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Effects of thinning and mixed plantations with Alnus cordata on growth and efficiency of common walnut (Juglans regia L.)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 6, Pages 29-38 (2009)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0553-006
Published: Jan 29, 2009 - Copyright © 2009 SISEF

Research Articles

Abstract

Results about the effects of thinning and mixed plantations with Italian alder (Alnus cordata Loisel.) on growth and efficiency of common walnut (Juglans regia L.) plantations for wood production are reported. The study, carried out for six years on sixteen year old plantations, compared three theses: pure common walnut plantation (pure common walnut); 50% common walnut - 50% Italian alder plantation; 25% common walnut - 75% Italian alder plantation. Beyond annual surveys of girth at breast height, total height, stem volume and biomass, several variables, useful to describe canopy and foliage characteristics such as leaf area index (LAI), leaf biomass and photosynthetic active radiation below the canopy, were recorded. Data collected allowed to compare growth at individual and whole stand level, to calculate the net assimilation rate (NAR) and to compare the growth efficiency of the three theses. Mixed plantations performed results significantly higher than the pure plantation in terms of growth, LAI and leaf biomass both before and after experimental thinning. With reference only to common walnut, growth in mixed plantations was higher than the pure plantation with differences ranging from +40% to +100%. More relevant differences among pure common walnut, 50% common walnut and 25% common walnut at canopy and foliage characteristics were observed, with LAI values of 1.07, 3.96 e 4.35 m2 m-2 respectively. Results accounted for a general positive effect of Italian alder as accessory tree species on growth and efficiency of mixed plantations, mainly due to the good performances induced in common walnut trees. Such performances were enabled by the good ecological integration between the two species and by the positive effects of N-fixing activity of Italian alder. Experimental thinning applied, although heavy, did not biased the dynamics observed before thinning both in pure and mixed plantations. In addition, they had positive effects on common walnut growth and especially on radial increment, a very important matter being common walnut the target species with a very appreciated and valuable wood.

Keywords

Net assimilation rate, Leaf area index, Litter, Biomass, Production

Introduzione 

L’attuazione del Regolamento CEE 2080/92 ha determinato, in Italia e in Europa, una crescente diffusione di impianti di arboricoltura finalizzati alla produzione di legname di pregio. Nel nostro paese il noce comune (Juglans regia L.) è stata non solo la specie più utilizzata ma anche quella che ha suscitato maggiori interessi ([19]). Il suo utilizzo è avvenuto principalmente in monocoltura e, in misura più contenuta, in consociazione. Per consociazione si intende la coltivazione contemporanea, per l’intero ciclo colturale o parte di esso, di due o più specie, distinguibili in specie principali, destinate a garantire la maggior parte del reddito della piantagione, e in specie secondarie o di accompagnamento, introdotte per favorire la specie principale e/o fornire un reddito complementare ([7]). In altre parole, si tratta di piantagioni nelle quali, al fine di ridurre l’effetto intensivo della coltivazione e di incrementare, attraverso la maggiore diversità biologica, le probabilità di successo della coltura principale, la forma dei fusti e la produttività, insieme alla specie a legname pregiato vengono inserite altre specie di accompagnamento.

Nell’ultimo ventennio, sia in America che in Europa, sono stati realizzati diversi studi sugli impianti misti ([22], [27]) e su impianti di latifoglie consociate con piante azotofissatrici che hanno messo in evidenza risultati soddisfacenti e, in determinati casi, nettamente superiori in termini di produttività, portamento delle piante e diffusione degli agenti patogeni, rispetto agli impianti monospecifici ([18], [28], [24], [8], [5], [17], [6], [12], [7], [26], [29]). Recenti studi hanno messo in evidenza che laddove il noce comune venga allevato con altre latifoglie arboree azotofissatrici si registra un più efficiente uso dell’acqua ([23], [25]). Nonostante ciò, restano ancora da indagare in maniera più esaustiva i processi che stanno alla base della maggiore funzionalità degli impianti consociati rispetto a quelli monospecifici.

