*

Temporal pattern of the altitudinal limit of beech forest in the Northern Apennines. A photogrammetric analysis

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 79-87 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0440-0040079
Published: Mar 21, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Research Articles

Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio

Abstract

The temporal pattern of the High Reggio Emilia Apennine upper timberline during the second half of the 19th century has been studied at landscape level in the Prado-Cusna area since 1954. This part of the Northern Apennines is of outstanding biological value. Orthorectified aerial photographs (flights GAI 1954, RER 1978, IT 2000) were used to generate maps using an object-based method of classification. In the period studied the timberline was relatively stable despite the decline of local historical human impact based on agriculture and pastoralism on high mountain vegetation and the mean temperature in the northern Apennines has increased by about 1.3°C. Problems linked to the photogrammetric data processing of aerial photographs of the past and to the classification of images are briefly discussed.

Keywords

Timberline, Fagus sylvatica, Photogrammetry, Object-based classification, Northern Apennines

Introduzione 

Il limite altitudinale degli alberi è uno tra i limiti ecologici più evidenti, dipendente dallo spazio e dal tempo ([1]), dove l’impatto antropico e i fattori climatici giocano un ruolo fondamentale ([20], [16], [21], [18], [19]). Sono disponibili numerosi studi nel contesto alpino dove le specie che formano questo limite sono conifere. Non altrettanto può dirsi per le aree geografiche dove il limite altitudinale degli alberi coincide con il limite dei boschi di latifoglie ([18]).

Negli Appennini, salvo rare eccezioni, quali la valle del Sestaione, nell’Appennino tosco-emiliano, i boschi più elevati in quota sono boschi di faggio. Fagus sylvatica, una specie competitrice poco tollerante alla siccità e alle gelate, ha caratteri ecofisiologici che non consentono la sopravvivenza di giovani piante isolate ma la favoriscono al riparo della copertura di piante adulte ([8], [22], [29]). Come hanno mostrato studi eseguiti nei Pirenei, in condizioni naturali, il limite altitudinale degli alberi coincide con il limite altitudinale dei boschi ([8]). Possono esistere faggi isolati e cespugliosi al di sopra di tale limite, come situazione derivata da più favorevoli condizioni climatiche nel passato (postclimax), come risultato di impatti umani o di attuali opportunità geomorfologiche locali (landform opportunities). Per ottenere informazioni sulle trasformazioni ambientali che hanno originato l’attuale distribuzione altitudinale del limite del bosco è iniziato lo studio del pattern temporale recente di questo limite.

L’area da noi considerata comprende un gruppo montuoso (Prado-Cusna) tra i più elevati dell’Appennino settentrionale, e l’analisi temporale riguarda un intervallo di tempo, la seconda metà del secolo XX, che corrisponde ad una fase di progressivo declino locale della presenza antropica, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia.

Per questa analisi di pattern temporale, abbiamo potuto disporre di fotografie aeree, che documentano le trasformazioni territoriali di gran parte del secolo scorso. Le prime immagini da satellite sono invece disponibili dagli anni ’70: come noto, il telerilevamento da satellite permette di ottenere immagini a differenti livelli di risoluzione a terra con una elevata frequenza temporale e con in più, rispetto alle immagini aeree, l’informazione di tipo multispettrale, consentendo un nuovo approccio alle analisi paesaggistiche e alla classificazione delle coperture vegetali. Possono tuttavia sorgere inconvenienti legati alle condizioni metereologiche, tali da impedire una completa copertura dell’area ripresa.

Per questo motivo, abbiamo considerato soltanto fotografie aeree opportunamente ortorettificate in modo da dare una rappresentazione fotografica metricamente corretta dell’area di studio. La geometria delle ortofoto offre i vantaggi di una mappa convenzionale con un fattore di scala noto, con la possibilità di calcolare angoli e distanze e individuare le coordinate dei punti. Rispetto a una cartografia tradizionale, una ortofoto consente di apprezzare i dettagli e le informazioni di tipo qualitativo proprie di un prodotto fotografico, e può essere utilizzata anche come base per un GIS (Geographic Information System) e impiegata in varie applicazioni per la gestione del territorio, come ad esempio il monitoraggio, l’analisi delle infrastrutture e gli studi sui cambiamenti climatici.

