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Characterisation of pastures in a eastern Alpine area in relation to ecological and management parameters

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 39-46 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0502-0050039
Published: Mar 26, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Research Articles

Abstract

The present investigation was carried out in Val Visdende (north-eastern Italian Alps) on a surface of 1108 ha, with the aim of identifying the most important pasture vegetation types. Based on the conditions observed in the area, main parameters concerning topographic, ecological and management conditions were evaluated and expressed using synthetic indexes. Cluster and principal component analyses were used for the interpretation of the distribution of pasture types in relation to ecological factors, allowing to formulate hypotheses on the evolution of pasture vegetation as a function of ecological and management parameters.

Keywords

Pasture, Vegetation, Ecological indexes, Management, Comelico, Italy

Introduzione 

Il rilievo e la valutazione della vegetazione pascoliva rappresentano gli elementi basilari per la formulazione di appropriati piani di gestione, per il razionale sfruttamento della risorsa erbacea e per la sua conservazione nel tempo. L’approccio fitopastorale ([7]), basato essenzialmente sul rilievo vegetazionale con tecniche di tipo point quadrats ([16]), rappresenta una delle metodologie attualmente più proponibili e accettate ([18], [5]). Esso consiste in una metodica piuttosto semplificata, che fa a meno degli onerosi rilievi ponderali, e che porta all’identificazione di unità di vegetazione omogenee per presenza e contributo delle specie rilevate, che vengono definite ecofacies o facies pastorali. Le ecofacies sono delle entità omogenee per composizione del popolamento vegetale, fattori ecologici, e potenziale foraggero ([11]): esse sono disperse nello spazio e si inseriscono in numerose associazioni e in diverse classi fitosociologiche dei pascoli alpini del piano montano e subalpino ([17]).

Recentemente, e in analogia con quanto sta accadendo in molte Regioni in campo forestale, l’approccio tipologico sta prendendo piede anche nel settore pastorale, per cui iniziano ad essere disponibili lavori che analizzano le diverse formazioni a livello regionale o comprensoriale tentando anche di evidenziarne i rapporti con le caratteristiche ambientali e di utilizzazione ([2], [10], [19], [15], [6]). La presenza e l’evoluzione delle formazioni pastorali è infatti determinata da fattori ecologico-stazionali e gestionali: i primi sono rappresentati principalmente dalla matrice litologica, dalla reazione del suolo, dalla disponibilità idrica, dalla pendenza, dalla quota altimetrica, dalla luminosità e dall’esposizione, mentre i secondi, strettamente legati alla presenza di animali utilizzatori, dipendono dalla quantità di fitomassa asportata, dal ritorno delle restituzioni, e dal calpestamento ([4]). La conoscenza ed il rilievo di questi fattori, insieme con la composizione specifica del cotico erboso, possono spiegare la vegetazione attuale ed essere di aiuto per valutare l’evoluzione futura del pascolo. In particolare, per i fattori ecologici di difficile quantificazione sul terreno con misure dirette (diversamente da quelli stazionali e gestionali) sono stati proposti alcuni indici sintetici dipendenti dalla stazione considerata ([8]) o dalle specie presenti ([12]). La determinazione degli indici ecologici di ogni tipo vegetazionale (o di ogni associazione fitosociologica) e l’elaborazione statistica dei dati attraverso metodi multivariati come l’analisi delle componenti principali (PCA), permette di evidenziare le relazioni tra la composizione specifica dei prati e dei pascoli e la loro posizione nello “spazio ecologico” ([9], [3], [13], [14]).

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare in maniera più dettagliata possibile le risorse pascolive della fascia subalpina e alpina di un’area del Veneto, attualmente utilizzata per produzioni zootecniche in maniera estremamente estensiva, e tentare di definire una collocazione delle principali ecofacies costituenti il cotico erboso in funzione di alcune caratteristiche ecologiche, stazionali e gestionali.

Materiali e metodi 

La prova è stata condotta nella fascia pascoliva di alta quota della Val Visdende (Comelico, Provincia di Belluno), oltre il limite superiore del bosco, compresa mediamente fra 1650 e 2500 m s.l.m., estesa su una superficie di circa 1670 ha ed estremamente differenziata per caratteristiche geo-pedologiche e stazionali.

