Sustainable forest management requires that fellings do not exceed increments in the medium term, once natural mortality is taken into account. Here we propose an assessment of the relevance of tree mortality in stands not regularly thinned, as prevailing in Italian forests. The amount of small-scale mortality losses is often neglected and cannot be directly estimated from available inventory data. From literature sources and using two alternative approaches, mortality losses could amount to 31.1-36.2% of gross annual increments. Fellings would therefore remove 57.7-62.6% of net annual increments of Italian forests, well above what often reported and not far away from the EU15 average. This new estimate confirms the overall sustainability of Italian forestry on a national level, but highlights the need for careful planning in the future use of forest biomass, a strategic renewable resource.
La definizione del concetto di sostenibilità della gestione forestale, il cardine intorno a cui ruota tutta la moderna selvicoltura, non risulta sempre univoca ed è stata per questo oggetto di importanti analisi e convenzioni (MCPFE 1998). Uno dei criteri generalmente adottati a livello internazionale consiste nel garantire che, nel medio periodo, le utilizzazioni forestali non superino gli incrementi netti del bosco (UNECE/FAO 2011); se infatti nel breve termine le utilizzazioni possono eccedere gli incrementi, prelevando in periodi di mercato favorevole quanto precedentemente accumulato, il criterio adottato garantisce che nel medio termine non si verifichi un progressivo depauperamento della provvigione forestale e, con essa, della fertilità stazionale e della futura disponibilità di risorse.
Questo criterio viene spesso citato a riprova della sostenibilità della selvicoltura italiana, anche in sede di programmazione delle risorse forestali (MIPAAF 2012): sulla base delle statistiche pubblicate dall’ISTAT (ISTAT 2014), infatti, a livello nazionale le utilizzazioni forestali ammonterebbero annualmente a non più del 22% degli incrementi; anche considerando le utilizzazioni extra-commerciali non registrate dalle statistiche, i prelievi non supererebbero un terzo dell’incremento annuo (MIPAAF 2012), contro un valore quasi doppio (65%) registrato mediamente in Europa. Ne deriva la convinzione diffusa che il tasso di utilizzazione delle foreste nazionali possa aumentare considerevolmente senza sostanziali rischi di sovra-sfruttamento della risorsa (MSE 2010).
Questa discrepanza fra la realtà nazionale e quella del resto d’Europa merita però uno scrutinio attento. Già altri Autori hanno rilevato il rischio di basare le decisioni nazionali in materia di politica forestale su statistiche incomplete, con particolare riguardo al reale tasso di utilizzazione di biomasse ad uso energetico (Pettenella & Ciccarese 2009, Pettenella & Andrighetto 2011). Obiettivo del presente articolo è invece quello di stimolare una riflessione sulle diverse componenti degli incrementi forestali, riproponendo l’impostazione concettuale e le definizioni adottate a livello internazionale; si cercherà in questo di raffinare l’analisi già proposta da Tabacchi et al. (2010), focalizzando l’attenzione in particolare sul ruolo della mortalità naturale in presenza di una gestione non intensiva dei boschi, tipica di gran parte della realtà forestale italiana.
Flussi nei sistemi forestali: definizioni e metodi di stima
Esiste a livello nazionale una certa mancanza di chiarezza nella definizione dei flussi in ingresso e in uscita dai sistemi forestali. Come sopra accennato, la sostenibilità della gestione forestale può essere valutata dal confronto fra incrementi correnti netti e utilizzazioni, e quindi dalla presenza di una variazione netta positiva di volume. D’altra parte, le stime di crescita fornite dall’Inventario Nazionale per le Foreste e il Carbonio (INFC - Gasparini & Tabacchi 2011) fanno riferimento in termini generali agli incrementi correnti di volume, senza specificare se si tratti di valori lordi o netti, col rischio di fraintendimenti. In altri casi (ad es., Pettenella & Ciccarese 2009) sembra non essere chiara la distinzione fra incrementi netti e variazioni nette di volume. Una chiara definizione delle variabili di interesse, sulla base delle convenzioni generalmente adottate a livello internazionale, risulta pertanto urgente. Si propone a tal fine di fare riferimento all’impostazione di Kuusela (1994), ampiamente adottata a livello internazionale (UNECE/FAO 2011) e già a livello nazionale nel prezioso contributo di Tabacchi et al. (2010). La ripartizione dei flussi di volume nelle loro diverse componenti secondo tale impostazione è presentata schematicamente in Fig. 1; la definizione delle singole componenti (UNECE/FAO 2000, Schuck et al. 2002) è riportata nel Box 1.
