri servizi offerti dal bosco ossia la funzione ricreativa, estetica, didattica e di conservazione della natura, ecc. Lo sfruttamento razionale di queste funzioni “secondarie” del bosco consentirebbe il consolidamento di un’economia basata sui redditi misti o integrati, fattore fondamentale per assicurare la stabilità economica alla popolazione di montagna.

Da questi presupposti, è nata l’esigenza di rivedere il sistema di pianificazione forestale, secondo un modello multi-settoriale di gestione del territorio e delle risorse, codificato nelle “Linee di indirizzo per la valorizzazione delle risorse forestali e montane” ([13]). In particolare va promossa la corretta integrazione delle attività forestali con quelle in settori collegati quali quello agricolo, zootecnico, energetico e turistico adottando buone pratiche gestionali (BMP best management practices). Conseguentemente il Servizio Foreste e Fauna dopo aver censito tutte le funzioni del bosco, sta predisponendo le mappe descrittive delle diverse funzioni sul territorio.

Materiali e metodi 

Metodologia per la definizione del potenziale mellifero dei boschi trentini

Tra le “nuove” funzioni riconosciute al bosco rientra anche l’attività apistica con la produzione di nettare, polline e melata. Per valutare la propensione alla “produzione apistica” dei boschi trentini è stata definita una metodologia basata sulle caratteristiche floristico-vegetazionali. In Trentino con una recente indagine ecologica, sono stati classificati 85 tipi forestali di riferimento di cui 75 definiti come stabili ([8]) e 10 come transitori. Ogni “tipo forestale” è descritto nelle sue caratteristiche stazionali (esposizione, pendenza, quota e substrato) e vegetazionali. L’elenco floristico è suddiviso per strato di appartenenza (arboreo, arbustivo, suffruticoso, erbaceo e muscinale) con indicazione sia della percentuale di copertura dello strato che della frequenza della singola specie. La localizzazione sul territorio dei “tipi forestali” è ricavabile dalla carta delle tipologie che viene aggiornata attraverso la revisione dei Piani di assestamento ([11]).

Contemporaneamente è stata creata una banca-dati della produttività apistica (database Flora apistica) in cui per tutte le specie vegetali citate nei “tipi forestali” e per i diversi elementi di interesse apistico (nettare, polline e melata), sono state riportate le classi di produzioni apistica indicate in letteratura, sulla base di una scala da 0÷3. ([1], [4], [9], [15], [14], [16]). Questi coefficienti sono conosciuti solo per un limitato numero di specie; negli altri casi si è supplito assegnando la classe (nota) di specie appartenenti allo stesso genere, in tal caso il coefficiente è stato evidenziato con il simbolo “^”. Quando nemmeno questa trasposizione era possibile, la specie è stata indicata come “non conosciuta” (NC) e le è stato assegnato il coefficiente 0. Inoltre, tutti gli Autori classificano la propensione alla produzione di melata con il simbolo (+), ma nel presente lavoro, per problemi di calcolo matematico, è stato necessario utilizzare termini di tipo numerico. Anche in questo caso si è cercato di adottare una scala 0÷3. Larix decidua ha avuto un giudizio negativo (-1) per i problemi legati alla produzione melata (miele di manna) che cristallizza immediatamente nei favi ([5]).

Si sottolinea già ora, che l’aspetto critico della metodologia di seguito illustrata, si colloca in questi passaggi ed è dovuta alla ridotta disponibilità di dati in letteratura.

Nella fase successiva, si sono incrociati i 6 parametri derivanti dai dati vegetazionali (percentuale di copertura dello strato, specie presenti, frequenza della specie) e dai dati apistici (classe di produzione nettare, polline e melata - Tab. 1). Il potenziale apistico di ogni “tipo forestale” è quindi determinato dalla somma degli apporti di ogni singola specie presente che a sua volta, dipende dalla consistenza con cui la specie è presente (frequenza e copertura dello strato) e dalla sua attrattività per le api (classi di produzione). Si precisa che nell’ambito di ogni singolo “tipo forestale” esaminato sono state escluse le specie vegetali indicate con frequenza r (rara).