In questo contesto, nell’area che risulta ancora effettivamente interessata all’utilizzazione animale, estesa su una superficie di circa 1108 ha (pari a circa il 66% della superficie pascoliva di alta quota dell’intero comprensorio) sono stati eseguiti 185 rilievi della vegetazione dopo una preliminare stratificazione da foto aeree, distribuiti in modo da cogliere tutte le differenti tipologie di vegetazione pascoliva. I rilievi botanici sono stati eseguiti secondo la metodologia fitopastorale citata in precedenza, registrando lungo transect lineari la percentuale di presenza delle specie rilevate e anche dell’eventuale suolo nudo. Il metodo permette anche di ricavare il potenziale foraggero di ogni formazione che viene quantificato attraverso un indice sintetico, variabile teoricamente da 0 a 100, che prende il nome di valore pastorale (VP) e che con buona approssimazione descrive la qualità e la produttività del cotico ([6]).

Per ogni rilievo, sono stati anche valutati alcuni parametri stazionali (quota, esposizione, pendenza), ecologici (disponibilità idrica, disponibilità di azoto, matrice litologica), e gestionali (intensità di pascolamento, distanza del luogo di ricovero notturno), propri della zona di cui il rilievo è risultato rappresentativo. I parametri ecologici e di utilizzazione non facilmente quantificabili per mezzo di misure dirette (come è stato possibile invece per quota, esposizione, pendenza, distanza dalla malga), sono stati espressi attraverso un giudizio sintetico. Tutti i precedenti parametri sono stati poi ordinati per classi variabili da 1 (minimo del fattore) a 5 (massimo del fattore), sulla base delle condizioni osservate nell’area di rilievo in relazione al parametro osservato. In Tab. 1 sono riportati gli indici impiegati per la classificazione dei parametri non facilmente quantificabili. Per valutare la disponibilità idrica è stata in certi casi utile l’osservazione della presenza di specie igrofile; la disponibilità di azoto è stata valutata attraverso l’osservazione della presenza di deiezioni, della frequenza delle leguminose e della presenza di specie nitrofile, mentre per stimare il livello di pascolamento sono state eseguire osservazioni sull’altezza da terra dell’erba e sulla presenza di deiezioni animali. Per poter eseguire l’analisi delle componenti principali (PCA) in vista dell’attribuzione dell’importanza relativa dei parametri stazionali e gestionali misurabili, si è fatto ricorso ad una trasformazione dei valori rilevati sul terreno in indici simili a quelli proposti in precedenza secondo quanto riportato in Tab. 2. L’esposizione è stata esclusa dalle elaborazioni successive in quanto, per la morfologia propria della valle, ha presentato una variazione molto ridotta.

Tab. 1 - Indici impiegati per la classificazione ecologica e di utilizzazione delle aree rilevate.

Fattore Indici
1 2 3 4 5
Disponibilità idrica Arido Asciutto Medio Umido Ristagno
Disponibilità di azoto Nulla Bassa Media Buona Eccessiva
Matrice litologica Calcarea Prevalenza calcarea Mista Prevalenza silicea Silicea
Pascolamento Assente Scarso Presente Elevato Eccessivo

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Tab. 2 - Trasformazione dei parametri stazionali e gestionali misurabili in indici.

Fattore Indici
1 2 3 4 5
Pendenza 0-
20
21-
40
41-
60
61-
80
81-
100
Quota 1600-1800 1801-2000 2001-2200 2001-2400 >2401
Distanza dalla malga 0-
300
301-
600
601-
900
901-
1200
>1201

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Attraverso la cluster analysis, eseguita sulla matrice specie-rilievi (utilizzando quale indice di similitudine la distanza euclidea e come metodo di aggregazione quello di Ward), è stato possibile ordinare le analisi lineari in base al contributo specifico delle specie rilevate, ed individuare così le principali facies pastorali costituenti il cotico erboso, ognuna delle quali è risultata caratterizzata dal contributo specifico delle singole piante, dal numero di specie complessivo, e dal valore pastorale medio, parametro sintetico di riferimento utilizzato per la caratterizzazione e la descrizione delle potenzialità gestionali delle risorse pastorali ([1]). Attraverso l’impiego dell’analisi delle componenti principali (PCA), si è invece tentato di interpretare la collocazione nello spazio ecologico delle ecofacies individuate in funzione dei parametri fisici e di utilizzazione esaminati.