I risultati del processo fotogrammetrico e alcuni problemi relativi all’uso delle immagini storiche vengono presentati e discussi.

L’area di studio 

Il caso studio è l’area del versante emiliano del gruppo montuoso Prado-Cusna (latitudine: 44°N 14’; longitudine 10°23’), due fra le cime più alte dell’Appennino settentrionale. Il gruppo montuoso si sviluppa per circa 15 km, dal Passo di Pradarena alla Foce delle Radici. Il monte Prado (2054 m) è posto lungo lo spartiacque tosco-emiliano, mentre il monte Cusna (2120 m) è su una dorsale quasi parallela alla linea dello spartiacque (Fig. 1).

Fig. 1 - Localizzazione dell’area Prado-Cusna nell’Appennino tosco-emiliano.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

L’area, per il suo elevato valore ambientale e biologico, è compresa nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e in 4 Siti di Interesse Comunitario (SIC): IT4030004; IT4030006; IT4030005; IT5120002. Ha un’estensione di 3885 ha ed un ambito altitudinale compreso tra i 1040 e i 2120 m. All’interno di questa area è possibile definire il limite altitudinale di distribuzione del bosco di faggio (Fagus sylvatica). Al di sopra di questo limite le durate della copertura nevosa selezionano differenti comunità vegetali ([11], [10]). Le formazioni più diffuse sono rappresentate da brughiere a Vaccinium myrtillus e V. gaultherioides ([12]) e da praterie a Brachypodium genuense e Nardus stricta. Tra le praterie, le prime sono localizzate su versanti ad esposizione meridionale, mentre le seconde derivano in genere dalla distruzione delle brughiere a mirtilli per una gestione a pascolo ([15], [28], [13]).

Il substrato litologico è di tipo prevalentemente arenaceo caratterizzato dalle arenarie del “Macigno” e di “Monte Modino”. Sono presenti numerosi circhi glaciali originati dalla glaciazione del Würm ([25]).

Il clima ha un carattere debolmente continentale. La precipitazione annuale media sul crinale è di 2000 mm ([27]) con valori minimi in estate e in inverno. Le precipitazioni a carattere nevoso si hanno da Novembre ad Aprile. La durata della copertura nevosa - sino alla fine di maggio o all’inizio di luglio - dipende dalla topografia e dall’esposizione dei luoghi.

Materiali e Metodi 

Sono state prese in considerazione le fotografie aeree dei voli GAI 1954-55 e RER 1976-78 (Tab. 1) e le ortofoto del volo IT2000. Per l’area di studio manca un appropriato dataset di immagini ad altissima risoluzione (Very High Resolution, VHR) e le poche ad oggi disponibili presentano coperture locali di nubi e/o neve.

Tab. 1 - Immagini aeree utilizzate. Vengono evidenziate le date di ripresa e alcuni dettagli tecnici.

Immagini aeree Data Dettagli tecnici
4 immagini aeree in scala di grigio Luglio e
Ottobre
1954
Volo GAI

(Gruppo Aereo Italiano)
scala media fotogramma 1:62.000
Certificato di calibrazione della camera non disponibile
15 immagini aeree a colori Luglio e
Settembre 1978
volo RER (Regione Emilia-Romagna)
scala media fotogramma 1:13.000
Certificato di calibrazione della camera disponibile
6 ortofoto a colori 1998-99 volo IT2000 (Compagnia Generale Riprese Aeree - CGRA)
scala media 1:10.000
Formato digitale

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Per la creazione del Modello Digitale del Terreno (Digital Terrain Model, DTM) sono state utilizzate le curve di livello in formato vettoriale (shapefile) con interdistanza di 5 m derivate dalla Cartografia Tecnica Regionale (CTR) della Regione Emilia - Romagna in scala 1:5 000. È stato prodotto un DTM in formato grid con passo di 15 m per l’elaborazione del volo GAI, di minore qualità e a piccola scala, e con passo di 5 m per il volo RER.

Le immagini dei voli GAI e RER sono state ortorettificate con la procedura di seguito riportata.