Questo contributo intende approfondire le conoscenze sui processi bio-ecologici che sono all’origine del diverso livello di funzionalità di impianti di noce comune puri e consociati con ontano napoletano (Alnus cordata Loisel), specie azotofissatrice, poco invadente, caratterizzata da chioma ristretta e legname adatto a svariati usi ([30]). Date le strette connessioni con produttività e accrescimento da un lato e, dall’altro, con aspetti colturali quali ad esempio densità di impianto e diradamenti, la ricerca ha analizzato le modificazioni indotte dalla consociazione sulle caratteristiche delle chiome e della copertura e sul rapporto tra biomassa fogliare e accrescimento, ottenendo peraltro indicazioni utili anche sotto il profilo colturale.

Materiale e metodi 

La ricerca è stata condotta all’interno degli impianti sperimentali realizzati dal C.R.A. - Centro di Ricerca per la Selvicoltura sui terreni delle discariche minerarie della centrale E.N.E.L. di S. Barbara (Cavriglia, AR). L’area si trova in una zona pianeggiante ad un’altitudine di circa 200 m s.l.m. L’andamento climatico annuale è caratterizzato da una precipitazione media annua di 927 mm ed una temperatura media annua di 13 °C ([6]). Dal punto di vista pedologico l’area oggetto di studio rappresenta un ambiente non ottimale per la coltura del noce comune a causa della prevalenza di suoli argilloso-limosi, dotati di ph sub-acido, poveri in fosforo e azoto derivanti dal rimescolamento e successiva alterazione del materiale di risulta della preesistente miniera di lignite ([3]). Per maggiori dettagli circa l’ambiente e le caratteristiche degli impianti si rimanda a Buresti ([3]), Buresti & Frattegiani ([6]), Tani et al. ([29]).

Nel 2002 hanno preso avvio le campagne di rilievo che hanno interessato la parcella n. 25 di Borbuio (43°35’N, 11°28’E), ovvero impianti di sedici anni di età di noce comune allevato in purezza e di noce comune consociato con ontano napoletano.

All’interno della parcella sono state delimitate tre aree sperimentali permanenti, di 900 m² ciascuna, con le seguenti caratteristiche:

  1. impianto di noce comune allevato in purezza (Noce puro), sesto a quinconce e distanza tra le piante di 4.25 m;
  2. impianto di noce comune consociato con ontano napoletano al 50% (Noce 50%), sesto quadrato e distanza tra le piante di 3 m;
  3. impianto di noce comune consociato con ontano napoletano al 75% (Noce 25%), sesto quadrato e distanza tra le piante di 3 m.

Inizialmente le tre tesi presentavano quindi differenza in termini densità, con l’impianto puro che aveva circa la metà delle piante rispetto ad entrambi i consociati; considerando solo le piante di noce comune le diversità tra le tesi si riducevano, ossia nel Noce 50% e Noce 25% erano presenti rispettivamente il 90% e il 60% delle piante del Noce puro.

Nell’inverno 2003-2004 le tre tesi hanno subito un diradamento selettivo finalizzato a ridurre considerevolmente la competizione e a rilasciare circa 200-300 piante a ettaro di noce comune. L’intervento, che ha interessato sia il noce comune che l’ontano napoletano, è stato più incisivo nelle tesi Noce 50% e Noce 25% dove è stato asportato rispettivamente il 55 e il 40% del numero di piante complessivo iniziale, mentre nel Noce puro ne è stato eliminato solo il 37%. Facendo riferimento al solo noce comune il diradamento ha eliminato il 37% delle piante nel Noce puro, il 58% nel Noce 50% e il 13% nel Noce 25%.

In Tab. 1 sono riassunte le principali caratteristiche delle tre tesi prese in esame.

Tab. 1 - Borbuio (AR). Principali caratteristiche delle tesi oggetto di studio.

