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The new EU LULUCF regulation: challenges and opportunities for the Italian forest sector

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 15, Pages 87-93 (2018)
doi: https://doi.org/10.3832/efor2886-015
Published: Sep 27, 2018 - Copyright © 2018 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

The entry into force of the new Italian national forest law was followed by the recent approval of the new European regulation 2018/841 on the inclusion of greenhouse gas emissions (GHG) from land use, land use change and forest (the so called LULUCF sector) into the 2030 climate and energy reduction targets. While the national forest law has been extensively debated, the EU regulation has not received, at least in Italy, a due attention by the forest sector. Since the Kyoto Protocol in 1997, the accounting and reporting of GHG for the forestry sector has been strongly debated and constrained by a series of technical issues, such as the quantification of the actual contribution of anthropogenic activities to GHG removals. The new LULUCF regulation seeks to overcome these limits by proposing a novel approach for accounting GHG emissions and removals in the forestry sector for the period 2020-2030. Moreover, emissions in the forest sector become more comparable to those in other sectors. The most innovative aspects refer to the so-called Forest Reference Level (FRL), and to the inclusion of accounting procedures also for Harvested Wood Products. The FRL is an estimate of the expected GHG emissions and removals in managed forest lands, against which the future GHG emissions and removals will be calculated. Despite originally based on policy assumptions (e.g., expected harvest), the new FRL is based on estimating the theoretical development of forests resulting from the continuation of the management practices as observed in the reference period 2000-2009. Thus, the FRL incorporates the age-structure dynamics of forest stands, and allows for increasing removals in aging forests. In this way, any impact of changes in forest management on GHG emissions will be considered, as in other sectors. Considering that Member States have the responsibility to account for GHG emissions and removals for the LULUCF sector, the implementation of the new LULUCF regulation, and the inherent calculation of the FRL represent both a challenge (for defining past and future management practices and harvest) and an opportunity (for enhancing the forestry-wood and energy chain) for the forestry sector in Italy.

Keywords

Forests, Paris Agreement, European Union, LULUCF, Reference Level, Forest Management

Introduzione 

L’Accordo di Parigi (PA) sui cambiamenti climatici, siglato nel 2015 ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, ha enfatizzato la necessità di porre in essere ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi di stabilizzazione del clima nel lungo periodo e per mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 oC rispetto all’era pre-industriale ([41]). A tale fine, il PA sottolinea la necessità di raggiungere la neutralità tra emissioni ed assorbimenti di gas serra (greenhouse gases, GHG) nella seconda metà di questo secolo. Gran parte degli studi prevede un contributo fondamentale di mitigazione dei cambiamenti climatici da parte degli ecosistemi terrestri, ed in particolare delle foreste ([38], [24]). I boschi europei hanno assorbito nel 2016 circa 417 Mt CO2eq, pari al 10% delle emissioni totali di GHG ([7]). Nello stesso anno, in Italia, l’assorbimento è stato di 36 Mt CO2eq, corrispondente all’8% delle emissioni totali di GHG ([27]). A ciò si aggiunge l’accumulo di carbonio nei prodotti legnosi (38 Mt CO2eq nella UE nel 2016 - [7]), nonché l’effetto di “sostituzione” ad essi legato (si vedano ad es. le stime in [35]), ovvero la riduzione di emissioni che avviene in altri settori ogniqualvolta il legno viene usato in sostituzione di altri materiali a fini energetici (bioenergia) o strutturali (ad es., cemento, acciaio).

