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Harvested wood products and carbon sink in a young beech high forest

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 57-67 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0510-0050057
Published: Mar 26, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Research Articles

Abstract

According to art. 3.4 of the Kyoto Protocol (KP), Italy has elected forest management as additional human-induced activity to attain the goal of reduction in greenhouse gas emissions. The whole forest area not subjected to afforestation, reforestation or deforestation processes since 1990 will be considered as managed forest. In order to analyse different management strategies, the Carbon-Pro Project, involving 9 partners of the European CADSES area, considered a young beech high forest (ex-coppice, defined as “transitory silvicultural system”) as a common case study for the Pre-alps region. Using data collected with forest plans during the period 1983 - 2005, aboveground and belowground forest carbon stock and sink of a specific forest compartment were estimated by the Carbon Stock Method proposed by the IPCC Guidelines. In order to apply this approach 41 trees were cut and a species-specific allometric equation was developed. Considering the aboveground tree biomass, the carbon sink amounts to 1.99 and 1.84 Mg C ha-1 y-1 for the period 1983 - 1994 and 1994 - 2005 respectively. Adding the belowground tree biomass, the estimated sink amounts to 2.59 and 2.39 Mg C ha-1 y-1 for each period. Taking the harvested wood products (firewood), the total carbon sequestration during the second period is 0.16 Mg C ha-1 y-1. The case study highlights the possible rules for the different management strategies. In effect, the utilisation of the entire increase in aboveground biomass as firewood gives an energy substitution effect but, according to the Marrakesh Accords, it cannot be accounted for the KP. On the other hand, an accumulation strategy gives the maximum possible carbon absorption and retention.

Keywords

Kyoto Protocol, Forest management, Harvested wood products, Carbon sink

Introduzione 

Il Protocollo di Kyoto (PK) offre all’Italia, così come agli altri Paesi inseriti nel così detto Annesso I, la possibilità di avvalersi di una serie di attività addizionali per il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati a livello internazionale. Tra tali misure, previste all’art. 3.4 del Trattato, il governo italiano ha deciso di avvalersi della sola Gestione Forestale (Forest Management, FM) definita, ai fini dell’applicazione del PK, come un complesso di pratiche per la conduzione e l’uso sostenibile di una foresta finalizzate al conseguimento di rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali. Tali attività devono essere iniziate dopo il 1990 ed essere legate ad un’azione antropica, cioè connessa ad espliciti e diretti interventi gestionali ([7]).

Secondo quanto stabilito negli Accordi di Marrakesh gli assorbimenti contabilizzati nell’ambito del FM dovranno essere ridotti dell’85% per tener conto della naturale capacità di crescita delle foreste non riconducibile alle pratiche colturali messe in atto dall’uomo ed in parte imputabile alla fertilizzazione azotata legata alle stesse emissioni antropiche ([23]). È stato inoltre fissato un limite massimo di crediti potenzialmente raggiungibili con la Gestione Forestale pari, per il nostro Paese, a 2.78 Mt di carbonio all’anno.

Per la stima degli effetti fissativi (sink) derivanti dal FM, secondo quanto previsto dalle Good Practice Guidance for Land Use, Land Use Change and Forest dell’IPCC (di seguito indicate come Good Practice Guidance), devono essere sviluppati degli inventari completi, trasparenti ed adeguati a rappresentare le variazioni occorse, quantificando, per quanto possibile, le incertezze ad esse associate ([24]).

In base alle decisioni assunte a livello nazionale adottando una definizione “estensiva” di FM ([36]), in Italia verranno considerate come “gestite” tutte le aree boscate non soggette a processi di afforestazione e riforestazione, al netto della deforestazione, avvenuti dopo il 1990 ([30]). Come evidenziato da Ciccarese et al. ([8]), una volta inserita un’area nelle attività previste dall’art. 3.4, il nostro Paese dovrà anche assumersi l’onere degli eventuali debiti derivanti da una riduzione degli stock dovuta a cause naturali o antropiche. Tra queste, il ruolo crescente assunto dalle biomasse forestali nell’ambito del settore energetico impone una attenta valutazione dell’impatto delle utilizzazioni sul bilancio complessivo del carbonio in foresta ([5], [11]). Ciò trova conferma nel generale incremento delle utilizzazioni dei cedui registrato negli ultimi decenni ([16]). Tale fenomeno riguarda soprattutto l’Italia meridionale, mentre in altre zone l’abbandono del ceduo, spesso rappresentato da faggete in diverso stadio di sviluppo, ha da tempo indotto tecnici e amministratori a favorirne la conversione ad alto fusto. La valutazione della massa ritraibile dall’una e dall’altra forma di governo e del ruolo che, almeno in linea teorica, la gestione a regime del ceduo può rivestire a fronte delle richieste poste dal PK, è già stata oggetto di alcuni studi ([5], [15]). Minore è invece stata l’attenzione rivolta alle formazioni interessate da interventi di conversione.