Tab. 1 - Scheda di analisi del tipo forestale: ORNO-OSTRIETO PRIMITIVO; Riferimento alla scheda: OO1; quota media (± 300 m circa): 500; Substrato (silicatico, carbonatico): ca; Esposizione: O-S-SE; Pendenza (°): 20-50. S.AR = Strato arboreo, S.AV = Strato arbustivo, S.FF = Strato suffruticoso, S.EB = Strato erbaceo, MUS = Strato muscinale

N°Sp Specie Frequenza Strato Copertura

%
Clas.

Net
Valore nettare Clas.

Pol
1 Ostrya carpinifolia 2 S.AR 0.50 0 0 1
2 Quercus pubescens 2 S.AR 0.50 0 0 1
3 Fraxinus ornus 2 S.AR 0.50 0 0 1
4 Sorbus aria 1 S.AR 0.50 2 1.000 0
5 Sorbus torminalis r S.AR 0.50 - - -
6 Pinus sylvestris r S.AR 0.50 - - -
7 Quercus petraea r S.AR 0.50 - - -
Tot. S.AR - - 1.000 -
1 Cotinus coggygria 2 S.AV 0.75 1 1.500 1
2 Amelanchier ovalis 1 S.AV 0.75 0 0 0
3 Rhamnus saxatilis 1 S.AV 0.75 1 0.750 1
4 Sorbus aria 1 S.AV 0.75 2 1.500 0
5 Pinus sylvestris 1 S.AV 0.75 0 0 1
6 Viburnum lantana 1 S.AV 0.75 0 0 0
7 Cornus sanguinea + S.AV 0.75 1 0.375 1
8 Cytisus sessilifolius + S.AV 0.75 1 0.375 1
9 Coronilla emerus + S.AV 0.75 1 0.375 2
10 Ligustrum vulgare + S.AV 0.75 2 0.750 1
11 Berberis vulgaris r S.AV 0.75 - - -
12 Juniperus communis r S.AV 0.75 - - -
Tot. S.AV - - 5.625 -
1 Erica carnea 3 S.FF 0.50 2 3.000 2
2 Polygala chamaebuxus 1 S.FF 0.50 1 0.500 0
3 Teucrium montanum 1 S.FF 0.50 1 0.500 0
4 Chamaecytisus purpureus 1 S.FF 0.50 0 0 1
5 Teucrium chamaedrys + S.FF 0.50 2 0.500 1
Tot. S.FF - - 4.500 -
1 Carex humilis 2 S.EB 0.75 0 0 1
2 Sesleria varia 2 S.EB 0.75 0 0 1
3 Anthericum ramosum / liliago 1 S.EB 0.75 1 0.750 1
4 Brachypodium rupestre subsp. cespitosum 1 S.EB 0.75 0 0 1
5 Bromus condensatus 1 S.EB 0.75 0 0 1
6 Carex alba 1 S.EB 0.75 0 0 1
7 Chrysopogon gryllus + S.EB 0.75 0 0 1
8 Koeleria pyramidata Aggreg. + S.EB 0.75 0 0 1
9 Origanum vulgare + S.EB 0.75 3 1.125 1
10 Vincetoxicum hirundinaria + S.EB 0.75 1 0.375 0
11 Clematis recta + S.EB 0.75 0 0 1
12 Linum tenuifolium + S.EB 0.75 0 0 1
13 Molinia arundinacea + S.EB 0.75 0 0 1
14 Globularia punctata + S.EB 0.75 1 0.375 2
15 Carex montana r S.EB 0.75 - - -
16 Cyclamen purpurescens r S.EB 0.75 - - -
17 Hepatica nobilis r S.EB 0.75 - - -
18 Peucedanum cervaria r S.EB 0.75 - - -
Tot. S.EB - - 2.625 -
- Assente - MUS 0 0 0 0
Tot. MUS - - 0.000 -
Totale - 23.00 13.750 29.00

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Sulla base dei totali realizzati dai diversi “tipi forestali” è stata stilata la classifica della vocazione apistica, ed i “tipi forestali” sono stati suddivisi in 4 categorie produttive: bassa, media, alta, molto alta (Tab. 2).

Tab. 2 - Classificazione della produttività potenziale dei “tipi forestali” trentini.

