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Transparency in the implementation of Kyoto Protocol for the forestry sector in Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 151-152 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0457-0004
Published: Jun 19, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

The Authors make a critic comment on the Carbo-Italy project, in that they think it is not properly designed to provide official data for carbon accounting, as required by the Kyoto Protocol.

Keywords

Forest, Carbon, Kyoto, Inventory, Carbo-Italy Project

 

Concordiamo con l’editoriale pubblicato sul precedente numero di Forest@ da Marco Borghetti sul fatto che la trasparenza nella pubblica amministrazione sia un valore fondamentale, in grado, esso stesso, di assicurare progresso civile ed economico, garantendo della qualità della spesa pubblica ed accrescendone la produttività.

E cogliamo l’occasione, visto che in passato siamo stati critici su alcuni aspetti metodologici dell’INFC, di congratularci con il Corpo Forestale dello Stato (CFS) e l’Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e per l’Alpicoltura (ISAFA) per la loro decisione di rendere pubblici i dati INFC, nei tempi e nei modi richiesti per garantire una corretta implementazione del Protocollo di Kyoto.

Esprimiamo però sorpresa nel vedere collegato l’INFC al Progetto CarboItaly, in un articolo incentrato sulla trasparenza nella pubblica amministrazione. Infatti, l’INFC ha perseguito sin dall’inizio un obiettivo coerente e trasparente: conoscere l’entità e la qualità delle risorse forestali del nostro Paese. E, dato che l’Italia ha sottoscritto impegni internazionali vincolanti, quali il Protocollo di Kyoto, il CFS e l’ISAFA si sono posti il problema, non semplice, di eseguire l’INFC in linea con le nuove prescrizioni internazionali.

Il progetto CarboItaly al contrario non persegue, a parer nostro, obiettivi altrettanto trasparenti e, anzi, rischia di confondere le idee. Spieghiamo il perché. Si afferma che il progetto CarboItaly “si propone l’obiettivo di quantificare le potenzialità d’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica da parte dei sistemi agro-forestali italiani”. Ad essere più precisi, per quanto riportato in Gazzetta Ufficiale (Serie generale n. 16 del 21/01/2005), CarboItaly consiste in “strumenti innovativi per l’implementazione del Protocollo di Kyoto: creazione ed armonizzazione della rete italiana di misura dei sink forestali ed agricoli e sviluppo del sistema nazionale di stima e previsione dell’assorbimento di gas ad effetto serra”.

Tale progetto, dunque, si prefigge lo scopo di “creare”, per le necessità del Protocollo di Kyoto, il sistema nazionale di stima e previsione (ovvero di contabilità) dei flussi di gas serra del settore agro-forestale italiano. Se così fosse, un tale fine sarebbe da considerarsi meritorio visto che, mentre scriviamo, le attività relative alla contabilità dello Stato per il Protocollo di Kyoto, sono affidate ad un pugno di precari della pubblica amministrazione e sembra che non ci siano finanziamenti né per la cosiddetta “quarta fase” dell’INFC, che consiste nelle misure addizionali richieste dal Ministero dell’ambiente per trasformare l’INFC in uno strumento di contabilità degli stock di carbonio forestale, né per il “completamento” del Registro Nazionale dei Serbatoi di Carbonio. Usiamo il termine completamento perché il Ministero dell’Ambiente ha dato corso a finanziamenti per alcuni prodotti utili al Registro, ma, a quanto si è visto sinora, i prodotti non sembrano corrispondere alle attese.

Ma, la realtà appare essere un’altra. E la nostra lettera potrebbe concludersi qui, lasciando tre domande al mondo accademico: siete sicuri che CarboItaly implementi il Protocollo di Kyoto? Siete a conoscenza di quali dati siano necessari per l’implementazione del Protocollo di Kyoto nel settore forestale? Avete fiducia che i dati prodotti dal sistema di misurazioni previste in CarboItaly possano essere “certificati”, nel corso del processo di revisione, in linea con quanto previsto dal Protocollo di Kyoto? E una quarta domanda viene spontanea: perché mai lo Stato dovrebbe finanziare la quarta fase dell’INFC e il “completamento” del Registro quando c’è CarboItaly che implementa l’intero sistema nazionale di stima e previsione?