Tesi Sesto e distanza
di impianto
Specie Entità diradamento
totale
Entità diradamento
noce
Noce puro quinconce
distanza 4.25 m
noce comune 37% 37%
Noce 50% quadrato
distanza 3 m
noce comune 50%
ontano napoletano 50%
55% 58%
Noce 25% quadrato
distanza 3 m
noce comune 25%
ontano napoletano 75%
40% 13%

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Nel periodo 2002-2007, a ogni inizio e fine stagione, è stata misurata la circonferenza a 1.30 m da terra e l’altezza totale di tutte le piante presenti al fine di calcolare l’accrescimento e l’incremento corrente individuale e del popolamento. I dati raccolti hanno consentito di stimare la biomassa del fusto di ciascuna pianta moltiplicando il volume, ottenuto con la formula del cono, per i valori medi di densità basale del noce comune ([31]) e dell’ontano napoletano ([21]) e, successivamente, di calcolare l’incremento corrente medio di biomassa del popolamento e di ogni singola pianta.

I valori di accrescimento individuale in diametro, altezza, volume e biomassa sono stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA) ad una via e, nel caso di valori di F significativi, al test di comparazione multipla HSD di Tukey per evidenziare differenze tra le tre tesi. Tale approccio è stato adottato in analogia con le procedure statistiche utilizzate nel caso di parcelle monoalbero e, comunque, previa verifica di sussistenza di differenze significative anche con test non parametrici quali l’ANOVA di Kruskal-Wallis e il Test delle mediane. Le elaborazioni statistiche sono state condotte con l’ausilio del software Statistica (StatSoft, Inc. Tulsa, OK, USA)

Gli effetti della consociazione e del diradamento sulla funzionalità ed efficienza ecologica, sia a livello di popolamento che di singola pianta, sono stati studiati analizzando alcune variabili quali la biomassa fogliare, l’indice di area fogliare (LAI) e la quantità di radiazione intercettata dalle chiome, in grado di descrivere le caratteristiche delle chiome e della copertura e, allo stesso tempo, di essere strettamente correlate con l’accrescimento e la produttività ([2], [20], [32], [1]).

In particolare, durante il periodo di massima espansione fogliare, su sei punti campione per ciascuna tesi, sono state effettuate misure con il Plant Canopy Analyser LAI 2000 (LI-COR, Lincoln, NE, USA), strumento di comune impiego per la stima del LAI per via indiretta ([13], [14], [16]). I dati di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) sottocopertura sono stati invece ottenuti effettuando misure con ceptometri (Sunfleck Par Ceptometer SF-80 e AccuPAR Ceptometer LP-80, Decagon Devices Inc., Pullman, WA, USA) in giornate serene tra le ore 11.00 e le 14.00 solari locali ([10], [11]). Per ogni punto di misura sono stati acquisiti e mediati quattro valori, secondo le direzioni cardinali e sul piano orizzontale. Quindi i valori medi di PAR relativi ad ogni tesi sono stati messi in relazione con misure di riferimento effettuate in aree prive di copertura e vicine all’impianto. Si è risaliti così alla trasmittanza, ossia alla percentuale di radiazione solare non intercettata dalle chiome e trasmessa al suolo rispetto a quella incidente sopra la copertura fogliare.

Al fine di un’analisi più dettagliata delle caratteristiche della copertura e dell’apparato fogliare in ciascuna tesi sono state installate 6 trappole per la raccolta e la stima della produzione annuale di lettiera e in particolare della lettiera fogliare. I prelievi del materiale sono stati effettuati con cadenza mensile. Successivamente in laboratorio si è proceduto alla suddivisione della lettiera nelle sue principali componenti: foglie di noce comune, foglie di ontano napoletano, rami e frutti. Di ogni singola componente è stata determinata la biomassa ponendo i campioni in stufa ventilata ad una temperatura di 80 ± 2 °C fino al raggiungimento del peso secco stabile.

La valutazione degli effetti della consociazione sulla funzionalitàè stata eseguita analizzando il rapporto tra gli incrementi di biomassa e le caratteristiche dell’apparato fogliare di ciascuna tesi. In primo luogo è stata calcolata la biomassa fogliare media di ogni singola pianta come risultante del rapporto tra lettiera fogliare totale e numero di piante di ciascuna specie. Si è poi proceduto all’analisi dell’efficienza di accrescimento (growth efficiency) calcolando il tasso di assimilazione netta (Net Assimilation Rate, NAR) secondo quanto proposto da Chiarello et al. ([9]), indice dato dal rapporto tra l’incremento corrente annuale, riferito alla biomassa del fusto, e la biomassa fogliare che lo ha generato ([10], [15]).