Gli interventi realizzati in aree soggette a pianificazione dovrebbero garantire una compensazione tra il prelievo effettuato in una singola particella e gli incrementi relativi all’intera compresa ([22]). La cronica carenza di dati, più volte evidenziata anche per le aree assestate ([32]), rende tuttavia problematica la concreta quantificazione degli stessi prelievi legnosi. Ciò ha impedito, anche in precedenti studi condotti su scala locale ([34], [31]), sia l’applicazione degli approcci metodologici previsti dalle Good Practice Guidance, sia una preventiva valutazione di costi e benefici legati all’adozione di diverse strategie gestionali, anche in previsione di un possibile sviluppo di un mercato di scambio delle quote di carbonio fissate in foresta.

Obiettivo della presente ricerca è proporre, in un caso di studio concreto offerto dalle aree assestate della Regione Veneto, una prima valutazione dell’effettivo contributo che può essere offerto da una fustaia transitoria di faggio. A tal fine, tra le aree pilota individuate nell’ambito del Progetto CARBON-PRO (Progetto INTERREG: http://www.carbonpro.org/ ), avente come scopo l’analisi di diverse strategie gestionali relative ai soprassuoli forestali assestati, è stata inserita una faggeta, già avviata a conversione, rappresentativa di una realtà ampiamente diffusa nella fascia pedemontana del territorio regionale. In tale particella è stato possibile procedere alla costruzione di una relazione allometrica empirica specie e sito-specifica e, confrontando i rilievi eseguiti nell’arco di un trentennio con lo stato attuale del popolamento, ricostruire la variazione dello stock di carbonio relativo al soprassuolo arboreo, applicando lo Stock Change Method previsto dalle Linee Guida dell’IPCC.

Materiali e metodi 

Area di rilievo

I rilevamenti sono stati eseguiti nella particella numero 10 del Piano di assestamento del Comune di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. La particella, situata ad una quota media di 1075 m slm, nella fascia prealpina del territorio regionale, si distribuisce su un versante rivolto a sud-est, dove il terreno, esente da movimenti franosi o danni da pascolo, si presenta piuttosto irregolare, alternando aree semi-pianeggianti ad aree molto pendenti ed accidentate (l’inclinazione varia da 20 a 30°).

Il soprassuolo, che si colloca nell’ambito del cingolo vegetazionale Fagus-Abies, è inquadrabile nella Faggeta montana tipica ([9]) con una struttura coetaneiforme in cui si possono distinguere:

  • Una fustaia transitoria di faggio (Fagus sylvatica L.) estesa su 13.5 ha che presenta i seguenti parametri selvicolturali: 16-18 t ha-1 di provvigione unitaria, 23-25 m2 ha-1 di area basimetrica, e un’altezza dominante di 13 m.
  • Un ceduo misto degradato, in corrispondenza delle aree accidentate prossime al crinale settentrionale, esteso su di un’area di 5.7 ha, con soggetti di faggio di pessimo portamento e notevole diffusione di nocciolo (Corylus avellana L.).
  • Alcuni nuclei artificiali di abete rosso (Picea abies (L.) Karst.) ed altre conifere allo stadio di giovane perticaia che coprono complessivamente 2.2 ha e si trovano in mediocri condizioni vegetative.

Il vigente Piano di assestamento ([29]) attribuisce a tale particella, le cui caratteristiche salienti sono riportate in Tab. 1, una funzione prettamente produttiva. Il popolamento di faggio oggetto di studio è una fustaia transitoria avviata a conversione nel 1982 ([29], [6]).

Tab. 1 - Principali parametri selvicolturali relativi alla Particella 10 del Comune di Bassano del Grappa (2005).

PARTICELLA ASSESTAMENTALE NUMERO 10
Superficie boscata 21.38 ha
Provvigione totale 1997.62 m3
Provvigione unitaria 93.43 m3ha-1
Età media 45 anni
Diametro medio 21.9 cm
Percentuale di faggio 87%

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Lo studio ha interessato la sola fustaia transitoria, estesa su circa il 63% della superfice complessiva della particella.