Risultati e discussione 

Le principali tipologie di pascolo individuate

La cluster analysis eseguita sulla matrice specie-rilievi ottenuta attraverso le analisi lineari ha permesso di identificare nell’area di studio 4 tipi pastorali nettamente differenziati, considerando come tipo una formazione vegetale caratterizzata dalla presenza di 1-2 specie dominanti e indicatrici ([6]). All’interno di ogni tipo è stato poi possibile identificare più ecofacies pastorali, fra loro abbastanza omogenee, risultate in totale 13, e differenziate dal contributo specifico delle specie più importanti e che rappresentano anche l’unità di base gestionale in campo pastorale. In Fig. 1 vengono presentati il dendrogramma ottenuto dalla cluster analysis, i tipi e le ecofacies individuate, il numero di analisi lineari ricadente all’interno di ogni formazione, il numero di specie e il valore pastorale medio di ogni ecofacies.

Fig. 1 - Dendrogramma risultato dalla cluster analysis, principali specie rilevate (con contributo specifico medio), numero di analisi, numero totale di specie e valore pastorale medio di ogni ecofacies.

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La forte eterogeneità del territorio, la presenza di matrici litologiche differenziate, la variabilità morfologica dei versanti e la differente utilizzazione pastorale pregressa hanno determinato la creazione di varie unità di vegetazione. Le formazioni individuate rientrano nelle alleanze Seslerion coeruleae (in cui sono inserite le ecofacies A1 e A2), Caricion ferrugineae (A3), Nardion strictae (B1, B2, B3, C1, C2), Caricion curvulae (C3), Vaccinio piceion (D1, D2, D3, D4), a cui devono essere aggiunti altri raggruppamenti meno diffusi.

La tipologia A è presente preferibilmente nelle aree con substrato calcareo, dal cotico aperto proprio dei ghiaioni, al pascolo chiuso più o meno modificato dalla presenza di acqua e dall’azione dell’animale pascolante; il numero di specie rilevate è risultato il più elevato in assoluto. All’interno di questa tipologia sono state individuate 3 ecofacies differenziate principalmente in funzione delle caratteristiche stazionali dei siti di campionamento. L’ecofacies a Festuca gr. rubra, Sesleria coerulea, Carex sempervirens (A1) è stata ritrovata nelle aree più estreme, con cotico spesso discontinuo ed elevata pietrosità superficiale; si sono rilevate 146 specie, molte delle quali esclusive delle zone calcaree (ad esempio Dryas octopetala, Anthyllis vulneraria, Sesleria coerulea, Hormynum pyrenaicum, Rhododendron hirsutum, Biscutella laevigata). Il valore pastorale è risultato modesto (14) sia per la presenza di ampie aree non coperte che per l’elevato contributo specifico di specie di scarso interesse foraggero (ad esempio le due principali Carex sempervirens e Sesleria coerulea). L’ecofacies a Festuca gr. rubra, Alchemilla gr. vulgaris, Trifolium repens (A2), di discreto valore pastorale (27), è presente nelle aree a cotico chiuso e continuo, sempre nelle zone a matrice calcarea che però hanno subito una acidificazione superficiale, con elevata presenza di specie buone foraggere (quali Trifolium repens, Trifolium pratense, Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Lotus corniculatus), ed altre derivate da un passato uso quali prati falciabili (come Dactylis glomerata e Phleum pratense). Con la presenza di un accentuato ristagno idrico, determinato principalmente dalla morfologia del terreno, si è formata l’ecofacies a Carex ferruginea, Festuca gr. rubra, Caltha palustris (A3), presente su superfici anche di rilevante estensione, caratterizzate da un reticolo idrografico molto complesso e da un terreno poco permeabile. In questi ambienti, oltre a Festuca gr. rubra, che rappresenta la specie maggiormente presente in tutta la valle, sono state riscontrate specie tipicamente igrofile quali Carex ferruginea, Caltha palustris, Deschampsia caespitosa, Alchemilla gr. vulgaris, Allium schaenoprasum, Eriophorum sp. La scarsa presenza di buone foraggere (che sono aumentate solo nelle zone dove la pendenza del terreno è più accentuata con evoluzione verso l’ecofacies A2), ha determinato un ridotto valore pastorale (12). Il pascolamento di queste aree è praticamente inesistente ma sono state osservate rotture al cotico per la presenza degli animali per l’abbeverata.

Nelle zone con substrato prevalentemente siliceo sono state individuate due tipologie pascolive principali. La prima è la tipologia B, residuo del pascolo pingue alpino di buone caratteristiche pastorali, diffuso nelle aree maggiormente ricche di acque e di nutrienti, ma spesso degradato da irrazionali gestioni animali del passato e attualmente presente solo su piccole superfici. La seconda è la tipologia C, situata nelle zone più povere e spesso depauperate anche per un rapporto sbilanciato utilizzazioni/restituzioni, caratterizzata da una forte presenza di nardo e da un basso numero di specie buone foraggere.

