Prescribed burning is used in many geographical areas for multiple and integrated objectives (wildfire prevention, habitat conservation, grazing management). In Europe the collaboration between researchers and fire professionals has brought to implement this technique over increasing areas (~104 ha year-1), effectively and efficiently. In Italy prescribed burning has not been much studied and it is rarely applied. A new interest is recently rising. Some Regions particularly threatened by wildfires have updated their legislation and set up procedures to authorize prescribed fire experiments and interventions. From 2004 to 2011 several scientific, operative and training experiences have been carried out at a regional level (Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sardegna, Toscana). The present paper aims to: (i) document and compare these regional programs; (ii) discuss their frameworks and limitations; (iii) provide information about objectives, prescriptions, methods and results. The study has involved Universities, Forest Corps, Civil Protection, Municipalities, Parks and professionals from Italy and other Countries. Interventions have regarded integrated objectives (fire hazard reduction; habitat conservation; forest and grazing management), and involved several vegetation types (broadleaved and conifer forests; Mediterranean and Continental shrublands; grasslands). Studies on fire behaviour and ecology have helped to set prescriptions for specific objectives and environments. Results have been transferred to professionals through training sessions. Several common elements are outlined: integrated objectives, multidisciplinary character, training and research products. Ecological questions, certification to the use of fire, communication to local communities and the proposal of new studies, are some of the issues outlined in the discussion. The present study is the first review at national level and we hope it will help to deepen the meaning and limitations of a technique which is an effective tool to prevent wildfires when integrated in the forest and land planning process.
Prescribed burningWildfire preventionHabitat conservationGrazing managementFire professional trainingForest EcologyIntroduzione
Esistono diverse definizioni di fuoco prescritto (Wade & Lunsford 1989, FAO 2006): ai fini del presente lavoro si intende la tecnica di applicazione esperta, consapevole e autorizzata del fuoco su superfici pianificate, adottando precise prescrizioni e procedure operative, per conseguire specifici obiettivi integrati nella pianificazione territoriale. Il termine “fuoco prescritto” esprime quindi la qualità del fuoco che lo distingue da altri possibili significati (es. fuoco controllato, debbio, abbruciamento).
Elemento chiave di questa tecnica sono le “prescrizioni”, ovvero le indicazioni di carattere progettuale relative alla stagione e frequenza di intervento, alle finestre ambientali in cui operare (es. umidità della lettiera) e alle tecniche di accensione da adottare (es. contro vento), per condurre un fronte di fiamma con un comportamento previsto (es. lunghezza fiamma) e ottenere specifici effetti, in particolare sulla vegetazione (es. riduzione della copertura). Queste indicazioni consentono, inoltre, di evitare effetti indesiderati e forniscono agli operatori uno strumento decisionale per lavorare in sicurezza e nei tempi pianificati (Fernandes & Loureiro 2010).
Le prescrizioni non sono univoche ma variano in funzione degli obiettivi gestionali e dei limiti ambientali di un dato territorio. La prevenzione degli incendi boschivi nelle zone di interfaccia urbano-foresta e in popolamenti forestali resistenti e/o resilienti al fuoco, la conservazione di ecosistemi in cui il fuoco è un importante fattore ecologico, la gestione delle risorse pastorali, diverse finalità di carattere colturale in ambito agro-forestale e la formazione antincendi boschivi (AIB), sono i principali obiettivi per cui il fuoco prescritto viene pianificato, progettato e applicato in molte aree geografiche, adottando un approccio integrato (Pyne et al. 1996, Myers 2006, Silva et al. 2010).