Relazione allometrica

La stima dello stock di carbonio della biomassa vivente può avvenire: (i) attraverso l’applicazione di fattori di espansione della biomassa, derivanti da specifici rilievi effettuati nell’area in esame o desunti da fonti bibliografiche ([25]), oppure (ii) attraverso l’impiego di equazioni allometriche, sviluppate ad hoc per il territorio in esame ([17], [12]) o basate su di un modello funzionale di validità generale ([33]). Data la specificità del presente studio, teso a massimizzare il dettaglio dell’informazione ottenuta, è stata utilizzata una relazione allometrica specie e sito-specifica, poi applicata alle seriazioni diametriche rilevate nella particella campione.

A tale scopo sono stati abbattuti, grazie alla collaborazione con il Servizio Forestale Regionale di Vicenza, quarantuno alberi modello, con diametro a 1.30 m (Dbh) compreso tra 7 e 31 cm, ripartendo la biomassa nelle diverse componenti fusto, rami e foglie.

Procedendo dalla base verso l’apice della pianta, il fusto è stato “idealmente” suddiviso in toppi di lunghezza (L) compresa tra 2 e 8 m, aventi forma il più possibile regolare e riconducibile ad un tronco di cono. Si è quindi proceduto alla misurazione della lunghezza e del diametro basale (2R) e apicale (2r) di ciascun toppo, considerando, nei casi di eccentricità la media dei due diametri rilevati ortogonalmente. Il volume (V) di ogni pianta è stato calcolato secondo la formula dei trapezi ([18]) in cui il volume di ogni toppo è stato calcolato come se si trattasse di un tronco di cono secondo l’equazione (eqn. 1):

\begin{equation} V = \frac{\pi}{3} (R^2+r^2+R \cdot r) \end{equation}

Calcolato il parametro V (direttamente in foresta), è stato stabilito lo spessore della rotella campione (hr) da prelevare a metà della lunghezza di ciascun toppo, in modo tale da rappresentare circa il 2% del volume complessivo dello stesso (eqn. 2):

\begin{equation} hr = \frac{3(V-0.02)}{\pi(R^2+r^2+R \cdot r)} \end{equation}

Le branche principali aventi forma riconducibile a quella di un tronco di cono, così come i rami con diametro al colletto maggiore di 10 cm, sono stati misurati con la medesima metodologia.

Prima di sezionare il fusto sono stati individuati e contati tutti i rami inseriti direttamente sullo stesso (non oggetto di precedenti misurazioni), intesi sia come branche (con forma non riconducibile al tronco di cono e con un diametro basale comunque inferiore a 10 cm), sia come ramaglia (definita, in questo caso, come la porzione legnosa avente diametro al colletto inferiore a 5 cm)[2]. Per ciascun ramo è stato quindi misurato e registrato il diametro al colletto (punto d’inserzione del ramo sul fusto).

Da ogni pianta, sono stati prelevati 1-2 campioni di ramo (comprensivi delle foglie) aventi diverso diametro basale, in un intervallo compreso tra 1 e 10 cm, avendo cura di scegliere sia rami di luce che d’ombra, comunque privi di danni evidenti. Sono stati raccolti complessivamente 50 rami campione, racchiusi (se necessario anche sezionati) in sacchi di nylon.

Analisi di laboratorio: fusto

Il peso fresco (pf), così come i pesi relativi alle altre misurazioni, è stato determinato con una bilancia scientifica di precisione Kern NKE con precisione al decimo di grammo (0.5 g) fino ad un massimo di 36100 g.

Il volume allo stato fresco del campione è stato determinato, subito dopo la misurazione del pf, mediante spostamento d’acqua, sfruttando il Principio di Archimede ([18], [28]).

Le rotelle sono quindi state poste in stufa ventilata a 103 °C, sino al raggiungimento di un peso, definito come peso secco (ps), mantenuto costante per tre pesate successive (eseguite ogni 24 ore). I valori di peso e volume così determinati, consentono di calcolare, mediante successiva elaborazione, la densità basale (ρ) data dal rapporto tra il peso allo stato secco ed il volume allo stato fresco ([4]).

La densità basale dell’i-esimo campione (ρi) è quindi espressa da (eqn. 3):

\begin{equation} \rho_i = \frac{p_s}{v_f} \end{equation}

Il peso allo stato secco del i-esimo toppo (msi) di volume Vi determinato per via geometrica in foresta, è espresso da (eqn. 4):

\begin{equation} m_{si} = V_i \cdot \rho_i \end{equation}

La sommatoria dei pesi dei toppi afferenti a ciascuna pianta, esprime il peso della sostanza secca (MsF) del fusto e delle branche principali della stessa (eqn. 5):

\begin{equation} M_{sF} = \sum m_{si} \end{equation}

Analisi di laboratorio: rami e foglie

I pesi dei campioni sono stati rilevati con una bilancia tecnica Gibertini con precisione compresa tra 0.01 e 0.1 g.