Risultati 

Le principali caratteristiche dei popolamenti all’inizio e alla fine del periodo di studio sono riassunte in Tab. 2.

Tab. 2 - Borbuio (AR). Valori di accrescimento del popolamento nelle tre tesi ad inizio (2003) e fine (2007) periodo di osservazione.

Anno Tesi Specie Densità
n ha-¹
Area basimetrica
m2 ha-¹
Volume
m3 ha-¹
Biomassa fusto
Mg ha-¹
2003 Noce puro noce 536 4.60 19.40 9.89
Noce 50% noce 544 6.12 35.87 18.29
ontano 567 10.88 67.32 33.67
totale 1111 17.01 103.20 51.96
Noce 25% noce 363 4.22 26.26 13.39
ontano 703 16.55 126.01 63.00
totale 1066 20.77 152.27 76.39
2007 Noce puro noce 337 4.44 21.61 11.02
Noce 50% noce 227 9.16 25.49 13.00
ontano 272 3.83 44.65 22.33
totale 499 6.08 70.14 35.32
Noce 25% noce 317 5.17 35.99 18.36
ontano 317 9.41 80.70 40.35
totale 635 14.58 116.69 58.71

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L’analisi dei dati prima del diradamento mette in evidenza come le tesi Noce 50% e Noce 25% presentino valori complessivi di area basimetrica, volume e biomassa del fusto nettamente superiori a quelli del Noce puro. Anche limitando l’analisi alle sole piante di noce comune si osserva che gli impianti consociati presentano valori di volume e biomassa del fusto superiori di una percentuale variabile tra il 40 e il 100% rispetto a quelli dell’impianto puro. L’area basimetrica del Noce puro invece è inferiore a quella del Noce 50% ma leggermente superiore a quella del Noce 25%.

A fine periodo di osservazione i valori di tutte le variabili esaminate, ivi compresa l’area basimetrica, sono superiori negli impianti consociati rispetto al puro. Da evidenziare i risultati registrati nella tesi Noce 50%: nonostante il diradamento più forte rispetto alle altre tesi, a fine periodo si registrano valori di area basimetrica, volume e biomassa del fusto nettamente superiori a quelli del Noce puro. Rilevanti gli effetti del diradamento sull’area basimetrica che, a fine periodo, ha un valore doppio di quello dell’impianto puro.

L’andamento dei valori medi di LAI e di trasmittanza nel periodo 2002-2006 consente di porre a confronto le caratteristiche delle chiome e della copertura delle tre tesi, ma anche di analizzare le dinamiche a livello di apparato fogliare prima e dopo il diradamento. I valori di LAI relativi al Noce puro risultano sempre nettamente inferiori a quelli del Noce 50% e del Noce 25% (Fig. 1). Rilevante il divario prima del diradamento, con valori medi di LAI per il Noce puro, il Noce 50% e il Noce 25% rispettivamente di 1.07, 3.96 e 4.35 m² m-². Riguardo all’andamento dei valori di LAI, nelle tesi in consociazione si osserva una prima diminuzione dei valori da attribuire alla eccezionale siccità estiva dell’anno 2003, seguita da una ulteriore riduzione dei valori nel 2004 dovuta agli effetti del diradamento operato nell’inverno precedente (Fig. 1). La reazione agli interventi di diradamento è ben evidenziata dai valori medi di LAI successivi all’anno 2004 e dai quali è possibile notare, soprattutto negli impianti consociati, un recupero della copertura a seguito del maggior sviluppo delle chiome degli alberi rilasciati. Meno marcate sono le fluttuazioni nel caso dell’impianto puro.

Fig. 1 - Borbuio (AR). Variazioni annuali del valore medio (± SE) del LAI nelle tre tesi.

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Quanto evidenziato a livello di LAI trova riscontro nell’andamento dei valori medi di trasmittanza. Particolarmente evidente è l’innalzamento della quantità di radiazione trasmessa al suolo dopo il diradamento negli impianti in consociazione; aumento seguito da un progressivo e consistente abbassamento dei valori, conseguenza della rapida reazione a livello di chiome e della ricostituzione della copertura (Fig. 2).