Per ciascun obiettivo, la definizione delle prescrizioni passa attraverso lo studio delle relazioni fra il comportamento del fuoco e i suoi effetti sulle componenti dell’ecosistema quale elemento chiave di comprensione per l’uso esperto della tecnica. Nei Paesi extra europei in cui il fuoco prescritto ha conosciuto il massimo sviluppo (es. Australia, USA, Sud Africa), il suo uso è andato di pari passo con la realizzazione di studi multidisciplinari in cui aspetti ecologici, operativi, economici e giuridici sono stati affrontati in modo integrato (Pyne et al. 1996). Similmente, in Europa l’introduzione del fuoco prescritto dalla fine degli anni ’70 ha visto una stretta collaborazione fra diversi settori della ricerca e il mondo operativo, anche nell’ambito di progetti comunitari (Botelho et al. 2002, Silva et al. 2010), portando questa tecnica ad essere applicata su superfici crescenti in diversi paesi. Ad esempio, il fuoco prescritto interessa una superficie media annua di 5.000 ha in Francia, 2.000 ha in Portogallo e di 1.000 ha in Spagna (Lázaro 2010). Attualmente viene impiegato in modo efficace e a costi competitivi sia nell’Europa mediterranea che in aree a clima temperato, atlantico e boreale, per la prevenzione degli incendi, la formazione del personale AIB, la conservazione di habitat prioritari ai sensi della Direttiva Habitat (DH) 92/43/CEE, la gestione delle risorse silvo-pastorali e la certificazione del Forest Stewardship Council (Lázaro 2010, Silva et al. 2010). Una raccolta di prescrizioni per l’applicazione del fuoco prescritto in Europa è stata predisposta da Fernandes & Loureiro (2010).
In Italia il fuoco prescritto è poco studiato, raramente applicato e spesso controverso (Calabri 1981, Stefani 1985, Leone et al. 1999, Senatore 2000, Leone 2004). Calabri (1981) riconosce l’utilità del fuoco prescritto per migliorare la produzione foraggera in pascoli e incolti produttivi e per una gestione razionale dei fuochi pastorali, anche con un approccio integrato per la prevenzione degli incendi boschivi. Lo stesso Calabri (1988), visto lo sviluppo del fuoco prescritto in Francia e Portogallo negli anni ’80, e incoraggiato dai risultati di alcuni esperimenti condotti dall’Istituto Sperimentale di Selvicoltura in pinete di pino domestico in Toscana (Buresti & Sulli 1983), e per la gestione dei viali tagliafuoco in Sardegna, prevede la possibilità di applicare il fuoco prescritto a fini preventivi in pinete mediterranee e nei viali tagliafuoco verdi; ne intuisce anche le potenzialità per la formazione AIB. Tuttavia, evidenzia impedimenti amministrativi e territoriali (es. Prescrizioni di Massima; frazionamento fondiario; interfaccia urbano-foresta estesa) e un’opinione pubblica abituata alla propaganda antincendi, quali limiti per lo sviluppo della tecnica in Italia. Queste prime esperienze non ebbero implicazioni gestionali e non vennero monitorate e seguite da una valutazione critica e documentata dei risultati.
Durante gli anni ’90 il fuoco prescritto non ha suscitato interesse nel mondo forestale italiano. Fanno eccezione uno studio sperimentale in Sardegna (Massaiu 1999), e un’indagine condotta a scala nazionale, nell’ambito del progetto Fire Torch (Botelho et al. 2002), sulle conoscenze e la percezione del fuoco prescritto fra gli operatori forestali (Leone et al. 1999). I risultati di quest’ultima ricerca confermarono le osservazioni di Calabri (1981, 1988) e identificarono nuovi elementi: poche conoscenze sugli effetti ecologici del fuoco e sulla tecnica del fuoco prescritto, l’assenza di personale qualificato, il timore di perdere il controllo del fuoco e di doverne rispondere, risultarono essere i principali fattori responsabili della diffidenza del settore forestale italiano verso l’uso del fuoco nella gestione territoriale (Leone et al. 1999, Leone 2004).
Gli studi citati concordano nell’evidenziare un aspetto critico in Italia, ovvero la carenza di conoscenze teoriche, operative e sperimentali, che si riflette in una normativa inadeguata. Gli autori insistono sulla necessità di condurre studi multidisciplinari che valutino caso per caso la fattibilità del fuoco prescritto e ne definiscano le prescrizioni di applicazione per regolamentarne l’uso (Calabri 1981, 1988, Stefani 1985, Massaiu 1999, Leone 2004).