Per ciascun campione di ramo sono state separate e pesate a parte le tre componenti foglie, ramaglia (intesa come la porzione legnosa con diametro < 5 cm) e rami (branche e altre componenti con diametro > 5 cm) ottenendo per ognuna il peso fresco totale (indicato rispettivamente con Pffgi, Pfri, PfRi).

Per ogni componente è stata prelevata e pesata una frazione corrispondente al 10% del suo peso fresco totale (qualora il ramo-campione avesse un diametro al colletto < 5 cm) oppure al 5% (qualora il ramo-campione avesse un diametro al colletto > 5 cm). I pesi freschi delle frazioni vengono indicati come pffg, pfr e pfR.

Le frazioni sono state poste in becker di vetro Pirex e collocate in stufa a 103 °C fino al raggiungimento di un peso (psfg, psr e psR), mantenuto costante per tre pesate successive.

Il peso secco totale di ogni componente (Psfgi, Psri e PsRi) per ogni singolo ramo di i-esimo diametro basale, è quindi dato da (eqn. 6, eqn. 7, eqn. 8):

\begin{equation} P_{sfgi}=p_{sfg}\cdot\frac{P_{ffgi}}{p_{ffg}} \end{equation}
\begin{equation} P_{sri}=p_{sr}\cdot\frac{P_{fri}}{p_{fr}} \end{equation}
\begin{equation} P_{sRi}=p_{sR}\cdot\frac{P_{fRi}}{p_{fR}} \end{equation}

per foglie, ramaglia e rami, rispettivamente.

Determinazione del peso totale

Noti il peso secco di ciascun ramo di i-esimo diametro basale, distinto in foglie, ramaglia e rami, è stato possibile costruire una tavola ausiliaria ([40], [10]), ponendo in relazione tali valori con il diametro basale dei rami (di), attraverso delle funzioni matematiche (Tab. 2).

Tab. 2 - Derivazione delle relazioni tra peso secco delle diverse componenti dei rami e diametro al colletto degli stessi, per la costruzione della tavola ausiliaria (d = diametro del ramo al colletto).

Componente Peso secco
Rami PsR = f(di)
Ramaglia Psr = f(di)
Foglie Psfg = f(di)
Totale Ps(R + r + fg) = f(di)

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Noto il numero n di rami di i-esimo diametro basale presenti in ciascuna pianta, la massa afferente a rami, ramaglia, foglie e alle tre componenti sommate, sarà calcolabile come riportato in Tab. 3.

Tab. 3 - Calcolo del peso secco afferente alle diverse categorie per ciascun albero modello.

Componente Peso secco
Rami MsR = Σ PsRi
Ramaglia Msr = Σ Psri
Foglie Msfg = Σ Psfgi
Totale Ms(R + r + fg) = Σ Ps(R + r + fg)i

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La massa totale di ciascuna pianta modello è espressa da (eqn. 9):

\begin{equation} MT=M_{sF}+M_{sR}+M_{sr}+M_{sfg} \end{equation}

dove MT è la biomassa epigea totale, MsF la massa secca del fusto, MsR la massa secca dei rami, Msr la massa secca della ramaglia e Mfg la massa secca delle foglie.

Tra le numerose funzioni matematiche utilizzate per esprimere la relazione tra la biomassa arborea ed il diametro a 1.30 m la funzione potenza è certamente la più diffusa ([26] - eqn. 10):

\begin{equation} M=aDbh^b \end{equation}

dove M è la massa totale (generalmente espressa in Kg di sostanza secca) e Dbh è il diametro (in cm) a 1.30 m, mentre i parametri a e b sono detti rispettivamente coefficiente di scala ed esponente di scala.

Data l’eteroschedasticità dei dati ([41]), evidenziata dall’aumentare dello scarto tra i valori attesi ed i valori stimati all’aumentare del diametro, tale relazione è in genere espressa in scala logaritmica come ([44], [27] - eqn. 11):

\begin{equation} ln(MT)=2.3508 \cdot ln(Dbh) - 1.4839 \end{equation}

Come noto, tale trasformazione, pur consentendo di effettuare una regressione lineare attraverso la tradizionale tecnica dei minimi quadrati, introduce, nella successiva fase di ri-trasformazione dei dati, un errore sistematico che richiederebbe l’impiego di un fattore di correzione calcolato attraverso l’errore standard ([39], [37]).

L’equazione (11) è stata impiegata sia per la costruzione della tavola ausiliaria utilizzata per esprimere la relazione tra il diametro al colletto e la massa legnosa e fogliare dei rami, sia per la costruzione di una relazione allometrica specie-specifica che pone in relazione il diametro con le diverse componenti arboree e con la biomassa arborea totale.