  • Digitalizzazione dei fotogrammi: i fotogrammi sono stati scansionati con scanner desktop piano formato A3 ad una risoluzione geometrica di 800 dpi, e gli errori di scansione (deformazioni locali o globali) corretti mediante software specifico (SV-Scan);
  • Individuazione dei Ground Control Points (GCP) per l’orientamento esterno dei fotogrammi mediante l’uso delle ortofoto del volo IT2000; da esse sono state ricavate le coordinate planimetriche di punti che si possono presumere invariati, preliminarmente prescelti sui fotogrammi dei voli GAI e RER, mentre le quote sono state ricavate dalla Carta Tecnica Regionale e dal DTM;
  • Orientamento dei fotogrammi tramite software di fotogrammetria digitale Socet-Set v.5.1 sviluppato da Bae System; l’orientamento interno è stato ottenuto mediante una trasformazione affine e la procedura di Triangolazione Aerea (AT) realizzata con un modello analitico a fasci proiettivi. In Tab. 2 e Tab. 3 vengono riportati rispettivamente i risultati per i fotogrammi del volo GAI e del volo RER.
  • Tab. 2 - Residui della Triangolazione Aerea sulle coordinate dei GCP (Ground Control Points) per le immagini del volo GAI 1954.

    ID
    Immagine
    σ X
    (m)
    σ Y
    (m)
    σ Z
    (m)
    1907 8.3 8.8 4.0
    1908 10.9 10.5 4.8
    5157 10.6 13.1 3.3
    5158 9.0 9.3 3.7

     Enlarge/Shrink  Open in Viewer

    Tab. 3 - Residui della Triangolazione Aerea sulle coordinate dei GCP (Ground Control Points) per le immagni del volo RER 1978.

    ID
    Immagine
    σ X
    (m)
    σ Y
    (m)
    σ Z
    (m)
    7988 1.1 1.3 2.6
    7989 1.2 0.9 2.1
    7992 1.3 1.4 4
    7994 2.2 1.3 3.4
    8024 1 1.5 2.5
    8026 2.4 2.2 6.2
    8027 1.3 1.7 3.1
    8054 5 2.5 4.7
    8056 1.8 1.8 2.8
    8060 0.8 1 1.3
    8091 2 1.8 5
    8093 0.7 0.4 1.3
    8094 1 1.1 2.9
    8096 1.5 0.7 3.3
    8098 2.8 2.6 6.9

     Enlarge/Shrink  Open in Viewer

  • Produzione dell’ortofoto finale, utilizzando come informazione di tipo altimetrico il DTM della zona di interesse (con passo 15 m per il volo GAI e 5 m per il volo RER). L’immagine finale ottenuta, generata mediante ricampionamento bilineare effettuato in un’unica fase di orientamento e mosaicatura con bilanciamento radiometrico, è caratterizzata da una dimensione del pixel a terra (GSD: Ground Sampling Distance) pari a 2 metri per il volo GAI e a 1.2 m per il volo RER. La mancanza di dati di rilevante importanza, primo fra tutti il certificato di calibrazione della camera usata per i fotogrammi del volo GAI, nonché la scarsa qualità dei fotogrammi stessi, hanno notevolmente complicato la procedura di ortorettifica. Minori difficoltà ha dato l’ortorettifica dei fotogrammi del volo RER, data la loro migliore qualità e la presenza del certificato di calibrazione. Il sistema cartografico adottato per il prodotto finale è UTM-ED50 nel fuso 32.
  • Definizione del limite altitudinale del bosco: tale operazione è stata condotta mediante segmentazione e classificazione object-based con il software eCognition 4.0 di eDefiniens Imaging ([2]). Per la definizione dei training sites necessari per le successive operazioni di classificazione della vegetazione dalle immagini del volo IT2000, è stata utilizzata la carta della vegetazione dell’alto Appennino Reggiano (1:25.000) in formato vettoriale ([7]). Un approccio ad oggetti è parso garantire un risultato di maggiore fruibilità ed in generale di migliore qualità per l’individuazione del limite “bosco/non-bosco” rispetto ai metodi classici basati sui pixel; la scelta, confortata da lavori in letteratura ([9], [3]) e da precedenti esperienze degli autori ([17], [5]), trova giustificazione nelle potenzialità che questa tecnica può offrire in una procedura di classificazione automatica della copertura vegetale. I parametri di segmentazioni sono stati scelti empiricamente in seguito a diverse prove, secondo un approccio descritto in Gusella et al. ([17]); per la determinazione del limite sono stati presi in considerazione due attributi spettrali delle immagini, la radianza media (mean) e il rapporto fra bande (ratio). Dopo una prima classificazione si è proceduto ad un editing manuale della stessa per correggere gli errori di attribuzione sui singoli oggetti.
  • Analisi del limite altitudinale del bosco: le relazioni tra il limite del bosco e la quota, l’esposizione e la pendenza sono state studiate con procedure condotte in ambiente ArcGIS 8.3. Per quanto concerne l’analisi legata alla pendenza, è stato adottato il seguente sistema di classificazione: pianeggiante ( ‰¤ 5%) scarsa (6%-30%); media (31%-45%); discreta (46%-60%); elevata (61%-80%); molto elevata ( ‰¥81%). I limiti del bosco ottenuti con l’interpretazione delle ortofoto del 1954 e del 1978 sono stati confrontati con il recente dato aerofotogrammetrico del 2000, per valutare eventuali variazioni del limite. Si è considerato l’errore di posizione associato alle immagini, dovuto sia al processo fotogrammetrico per l’ortorettifica e la georeferenziazione, che alla procedura di segmentazione/classificazione. A questo scopo è stata applicata una procedura di buffering sulle curve limite, in funzione del budget complessivo stimato per l’errore di posizione.