Lo schema riportato in Fig. 2 (da Schuck et al. 2002) può anche servire a chiarire i metodi di stima dei diversi flussi. Focalizzando l’attenzione sui flussi principali, si può notare come le misure previste dall’INFC permettano di stimare con precisione l’incremento corrente lordo dei boschi italiani (GAI), pari alla somma della crescita delle piante in piedi nel periodo di riferimento (Gl in Fig. 2, corrispondente ai valori di incremento corrente di volume dell’INFC) ed all’ingresso di nuovi alberi nel periodo stesso (Il), per loro crescita o per l’aumento della stessa superficie a bosco (Tabacchi et al. 2010). Più problematica è invece la valutazione dell’incremento corrente netto, che richiede una stima indipendente della mortalità naturale (m in Fig. 2, corrispondente alla mortalità naturale NL ove si trascurino i flussi minori). Quest’ultima sarà a sua volta la somma di due componenti: una prima frazione legata ai disturbi su ampia scala (per schianti da vento, incendi, attacchi parassitari, ecc.) ed una seconda dovuta invece a processi di competizione e auto-diradamento, caratteristici di tutti i popolamenti forestali in assenza di diradamenti continui e capillari. L’attenzione della ricerca sembra essersi in genere concentrata sulla prima componente, certamente più appariscente, ed in particolare sulle perdite indotte dagli incendi, piuttosto frequenti anche nel nostro Paese (Pettenella & Ciccarese 2009, Tabacchi et al. 2010). L’entità delle perdite diffuse legate alla competizione per la luce o ad altre cause di mortalità individuale, al contrario, ha ricevuto molta meno attenzione. E’ al riguardo piuttosto radicata la convinzione che essa sia trascurabile nel breve arco di tempo interessato dai rilievi inventariali (tipicamente 5 anni), trattandosi di un evento piuttosto raro (Hermanin & La Marca 1985). Ma se è vero che la mortalità individuale è rilevabile con una certa attendibilità solo su ampie superfici o con un monitoraggio di lungo termine (Harmon et al. 2001), occorre sottolineare come la morte di una singola pianta comporti la perdita totale della sua biomassa, incidendo pesantemente sulle variazioni nette di volume; questo contrasta con la crescita, un processo diffuso su tutte le piante ma quantitativamente molto piccolo. Un albero che cade fa più rumore di un bosco che cresce, ma qual è il peso relativo dei due fenomeni? La mancanza di informazioni attendibili sulla mortalità individuale è peraltro un problema comune anche alla ricerca ecologica, molto più incline alla stima precisa della produttività lorda nonostante le importanti implicazioni delle perdite per mortalità (Clark et al. 2001). Si cercherà qui di valutare l’ordine di grandezza di queste perdite, per giungere a una stima più attendibile dell’incremento netto delle foreste italiane e stimolare nel futuro una maggiore attenzione al fenomeno attraverso misure di dettaglio.
Stima della mortalità naturale in boschi non diradati
Le perdite per mortalità individuale sono state prese in considerazione nella stima degli incrementi correnti netti delle foreste italiane proposta da Tabacchi et al. (2010), che le hanno quantificate in modo speditivo in 3.7 Mm3 anno-1. Includendo anche le perdite per incendi (1.3 Mm3 anno-1), la mortalità naturale è quindi stimata pari al 12.5% degli incrementi correnti lordi dei boschi italiani, e lo stesso valore percentuale sembra essere stato utilizzato nel contributo inviato per la compilazione delle statistiche internazionali (UNECE/FAO 2011).