Fissazione di carbonio

Tenuto conto delle indicazioni proposte dalle Good Practice Guidance, l’assorbimento realizzato dalla biomassa vivente (ΔCFFLB) può essere calcolato come differenza tra gli stock presenti in due diversi momenti, mediante il così detto Stock Change Method ([25] - eqn. 12):

\begin{equation} \Delta C_{FFLB} = \frac{C_{t_2}-C_{t_1}}{t_2 - t_1} \end{equation}

dove Ct rappresenta lo stock di carbonio stimato nell’anno t1 e t2. Quest’ultimo dovrebbe essere ripartito nelle cinque componenti (pool) identificate dalle Good Practice Guidance: la massa vivente epigea e ipogea, il materiale organico morto, la lettiera e il suolo.

Le stesse Linee Guida prevedono la possibilità di considerare nullo lo stock presente a livello della lettiera, del suolo e della sostanza organica morta (Dead Organic Matter, DOM), purché tali componenti non rappresentino una fonte di immissione di carbonio in atmosfera. Tale assunzione, pur considerando i noti elementi di incertezza relativi alla valutazione di questi pool, è stata verificata da numerosi studi relativi all’ambiente forestale ([20], [19], [38]).

La componente ipogea può invece essere assunta pari al 30% della massa epigea ([25]). Quest’ultima è stata stimata attraverso la relazione allometrica individuata in precedenza applicata alle seriazioni diametriche rilevate mediante aree di saggio e rilievi relascopici nella particella in esame, utilizzando una soglia di cavallettamento di 4 cm. Le seriazioni disponibili (Tab. 4) sono state ricavate dai rilievi eseguiti nel 1983, 1994 e 2005, per la redazione di tre successivi Piani di Assestamento ([35], [29], Novello com. pers.).

Tab. 4 - Seriazioni diametriche rilevate nel popolamento in esame, espresse come numero di piante/ha.

Superficie
boscata
Anno di
rilievo
21.38 ha 1983 1994 2005
Dbh (cm) Piante/ha
5 8 40.7 34.0
6 24 56.6 23.6
7 62 41.6 0.0
8 140 63.7 39.8
9 159 100.6 52.4
10 206 137.5 25.5
11 216 134.7 21.0
12 200 141.5 35.4
13 206 165.7 30.1
14 134 127.3 69.3
15 97 138.1 60.4
16 54 73.6 69.6
17 14 54.6 44.1
18 47 50.3 68.1
19 11 45.1 51.7
20 8 35.7 61.5
21 21 46.2 57.7
22 0 16.8 36.8
23 0 21.2 35.3
24 0 5.3 25.1
25 0 9.8 13.6
26 0 9.0 6.3
27 0 2.8 14.0
28 0 1.3 7.6
29 0 0.0 7.1
30 0 1.1 2.8
31 0 0.5 2.6
32 0 0 3.3
33 0 0 2.3
34 0 0 0.0
35 0 0 2.1
36 - 0 0.0
37 0 0 1.2
38 0 0 0.0
39 0 0 0.6
40 0 0 0.0
41 0 0 0.5
TOT 1607 1521.3 905.4

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È stato così calcolato lo stock afferente alla biomassa arborea epigea, cui è stata sommata la massa asportata mediante le utilizzazioni eseguite nel 1994 - 1995, registrate attraverso apposito piedilista di martellata, e destinate alla produzione di legna da ardere. Poiché tale documento non riporta la superficie interessata da ciascun taglio ma la sola lista dei soggetti complessivamente martellati all’interno della particella, tale valore è stato diviso per la superficie prevista nel Piano dei Tagli vigente, pari a 5 ha e 7.5 ha, rispettivamente per l’utilizzazione relativa al 1994 ed al 1995 ([29]). Non sono invece stati considerati gli interventi selvicolturali successivi al 2005, avvenuti in concomitanza con l’abbattimento degli alberi modello utilizzati nel presente studio.

Infine, attraverso l’equazione (12) è stata calcolata la variazione dello stock nel periodo 1983 - 1994 e 1994 - 2005. L’assorbimento così stimato si riferisce alla sola biomassa arborea, trascurando la componente arbustiva, minima all’interno del popolamento in esame, e quella afferente a specie arboree diverse dal faggio. Quest’ultima è costituita da abete rosso e ciliegio che, in base ai rilievi eseguiti nel 1994, rappresentano, in termini di area basimetrica, circa il 13% del soprassuolo. La mancanza di dati relativi al 1984 non consente di ricomprendere nella stima anche tali specie.