Risultati 

L’attuale limite altitudinale del bosco nell’area Prado-Cusna si sviluppa per 145 km. Il limite si presenta generalmente netto (Fig. 2), ma si possono osservare individui isolati e/o in piccoli gruppi. L’ambito altitudinale in cui è possibile evidenziare il limite è compreso fra i 1538 e i 1804 m (Fig. 3); la maggior parte (80%) della sua estensione si sviluppa tra quote comprese fra i 1651 e i 1775 m. Prevalgono le esposizioni (Fig. 4) nord-orientali (23%), settentrionali (17%) e orientali (15%); la maggior parte del limite del bosco si trova in siti ad elevata pendenza media (Fig. 5).

Fig. 2 - Il limite altitudinale del bosco di faggio nel versante meridionale del Monte Cusna (A). Alberi al limite del bosco (B).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 3 - Estensioni del limite altitudinale del bosco alle diverse quote nel gruppo Prado-Cusna (dati del 2000).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 4 - Gruppo Prado-Cusna. Esposizioni del limite altitudinale del bosco (dati del 2000).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 5 - Gruppo Prado-Cusna. Pendenze medie del limite altitudinale del bosco (dati del 2000).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

La variazione del limite altitudinale del bosco dal 1954 ad oggi (Fig. 6) è difficile da descrivere utilizzando un sistema automatico di classificazione delle immagini. Le immagini utilizzabili presentano differenze di scala e di qualità. È quindi necessaria una interpretazione manuale a video. In Fig. 6, le ortofoto del 2000 mostrano una debolissima variazione del limite altitudinale del bosco rispetto alle ortofoto del ’54 e del ’78. Dal 1954 al 2000 i maggiori cambiamenti possono essere osservati nella fascia immediatamente sottostante a tale limite e sono effetto di una ricolonizzazione della vegetazione forestale in chiarìe. Gli unici cambiamenti rilevanti possono essere evidenziati in alcuni siti in seguito a riforestazione a conifere.

Fig. 6 - Il limite del bosco nel versante meridionale del Monte Cusna. Ortofoto del 1954 (A); 1978 (B); 2000 (C). Vengono evidenziati anche gli alberi o i gruppi di alberi isolati. Le immagini si riferiscono all’area di Fig. 2.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Il confronto fra gli ortofotogrammi del 1978 (di migliore qualità) e del 2000 consente una più accurata descrizione della variazione del limite del bosco nell’ultimo ventennio (Fig. 7). Per il 72% della lunghezza del limite del bosco non è possibile affermare con certezza un effettivo spostamento, per il 25% si può constatare uno spostamento verso quote superiori, ed infine per il rimanente 3% si ha una variazione verso quote inferiori. Pur nella loro approssimazione i dati confermano una prevalente stabilità del limite altitudinale del bosco.