Valori nettamente maggiori sono invece citati da Pretzsch (2009), il quale stima che in assenza di diradamenti - situazione molto diffusa nella quasi totalità dei boschi italiani - le perdite per mortalità individuale siano sorprendentemente costanti e ammontino al 30% circa degli incrementi correnti lordi. Valori anche superiori sono menzionati nelle linee guida dell’IPCC per la stima dei flussi forestali di carbonio (IPCC 2003), che sottolineano come in boschi naturali e semi-naturali (cioè soprassuoli gestiti non intensivamente) la mortalità legata alla competizione possa rappresentare il 30-50% della produttività totale nel corso della vita del soprassuolo; in foreste regolarmente diradate tali perdite possono ridursi invece a zero, dal momento che i tagli intercalari interessano tipicamente le piante destinate altrimenti alla morte. Facendo riferimento alla rianalisi presentata da Harmon et al. (2001), le linee guida IPCC suggeriscono quindi che in boschi non diradati la mortalità relativa possa essere stimata per le foreste temperate e boreali in misura pari all’1-1.12% del volume in piedi / anno (nel caso di boschi di conifere e latifoglie decidue, rispettivamente). In mancanza di stime più dettagliate, questo valore di riferimento è stato recentemente utilizzato nell’Inventario Italiano dei Gas Serra (ISPRA 2013). Valori ancora più alti di mortalità relativa (2% del volume in piedi anno-1) sono stati recentemente riportati per i boschi tropicali da Galbraith et al. (2013) sulla base dei dati disponibili in letteratura. Occorre peraltro rimarcare come in entrambi i casi l’entità del fenomeno possa essere stata esagerata dall’inclusione nell’analisi di foreste vetuste, vicine all’equilibrio. Con riferimento ai boschi italiani e facendo riferimento ai dati di volume INFC, l’applicazione dei coefficienti proposti da Harmon porterebbe a stimare perdite per mortalità pari a 13.5 Mm3 anno-1 (senza considerare le perdite associate agli incendi).
Un’indicazione indipendente dell’ammontare delle perdite per mortalità individuale può venirci inoltre da una rianalisi delle tavole di crescita pubblicate negli anni. La letteratura forestale riporta purtroppo pochi esempi di tavole di crescita per boschi non diradati; nella maggior parte dei casi, poi, queste contengono informazioni sulle variazioni naturali di densità con l’età, ma non sulle perdite di biomassa ad esse associate. Le indicazioni che se ne ricavano rischiano di essere fuorvianti, dal momento che sono in genere destinate a morte le piante sottoposte, con un volume unitario ben inferiore alla media del popolamento. Un esempio, tratto da tavole di crescita inglesi per fustaie di pino e cedui di quercia, è presentato in Fig. 3: in entrambi i casi si osserva una drastica riduzione della densità degli individui, tanto più rapida quanto maggiore è la fertilità stazionale, con perdite che arrivano fino al 75.4 e al’85.3% degli individui nel caso della fustaia e del ceduo, rispettivamente (Edwards & Christie 1981, Crockford & Savill 1991). Valori simili sono stati riportati anche per cedui italiani di cerro da La Marca et al. (2005).