Mitigazione e settore forestale 

In generale, l’efficacia delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici di un Paese può essere stimata dall’andamento delle emissioni totali nel tempo. Sebbene tale approccio appaia logico per settori come quello energetico o quello agricolo, esso risulterebbe poco efficace se applicato al settore forestale. Le foreste, infatti, crescono e assorbono diossido di carbonio indipendentemente dall’attività antropica, il cui reale contributo deve essere perciò quantificato e disaggregato dalla crescita complessiva. Inoltre l’assorbimento di anidride carbonica varia anche in relazione all’età (a sua volta legata alle pratiche selvicolturali pregresse), ai fattori ambientali (a loro volta influenzati dai cambiamenti climatici) e, non ultimo, può essere vanificato da eventi naturali imprevedibili quali incendi, schianti e fattori biotici. Per ovviare a questo problema, per il solo settore forestale e gli altri usi del suolo (Land Use, Land Use Change and Forestry, LULUCF), la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC) ha stabilito una chiara distinzione fra rendicontazione (reporting) e contabilizzazione (accounting) degli scambi di gas serra. Per il reporting, i Paesi devono basarsi sull’approccio metodologico proposto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), descrivendo tutti gli scambi di GHG riconducibili alle aree considerate gestite dal Paese stesso (managed lands). Per l’accounting, i Paesi devono applicare specifiche e complesse regole di conteggio (vedi in seguito), finalizzate a riflettere meglio l’impatto delle azioni antropiche. Tali regole generano crediti o debiti spendibili per il raggiungimento degli obiettivi complessivi di riduzione delle emissioni del Paese.

In tale contesto, il nuovo regolamento comunitario 2018/841 ([12]) inserisce il settore LULUCF negli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra fissati a livello europeo per il 2030 (-40% rispetto al 1990, così come stabilito nell’EU 2030 climate and energy framework - [11], [8]) e validi anche nell’ambito dell’Accordo di Parigi. Nel caso dell’Italia, come noto, esso segue la recente entrata in vigore del “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali” (Decreto Legislativo 3 aprile 2018, n. 34, di seguito indicato come Testo Unico - [25]) che, all’art. 2, individua la promozione del sequestro di carbonio tra gli obiettivi della gestione forestale sostenibile. Così come il Testo Unico è stato oggetto di approfondita analisi da parte degli operatori del settore (si vedano ad es. [34] e [5]), si ritiene utile evidenziare il ruolo e le implicazioni, a scala nazionale, legate all’entrata in vigore del regolamento comunitario. In alcuni paesi scandinavi ([43]) e a livello comunitario ([29], [23]), esso infatti ha suscitato un notevole interesse, sia a livello accademico che da parte dell’opinione pubblica ([1], [9]). L’obiettivo di questo contributo è perciò quello di illustrare il recente regolamento comunitario 2018/841 per il settore LULUCF, evidenziandone possibili criticità e opportunità per il settore forestale, soprattutto nel contesto italiano.

Dal Protocollo di Kyoto al regolamento LULUCF 

Prima di esaminare i principali aspetti del regolamento inerenti l’ambito forestale, è opportuno ripercorrere brevemente il percorso teorico e le diverse soluzioni tecniche e normative che hanno portato alla formulazione delle regole di contabilizzazione (accounting) applicate nell’ambito del Protocollo di Kyoto (per una disamina più dettagliata, si rimanda a [39], [6], [26], [20], [32]).

Il dibattito sulle modalità di inclusione del settore forestale nella contabilizzazione delle emissioni e rimozioni di GHG inizia a prendere forma sin dalla stipula del Protocollo di Kyoto nel 1997. Nel trattato, per i cosiddetti paesi sviluppati, oltre all’obbligo di rendicontazione delle emissioni dovute alla deforestazione e degli assorbimenti imputabili all’afforestazione e alla riforestazione (fissato dall’art. 3.3), si aggiunge la possibilità, su base volontaria, di contabilizzare gli eventuali assorbimenti di GHG legati ad attività addizionali, purché derivanti da azioni antropiche, come la gestione delle foreste esistenti (art. 3.4: Forest Management, FM). La definizione delle regole di accounting di queste ultime attività appare sin dall’inizio difficoltosa, soprattutto per le caratteristiche intrinseche al settore forestale (vedi sopra). Per il primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (PI, 2008-2012) si è così scelto di adottare una soluzione di compromesso: gli assorbimenti legati alle attività afferenti al Forest Management sono stati contabilizzati su base volontaria attraverso la regola del “gross-net accounting” (che considera tutti gli assorbimenti), associata tuttavia ad un limite massimo (cap) per i crediti generabili, stabilito attraverso una serie di negoziazioni politiche. Tale meccanismo è stato aspramente criticato, sia per l’impatto potenzialmente negativo sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG (è chiaro infatti che, per il bilancio complessivo di GHG in atmosfera, una riduzione degli assorbimenti è analoga ad un aumento delle emissioni), sia per l’applicazione su base volontaria dello stesso ([39]). Laddove infatti vi fossero state delle reali emissioni legate ad un aumento delle utilizzazioni, esse avrebbero potuto non essere contabilizzate, almeno nell’ambito del Protocollo di Kyoto, semplicemente escludendo il FM dalla rendicontazione.