Fig. 7 - Variazioni altitudinali del limite del bosco (1978-2000). Le aree cartografiche sono espresse in percentuale.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Conclusioni 

Nell’area Prado-Cusna il limite altitudinale del bosco è localizzato tra i 1538 e i 1804 m. Tali dati concordano con quelli di Bernetti ([4]) che situano il limite altitudinale del bosco nell’Appennino settentrionale a quote comprese tra i 1600-1800 m. Ferrari & Piccoli ([12]), Lausi & Pignatti ([23]) suggeriscono un limite del bosco un po’ più alto (1700-1800 m). Questa opinione concorda con l’interpolazione di dati meteorologici riferiti alle zone temperate a 44° N di latitudine ([20]).

È ragionevole pensare che la geomorfologia abbia un ruolo fondamentale nel determinare questa ampia distribuzione altitudinale (per una rassegna vedi [18]), generando differenti condizioni di sito e micro-sito (aree ricche/povere di neve, calde/fredde, ventose/protette dal vento esposte al sole/protette dal sole) e microtopografiche (convesse/concave).

Gli strumenti della fotogrammetria digitale hanno permesso l’uso di dati storici digitalizzati per un confronto con immagini recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti nel limite del bosco.

In questo tipo di analisi devono essere considerate le differenti caratteristiche e i problemi legati all’uso di fotogrammi storici rispetto a quelli più recenti. Nel caso in esame, le immagini del volo GAI (1954) sono relativamente di bassa qualità e per esse non sono stati reperiti i dati necessari ad un orientamento interno rigoroso. Esse tuttavia costituiscono un documento storico imprescindibile in quanto rappresentano il primo volo che ha coperto quasi tutto il territorio italiano.

Si è rilevato in generale che, se da una parte sono preferibili immagini più nadirali possibile per l’applicazione di algoritmi di change detection, dall’altra l’interpretazione visuale è semplificata usando immagini non nadirali, che permettono, ad esempio, di riconoscere le altezze degli alberi, la loro tipologia e condizione, analizzando le ombre degli stessi; la presenza di ombre rende tuttavia difficoltosa la definizione di una procedura automatica per la classificazione delle coperture boschive.

Dal 1954 al 2000 il limite del bosco è risultato relativamente stabile: un lieve spostamento è evidenziato dal 1978 al 2000. Sul versante meridionale del monte Cusna, questo risultato (Fig. 6), è conforme a quello ottenuto con analisi dendrocronologiche effettuate da Magnani (in verbis). Gli alberi al limite altitudinale del bosco hanno la stessa età o addirittura sono un poco più vecchi di quelli posti a quote più basse. Su questo versante le ultime operazioni di gestione del bosco datano XIX secolo e, fino a qualche decennio fa, il limite del bosco è stato utilizzato come fascia di confine tra i pascoli alti e i boschi sottostanti. Plantule di faggio sono state da noi osservate al di sotto della chioma delle piante madri al limite del bosco. Questo fenomeno non è rilevabile alla scala delle immagini, ma documentano l’inizio di una lenta risalita altitudinale del bosco da monitorare ad un livello di scala più dettagliato. Gli ortofotogrammi rivelano i maggiori cambiamenti di copertura forestale nella fascia immediatamente sottostante al limite del bosco per effetto di diminuite utilizzazioni e di riforestazioni da ritenersi spontanee.

Mercalli et al. ([26]) hanno stimato che tra il 1951 e il 2002 la temperatura media nell’Appennino settentrionale sia aumentata di 1.3°C, mentre sulle Alpi di circa 1.0°C ([6]). Dopo la metà del 1980 si è avuto un riscaldamento ancora in atto. Il limite del bosco, tuttavia, non riflette questa tendenza. Questo perché nelle aree montuose fortemente influenzate dall’impatto antropico, come nel caso dell’Appennino settentrionale, gli effetti negativi dell’azione umana, storica e recente, sul limite altitudinale del bosco tendono a compensare gli effetti del riscaldamento climatico ([30], [18], [19]). Questo limite, quindi, tende a descrivere la storia dei luoghi piuttosto che le attuali condizioni climatiche, a causa del “long life span” degli alberi costituenti il limite del bosco e l’inerzia che ne risulta nella comunità forestale ([24], [18]). I dati dendrocronologici di Ferrari et al. ([14]), relativi all’area di studio, supportano questa ipotesi.