Fig. 2 - Borbuio (AR). Variazioni annuali del valore medio (± SE) di trasmittanza nelle tre tesi.

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La maggiore produttività degli impianti consociati emerge in modo inequivocabile anche dai valori di produzione annuale di lettiera. Prima del diradamento i valori medi di lettiera fogliare e di lettiera totale degli impianti consociati sono rispettivamente 3 e 4 volte quelli del Noce puro (Fig. 3). La gerarchia non cambia dopo i diradamenti, anche se il divario tra impianti consociati e impianto puro, a causa del diverso grado degli interventi, si riduce (Fig. 4).

Fig. 3 - Borbuio (AR). Valori medi (± SE) di lettiera fogliare e lettiera totale prima del diradamento (2002-2003) nelle tre tesi.

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Fig. 4 - Borbuio (AR). Valori medi (± SE) di lettiera fogliare e lettiera totale dopo il diradamento (2004-2007) nelle tre tesi.

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L’andamento dei valori di produzione annuale di lettiera fogliare durante l’intero periodo di osservazione evidenzia, in pieno accordo con quanto emerso a livello di LAI e di trasmittanza, una riduzione nel periodo 2003-2004, seguita da un recupero negli anni successivi (Fig. 5). Dall’analisi comparata dei valori relativi alle foglie delle due specie emerge la pronta e marcata reazione del noce comune che, in tutte tre le tesi, 2-3 anni dopo il diradamento, mostra valori analoghi a quelli prima dell’intervento. Particolarmente significativa è la risposta nel caso della tesi Noce 50% dove il noce comune, non solo recupera rispetto alla situazione prima del diradamento, ma va addirittura a sopravanzare l’ontano napoletano (Fig. 5).

Fig. 5 - Borbuio (AR). Variazioni annuali della lettiera fogliare nelle tre tesi.

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Passando ad esaminare i risultati a livello di singola pianta, l’analisi della varianza dei valori di accrescimento relativi al noce comune prima del diradamento ha evidenziato differenze altamente significative tra le tesi relativamente a biomassa del fusto, volume ed altezza totale con valori significativamente superiori nei casi degli impianti consociati (Fig. 6, Fig. 7 e Fig. 8). Non sono state invece osservate differenze significative relativamente al diametro a 1.30 m.

Fig. 6 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di volume del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi prima del diradamento (2003). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.01).

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Fig. 7 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di biomassa del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi prima del diradamento (2003). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.01).

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Fig. 8 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di altezza totale del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi prima del diradamento (2003). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.01).

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I risultati alla fine del periodo di osservazione non evidenziano un’alterazione delle gerarchie precedentemente osservate, nonostante gli interventi di diradamento intercorsi (Fig. 9, Fig. 10 e Fig. 11).

Fig. 9 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di volume del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi dopo il diradamento (2007). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.05).

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Fig. 10 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di biomassa del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi dopo il diradamento (2007). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.05).

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Fig. 11 - Borbuio (AR). Plot Box-Whisker dell’accrescimento medio di altezza totale del noce comune e test HSD di campioni multipli di Tukey nelle tre tesi dopo il diradamento (2007). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (p < 0.01).

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A livello di caratteristiche delle chiome delle singole piante, prima del diradamento, si registrano valori di biomassa fogliare superiori negli impianti consociati rispetto al puro sia per il noce comune che per l’ontano napoletano, con quest’ultimo che presenta medie superiori a quelli del noce (Tab. 3).

Tab. 3 - Borbuio (AR). Valori medi di biomassa fogliare individuale (kg) e tasso di assimilazione netta (NAR) nelle tre tesi prima e dopo il diradamento.