Per ovviare parzialmente a tali limiti, nel secondo PI del Protocollo (2013-2020), la contabilizzazione delle emissioni e rimozioni di GHG relative al FM è divenuta obbligatoria per tutti i Paesi sviluppati ed è stato introdotto il concetto di livello di riferimento (reference level, RL). Quest’ultimo è dato dalla proiezione delle emissioni e rimozioni di GHG attese, rispetto al quale vengono misurate le future emissioni e rimozioni reali. Tale approccio, in teoria, dovrebbe misurare l’impatto delle azioni antropiche addizionali. Nel secondo PI, il RL è stato così fissato, per ciascun Paese, tenendo conto sia della dinamica di crescita delle foreste (in primis l’età), sia degli sviluppi attesi del mercato e del futuro impatto delle eventuali politiche economiche ed energetiche attuate sino al 2009. Il problema di tale approccio è che i prelievi legnosi utilizzati per la definizione del RL potevano essere facilmente “gonfiati” attraverso gli impatti “attesi” dalle dinamiche di mercato e dalle politiche economiche, di per sé non revisionabili dal punto di vista tecnico. Ciò ha portato ad una riduzione delle rimozioni di GHG attese nel PI e conseguentemente ad un facile ottenimento di crediti “spendibili” per il raggiungimento degli obiettivi di mitigazione complessivi di ciascun Paese. Sebbene si sia mantenuto un tetto massimo ai crediti forestali (pari al 3.5% delle emissioni di ciascun Paese nel 1990), tutto questo ha fortemente minato la credibilità del settore forestale rispetto alle azioni di mitigazione messe in atto in altri settori economici ([22]). Altre novità introdotte nel secondo PI hanno riguardato la possibilità di escludere le emissioni legate ai disturbi naturali e di conteggiare, su base volontaria, gli assorbimenti o le emissioni legate allo stoccaggio di carbonio nei prodotti legnosi (harvested wood products, HWP).

Il nuovo regolamento 2018/841 nasce proprio per superare i limiti sopra esposti, ed integrare maggiormente il settore LULUCF (prima confinato al solo ambito di applicazione del Protocollo di Kyoto) con gli altri settori economici (agricoltura, trasporti, ecc.), rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG fissati a livello comunitario. Il regolamento riguarda infatti gli obblighi per i Paesi Membri concernenti il contributo del settore LULUCF rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG, così come fissati dall’Accordo di Parigi e dalla stessa UE per il periodo di impegno 2021-2030 (a sua volta suddiviso nei due quinquenni 2021-2025 e 2026-2030). Il regolamento si applica, oltre che alle categorie prati e coltivi gestiti, anche alle superfici forestali esistenti e gestite, nonché alle variazioni di superficie da e per ciascuna categoria, quali le nuove superfici forestali e le aree deforestate. A partire dal 2026, a tali categorie si aggiungeranno anche le zone umide.

Come in precedenza, anche nel nuovo regolamento i crediti generati dal settore LULUCF (incluse le foreste) possono compensare eventuali debiti provenienti da altri settori, come ad esempio quello agricolo o dei trasporti, rientranti nel Climate Action Regulation (CAR, precedentemente chiamato Effort Sharing Regulation), sino a un tetto massimo fissato, a livello Europeo, a 280 Mt CO2eq per il decennio 2021-2030, ulteriormente ripartito in diverse quote tra gli Stati Membri. Ricordiamo che per i settori rientranti nel CAR si prevede una riduzione complessiva delle emissioni del 30% rispetto al 2005, a livello UE. Non esistono invece limiti di compensazione per gli eventuali debiti generati dal settore LULUCF con crediti addizionali generati da altri settori (no-debit rule, cioè ogni debito nel settore LULUCF dovrà essere compensato da altri settori).