Risultati 

Relazione allometrica

Dai 41 alberi modello abbattuti sono state raccolte e analizzate 123 rotelle e 50 rami campione, per un peso complessivo rispettivamente di 193 kg e 650 kg.

La relazione tra diametro (Dbh) e peso secco di fusto e branche principali è stata espressa attraverso una funzione lineare (eqn. 11) con coefficiente di correlazione R2 pari a 0.95 (eqn. 13):

\begin{equation} ln(M_{sF}) = 2.4174 \cdot ln(Dbh)-2.0841 \end{equation}

dove MsF è il peso secco totale del fusto e delle branche principali in kg e Dbh il diametro ad 1.30 m espresso in cm.

La relazione tra diametro del ramo al colletto (D) e peso secco totale dello stesso, comprensivo di componente legnosa e fogliare (Ps (R*+r*+fg) espressa in g) è data da (R2 = 0.95 - eqn. 14):

\begin{equation} ln(Ps_{R*+r*+fg}) = 2.9425 \cdot ln(D) + 3.3961 \end{equation}

Attraverso l’equazione (14) sono stati ricavati i valori necessari alla costruzione della tavola ausiliaria che ha permesso, noto il numero n di rami di i -esimo diametro basale (D) presenti in ciascuna pianta modello, di ricavare la massa dei rami di ogni singolo individuo.

Fig. 1 - Relazione tra diametro (Dbh) della pianta ad 1.30 m e biomassa epigea totale (kg), espressa in scala logaritmica.

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Sommando tale componente alla massa del rispettivo fusto d’appartenenza, è stato possibile ottenere la biomassa epigea totale di ciascuna pianta e la corrispondente relazione allometrica (Fig. 1, con un R2 = 0.97 - eqn. 15):

\begin{equation} ln(MT)=2.3508 \cdot ln(Dbh)-1.4839 \end{equation}

dove MT è il peso secco totale epigeo dell’intera pianta, in kg, e Dbh è il diametro ad 1.30 m, in cm.

Fissazione di carbonio

Applicando la relazione allometrica individuata nell’equazione (15) alle seriazioni diametriche ricavate dai dati assestamentali è stato ricavato lo stock di carbonio afferente la biomassa arborea epigea, pari a 65 Mg C ha-1, 87 Mg C ha-1, e 89 Mg C ha-1, rispettivamente per gli anni 1983, 1994 e 2005. Gli stessi valori, moltiplicati per un fattore di espansione pari ad 1.3 relativo alla biomassa arborea ipogea, risultano pari a 85 Mg C ha-1, 113 Mg C ha-1, e 115 Mg C ha-1, rispettivamente per gli anni 1983, 1994 e 2005.

Dividendo il numero complessivo di soggetti martellati all’interno della particella per la superficie prevista nel Piano dei Tagli vigente (5 ha e 7.5 ha, rispettivamente per il 1994 ed il 1995) sono stati ricavati i valori riportati in Tab. 5 (numero di piante/ha).

Tab. 5 - Piedilista di martellata relativo a due interventi colturali eseguiti nel biennio 1994 - 95 nella Particella 10 (tutti i dati si riferiscono a soli esemplari di faggio e sono stati ottenuti dividendo il numero complessivo di fusti martellati per la superficie prevista dal Piano dei Tagli).

Dbh (cm) Piante/ha
1995 1994
5 0 2
6 15 16
7 24 29
8 32 36
9 47 37
10 42 41
11 38 36
12 28 25
13 22 21
14 13 12
15 9 9
16 6 7
17 5 5
18 3 2
19 2 2
20 3 1
21 1 1
22 0 0
23 0 0
24 0 0
25 0 0
26 0 0
27 0 0
28 0 0
29 0 0
30 0 0
TOT 291 283

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Applicando lo Stock Change Method [equazione (12)] alla componente epigea è stato infine stimato l’assorbimento al lordo, pari a 1.99 e 1.84 Mg C ha-1 anno-1 rispettivamente per il periodo 1983 - 1994 e 1994 - 2005, e al netto delle utilizzazioni realizzate nel 1994 -95, pari a 0.16 Mg C ha-1 anno-1 per il periodo 1994 - 2005 (Fig. 2).

Fig. 2 - Stock di carbonio relativo alla biomassa arborea epigea rilevato nel 1983, 1994 e 2005 e quantità prelevata nell’ambito delle utilizzazioni effettuate nel 1994-1995 (la rappresentazione grafica del dato relativo alle utilizzazioni ha lo scopo di evidenziare l’entità delle stesse rispetto allo stock presente nel soprassuolo nel 2005).