Possiamo però ottenere una prima stima, indiretta, del peso della mortalità individuale in termini volumetrici da una rianalisi di tavole di crescita per boschi soggetti a diradamento dal basso di grado lieve, nell’assunzione che in questo caso il diradamento vada a sostituirsi alla mortalità naturale, anticipandola. Sono state prese in considerazione a tal fine 40 tavole di crescita sviluppate in Germania per 4 specie di conifere e 3 specie di latifoglie decidue a partire dai dati di parcelle sperimentali permanenti in diverse condizioni climatiche e di fertilità (Tab. 1 - Schwappach 1929, Wiedemann 1949, Schober 1987); la mortalità individuale nel corso della vita del popolamento è stata stimata dal rapporto fra la massa intercalare e la massa totale a fine turno, considerata equivalente all’integrale dell’incremento corrente lordo. Una seconda stima, diretta questa volta, del peso della mortalità individuale è stata poi derivata da Shvidenko et al. (1996), che ha raccolto e armonizzato le tavole di crescita disponibili per boschi russi non diradati; le tavole riguardano sei gruppi di specie, sia conifere sia latifoglie (Tab. 2, Tab. 3), in diverse condizioni di fertilità e grado di copertura e in assenza di disturbi su ampia scala (Shvidenko & Nilsson 1998). I risultati delle due analisi sono presentati in Fig. 4 per boschi di conifere e latifoglie; nel caso delle foreste russe sono riportati solo i risultati per boschi a copertura piena. In entrambi i casi, la mortalità individuale pare avere un peso maggiore nel caso dei boschi di conifere; una maggior incidenza della mortalitàè evidente nel caso delle tavole tedesche (43.8 e 48.6 % della massa totale per latifoglie e conifere, rispettivamente), presumibilmente a causa della maggiore incidenza del diradamento sia pur di grado lieve in confronto all’auto-diradamento. Occorre inoltre sottolineare come in genere le tavole tedesche siano state sviluppate per piantagioni, che potrebbero presentare tassi di mortalità diversi dai boschi semi-naturali. Nel caso delle tavole russe, valide per boschi semi-naturali, si stima una perdita per mortalità individuale pari al 30.9 e al 37.5 % dell’incremento corrente lordo, rispettivamente per boschi di latifoglie e di conifere.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare sulla base delle sole dinamiche di popolazione (caratterizzate da una riduzione della densità particolarmente severa nelle fasi giovanili - vedi Fig. 3), l’analisi di Shvidenko et al. (1996) dimostra come la mortalità sia in genere tanto più importante quanto maggiore è l’età del soprassuolo (Fig. 5A); tale aumento è confermato da misure di dettaglio per Pseudotsuga menziesii (Acker et al. 2002) e per Quercus rubra (Xu et al. 2012). Sulla base dell’analisi di Shvidenko et al. (1996), l’incidenza relativa della mortalità pare inoltre aumentare al ridursi del grado di copertura del bosco (Fig. 5B).
Possiamo ora applicare queste stime per raffinare l’analisi dei tassi di crescita e accumulo delle foreste italiane.
Verso una stima del margine di sostenibilità nella gestione dei boschi italiani
Sulla base di dati dell’INFC (Gasparini & Tabacchi 2011), l’incremento corrente lordo (GAI) delle foreste italiane è stato stimato da Tabacchi et al. (2010) in 40.0 Mm3 anno-1; questo dato comprende tanto il contributo legato alla crescita (Gl in Fig. 2) dei boschi, degli impianti di arboricoltura da legno e delle aree temporaneamente prive di soprassuolo (34.9, 0.9 e 0.1 Mm3 anno-1, rispettivamente), quanto l’ingresso di nuovi alberi (Il), con riferimento all’ingresso di alberi in boschi esistenti (3.5 Mm3 anno-1) e all’espansione dei boschi (0.6 Mm3 anno-1). Sulla base dell’analisi recentemente presentata da Magnani & Raddi (2014), si è qui provveduto a correggere la stima INFC della crescita dei boschi, applicando la formula di correzione ivi proposta all’incremento percentuale ricavabile dall’Inventario per singola specie ed ambito territoriale, e moltiplicando il valore così corretto alla provvigione corrispondente; tale correzione ha portato ad un valore stimato di incremento corrente lordo di 37.3 Mm3 anno-1.
Per giungere ad un valore attendibile dell’incremento corrente netto sono stati applicati i due metodi di stima della mortalità individuale sopra discussi.
Applicando l’approccio proposto da Harmon et al. (2001), possiamo stimare la mortalità annua come una frazione fissa del volume in piedi; utilizzando i coefficienti ivi proposti per conifere e latifoglie e considerando i valori di provvigione forniti dall’INFC, otteniamo pertanto per la mortalità individuale un valore di 13.5 Mm3 anno-1.
Una seconda stima di mortalità può essere poi derivata dall’analisi di Shvidenko et al. (1996), tenendo in considerazione le differenze legate al tipo funzionale e all’età. Una stima di massima dell’età media dei boschi italiani può essere tratta dall’INFC, assumendo per le conifere il valore medio delle fustaie (68 anni) e prudenzialmente quello dei cedui (40 anni) per le latifoglie. Applicando questi valori di età media in Fig. 5A, possiamo stimare valori indicativi di mortalità relativa (NL/GAI) per conifere e latifoglie, che moltiplicati per i valori di incremento corrente lordo (GAI) riportati nell’INFC per ogni ambito territoriale (Gasparini & Tabacchi 2011) ci permettono di valutare la mortalità individuale in 11.6 Mm3 anno-1. Occorre peraltro sottolineare come oltre il 10% dei boschi italiani presenti una struttura articolata o disetanea; poco sappiamo della mortalità di queste tipologie.