Il settore forestale nel regolamento LULUCF 

Per le aree boscate, il testo del regolamento rimanda alla definizione di bosco adottata da ciascun Paese, in base ad una serie di soglie minime di superficie, percentuale di copertura ed altezza, che sono riportate nell’Annesso II. Si segnala peraltro, per l’Italia, l’inconsistenza tra le soglie qui riportate, coerenti con l’inventario nazionale dei gas serra ([27]) e con la definizione FAO, e i valori riportati nel Testo Unico per le materie di esclusiva competenza dello Stato.

Secondo il regolamento, il conteggio di emissioni e assorbimenti di GHG deve includere obbligatoriamente - oltre alla biomassa vivente presente in foresta - anche il materiale organico morto e le variazioni delle scorte di carbonio immagazzinate in HWP (pannelli, carta, e altri manufatti in legno, per i quali si applica la metodologia di stima proposta dalle linee guida dell’IPCC). Per suolo e lettiera, la norma consente di omettere tale conteggio, a patto di dimostrare che gli assorbimenti compensino pienamente le emissioni.

Durante il PI, ciascun Paese dovrà contabilizzare le emissioni e gli assorbimenti relativi a ciascuna categoria d’uso del suolo in modo accurato, completo, consistente e trasparente, così come già previsto dalle linee guida dell’IPCC per i precedenti periodi. Emissioni ed assorbimenti legati ad una variazione di superficie boscata dovranno essere contabilizzati per intero, assumendo un periodo di transizione di 20-30 anni tra diverse categorie d’uso del suolo.

Per quanto riguarda le aree forestali gestite (managed forest lands, MFL), l’art. 8 del regolamento prevede che ciascun Paese debba conteggiare le emissioni e gli assorbimenti calcolati nel PI, al netto di quelli stimati dal proprio RL. Quest’ultimo rappresenta una stima delle emissioni o rimozioni nette di GHG afferenti alle MFL nel PI, basata sulla continuazione delle pratiche gestionali documentate per il periodo di riferimento 2000-2009 (reference period, RP), tenendo conto del futuro impatto delle dinamiche di età legate alle specifiche caratteristiche forestali di ciascun Paese (ovvero l’invecchiamento, laddove la foresta non venga tagliata o, viceversa, la rinnovazione del soprassuolo laddove vi sia un taglio). Al termine di ciascun quinquennio del PI, i Paesi membri potranno, su base volontaria, escludere dall’accounting le emissioni dovute a disturbi naturali che eccedano la media relativa al periodo 2001-2020, depurata di eventuali valori statisticamente anomali. I Paesi membri dovranno altresì dimostrare che il RL è coerente con assorbimenti ed emissioni, così come documentati negli inventari nazionali di GHG per il RP (National Inventory Reports, NIR).

Entro il 31 Dicembre 2018, ciascun Paese dovrà presentare alla Commissione Europea un proprio piano (National Forestry Accounting Plan) contenente la proposta di RL per il periodo 2021-2025, e una seconda proposta dovrà essere presentata entro il 30 giugno 2023 per il successivo quinquennio. La Commissione, assieme ad un team di esperti nominati dagli Stati Membri, procederà a una valutazione tecnica dei piani presentati e in particolare della conformità del RL e, ove necessario, invierà delle raccomandazioni per la revisione dello stesso. Quando necessario, gli Stati Membri dovranno poi effettuare a posteriori ulteriori correzioni tecniche (art. 8.11 e 14.1 del regolamento) per garantire una piena consistenza metodologica tra il RL e quanto riportato durante i periodi di impegno.