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Moltiplicando la componente epigea complessiva per un fattore di espansione pari a 1.3 è stato stimato l’assorbimento comprensivo della biomassa arborea ipogea, pari a:

  • 2.59 e 2.39 Mg C ha-1 anno-1 rispettivamente per il periodo 1983 - 1994 e 1994 - 2005, al lordo delle utilizzazioni;
  • 0.21 Mg C ha-1 anno-1 per il periodo 1994 - 2005 al netto delle utilizzazioni realizzate nel 1994 - 95, che chiaramente hanno comportato l’asportazione della sola componente epigea.

Discussione e conclusioni 

Il valore dell’esponente di scala ottenuto nel presente studio, pari a 2.35, può essere confrontato con quanto ricavato dalle equazioni allometriche sviluppate, con il medesimo approccio, in analoghi studi relativi al faggio. Hajny ([14]) riporta, per la Germania, un valore di b pari a 2.19, mentre Zianis & Mencuccini ([42]) riportano valori pari a 2.43 per la Spagna e 2.60 per l’Olanda. Gli stessi Autori indicano per Fagus grandifolia (New Hampshire, USA) un b pari a 2.39, e per Fagus moesaica (Grecia) un valore pari a 2.35.

Ancora Zianis & Mencuccini ([43]) propongono un valore “empirico” di b pari a 2.36 derivante dalla media di tutti gli esponenti di scala raccolti nelle bibliografie di studi relativi a disparate specie arboree. Il valore medio dell’esponente di scala relativo a Fagus spp. , calcolato come media aritmetica dei valori sopra menzionati (compreso il presente lavoro), è pari a 2.38, risultando quindi analogo a quanto previsto dai due Autori e al dato desunto per il popolamento in esame.

Lo stock stimato per la biomassa arborea epigea, compreso tra 65 e 89 Mg C ha-1, con un incremento del 36% rispetto al valore del 1983, evidenzia la buona capacità di crescita della formazione oggetto di studio. Anfodillo et al. ([2]) per Faggete governate ad altofusto, nella stessa Regione Veneto, riportano uno stock medio di 188 Mg C ha-1, stimato tuttavia sulla base di dati medi ricavati mediante relazioni allometriche aspecifiche. È probabile che l’applicazione, nel particolare contesto di indagine, di una relazione sito e specie - specifica, abbia in questo caso consentito di accrescere nettamente la precisione della stima proposta.

I risultati indicano un assorbimento medio annuo epigeo compreso tra 1.99 e 1.84 Mg C ha-1 anno-1 rispettivamente per il periodo 1983 - 1994 e 1994 - 2005 che, comprendendo la componente arborea ipogea, sale a 2.59 e 2.39 Mg C ha-1 anno-1 per ciascuno dei due periodi. I dati appaiono, nel complesso, in linea con il valore medio (2.7 Mg C ha-1 anno-1) riportato da Anfodillo et al. ([1]) per i cedui assestati della stessa regione.

La metodologia proposta, pur ancora carente di dati relativi a suolo, lettiera e DOM e mancando di una valutazione del grado di incertezza afferente la stima, risulta, in linea generale, conforme a quanto previsto dalle Good Practice Guidance dell’IPCC e applicabile alle particelle assestate oggetto di rilievi di dettaglio (rilievo relascopico diametrico e cavallettamento totale). Essa si basa sull’applicazione alla seriazione ordinata dei diametri rilevata in momenti successivi di un’equazione allometrica che esprima la biomassa arborea epigea in funzione del diametro. Mentre la mancanza di un’equazione specifica può essere surrogata dall’applicazione di un modello allometrico aspecifico ([33]), più difficile, ma essenziale anche in aree soggette a pianificazione, risulta la quantificazione dell’entità dei prelievi legnosi. Infatti tenendo conto delle utilizzazioni destinate alla produzione di legna da ardere realizzate nel 1994 - 1995, nel decennio 1994 - 2005 l’assorbimento netto della particella analizzata scende a 0.16 e 0.21 Mg C ha-1 anno-1 rispettivamente per la biomassa arborea epigea e complessiva. Le stesse attività selvicolturali, in questo caso destinate alla produzione di legna da ardere, hanno perciò ridotto del 90% la fissazione effettiva realizzata nell’ambito della massa arborea epigea. Indipendentemente dalla funzione di surrogazione rispetto all’eventuale impiego di combustibili fossili svolta dalla biomassa legnosa ([15]), secondo le Good Practice Guidance, il carbonio contenuto nella massa prelevata dal soprassuolo deve essere considerato come immediatamente rilasciato in atmosfera ([25]).