In entrambi i casi, la mortalità individuale è stata calcolata per i soli boschi alti, assumendo che gli impianti di arboricoltura da legno non siano soggetti ad auto-diradamento. Vale qui la pena di notare come il primo valore (da Harmon et al. 2001) risulti presumibilmente per eccesso, derivando da stime di mortalità relativa ottenute su un campione contenente anche boschi stramaturi e vetusti; il secondo valore (da Shvidenko et al. 1996) al contrario andrà probabilmente a sottostimare il valore vero, a causa dell’assunzione di una copertura piena (Fig. 5B). Con entrambi gli approcci si rischia inoltre di sovrastimare la mortalità naturale in boschi recentemente diradati o da poco soggetti ad avviamento all’alto fusto.
A questi valori di mortalità individuale su piccola scala si dovranno poi aggiungere le perdite dovute a disturbi su ampia scala; queste sono state stimate in 1.3 Mm3 anno-1 da Tabacchi et al. (2010); un valore ancora superiore (2.6 Mm3 anno-1) è stato proposto da Pettenella & Ciccarese (2009), ma ci atterremo qui alla prima stima prudenziale. Sommando le diverse componenti, giungiamo quindi a una stima degli incrementi correnti netti delle foreste italiane di 24.4 o 22.5 Mm3 anno-1, a seconda dell’approccio impiegato per la stima della mortalità individuale. Si tratta in entrambi i casi di un valore nettamente inferiore alla stima originariamente riportata da Tabacchi et al. (2010) di 35.0 Mm3 anno-1. Tale discrepanza pare legata soprattutto alla originale sottostima delle perdite per mortalità individuale, valutata pari al 9.2% dell’incremento corrente lordo delle foreste italiane (GAI), ovvero a 0.43 m3 ha-1 anno-1; le stime qui proposte utilizzando l’approccio di Harmon (36.2% del GAI, ovvero 1.58 m3 ha-1 anno-1) o sulla base dei dati di Shvidenko (31.1% del GAI, ovvero 1.35 m3 ha-1 anno-1) sono prossime al valore del 30% proposto Pretzsch (2009) e più in linea con quanto riportato in letteratura per boschi non diradati; nella loro rianalisi dell’apporto al suolo di biomassa legnosa in boschi temperati, ad esempio, Harmon et al. (1986) riportano un valore medio di 3.5 m3 ha-1 anno-1 (pur con un’amplissima variabilità: 0.24-14.5 m3 ha-1 anno-1). Valori molto inferiori, vicini a quelli proposti da Tabacchi et al. (2010), sono invece osservati in boschi gestiti più intensivamente; Stokland et al. (2003) riportano ad esempio valori medi di mortalità individuale pari a 0.11, 0.31 e 0.24 m3 ha-1 anno-1 per i boschi di Finlandia, Norvegia e Svezia, rispettivamente.
Sulla base di queste stime riviste di incremento netto, possiamo finalmente valutare con maggiore confidenza i margini di sostenibilità della gestione forestale in Italia. Facendo riferimento ancora una volta ai dati INFC, le utilizzazioni forestali a livello nazionale sono pari a 13.8 Mm3 anno-1 (valore comprensivo di 0.4 Mm3 anno-1 di utilizzazioni fuori foresta), cui andrebbero sommate utilizzazioni per altri 0.3 Mm3 anno-1 dovute a variazioni di uso del suolo (Tabacchi et al. 2010). Questa stima dovrebbe essere scevra dagli errori sistematici che affliggono le stime ISTAT (MIPAAF 2012).
