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In memory of Professor Paolo Talamucci

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 7, Pages 86-87 (2010)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0619-0007
Published: May 20, 2010 - Copyright © 2010 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Paolo Talamucci, Full Professor of Range Management at the Università degli Studi in Florence from 1975 to 2001, passed away on 27th November 2009, after a brief and unrelenting illness. Professor Talamucci spent many long years in the field of research, in both Mediterranean and Alpine regions. His research, profoundly rooted in the territory he was studying, holistic in its approach and rigorously scientific, was characterized by a strong interdisciplinary element, seeking always to take into account the totality of the components of the ecosystem. Professor Talamucci was one of the first scholars of the pastoral system to highlight the problems related to the abandonment of traditional animal husbandry in mountainous zones and to look for ways to counteract the undesirable transformation of the landscape and the consequent loss of biodiversity. His curriculum and his numerous scientific publications bear testimony not only to the prestigious research institutes, world-wide, with which he was associated, but also to the important international dimension of his research.

Keywords

Prof. Talamucci, University of Firenze, Obituary

 

Il 27 novembre 2009 ci ha lasciati, dopo una breve e inesorabile malattia, il Professor Paolo Talamucci, Ordinario di Alpicoltura presso l’Università degli Studi di Firenze dal 1975 al 2001.

Ritengo un grande privilegio aver avuto il Professor Talamucci prima come docente, poi come relatore di tesi di laurea ed infine aver potuto collaborare con lui per alcuni anni, fino a quando, vinto un concorso a Trento, ho lasciato Firenze. Sono stati anni importanti quelli che ho trascorso come giovane assistente presso la Cattedra di Alpicoltura dell’Università di Firenze, anni che sicuramente hanno avuto un peso rilevante nella mia crescita personale ed umana.

Come sua allieva, vorrei ricordarlo non solo per le sue capacità di insegnante e di ricercatore, ma anche e soprattutto per le sue grandi doti umane. Lascio invece a chi ha collaborato con lui fino agli ultimi anni il compito di delineare in maniera più completa la sua figura di docente e di ricercatore.

Il Professor Talamucci, innamorato del suo lavoro, appassionato di montagna, profondo conoscitore di botanica, sapeva trasmettere agli studenti e ai suoi collaboratori il grande entusiasmo che lo animava.

Bastava essere stati sul campo una volta con lui, in occasione di un’escursione con gli studenti o di un sopralluogo in area mediterranea o in ambiente alpino, per capire come egli ponesse sempre al centro di ogni ragionamento e discussione una grande attenzione per gli specifici problemi del territorio. Ogni analisi veniva da lui condotta con un’estrema sensibilità nei confronti degli equilibri dell’ecosistema, senza nulla tralasciare, dalla componente vegetale ed animale a quella umana.

Da lui ho imparato a riconoscere il segno che le popolazioni di montagna, attraverso l’incessante lavoro di secoli, hanno impresso nel paesaggio. Uno dei problemi che più gli stava a cuore e di cui spesso si discuteva quando avevamo occasione di incontrarci, anche negli ultimi anni, era come salvaguardare questo paesaggio e come conservare la grande ricchezza biologica ad esso legata. Quando l’attività zootecnica di montagna è andata in crisi, ma a molti ancora non era chiaro che cosa ciò avrebbe comportato in termini di perdita di biodiversità, il Professor Talamucci è stato uno dei primi ad evidenziare il problema e a cercare gli strumenti per affrontarlo.

Questa sua capacità di vedere i problemi in un’ottica globale e di cogliere la complessità delle relazioni tra le diverse componenti ecosistemiche l’aveva con il tempo portato ad avvicinarsi molto, da agronomo di formazione quale egli era, alla ricerca di ambito più prettamente forestale.

È ben vivo in me il ricordo dei mesi trascorsi in Irpinia, sotto la sua direzione, allo scopo di mettere a punto innovative tecniche di gestione in grado di coniugare l’allevamento dei bovini podolici pugliesi con la conservazione delle splendide faggete dei Monti Picentini, oppure delle ricerche nei cedui di cerro del Grossetano sottoposti a pascolamento, e ancora degli studi per l’impianto di arbusteti da pascolo allo scopo di diversificare l’offerta di risorse alimentari e far fronte alla stagione difficile in ambiente mediterraneo. Tutti esempi di come egli fosse convinto che i problemi legati alla gestione del territorio potessero essere affrontati solo con un approccio fortemente interdisciplinare.

Un ultimo aspetto mi preme ancora sottolineare, anche per l’influenza che ha avuto sulla mia formazione: la dimensione internazionale della ricerca del Professor Talamucci. La rete di contatti con prestigiosi Istituti di ricerca in tutto il mondo e le sue pubblicazioni scientifiche rendono ragione dell’importanza da lui attribuita, fin dall’inizio della sua attività, ai contatti ed agli scambi internazionali. In un periodo in cui non esistevano ancora per gli studenti e per i giovani laureati tutte le opportunità di oggi, il Professore ha sempre incoraggiato il mio desiderio di svolgere esperienze di studio e di lavoro all’estero. Di questo non gli sarò mai sufficientemente grata.

Il Professor Talamucci ha svolto un’intensa attività di didattica e di ricerca fino al 2001, anno del suo pensionamento, ma ha poi continuato a lavorare praticamente fino ai suoi ultimi giorni di vita.

I problemi legati al pastoralismo, in Italia come in altri paesi europei, sembravano ad un certo punto aver perso parte della loro importanza, a causa delle mutate condizioni socio-economiche. A questa importanza il Professor Talamucci ha invece sempre continuato a credere ed il tempo gli ha dato ragione. Oggi infatti si parla di gestione di prati e pascoli e della funzione dell’animale pascolante in relazione alla conservazione del paesaggio e della biodiversità, allo sviluppo di attività economiche di nicchia quali la produzione di alimenti tradizionali e genuini a basso impatto ambientale, e ancora in termini di sviluppo di un turismo ecocompatibile e di salvaguardia dell’identità culturale delle comunità locali.

Per affrontare queste ed altre tematiche, i risultati della lunga attività di ricerca del Professor Talamucci costituiscono oggi un patrimonio di conoscenze a nostra disposizione, di cui dobbiamo essergli profondamente riconoscenti e su cui è importante continuare a lavorare.

 
 
 

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