Categoria produttiva Punteggio totalizzato
Bassa < 25.00
Media 25.00 ÷ 49.99
Alta 50.00 ÷ 75.00
Molto alta > 75.00

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I punteggi totalizzati vanno da un massimo di 106.65 ad un minimo di 6.25. Il “tipo forestale” più vocato per l’attività apistica è il Corileto/Noccioleto, una tipologia di transizione, ricca di specie vegetali molte delle quali di elevato interesse apistico (Robinia pseudoacacia, Castanea sativa, Prunus avium, Prunus mahaleb, Echium vulgare ecc.). Il tipo forestale meno utile per l’attività apistica risulta essere la “Pineta di Pinus sylvestris silicicola igrofila variante a sfagni”.

Per consentire una più agevole interpretazione dei risultati, i dati sono stati mantenuti disaggregati sia in funzione dello strato vegetale (arboreo, arbustivo, ecc.) che del prodotto (nettare, polline e melata). Tutta la procedura è facilmente eseguibile con un programma come Excel.

Individuazione delle aree a vocazione mellifera con l’utilizzo del GIS

Il passaggio successivo è stato l’integrazione della base dati con i metodi GIS, inserendo alcuni tematismi GIS standardizzati (viabilità, risorse idriche, pendenze, esposizioni, ecc.), per la realizzazione di mappe digitali.

La cartografia di base usata è formata dalla Carta tecnica provinciale con scala 1:10.000 con l’unità minima di circa 1000 m2, dalla carta di uso del suolo (USR) e dal modello digitale del terreno (DTM) della Provincia Autonoma di Trento ([12]). A queste cartografie si è aggiunta la carta dei “tipi forestali” nella quale sono state individuate le principali categorie e tipologie forestali.

L’area campione scelta dal Servizio Foreste e Fauna, è situata nelle Dolomiti di Brenta (Fig. 1), include tre sottobacini idrografici di secondo livello (E1Z4, E1Z5, E151), comprende l’area di Andalo-Molveno (Monte Paganella e Val delle Seghe), di S.Lorenzo in Banale (Val d’Ambiez) e di Stenico (Val d’Algone e Val Manez). Si tratta di un territorio che si estende su una superficie di circa 21.200 ha, ripartiti in bosco (60%), prati e pascoli (19%), improduttivi (14%) e aree urbane ed agricole (7%).

Fig. 1 - Carta di uso del suolo (fonte: P.A.T. - Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio).

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Elaborazioni cartografiche

Nella procedura di elaborazione della cartografia, i potenziali produttivi dei singoli tipi forestali sono stati rappresentati sulla base delle categorie produttive sopra descritte e visualizzati utilizzando 4 diverse colorazioni (Fig. 2). Si è ottenuta quindi una prima mappatura delle aree vocate all’attività apistica. Successivamente, con elaborazioni GIS, si è cercato di individuare le aree migliori per il posizionamento degli apiari le cosiddette “Isole apistiche” ([6]). I parametri utilizzati per identificare tali zone sono stati i seguenti:

Fig. 2 - Tematismo delle potenzialità per la produzione di nettare.

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  • esposizione sud, sud/est;
  • distanza dagli abitati non inferiore ai 100 m;
  • distanza dalle strade statali e provinciali non inferiore ai 100 m;
  • distanza dalle strade secondarie inferiore a 50 m;
  • pendenza inferiore al 30%.

È noto come la facilità di accesso alla postazione e di movimentazione degli alveari sia un fattore basilare per determinare la redditività dell’apiario. Pertanto si è ritenuto di considerare solo le zone poste entro un chilometro dal reticolo stradale (raggio ottimale di volo dell’ape). La viabilità forestale di servizio è stata considerata a tutti gli effetti utile ad integrare la viabilità ordinaria. Questo ulteriore vincolo è stato raffigurato in cartografia mediante l’uso di un buffer che si estende per 1 km ai lati del reticolo stradale. Sovrapponendo i tematismi della potenzialità produttive (alta e molto-alta) e di quello dell’accessibilità viaria ai pascoli, si possono visualizzare le aree più vocate ma anche più accessibili e quindi potenzialmente più redditizie per l’attività apistica. Nella Fig. 3 viene rappresentato il risultato della procedura applicata alla zona di studio. Seguendo la stessa metodologia, ma utilizzando i dati disaggregati per le diverse produzioni apistiche, si possono realizzare le mappe per la produzione di nettare, polline e melata.