Tesi Specie Biomassa fogliare individuale kg NAR kg kg-¹
Prima
diradamento
Dopo
diradamento
Prima
diradamento
Dopo
diradamento
Noce puro noce 2.97 4.07 0.82 1.04
Noce 50% noce 3.53 7.27 1.12 0.84
ontano 4.74 3.75 0.99 1.68
totale 4.15 5.35 - -
Noce 25% noce 3.88 3.60 0.95 1.96
ontano 4.77 5.84 1.58 1.84
totale 4.46 4.72 - -

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I diradamenti applicati determinano comunque un innalzamento dei valori medi di biomassa fogliare per singola pianta. Questo effetto è molto più marcato nel caso del noce comune, che presenta aumenti consistenti sia nel Noce puro che nel Noce 50%, dove si osserva addirittura un raddoppio dei valori rispetto a prima dell’intervento. Ciò comporta che, dopo il diradamento, si invertano le parti tra l’ontano napoletano e il noce comune, con il secondo che sopravanza il primo. Fa eccezione la tesi Noce 25% dove la biomassa fogliare del noce comune prima e dopo il diradamento resta più o meno uguale e comunque inferiore all’ontano napoletano (Tab. 3).

Negli impianti consociati prima degli interventi di diradamento sia il noce comune che l’ontano napoletano presentano valori di NAR superiori a quelli del noce comune nell’impianto puro (Tab. 3). Dopo il diradamento si registra un generale aumento dei valori di NAR, secondo modalità inversamente proporzionali all’incremento di LAI osservato per singola specie.

Discussione e conclusioni 

I risultati ottenuti nel loro complesso confermano quanto già emerso in precedenti studi circa il ruolo positivo esercitato dalle specie azoto fissatrici sull’accrescimento del noce comune ([7], [29]). Prima degli interventi di diradamento i valori complessivi di volume e biomassa degli impianti consociati sono notevolmente superiori a quelli dell’impianto puro. Tali differenze sono solo in minima parte spiegate dalla maggiore densità degli impianti in consociazione; ad esse in realtà hanno contribuito in maniera determinante le performances dell’ontano napoletano e, soprattutto, del noce comune cresciuto in consociazione. Infatti, prendendo in considerazione solo le piante di noce comune, negli impianti consociati, pur in presenza di un numero uguale o inferiore di soggetti, si registrano valori complessivi di volume e biomassa 1.3 - 1.8 volte superiori a quelli osservati nell’impianto puro. Risultati analoghi sono peraltro emersi anche da uno studio condotto su impianti di noce comune puri e consociati al 50% con Alnus glutinosa, siti in località Torre d’Oglio (San Matteo delle Chiaviche, MN), su substrati di origine alluvionale, a tessitura franco-sabbiosa, con buona capacità idrica e falda accessibile alle radici (Cutini & Giannini, dati non pubblicati).

Quanto emerso trova origine nelle differenze osservate a livello di accrescimento individuale: le piante di noce comune in consociazione hanno infatti dimensioni medie significativamente superiori a quelle dell’impianto puro, a seguito soprattutto di un maggiore sviluppo in altezza. Al contrario non sono emerse differenze significative relativamente allo sviluppo radiale. Analoghi effetti sono stati osservati anche in impianti di farnia (Quercus robur L.) puri e consociati con ontano napoletano ([12]).

Alla base di quanto osservato stanno le rilevanti differenze che si registrano a livello di caratteristiche della copertura e delle singole chiome e, in particolare, dei processi ecologici correlati alle caratteristiche dell’apparato fotosintetizzante. Negli impianti in consociazione i valori complessivi di LAI e di biomassa fogliare prima degli interventi di diradamento sono 2-4 volte superiori rispetto a quelli dell’impianto puro, mentre quelli relativi al noce comune, a fronte di livelli di densità e competizione molto diversi, sono di poco superiori o sostanzialmente simili. Le singole piante di noce comune cresciute in consociazione presentano perciò apparati fogliari molto più consistenti e con una efficienza di accrescimento uguale o superiore rispetto a quelle dell’impianto puro. Anche in questo caso i risultati sono coerenti con quanto osservato in impianti puri e consociati di farnia e ontano napoletano ([12]).

Nel complesso la consociazione con ontano napoletano, pur determinando livelli di competizione superiori rispetto all’impianto puro - come attestano i valori di densità e area basimetrica - non deprime le potenzialità del noce comune. Anzi, in tali condizioni il noce comune presenta valori di accrescimento complessivo ed individuale superiori rispetto a quelli in purezza, come conseguenza di uno sviluppo in altezza significativamente superiore nelle tesi in consociazione. Risultati questi che discendono da apparati fogliari più consistenti o comunque caratterizzati da una maggiore efficienza di accrescimento.