Come evidenziato in precedenza, in base a quanto stabilito negli Accordi di Marrakesh, soltanto il 15% dell’assorbimento totale stimato è imputabile all’azione antropica e come tale conteggiabile nell’ambito dell’art. 3.4 del PK. Ciò significa che l’assorbimento utile, al netto delle utilizzazioni, risulta pari a 0.3 e 0.39 Mg C ha-1 anno-1 rispettivamente per la biomassa arborea epigea e totale nel periodo 1983 - 1994, riducendosi, nel decennio successivo, a 0.02 e 0.03 Mg C ha-1 anno-1 per ciascuna componente. La particella in esame che, giova ricordarlo, è rappresentativa di una realtà piuttosto diffusa nella fascia pedemontana del territorio regionale, non può quindi fornire, almeno a livello delle componenti esaminate, alcun contributo ai fini del FM, così come inteso nell’ambito del PK. Una eventuale modificazione delle condizioni microclimatiche, tale da determinare un aumento della respirazione del suolo nei primi anni immediatamente successivi al taglio, potrebbe anzi determinare un rilascio di anidride carbonica in atmosfera. In tal caso andrebbe naturalmente considerato il ruolo assunto da suolo, lettiera e sostanza organica morta nel bilancio complessivo del carbonio.

Una strategia gestionale di pieno utilizzo dell’incremento corrente può perciò ridurre considerevolmente l’assorbimento netto, pur fornendo una funzione di “surrogazione energetica” realizzata attraverso l’impiego energetico della legna esboscata ([6]).

Nel caso di fustaie destinate alla produzione di legname da opera si realizza invece la cosiddetta “C ritenzione extra boschiva” ([15]), altrettanto importante ai fini del bilancio complessivo di carbonio afferente al settore forestale, ma, come nel caso precedente, al momento non conteggiabile tra le attività previste all’art 3.4 del Trattato.

Emerge comunque la necessità di quantificare i prodotti legnosi, la natura (legna da ardere, legname da opera, ecc.) e il ciclo di vita degli stessi, in previsione di un possibile computo, nei periodi di impegno successivi al 2012, del ruolo che l’intera filiera del legno potrà rivestire nell’ambito del bilancio complessivo del carbonio ([34]). È perciò auspicabile che, almeno per le aree soggette a pianificazione, vengano sin d’ora predisposti idonei strumenti di monitoraggio delle utilizzazioni. Se un notevole contributo in tal senso potrebbe essere offerto dalla certificazione forestale, rilevanti potrebbero essere le problematiche correlate alla probabile inclusione dell’intera superficie forestale nazionale nell’ambito del FM ([21]). Mentre infatti sembra realizzabile un monitoraggio delle strategie gestionali e della filiera produttiva nell’ambito di soprassuoli soggetti ad una qualche forma di pianificazione (di dettaglio, quali sono i Piani di assestamento, o di orientamento, quali sono, per la Regione Veneto, i Piani di Riordino), appare difficile quantificare l’entità delle utilizzazioni realizzate sull’intero territorio nazionale ([13]).

È inoltre essenziale acquisire una maggiore consapevolezza delle potenzialità e dei limiti offerti alla gestione forestale dal PK. Da un lato l’esclusione del settore dal mercato europeo delle quote, il così detto Emission Trading Scheme ([30]), e la mancata realizzazione del Registro Nazionale dei Serbatoi di Carbonio ([21]) rendono al momento estremamente difficile un eventuale commercio dei crediti generati dal FM. Dall’altro, come evidenziato nell’esempio proposto nel presente contributo, è necessario operare sin d’ora delle scelte gestionali consapevoli, volte a massimizzare la produzione legnosa o l’accumulazione di carbonio in loco, in previsione di una possibile (futura) remunerazione di tale stock o, ancora, l’adozione di strategie gestionali intermedie.

Ringraziamenti 

Il presente studio è frutto della collaborazione, nell’ambito del Progetto CARBON-PRO, tra il Dipartimento TeSAF dell’Università degli Studi di Padova e la Direzione Regionale Foreste ed Economia Montana della Regione Veneto.

Gli Autori desiderano ringraziare il Sig. Fabio Lazzarotto, il Dott. Stefano Omizzolo ed il Dott. Ferruccio Dal Brun, del Servizio Forestale Regionale di Vicenza, che hanno consentito l’abbattimento e la misurazione degli alberi modello; il Sig. Roberto Menardi, del Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito di Cadore (BL), che ha collaborato alla raccolta e successiva analisi dei campioni, ed il Dott. Maurizio Novello, che ha messo a disposizione i dati dendrometrici relativi alla particella oggetto di indagine.

Un sentito ringraziamento agli anonimi revisori che con i propri suggerimenti hanno contribuito ad una migliore interpretazione e commento dei dati e alla redazione dell’articolo.

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