In termini relativi, giungiamo pertanto a stimare che le utilizzazioni forestali ammontino al 57.7-62.6% degli incrementi correnti netti (NAI) delle foreste italiane, a seconda della metodologia adottata (Fig. 6). Pur trattandosi di una stima per eccesso, a causa dell’effetto di sostituzione di diradamenti ed avviamenti all’alto fusto, dove effettuati, si tratterebbe di una frazione ben maggiore di quella spesso riportata del 20-33% degli incrementi (MIPAAF 2012), basata su statistiche ISTAT e su una non chiara definizione delle variabili in gioco, ma anche della più robusta valutazione (40.3% del NAI) proposta da Tabacchi et al. (2010). A titolo di paragone, un valore medio del 67.4% è stato stimato per i Paesi europei (EU15) nello stesso periodo di riferimento (UNECE/FAO 2011).
Conclusioni
Da quanto detto risulta chiaro che la mortalità individuale, contrariamente a quanto spesso affermato, è un processo assolutamente non trascurabile nella realtà forestale italiana, caratterizzata da una gestione non intensiva e dall’assenza generalizzata di diradamenti continui e capillari; ed è quindi urgente ottenere misure attendibili delle perdite ad essa associate per le principali tipologie forestali italiane. Si spera che le misure previste nel prossimo inventario nazionale, ripetute sugli stessi punti campionari già rilevati nel primo INFC, possano fornire una stima attendibile (a scala aggregata, se non puntiforme) degli incrementi correnti netti a scala nazionale (vedi Fig. 2) e quindi anche della mortalità naturale, calcolata per differenza dagli incrementi lordi. In parallelo, occorrerebbe valorizzare il piccolo ma prezioso patrimonio di aree sperimentali permanenti presenti anche in Italia (ad es., nell’ambito della rete CONECOFOR), che nonostante la non perfetta rappresentatività statistica potrebbe fornire utili indicazioni sulla reale entità della mortalità naturale nei boschi italiani. Per evitare il rischio di un doppio conteggio sarà infine necessario valutare quanta parte della mortalità naturale venga successivamente esportata dal bosco; questa eventualità appare verosimile soprattutto per i tagli fitosanitari a seguito di disturbi su ampia scala (attacchi parassitari, schianti da vento, incendi, ecc.), mentre il prelievo come legna da ardere di piante secche a terra, per quanto talvolta rilevante per l’economia locale, sfugge comunque al rilievo delle utilizzazioni forestali con le metodologie previste nell’Inventario e non rischia pertanto di creare problemi al riguardo.
Vale la pena di riflettere, inoltre, sulle implicazioni dei risultati qui presentati per la gestione dei boschi italiani. Da un lato si conferma infatti la piena sostenibilità della gestione forestale italiana, essendo le utilizzazioni a scala nazionale ancora ben al di sotto dell’incremento corrente netto. Nonostante la mancanza di misure dirette di mortalità individuale per i boschi italiani e l’ampio margine di incertezza nei valori stimati dalla letteratura per i boschi temperati e boreali in generale, questa analisi suggerisce che il margine di sicurezza sia probabilmente più ristretto di quanto spesso ritenuto in passato (soprattutto se dalla scala nazionale si scende a considerare i singoli ambiti territoriali) e probabilmente non tale da giustificare un sostanziale aumento delle utilizzazioni, ad esempio per la produzione di biomasse ad uso energetico (MSE 2010). Se è vero infatti che tassi di utilizzazione superiori agli incrementi netti possono essere giustificabili (assumendo ad esempio che l’accumulo di volume in bosco osservato nell’ultimo cinquantennio costituisca una riserva ora utilizzabile per far fronte alle necessità), si impone certamente un’attenta discussione al riguardo nella comunità forestale nazionale, che consideri le potenzialità anche produttive dei cedui invecchiati (Amorini & Fabbio 2009, Bernetti & La Marca 2011).
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Ripartizione schematica di incrementi e perdite di volume, con l’indicazione dei simboli utilizzati nel testo (da: Kuusela 1994, modificato); le dimensioni relative dei diversi comparti non sono in scala. In giallo sono evidenziate alcune componenti spesso trascurate; la mortalità naturale è ulteriormente ripartita nelle componenti legate a disturbi su ampia scala e mortalità naturale, come discusso nel testo.