Laddove, in ciascun quinquennio del PI, uno Stato Membro registri una rimozione netta (ovvero la differenza tra emissioni e rimozioni conteggiate e previste dal RL sia negativa - si veda Fig. 1), esso potrà contabilizzare le rimozioni nella categoria MFL, sino ad un tetto massimo pari al 3.5% delle emissioni totali (di tutti i settori, escluso il LULUCF) riportate per il proprio anno o periodo di riferimento (in genere fissato al 1990). L’art. 8.2 introduce una deroga a tale limite, che non si applica alle rimozioni nette contabilizzate per legno morto e HWP (ad eccezione della carta). Ciò consente da un lato di non limitare la contabilizzazione dell’accumulo di materiale organico morto in foresta, ritenuto importante per la conservazione della biodiversità. Dall’altro può favorire, seppur indirettamente, un impiego delle risorse legnose, in primis come materiale da costruzione, con implicazioni positive sia per lo stoccaggio a medio termine di carbonio negli stessi prodotti legnosi (con l’esclusione della carta, che ha un tempo di ritorno in atmosfera di 2 anni, come indicato nelle linee guida IPCC), sia per la sostituzione di altri materiali quali cemento e ferro.

Fig. 1 - Differenza tra le rimozioni di gas ad effetto serra (espresse in Gg CO2eq per anno, con segno negativo per evidenziare le rimozioni dall’atmosfera) riportate dall’Italia per la sola gestione forestale (FM, riportate sino al 2016) e il livello di riferimento (RL) del secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (2013-2020), che rappresenta i crediti generati dal FM. Nel successivo periodo 2021-2030, essi saranno ugualmente dati dalla differenza tra le rimozioni attribuite alle zone boscate gestite (che includono FM e afforestazione) e fissate dal nuovo RL (non ancora stimato, e perciò indicato con “?”). Fonte: KP-CRF ([31]), ISPRA ([27]).

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Le rimozioni eccedenti il limite del 3.5% nel primo quinquennio del PI potranno essere trasferite al quinquennio successivo, nonché ad altri Paesi che abbiano registrato un debito (ovvero dove la differenza tra emissioni e rimozioni conteggiate e previste dal RL sia positiva). Quest’ulteriore flessibilità, cui fa riferimento l’articolo 12 del regolamento, introduce una sorta di meccanismo flessibile di solidarietà tra gli Stati Membri, pur non intaccando il bilancio complessivo delle emissioni e rimozioni a livello dell’UE.

Il Reference Level nel periodo di impegno 2021-2030 

L’elemento di maggiore interesse del nuovo regolamento, almeno per il settore forestale, è dato dalle modalità di calcolo del RL. Nel precedente PI (2013-2020), l’evoluzione del soprassuolo forestale e delle relative capacità di assorbimento era legato da un lato alle caratteristiche strutturali dello stesso, e dall’altro all’evoluzione (teorica) delle utilizzazioni, generalmente stimata attraverso modelli macro-economici capaci di tener conto dell’impatto futuro delle politiche forestali adottate entro il 2009. Invece, il nuovo RL si basa su una stima dell’evoluzione teorica del soprassuolo forestale (legata alla crescita), risultante dalla sola continuazione delle pratiche gestionali rilevate nel periodo di riferimento 2000-2009. Ciò significa che, seppur con alcune riserve espresse da alcune organizzazioni ambientaliste ([1]), sono escluse eventuali aspettative legate a possibili scenari economici o a politiche di sviluppo del settore forestale che, come dimostrato nel precedente periodo di impegno, costituiscono degli elementi di incertezza e aleatorietà ([22]). D’altro canto, tuttavia, il RL non rappresenta una mera trasposizione del livello medio delle utilizzazioni registrate nel RP ([23], [29]), ma deve tenere conto dell’evoluzione del soprassuolo forestale, adeguando così il livello complessivo delle utilizzazioni di riferimento all’invecchiamento stesso delle foreste, ferma restando l’applicazione delle stesse pratiche gestionali rilevate nel RP.

Tali aspetti sono stati chiariti anche attraverso la recente pubblicazione, promossa dalla Commissione Europea, di una dettagliata guida tecnica per il calcolo del RL secondo questo nuovo approccio, definito di “continuazione delle pratiche gestionali correnti” ([18]). Tale documento riprende, in parte, sia un rapporto tecnico pubblicato dal Joint Research Centre ([21]) sia una stima preliminare del RL su scala europea proposta da Grassi et al. ([22]). Entrambi questi studi si basano su una stratificazione delle risorse forestali presenti in ciascun Paese, attraverso una serie di variabili definite a scala nazionale (ad es., la composizione del soprassuolo, la forma di governo e trattamento, ecc.), a cui segue la definizione di una serie di pratiche gestionali applicate a ciascuno strato e la quantificazione (per esempio, in base all’età o al diametro di recidibilità) di una serie di valori di riferimento attribuibili a ciascuna pratica nel periodo 2000-2009.