Le ecofacies a Nardus stricta, Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa (B1) e a Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa, Festuca gr. rubra (B2), di discrete caratteristiche foraggere (in particolare B2, con valore pastorale uguale a 31, che è il più alto rilevato in assoluto), sono ormai ridotte a piccoli lembi di pochi ettari complessivi. L’ecofacies a Deschampsia caespitosa, Alchemilla gr. vulgaris, Festuca gr. rubra (B3) è probabilmente derivata dall’eccessiva presenza di animali in aree dove, per l’assenza di una corretta regimazione idrica, si è verificato un forte ristagno di acqua; il cotico si è presentato spesso discontinuo (con percentuale di terreno nudo uguale a circa il 4%) e dominato da piante igrofile. Fra le Poaceae quella che è risultata maggiormente capace di resistere alla presenza di acqua ed al calpestamento è stata Deschampsia caespitosa; inoltre la presenza di una elevata quantità di deiezioni, di specie nitrofile quali Rumex alpinus e Urtica dioica, o di specie velenose di reazione come Veratrum album e Aconitum napellus, sono indici dell’eccessiva frequentazione da parte degli animali.

L’ecofacies a Festuca gr. rubra, Nardus stricta, Anthoxanthum odoratum (C1) è risultata rappresentativa del festuceto a Festuca gr. rubra, molto diffuso sul territorio, di valore pastorale scarso (16) ma in cui sono presenti ancora alcune specie buone foraggere. Questa facies è risultata piuttosto frequentata dagli animali sulla base dell’osservazione diretta delle condizioni del cotico e della presenza di deiezioni sul terreno. L’ecofacies a Nardus stricta, Leontodon helveticus, Potentilla aurea (C2) costituisce il tipico Nardetum alpigenum, ossia il nardeto primario che è una formazione climax delle zone a matrice silicea. Esso ha presentato, a causa dell’elevata presenza del nardo, un basso valore pastorale (11), mentre l’ecofacies a Carex curvula, Leontodon helveticus, Avenula versicolor (C3), estesa alle quote più elevate della valle, è risultata rappresentativa del curvuleto di alta quota.

La tipologia D, presente sia in aree a matrice calcarea che silicea, si identifica con la brughiera subalpina della valle ed è apparsa suddivisibile in quattro differenti ecofacies, a seconda del contributo specifico delle diverse Ericaceae arbustive presenti. In particolare sono da citare: l’ecofacies a Carex sempervirens, Nardus stricta, Calluna vulgaris (D1) con ancora discreta presenza di Carex sempervirens e nardo, e arbusti rappresentati da calluna e mirtillo rosso, delle aree meno umide; l’ecofacies a Calluna vulgaris, Festuca gr. rubra, Vaccinium vitis-idaea (D2), in aree prossime al bosco dove, alle specie arbustive precedenti, si è aggiunto il mirtillo nero e si è ridotta la presenza di nardo. In queste zone si è riscontrata anche una forte presenza di Festuca paniculata, tipica specie delle aree sottocaricate. L’ecofacies a Vaccinium myrtillus, Luzula campestris, Festuca gr. rubra (D3) si è presentata esclusivamente su versanti piuttosto ripidi, e, infine, l’ecofacies a Vaccinium myrtillus, Rhododendron ferrugineum, Nardus stricta (D4), in cui il contributo specifico medio delle specie arbustive è risultato pari a 45.8%, ha dato luogo a situazioni di chiusura pressoché completa della superficie pascoliva che non viene più utilizzata dagli animali.

Collocazione delle diverse ecofacies in relazione a parametri ecologici, stazionali e gestionali

Attraverso i dati relativi ai vari parametri individuati per tutte le analisi lineari, è stato possibile calcolare per ogni ecofacies il valore medio di ogni indice esaminato, come riportato in Tab. 3. Partendo da questi dati, e con lo scopo di collocare nello spazio ecologico le formazioni pastorali identificate e di individuare i parametri maggiormente correlati con esse, è stata eseguita l’analisi delle componenti principali (PCA), attraverso cui sono stati individuati 3 fattori capaci di spiegare insieme il 79.4% della variabilità totale delle situazioni riscontrate (Tab. 4). In particolare, il fattore 1 è risultato correlato inversamente, in ordine di importanza, con la disponibilità di azoto e con l’intensità di pascolamento e direttamente con la quota: questo risulta abbastanza logico in quanto all’aumentare dell’altitudine ci si allontana dalle malghe, e quindi diminuisce l’intensità di prelievo, e tendono ad aumentare le condizioni di oligotrofia, ossia di una minore presenza di elementi nutritivi e in particolare di azoto. Il fattore 2 è risultato correlato direttamente con la matrice litologica e inversamente con la distanza dal luogo di ricovero e la pendenza. Questi primi due fattori da soli hanno spiegato il 65.7% della varianza totale registrata.