Ciò può essere in buona parte attribuito all’azione miglioratrice dell’ontano napoletano che con la sua capacità azotofissatrice è in grado di apportare, secondo precedenti studi ([4]), circa 50 kg ha-¹ a-¹ di azoto, elemento noto per i benefici effetti sull’apparato fogliare e sull’accrescimento. Azione miglioratrice peraltro già nota anche nei confronti di altre specie quali Juglans nigra ([28]), Fraxinus excelsior ([24]), Quercus robur ([6], [12]). Inoltre, negli impianti consociati, la frapposizione dell’ontano napoletano può aver attenuato i noti effetti allelopatici connessi alla produzione di juglone da parte del noce comune.

Le dinamiche e i processi sopra descritti non hanno subito alterazioni rilevanti a seguito degli interventi di diradamento applicati. Anche laddove si è operato in maniera più drastica, come nel caso degli impianti consociati, si è osservato negli anni successivi un consistente e rapido recupero dei valori di LAI, biomassa fogliare e trasmittanza e, quindi, dell’apparato fogliare e della copertura nel suo complesso. Ben oltre la sostenibilità degli interventi di diradamento, vanno sottolineati gli effetti positivi riscontrati sull’accrescimento del noce comune, specie target dell’impianto. Rilevante e particolarmente significativo, tenute conto delle finalità della piantagione, è l’effetto registrato sullo sviluppo radiale del noce, sostenuto da un aumento dei valori di biomassa fogliare per ogni singola pianta. Effetto tanto più marcato quanto più intenso è stato il diradamento, come stanno a dimostrare gli eccellenti risultati conseguiti nella tesi Noce 50%. Tesi che, nel complesso, risulta quella in grado di offrire le migliori garanzie in termini di accrescimento, efficienza, capacità di reazione ad interventi di diradamento, sia a livello individuale che complessivo.

Da una lettura organica dei risultati ottenuti si desumono effetti significativi della consociazione con ontano napoletano sia sull’accrescimento complessivo che individuale delle piante di noce comune. Effetti dovuti ad una maggiore consistenza delle chiome e degli apparati fogliari e ad una maggiore efficienza di quest’ultimi. Questi effetti nel loro complesso possono essere ascritti a una positiva integrazione, sotto il profilo bio-ecologico, tra le due specie e alle favorevoli condizioni associate ai processi di azotofissazione, tanto più significative quanto più povere sono le caratteristiche del substrato ([28]).

Questo quadro generale non è stato sovvertito dagli interventi di diradamento applicati, interventi che si sono rilevati quanto mai opportuni visti gli effetti positivi sullo sviluppo radiale di una specie a legname pregiato come il noce comune; risultati dimostratisi positivi in misura proporzionale all’intensità dell’intervento applicato.

Ringraziamenti 

Lavoro eseguito nell’ambito del programma finalizzato Mi.P.A.F. - RI.SELV.ITALIA - Area 2. Produzione di legno fuori foresta - Sottoprogetto 2.1. Arboricoltura da legno con specie di pregio e cicli produttivi medio lunghi - Ricerca 2.1.15. “Effetti della consociazione sulla funzionalità di impianti con latifoglie a legname pregiato”. Il lavoro è stato svolto dagli autori in parti uguali.

Gli Autori ringraziano il personale del C.R.A. - Centro di Ricerca per la Selvicoltura di Arezzo impegnato nel progetto Mi.P.A.F. RI.SELV.ITALIA - Sottoprogetto 2.1. Arboricoltura da legno con specie di pregio e cicli produttivi medio lunghi, sottoprogetto coordinato dal dott. Enrico Buresti. Un ringraziamento particolare va ad Alessandro Varallo per la collaborazione assicurata durante la prima fase della ricerca e a Umberto Cerofolini, Luigi Mencacci, Alessandro Fois, Mario Ceccarelli, Alessandro Bitini e Michele Lorenzoni per aver fattivamente collaborato alla raccolta dei dati.

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