Attraverso un approccio di tipo modellistico, si procede quindi alla valutazione, per il RP, della biomassa disponibile (Bd) e rimossa (cioè i prelievi, ovvero la quantità di materiale effettivamente rimosso dalla foresta, P), per ciascuno strato e pratica gestionale (i), definendo quindi un rapporto medio (PM), che può essere espresso come (eqn. 1):

\begin{equation} PM_{RP,i} = { \left (\frac{ \overline {P_{RP}}} {\overline {Bd_{RP}}} \right )}_{i} \end{equation}

Moltiplicando tale rapporto, calcolato per ciascuno strato e pratica gestionale (i) definita nel RP, per la biomassa disponibile nel RL (BRL, ad es. rispetto alla distribuzione del soprassuolo per classi d’età o diametriche, m), i prelievi attesi per quest’ultimo periodo (PRL) possono essere calcolati come (eqn. 2):

\begin{equation} P_{RL,i,m}=PM_{RP,i} \cdot B_{RL,m} \end{equation}

In base al livello dei prelievi così definito, possono infine essere stimate le relative emissioni nette di GHG attribuibili alle MFL. Come evidenziato dalle stesse linee guida per il calcolo del RL ([18]), questo approccio generale può essere declinato attraverso diverse metodologie di stima, tenendo conto da un lato delle caratteristiche del soprassuolo forestale e delle informazioni realmente disponibili in ciascun Paese, e dall’altro delle concrete possibilità di analisi di tali informazioni (attraverso inventari forestali, un approccio di tipo modellistico, linee guida, piani di gestione esistenti o altro).

Sfide e opportunità per il settore forestale nazionale 

Come abbiamo visto, il coinvolgimento del settore forestale negli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto è stato inizialmente limitato da una serie di problemi tecnici, quali la quantificazione del reale contributo delle attività antropiche, e da diverse valutazioni sul ruolo, spesso controverso, delle foreste rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG fissati a livello internazionale (si veda ad es. [15]). Ciò ha portato nel primo PI (2008-2012) ad una drastica riduzione e semplificazione del ruolo attribuito al FM, con l’attribuzione di un tetto massimo ai crediti assegnati alla gestione forestale pari, nel caso dell’Italia, a 10.19 Mt CO2 all’anno, frutto principalmente della negoziazione tra le parti. Nel secondo PI (2013-2020), l’introduzione del RL ha in parte tenuto conto delle reali caratteristiche del soprassuolo forestale e delle modalità gestionali applicate in ciascun Paese, seppur mediate da una serie di variabili economiche che hanno parzialmente minato la credibilità complessiva dei risultati ([22]). Per l’Italia è stato determinato un RL pari a 21.18 Mt CO2 all’anno ([27]), stimato attraverso l’applicazione congiunta di un modello prettamente forestale (EFISCEN) e di uno ibrido (G4M, in parte legato a variabili economiche e gestionali), integrati da un modello macroeconomico ([3]). Come evidenziato in Fig. 1, sino al 2016, per l’Italia le rimozioni attribuite al FM sono risultate ampiamente superiori alle soglie di riferimento fissate nel PI. La quantità di crediti complessivi di cui il sistema Paese potrà beneficiare per il raggiungimento degli obiettivi assunti nell’ambito del Protocollo di Kyoto sarà determinata alla fine del PI, anche in base ad eventuali correzioni tecniche applicate a posteriori.

Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento comunitario, si pone innanzitutto la necessità di determinare un nuovo RL, rispetto al quale dovranno essere confrontati i successivi assorbimenti di GHG attribuibili nei PI dal 2021 al 2030 (si veda ancora Fig. 1). Ciò rappresenta sicuramente una sfida per l’Italia, così come per la maggior parte degli altri Paesi europei, essendo necessario quantificare tale livello entro il 31 dicembre 2018. È utile ricordare che, se da un lato la Commissione Europea ha promosso la redazione di specifiche Linee Guida ([18]) che dovrebbero fornire un supporto tecnico agli Stati Membri, dall’altro la quantificazione del RL è sotto l’esclusiva responsabilità di ciascun Paese.

Il nuovo RL, come abbiamo visto, dovrà tener conto dello stato delle foreste nel RP (2000-2009), desunto ad esempio dall’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC - [19]), che, riferendosi proprio a tale periodo, potrebbe costituire la principale chiave di stratificazione del soprassuolo. Dovranno quindi essere descritte e quantificate, con delle soglie di riferimento, una serie di attività gestionali afferenti a ciascuno strato e al medesimo periodo, combinando, ad esempio, le informazioni già riportate dall’INFC con altre informazioni ancillari, eventualmente raccolte attraverso appositi tavoli di consultazione tra amministrazioni ed esperti del settore. Ciò potrebbe anche contribuire a superare la frammentarietà che caratterizza il settore forestale nel nostro Paese ([40]). Infine, dovrà essere sviluppato uno strumento di analisi dei dati raccolti che, anche attraverso un approccio di tipo modellistico, consenta di stimare il RL per il periodo 2021-2025. In tal senso, proprio le esigenze imposte dal RL potrebbero costituire un’occasione per ampliare ed innovare, anche su impulso del nuovo Testo Unico, gli strumenti di analisi e pianificazione delle risorse forestali, così come sta accadendo in altri Paesi europei - si vedano ad esempio [46], il Forest Carbon Farms project promosso dal Polish State Forest Service ([2]) o il Woodland Carbon Code scheme applicato in Regno Unito ([45]).

Poiché il RL è dato dall’intersezione tra le pratiche gestionali documentate durante il RP (quantificate ad es. attraverso il rapporto di utilizzazione medio dell’eqn. 1) e l’evoluzione del soprassuolo durante il PI (esemplificata dall’eqn. 2), nel nostro Paese esso potrebbe rispecchiare un volume delle utilizzazioni piuttosto basso, e notoriamente sottostimato, pari a circa il 40% dell’incremento nel periodo 2005-2010, secondo i dati ufficiali riportati dall’ultimo rapporto sullo Stato delle Foreste Europee ([17]). D’altro canto, la definizione di un RL il più possibile coerente rispetto alle pratiche gestionali realmente adottate, potrebbe rappresentare una concreta occasione per correggere le ben note lacune riguardanti le statistiche ufficiali sulle utilizzazioni legnose ([37]). Basti citare le evidenti discrepanze tra i dati relativi alle utilizzazioni riportati dall’ultimo inventario nazionale delle emissioni di gas serra ([27]) e le statistiche riportate da FAOSTAT per il nostro Paese ([14]). Se infatti da un lato anche le statistiche internazionali non sono certamente avulse da elementi di incertezza e inconsistenza, non solo per l’Italia ma per molti altri Paesi europei ([28]), dall’altro lato è difficile immaginare che l’impiego di sofisticati modelli di analisi possa sopperire alla mancanza di dati, rischiando invece di aumentare l’incertezza sulle eventuali stime prodotte.