Tab. 3 - Valori medi dei differenti indici studiati per ogni ecofacies.

Ecofacies Quota Pendenza Disponibilità
idrica
Disponibilità
di azoto
Matrice
litologica
Distanza
dalla malga
Intensità di
utilizzazione
A1 2.12 2.24 2.34 3.25 1.20 3.53 2.75
A2 1.83 1.72 3.00 3.96 1.92 2.66 3.68
A3 2.33 2.08 4.72 2.61 2.08 4.25 1.48
B1 2.00 2.00 3.45 3.62 3.55 2.38 4.20
B2 1.89 1.67 3.62 4.07 2.96 2.11 3.98
B3 2.14 2.14 4.07 4.45 3.90 1.71 4.63
C1 2.86 1.90 3.36 2.45 5.00 3.10 3.92
C2 3.00 1.43 3.13 2.03 5.00 3.33 3.00
C3 3.75 1.63 2.90 1.79 3.92 4.25 1.85
D1 2.64 2.14 2.97 1.78 4.16 2.93 2.02
D2 2.43 2.81 3.33 1.52 4.38 2.76 1.54
D3 2.50 4.25 3.18 1.57 5.00 2.75 1.86
D4 2.80 2.80 3.21 1.23 3.38 3.20 1.00

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Tab. 4 - Coefficienti di correlazione fra i primi tre fattori delle componenti principali e alcune caratteristiche studiate.

Parametri Fattore
1
Fattore
2
Fattore
3
Disponibilità azoto -0.967 -0.157 0.007
Intensità pascolamento -0.854 0.107 -0.086
Quota 0.814 -0.125 0.079
Distanza 0.686 -0.664 0.158
Matrice litologica 0.407 0.695 0.137
Pendenza 0.366 -0.662 -0.103
Disponibilità acqua -0.271 0.104 0.946
Varianza (%) 45.3 20.4 13.8
Varianza cumulata (%) 45.3 65.7 79.5

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In Fig. 2 sono invece riportate in diagramma le coppie di valori medi delle componenti 1 e 2 di ciascuna facies erbacea individuata, per descrivere al meglio la distribuzione delle facies nello spazio a due dimensioni rappresentato dai primi due fattori della PCA. Come si può osservare, il fattore 1 è quello che meglio spiega la collocazione delle differenti ecofacies nello spazio ecologico. In particolare la facies B3 sembra caratterizzata da un eccesso di azoto (zone in vicinanza delle malghe) e da un sovraccarico animale che determina la rottura del cotico e un forte ristagno idrico. Le facies C1, B1, A1, A2, B2, rappresentano raggruppamenti vegetali di discreta qualità pabulare (eccetto A1, rappresentante la vegetazione dei ghiaioni e dei cotici ancora discontinui, poco pascolata ma costituita da molte leguminose eliofile), dove l’apporto di azoto è garantito dalla restituzione di deiezioni o dalla presenza di un discreto numero di leguminose. Le altre ecofacies sono generalmente caratterizzate da una riduzione di utilizzazione (che diminuisce andando verso D4), eccetto C2 (nardeto), che si è collocato in questa posizione probabilmente per lo squilibrio fra il pascolamento e l’assenza di restituzioni (aree generalmente poste in vicinanza delle malghe ed utilizzate dagli animali da latte che restituiscono le deiezioni in stalla). La brughiera di tipo D3 si è posta in posizione estrema a causa della pendenza media (maggiore dell’80%) delle zone in cui si è formata, anche perché indisturbata dagli animali.

Fig. 2 - Relazioni tra i valori medi dei fattori 1 e 2 e le ecofacies individuate.