Rappresentazione schematica delle diverse componenti di perdite e incrementi, come rilevate in sede di inventario (da: Schuck et al. 2002). In relazione ai simboli di Fig. 1, valgono le relazioni: GAI = Gl + Gm + Gc + Il + Im + Ic; NL = m + Gm + Im; F = c + Gc + Ic; ΔV = volume finale-volume iniziale = Gl + Il - m - c.
Variazioni con l’età della densità di boschi inglesi non diradati. (A): fustaie di pino silvestre (Edwards & Christie 1981); (B): cedui di farnia (Crockford & Savill 1991). Le diverse curve corrispondono a livelli crescenti di fertilità (nero: bassa fertilità).
Stima della mortalità naturale (percentuale dell’incremento annuo lordo, GAI) in boschi di conifere e latifoglie da una rianalisi di tavole di crescita. (A): stima della mortalità individuale dall’entità dei diradamenti dal basso di grado lieve in boschi tedeschi (vedi Tab. 1 per dettagli); (B): stima diretta della mortalità individuale in boschi russi non diradati (vedi Tab. 2 per dettagli). Per ogni categoria, il boxplot riporta il 25-, 50- e 75-mo percentile; le barre corrispondono ai valori massimi e minimi per la classe.
Variazione della mortalità individuale (percentuale dell’incremento annuo lordo, GAI) in boschi russi di conifere e latifoglie non diradati, in funzione: (A) dell’età (assumendo densità piena); e (B) della densità relativa della copertura (valore medio su un turno di 100 anni). Da: Shvidenko et al. (1996), vedi Tab. 2 per dettagli. Medie ± errore standard.
Stima del rapporto fra utilizzazioni forestali e incrementi dei boschi italiani (= F/GAI per la sola prima colonna; F/NAI per le altre colonne), in funzione della base di dati utilizzata. Viene riportato anche il valore medio di F/NAI per i boschi europei (EU15 - UNECE/FAO 2011).
Stima della mortalità individuale dall’entità dei diradamenti dal basso di grado lieve in boschi tedeschi, desunta per singole specie e tipologie funzionali da una rianalisi di tavole di crescita pubblicate: valori medi, minimi e massimi di massa intercalare in rapporto al volume totale a fine turno (= incremento annuo lordo accumulato). Per ogni specie è riportato il numero (N) delle tavole di crescita considerate, relative a diverse regioni o classi di fertilità.
Specie
N
Massa intercalare(% volume totale)
Fonte
media
min
max
Fagus sylvatica
14
43.5
37.8
50.1
Schober 1987, Schwappach 1929, Wiedemann 1949
Populus euramericana
4
37.5
35.5
41.2
Schober 1987
Quercus robur, Q. petraea
4
51.2
35.7
60.7
Schober 1987
Totale latifoglie
22
43.8
35.5
60.7
-
Abies alba
4
52.1
48.4
55.8
Schober 1987
Picea abies
5
43.6
38.1
46.1
Schober 1987
Pinus sylvestris
6
53.3
49.4
55.1
Schober 1987
Pseudotsuga menziesii
3
43.0
40.3
45.6
Schober 1987
Totale conifere
18
48.6
38.1
55.8
-
Stima della mortalità individuale in boschi russi non diradati, desunta per singole specie e tipologie funzionali dalla rianalisi di tavole di crescita di Shvidenko et al. (1996): valori medi, minimi e massimi di mortalità naturale accumulata sull’intero turno (ipotizzato pari a 100 anni), in rapporto all’incremento annuo lordo accumulato. Per ogni specie è riportato il numero (N) di tavole di crescita considerate, relative a diverse classi di fertilità con copertura piena, ed il riferimento ai dataset originali utilizzati per ogni specie.
Specie
N
Mortalità(% GAI)
Fonte
media
min
max
Betula pendula
6
31.7
30.5
33.3
Kenstavichus 1981, Tiurin et al. 1945, Zagreev et al. 1992
Populus spp.
6
28.2
25.1
32.5
Kenstavichus 1981, Tiurin et al. 1945, Zagreev et al. 1992
Quercus robur
6
32.7
25.3
38.2
Tiurin et al. 1945
Totale latifoglie
18
30.9
25.1
38.2
-
Larix spp.