Richiamando inoltre quanto evidenziato nello stesso regolamento comunitario (art. 8.5), va sottolineato che il RL non ha lo scopo di limitare l’utilizzo delle risorse forestali, allinenadosi in tal senso con la Strategia Forestale europea (EU Forest Strategy - [10]), che si propone di migliorare il potenziale di mitigazione delle risorse forestali anche mediante un aumento delle utilizzazioni e una riduzione delle emissioni di CO2, includendo l’uso a cascata del legno. Allo stesso modo, il RL non intende fornire delle indicazioni di carattere gestionale, ma rappresenta semplicemente un livello di riferimento rispetto al quale confrontare le emissioni e rimozioni di GHG del settore forestale. In questo modo, l’impatto nell’atmosfera degli eventuali cambiamenti gestionali rispetto al RP, sarà riflesso nei conteggi per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni ([23]). Tale approccio rende il settore forestale più comparabile con gli altri settori, consentendo così una maggiore credibilità e “spendibilità” dei relativi crediti sul bilancio complessivo di GHG del sistema Paese, e nell’intero contesto comunitario ([22]). Ciò riguarda anche l’impiego del legno per fini energetici, ove il noto dibattito sull’assunzione di “neutralità” della bioenergia risulta superato nel momento in cui le eventuali variazioni dello stock di carbonio presenti in foresta, conseguenti anche all’impiego della biomassa forestale per fini energetici, vengono pienamente conteggiate, come dovrebbe avvenire grazie al nuovo RL. In effetti, la possibilità di utilizzare i crediti da LULUCF per compensare i debiti in altri settori potrebbe innescare e favorire a scala locale iniziative volte a valorizzare, anche economicamente, la funzione di carbo-ritenzione attraverso la gestione forestale attiva ([42]).

All’assorbimento di carbonio in foresta, andranno poi aggiunti i possibili crediti addizionali afferenti ai prodotti legnosi, sui quali, come detto, non è stata fissata alcuna soglia. La crisi economica che ha investito anche il settore forestale a partire dal 2009, ha portato, secondo i dati riportati dall’Italia (seppur con le citate criticità relative all’attendibilità delle statistiche ufficiali), ad una progressiva riduzione dell’accumulo di carbonio nei prodotti legnosi, per i quali nell’ultimo NIR viene indicata un’emissione netta in atmosfera pari a 0.17 Mt CO2eq nel 2016 ([27]). Tuttavia, in presenza di una possibile ripresa delle utilizzazioni e soprattutto dell’impiego della materia prima legno per la costruzione di manufatti (anche in alternativa ad altri materiali da costruzione, substitution effect), i prodotti legnosi potrebbero rapidamente tornare a svolgere un ruolo opposto e ciò potrebbe costituire un ulteriore valore aggiunto per l’impiego delle risorse forestali nazionali da parte dell’industria del settore ([4], [34]).

Proprio l’analisi delle dinamiche di crescita delle foreste italiane basata sulla continuazione delle pratiche gestionali correnti, che sta probabilmente portando ad un progressivo invecchiamento del soprassuolo, può costituire un utile strumento di valutazione per fornire una serie di indicazioni gestionali per la pianificazione forestale. Così come evidenziato nel Testo Unico, il settore forestale italiano non può fare a meno di una pianificazione integrata, multifunzionale e multiscala ([34]), che possa avvalersi di adeguati e innovativi strumenti di analisi (si veda ad es. [30] e il sito della Community of Practice dedicata ai Forest Management Decision Support Systems - [16]), capaci di indicare le possibili strategie gestionali per bilanciare funzioni tra loro non solo complementari (come quella protettiva e di carbo-ritenzione, si veda ad es. [42]), ma spesso anche competitive ([36]), quali l’approvvigionamento legnoso e il sequestro di carbonio ([44]). Un esempio in questo senso riguarda il recupero funzionale delle ampie superfici governate a ceduo presenti nel nostro Paese ([13]), tenendo conto anche del possibile impiego del legno in sostituzione di combustibili fossili. L’implementazione del nuovo regolamento comunitario, in combinazione con l’adozione del Testo Unico, potrebbe perciò rappresentare un elemento di riconoscimento dell’importanza del settore forestale nazionale, oggi relegato ad un ruolo assai marginale nell’agenda politica ed economica nazionale ([40]), non solo rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma anche nei riguardi dello sviluppo economico dell’intero settore, attraverso l’esplicitazione della gestione forestale sostenibile e dei beni e servizi ad essa sottesi ([33], [34]).

Ringraziamenti 

Gli autori ringraziano il collega Raul Abad Viñas del Joint Research Centre (Ispra, VA) per aver fornito le statistiche aggiornate relative agli inventari nazionale e dell’Unione Europea, e il revisore per gli utili suggerimenti forniti.

Le opinioni espresse sono esclusivamente quelle degli autori e non possono in alcun caso essere considerate come una posizione ufficiale della Commissione Europea o di qualsiasi altra agenzia governativa.

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