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L’utilizzazione animale, strettamente collegata agli apporti di sostanza organica al terreno, è risultata dunque uno dei fattori più importanti di discriminazione fra le varie ecofacies. Per tale motivo, a partire dai risultati ottenuti, è stato possibile ipotizzare la dinamica evolutiva della vegetazione campionata (schematicamente rappresentata in Fig. 3), in relazione a parametri ecologici o alla presenza di animali utilizzatori. Così ad esempio il tipo A, tipico delle aree a matrice calcarea, tende verso i tipi B, C e D all’aumentare dell’acidità del suolo; con la riduzione del pascolamento la tipologia B tende a sua volta verso la tipologia C, e questa verso la D. All’interno delle singole tipologie, l’aumento di disponibilità idrica e dell’acidità del suolo, determina il passaggio dell’ecofacies a Festuca gr. rubra, Sesleria coerulea, Carex sempervirens (A1) verso quelle a Festuca gr. rubra, Alchemilla gr. vulgaris, Trifolium repens (A2) e Carex ferruginea, Festuca gr. rubra, Caltha palustris (A3). L’aumento dell’intensità di pascolamento determina invece l’evoluzione della facies B2 (a Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa, Festuca gr. rubra) verso quelle a Nardus stricta, Phleum alpinum, Deschampsia caespitosa (B1) o a Deschampsia caespitosa, Alchemilla gr. vulgaris, Festuca gr. rubra (B3), e fa tendere la formazione C3 (a Carex curvula, Leontodon helveticus, Avenula versicolor) verso quella a Nardus stricta, Leontodon helveticus, Potentilla aurea (C2) e successivamente verso quella a Festuca gr. rubra, Nardus stricta, Anthoxanthum odoratum (C1). L’aumento della distanza dal luogo di ricovero, invece, fa evolvere l’ecofacies a Carex sempervirens, Nardus stricta, Calluna vulgaris (D1) verso D2 (Calluna vulgaris, Festuca gr. rubra, Vaccinium vitis-idaea) e D3 (Vaccinium myrtillus, Luzula campestris, Festuca gr. rubra), mentre l’assenza di pascolamento favorisce la formazione di D4 (a Vaccinium myrtillus, Rhododendron ferrugineum, Nardus stricta), e l’aumento di pendenza di D3 (Vaccinium myrtillus, Luzula campestris, Festuca gr. rubra).

Fig. 3 - Ipotesi evolutive delle ecofacies in funzione di alcune caratteristiche ambientali e gestionali.

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Conclusioni 

La caratterizzazione delle risorse pascolive di alta quota della Val Visdende, eseguita attraverso la metodologia fitopastorale, ha permesso di delineare l’estrema variabilità del cotico erboso in relazione ai principali fattori stazionali, come altitudine, esposizione, pendenza dei versanti, matrice litologica, ecologici, quali disponibilità di azoto e di acqua, e gestionali, tipo la distanza dal luogo di ricovero e l’intensità di pascolamento. Dall’analisi di questi fattori è stato possibile ipotizzare la dinamica evolutiva del cotico che, se utilizzato attraverso corrette forme di pascolamento, tende ad evolversi verso le migliori ecofacies. In caso contrario, invece, esso tende a degradarsi, sia quando poco utilizzato con la penetrazione di specie di nessun interesse pabulare (nardo) o legnose (brughiera), sia quando eccessivamente sfruttato, con la rottura della continuità del cotico stesso e la formazione di fenomeni di dissesto.

Inoltre la metodologia qui proposta ha dimostrato la propria validità in quanto la parametrizzazione delle caratteristiche ambientali anche attraverso semplici indici sintetici ha permesso di valutare i fattori maggiormente correlati con la presenza delle diverse formazioni pastorali e di interpretare l’evoluzione delle ecofacies in funzione di fenomeni complessi e difficilmente misurabili, come l’utilizzazione animale.

In linea generale si può affermare che la grande e accorpata superficie di questi pascoli, per quanto di valore pastorale piuttosto modesto a causa dello sviluppo della componente arbustiva (brughiera a mirtillo e rododendro) e della presenza di ecofacies di qualità mediocre, conferma l’attitudine di quest’area marginale per le produzioni zootecniche, vocazione che però è fortemente condizionata, non solo dalla consistenza degli animali, ma anche da appropriate modalità di gestione.

Ringraziamenti 

Lavoro condotto nell’ambito del Progetto di ricerca FISR “Pro-Alpe” con finanziamento interministeriale MEF, MIUR, MiPAAF e MATT. Coordinatore generale Dr. E. Piano, CRA-ISCF. Pubblicazione n. 8.

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Ziliotto U, Andrich O, Lasen C, Ramanzin M (2004). Tratti essenziali della tipologia veneta dei pascoli di monte e dintorni. Regione Veneto, Accademia Italiana di Scienze Forestali, Venezia.
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