7
30.2
25.6
32.2
Falaleev et al. 1975, Koriakin 1990
Picea spp.
7
42.6
35.7
48.9
Kenstavichus 1981, Tiurin et al. 1945, Zagreev et al. 1992
Pinus spp.
7
39.6
39.0
40.3
Falaleev et al. 1975, Kenstavichus 1981, Tiurin et al. 1945, Zagreev et al. 1992
Totale conifere
21
37.5
25.6
48.9
-
Sommario dei principali flussi di volume nelle foreste italiane, sulla base dei dati INFC e delle stime di mortalità individuale proposte nell’articolo.
Variabile
Simbolo
Unità di misura
Categoria
Valore
Fonte
Volume in piedi
l
Mm3
-
1269.4
Gasparini & Tabacchi 2011
Incremento lordo
Gl
Mm3 anno-1
-
35.9
Gasparini & Tabacchi 2011
33.2
valore corretto, Magnani & Raddi 2014
Ingresso nuovi alberi
Il
Mm3 anno-1
passaggio soglia
3.5
Tabacchi et al. 2010
nuovi boschi
0.6
Tabacchi et al. 2010
Mortalità
m
Mm3 anno-1
disturbi larga scala
1.3
Tabacchi et al. 2010
individuale
3.7
Tabacchi et al. 2010
13.5
questo studio, Harmon et al. 2001
11.6
questo studio, Shvidenko et al. 1996
Incremento netto
Gl+Il-m
Mm3 anno-1
-
35.0
Tabacchi et al. 2010
22.5
questo studio, Harmon et al. 2001
24.4
questo studio, Shvidenko et al. 1996
Utilizzazioni
c
Mm3 anno-1
-
8.1
ISTAT 2014
in foresta
13.8
Gasparini & Tabacchi 2011
fuori foresta
0.4
Gasparini & Tabacchi 2011
per variazioni URS
0.3
Tabacchi et al. 2010
totale
14.1
-
Definizione internazionale dei principali flussi di volume nei sistemi forestali
(da: UNECE/FAO 2000, Schuck et al. 2002, modificato; i flussi sono da intendersi espressi in m3 anno-1).
Cortecce (B, bark): volume medio annuo delle cortecce di alberi, vivi o morti, o parti di alberi tagliati ed esportati dal bosco nel periodo di riferimento.
Incremento corrente lordo (GAI, gross annual increment): valore annuo medio dell’incremento di volume di tutti gli alberi (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) nel periodo di riferimento; include l’incremento degli alberi che sono stati tagliati o sono morti nel periodo di riferimento.
Incremento corrente netto (NAI, net annual increment): valore annuo medio dell’incremento lordo meno il volume delle perdite naturali (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) nel periodo di riferimento.
Perdite naturali (NL, natural losses o mortality): perdite annue medie di provvigione (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) nel periodo di riferimento, dovute a mortalità per cause differenti dalle utilizzazioni antropiche (ad es. per auto-diradamento, malattie, insetti, incendi, schianti o altre cause fisiche)
Perdite totali (D, total drain): volume medio annuo di tutti gli alberi (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) morti per cause naturali o tagliati nel periodo di riferimento.
Prelievi sopra corteccia (Rob, removals over bark): volume medio annuo di tutti gli alberi, vivi o morti, o parti di alberi tagliati ed esportati dal bosco nel periodo di riferimento.
Prelievi sotto corteccia (Rub, removals under bark): volume medio annuo di tutti gli alberi, vivi o morti, o parti di alberi tagliati ed esportati dal bosco nel periodo di riferimento, al netto delle cortecce.
Residui delle utilizzazioni (LR, logging residues): volume medio annuo di alberi (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) o parti di alberi tagliati ma non esportati dal bosco nel periodo di riferimento.
Utilizzazioni (F, fellings): volume medio annuo in piedi di tutti gli alberi vivi o morti (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm) tagliati nel periodo di riferimento; include il volume degli alberi o parti di albero che non vengono esportati dal bosco (o altre terre boscate o siti di utilizzazione).
Variazione netta (ΔV, net change o net balance): variazione media annua di provvigione (fino a un diametro a 1.30 m di 0 cm).