Infatti, nel Protocollo di Kyoto la certificazione dei dati è fondamentale visto che il bilancio del carbonio, attraverso l’emissione di certificati di credito di emissione, si trasforma in un bilancio finanziario inserito in meccanismi di mercato.

L’Italia, per fortuna di tutti noi, non è nella situazione di paesi quali gli Stati Uniti d’America o l’Australia, cioè paesi che hanno ratificato la Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), che non prevede alcun vincolo, ma non hanno voluto farsi carico degli impegni del Protocollo. Impegni che hanno richiesto anni di negoziati e che sono garantiti dal rispetto di regole concordate. Regole che sono state scritte anche per il settore forestale, e che sono per lo più basate su metodologie inventariali (IPCC 2003, Good Practice Guidance for LULUCF).

Perciò, in Italia, chiunque voglia istituire un sistema nazionale di stima e previsione dell’assorbimento di gas ad effetto serra ai fini del Protocollo di Kyoto non ha che da applicare e sviluppare quelle regole, anche attraverso progetti di ricerca.

Invece, se si legge il progetto esecutivo di CarboItaly non vi si trovano pianificate le misurazioni utili e sufficienti alla stima e previsione dell’assorbimento di gas ad effetto serra, per la contabilità del Protocollo di Kyoto. Infatti, in CarboItaly per le misure si fa riferimento a metodologie, quali ad esempio l’analisi di scambio dei flussi, che non sono previste, dall’IPCC, per l’implementazione del Protocollo di Kyoto.

Com’è possibile che CarboItaly, espressione di gran parte del mondo accademico forestale italiano, ignori i requisiti del Protocollo di Kyoto? Perché fin dalla fase progettuale di CarboItaly non si è tenuto conto dell’INFC[1] e, quindi, non se ne sono integrate le attività? Tutto ciò, è stato frutto dell’inconsapevolezza delle regole di implementazione del Protocollo di Kyoto?

Ma il vero punto è un altro: perché stiamo perdendo anche questa occasione di fare sistema e di operare nell’interesse del nostro Paese? Perché la comunità scientifica forestale non ha deciso, pur nell’indipendenza della ricerca, di svolgere, così come dichiarato, un’attività che sarebbe stata di aiuto al nostro Paese per il perseguimento di obiettivi tanto nobili quali la mitigazione del cambiamento climatico? Perché la comunità scientifica italiana non contribuisce più efficacemente al passaggio tra gli accordi di circostanza quali le Convenzioni sui Cambiamenti Climatici, sulla Biodiversità e sulla Desertificazione, ad accordi legalmente vincolanti quali il Protocollo di Kyoto, generando dati in accordo alle regole internazionalmente concordate?

Il progetto CarboItaly, se vuole, viste le risorse intellettuali al suo interno, può trasformarsi da esercizio accademico, per altro già previsto e finanziato dal progetto CarboEurope-IP, a progetto di ricerca nel “mondo del Protocollo di Kyoto”, con ricadute benefiche per tutta la comunità.

Ad oggi, per realizzare un sistema di contabilità del contributo delle foreste per il Protocollo di Kyoto, non si può prescindere dai dati dell’INFC che, sebbene raccolti tra grandi difficoltà economiche e tecniche, sono gli unici dati ad essere stati prodotti, su scala nazionale, in conformità con i requisiti del Protocollo di Kyoto. Se CarboItaly non cambierà il suo impianto, anche in futuro i dati dell’INFC saranno gli unici adeguati a prescindere dal fatto che entrambi i progetti abbiano come finalità dichiarata l’implementazione del Protocollo di Kyoto.

I forestali italiani sono stati tra i primi al mondo a sviluppare la disciplina dell’assestamento forestale e tra i primi hanno adottato i principi della selvicoltura naturalistica. Ora la sfida dei rapidi cambiamenti climatici ci apre dei nuovi importanti campi di ricerca. Il lavoro non manca, ma non bisogna perdersi dietro obiettivi poco trasparenti.

[1]
In realtà, in CarboItaly si cita l’INFC solo in un paragrafo con riferimento alla rivalutazione della quantità di crediti certificabili per la gestione delle foreste italiane (il cosiddetto cap), rivalutazione ora ottenuta, ma indipendentemente dai risultati da CarboItaly.
 
 
 

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