Il monitoraggio delle variazioni del limite altitudinale del bosco è, per questi motivi, un’analisi ambientale di lungo periodo. La creazione di banche dati georeferenziate, come nel caso di nostro interesse, è cruciale per il successo delle analisi. A questo scopo è in corso l’ampliamento della base dati mediante immagini ricavate da cartografia catastale storica e da immagini satellitari a differente risoluzione (LANDSAT, ASTER, QuickBird).

Ringraziamenti 

Gli autori ringraziano il dott. Stefano Corticelli, l’ing. Gian Paolo Artioli e la dott. Maria Luisa Garberi del Servizio Informativo Geografico della Regione Emilia Romagna per l’amichevole fornitura di dati cartografici su supporto digitale. Un cordiale ringraziamento anche alla dott. Silvia Magnani per le importanti informazioni dendrocronologiche. Siamo inoltre grati al prof. Friedrich Karl Holtmeier per la revisione critica del testo. La ricerca è stata finanziata su fondi dell’Università di Bologna (ex 60%, resp. C. Ferrari).

References

(1)
Armand AD (1992). Sharp and gradual mountain timberlines as a result of species interaction. Ecol. Studies 92: 360-378.
Google Scholar
(2)
Baatz M, Schäpe A (2000). Multiresolution segmentation - an optimisation approach for high quality multi-scale image segmentation. In: Angewandte Geographische Informationsverarbeitung XI (Strobl J, Blaschke T, Griesebner G eds). Vorträge zum AGIT-Syposium Salzburg, Herbert Wichmann, Heidelberg, pp. 12-23.
Google Scholar
(3)
Benz U, Hofmann P, Willhauck G, Lingenfelder I, Heynen M (2004). Multi-resolution, object-oriented fuzzy analysis of remote sensing data for GIS-ready information. ISPRS Journal of Photogrammetry & Remote Sensing 58: 239-258.
CrossRef | Google Scholar
(4)
Bernetti G (1998). Selvicoltura speciale. UTET, Torino.
Google Scholar
(5)
Bitelli G, Ferrari C, Girelli VA, Gusella L, Mognol A, Pezzi G (2005). Integrazione di immagini multitemporali aeree e satellitari per lo studio del pattern della vegetazione nell’Appennino: un caso di studio. Atti 9° Conferenza Nazionale ASITA, 371-376.
Google Scholar
(6)
Böhm R, Auer I, Brunetti M, Maugeri M, Nanni T, Schoner W (2001). Regional temperature variability in the European Alps: 1760-1998 from homogenized instrumental time series. Int. J. Climatol 21: 1779-1801.
CrossRef | Google Scholar
(7)
Corticelli S, Garberi ML, Gavagni A, Guandalini B (2004). Carte della vegetazione e della naturalità dei Parchi Regionali e di altre zone. Coperture vettoriali 1: 10.000 - 1: 25.000. Regione Emilia Romagna, Servizio Sistemi Informativi Geografici, Bologna.
Google Scholar
(8)
Crawford RMM (1989). Studies in plant survival. Ecological case histories of plant adaptation to adversity. Blackwell, Oxford.
Google Scholar
(9)
De Kok R, Schneider T, Ammer U (1999). Object based classification and applications in the Alpine forest environment. In: Proceedings of the Joint ISPRS/EARSeL Workshop on “Fusion of Sensor Data, Knowledge Sources and Algorithms”, Valladolid 1999, Spain.
Google Scholar
(10)
Ferrari C (1995). La vegetazione dell’Appennino tosco-emiliano oltre il limite degli alberi. In: la vegetazione Italiana (Gerola FM, Marchi E, Pedrotti F, Pignatti S, Pirola A eds). Accademia Nazionale dei Lincei, pp. 229-253.
Google Scholar
(11)
Ferrari C, Rossi G (1995). Relationships between plant communities and late snow melting on Mount Prado (Northern Apennines, Italy). Vegetatio 120: 49-58.
Google Scholar
(12)
Ferrari C, Piccoli F (1997). The ericaceous dwarf shrublands above the Northern Apennine timberline. Phytocoenologia 27 (1): 53-76.