Fig. 3 - Carta tematica del reticolo stradale e delle isole apistiche sovrapposta alla carta tematica della potenzialità mellifera.

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I rilevamenti con il GPS ed i dati sugli apiari

Nel corso dell’estate 2005, utilizzando i finanziamenti previsti dal regolamento Ce 797/2004, si è saggiata la validità del modello confrontando le mappe della vocazione produttiva con la carta del reale utilizzo apistico del territorio. Gli apiari presenti nella zona di studio sono stati georeferenziati tramite le coordinate di un apparecchio GPS ([3]). Per ognuno degli apiari censiti è stato rilevato il numero di alveari, oltre al codice identificativo dell’apicoltore, il tipo di apicoltura praticata (nomade o stanziale) e le fioriture su cui viene praticato il nomadismo per gli apicoltori che lo praticano ([2]). I dati sono poi stati inseriti nel database Arcmap (ArcGIS 9 - ArcView) per la loro elaborazione e visualizzazione. Gli apiari sono stati indicati sulle mappe con dei cerchi gialli mentre l’area ottimale di volo è stata rappresenta con un cerchio dal raggio di un chilometro e centro nell’apiario (Fig. 4).

Fig. 4 - Aree a funzione nettarifera in cui la gestione selviculturale è condizionata dall’attività apistica.

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Risultati e discussione 

Benché il numero di rilievi effettuati (50) non sia sufficiente a convalidare la metodologia, le carte tematiche prodotte e l’analisi dei dati ad esse associati permettono comunque di fare alcune considerazioni. Il maggior carico di alveari è collocato attorno ai paesi, in aree che non sempre risultano ottimali per l’apicoltura. Tale dato, peraltro atteso, è diretta conseguenza della scarsa propensione al nomadismo degli apicoltori trentini. Il posizionamento nelle valli laterali da parte di apicoltori nomadisti, sembra invece sovrapporsi con le aree definite ottimali dalla metodologia proposta.

Dal punto di vista più strettamente di gestionale si sono evidenziati sostanzialmente due scenari:

  1. la presenza di tipi forestali che hanno un alto valore sia selvicolturale che apistico, dove le due funzioni possono coesistere in modo produttivo, senza condizionamenti negativi. È il caso della pineta di P. sylvestris pioniera calcicola con presenza di E. herbacea;
  2. la presenza di tipi forestali a basso valore selvicolturale ma ad alta valenza apistica dove le due funzioni per esplicarsi al meglio richiederebbero una gestione antitetica. È il caso dei robinieti siti nel circondario dei paesi che proprio per la loro posizione “comoda” vengono ampiamente sfruttati dagli apicoltori locali per una produzione economicamente importante qual’è il miele di acacia.

Le logiche del “vecchio” sistema di pianificazione selvicolturale avrebbero imposto di riconvertire i robinieti in formazioni di latifoglie nobili e stabili (querceti, tiglieti ecc.). Invece, in un ottica di valorizzazione della multifunzionalità del bosco, queste formazioni, qualora siano in aree ad alta concentrazione di apicoltori, non soggette a rischio idrogeologico, saranno salvaguardate, proprio per l’elevato valore economico e sociale che possono esprimere.

In linea generale, l’esperienza di questo lavoro ha mostrato l’importanza di una stretta collaborazione multidisciplinare anche all’interno di una stessa Amministrazione pubblica. L’approccio multifunzionale nella gestione del territorio può determinare scelte assolutamente nuove nella gestione dello stesso, impensabili solo pochi anni addietro.

La metodologia esposta sembra aver risposto in modo soddisfacente alle aspettative e potrebbe essere utilizzata sia in situazioni complesse ed a forte variabilità territoriale come l’ambiente alpino che in realtà semplici a piccola scala; ma è cruciale disporre di descrizioni vegetazionali sufficientemente precise e dettagliate.

Tuttavia, risulta indispensabile operare ulteriori controlli, confrontando i risultati teorici ottenuti, con l’effettiva produttività mellifera del territorio. Infatti i dati così espressi non tengono conto di altri fattori limitanti l’attività apistica quali: presenza di venti dominanti, di strade a grande scorrimento, di aree industriali e di discariche (peraltro assenti nell’area in esame).

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