Google Scholar
(13)
Ferrari C, Buffa G, Poggi G, Zenti S (2002). Alto Appennino Reggiano. Carta della Vegetazione con itinerari naturalistici (1: 25.000). Regione Emilia Romagna. Servizio Sistemi Informativi Geografici.
Google Scholar
(14)
Ferrari C, Cherubini P, Magnani S, Pezzi G (2005). Ecologia del limite altitudinale del bosco nell’Appennino Settentrionale. Inform. Bot. Ital. 37 (1 A): 210-211.
Google Scholar
(15)
Ferrarini E (1982). Carta della Vegetazione dell’Appennino Tosco-Emiliano dal Passo della Cisa al Passo delle Radici. Note illustrative. Boll. Museo Scienze naturali Lunigiana: 51-53.
Google Scholar
(16)
Grace J, Berninger F, Nagy L (2002). Impacts of Climate Change on the Tree Line. Annals of Botany 90: 537-544.
CrossRef | Google Scholar
(17)
Gusella L, Bitelli G, Mognol A (2005). Determinazione dei parametri di segmentazione in immagini aeree e telerilevate: un approccio semantico all’ottimizzazione. Atti Convegno SIFET: “Integrazione tra le tecniche innovative del rilievo del territorio e dei beni culturali”, Palermo 2005. CD-Rom, pp. 8.
Google Scholar
(18)
Holtmeier FK (2003). Mountain timberlines. Ecology, patchiness and dynamics. Kluwer Academic Publisher, Dordrecht, Boston, London.
Google Scholar
(19)
Holtmeier FK, Broll G (2005). Sensitivity and response of northern hemisphere altitudinal and polar treelines at landscape and local scales. Global Ecology and Biogeography 14: 395-410.
CrossRef | Google Scholar
(20)
Körner C (1998). A re-assessment of high elevation treeline positions and their explanation. Oecologia 115: 445-459.
CrossRef | Google Scholar
(21)
Körner C, Paulsen J (2004). A world-wide study of high altitude treeline temperatures. Journal of Biogeography 31: 713-732.
CrossRef | Google Scholar
(22)
Larcher W (1980). Ökologie der Pflanzen auf physiologischer Grundlage (3rd edn). Stuttgart.
Google Scholar
(23)
Lausi D, Pignatti S (1973). Die Phänologie der europäischen Buchenwälder auf pflanzensoziologischer Grundlagen. Phytocoenologia 1 (1): 1-63.
Google Scholar
(24)
Lloyd AH, Graumlich LJ (1997). Holocene dynamics of treeline forests in the Sierra Nevada. Ecology 78 (4): 1199-1210.
CrossRef | Google Scholar
(25)
Losacco U (1982). Gli antichi ghiacciai dell’Appennino settentrionale. Studio morfologico e paleogeografico. Atti Società Naturalisti Modena 113: 1-224.
Google Scholar
(26)
Mercalli L, Cat-Berro D, Ratti M (2003). Caratterizzazione termica del versante padano dell’Appennino settentrionale per una correlazione tra clima locale e timberline. Società Meteorologica Italiana, Torino. Technical Report.
Google Scholar
(27)
Rossetti R (1988). Condizioni termo-pluviometriche del versante padano della fascia appenninica tra la valle del torrente Scrivia e quella del torrente Reno. In: “Il paesaggio fisico dell’alto Appennino emiliano” (Carton A, Panizza M eds). Grafis, Bologna, pp. 19-24.
Google Scholar
(28)
Rossi G (1994). Carta della vegetazione del Monte Prado (Parco Regionale dell’Alto Appennino Reggiano, Regione Emilia-Romagna). Note illustrative. Atti Istituto Botanico e Laboratorio Crittogamico dell’Università di Pavia s.7, 10: 3-24.
Google Scholar
(29)
Scarascia-Mugnozza G (1999). Ecologia strutturale delle faggete italiane. Edagricole, Bologna.
Google Scholar
(30)
Woodward A (1998). Relationship among environmental variables and distribution of the species at high elevation in the Olympic Mountians. Northwest Science 72 (1): 10-22.
Google Scholar
 
 
 

Navigazione

 

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website. More info