Recentemente si è osservato un rinnovato interesse. Alcune Regioni hanno aggiornato la normativa, le Prescrizioni di Massima e i Piani Regionali di Previsione, Prevenzione e Lotta agli Incendi Boschivi (Piani AIB) ai sensi della L. 353/2000, prevedendo la possibilità di autorizzare sperimentazioni o applicazioni di fuoco prescritto anche nei Parchi Nazionali, Riserve Statali e Regionali (Bovio & Ascoli 2012). Diverse esperienze di carattere scientifico e operativo sono state realizzate a livello regionale vedendo la collaborazione di Università, Corpo Forestale dello Stato (CFS), Corpo Forestale Regionale, Servizi Regionali (Protezione Civile, Servizio foreste etc.), Comunità Montane, Enti Parco e professionisti del settore forestale sia italiani che stranieri. Gli interventi di fuoco prescritto hanno interessato diverse aree geografiche, tipi di vegetazione e habitat di interesse comunitario e prioritari (DH 92/43/CEE) rappresentativi del territorio peninsulare e insulare, ed hanno riguardato molteplici obiettivi gestionali (Tab. 1). Queste esperienze rappresentano un importante patrimonio di conoscenze da valorizzare. Il presente lavoro si pone i seguenti obiettivi: i) documentare e confrontare le esperienze regionali di fuoco prescritto; ii) discutere gli schemi di lavoro adottati e i limiti riscontrati; iii) fornire approfondimenti su obiettivi, prescrizioni, metodologie e risultati con ricadute positive per futuri studi e applicazioni di fuoco prescritto a livello nazionale.
Esperienze regionali di fuoco prescrittoPiemonte
Nel 2004 il Dipartimento Agroselviter dell’Università di Torino ha avviato una linea di ricerca sul fuoco prescritto realizzando applicazioni sperimentali dal 2005 al 2010. Tutti gli interventi proposti sono stati autorizzati dalla Regione Piemonte, previa presentazione di una relazione tecnica e sentito il parere del CFS (L.R. 16/1994). Gli obiettivi gestionali hanno riguardato la conservazione di habitat interesse comunitario (Ascoli et al. 2005), la gestione delle risorse pastorali (Ascoli et al. 2009) e la creazione di viali tagliafuoco in aree strategiche per finalità antincendio (Ascoli et al. 2007; Ascoli & Bovio 2010a). Gli interventi sono stati realizzati in collaborazione con il CFS e il Corpo Volontari AIB del Piemonte (Fig. 1), rappresentando un’opportunità di esercitazione per il personale AIB. Nel 2010 Agroselviter ha, inoltre, tenuto un corso di formazione sulla tecnica del fuoco prescritto, sia teorico che pratico, destinato ad operatori del Sistema AIB del Piemonte in collaborazione con la Protezione Civile (Bovio & Ascoli 2011).
Tutte le sperimentazioni sono state realizzate all’interno della Riserva Naturale Orientata (RNO) della Vauda (7° 41’ 17’’ E, 45° 13’ 13’’ N). Quest’area fa parte dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) di Rete Natura 2000 del Piemonte ed è caratterizzata da diversi habitat prioritari (Sindaco et al. 2008). La brughiera a Calluna vulgaris Hull. (Cod. DH 4030) costituisce l’habitat più importante. Un’ampia bibliografia documenta il ruolo ecologico del fuoco per conservare la brughiera, e dimostra come la tecnica del fuoco prescritto sia una soluzione gestionale efficace ed economica adottata in molte aree geografiche d’Europa per regolamentare l’uso rurale del fuoco (Lázaro 2010). Diversamente, alcuni studi in Piemonte hanno evidenziato come l’uso irrazionale del fuoco pastorale determini incendi troppo frequenti, intensi ed estesi che causano l’espansione del Populus tremula L. a scapito della brughiera e problemi nelle zone di interfaccia urbano-foresta (Borghesio 2009, Ascoli & Bovio 2010b). In collaborazione con l’Ente di Gestione della RNO e con il coinvolgimento di alcuni pastori che operano nell’area sono stati studiati trattamenti sperimentali di fuoco prescritto, integrati con il pascolo e lo sfalcio, con l’obiettivo di individuare idonee soluzioni gestionali (Ascoli et al. 2009). Il programma di ricerca ha adottato un approccio multidisciplinare integrando studi per caratterizzare i combustibili e il comportamento del fuoco (Ascoli 2008) a studi ecologici sulla rigenerazione della brughiera (Ascoli & Bovio 2009) e sulle specie esotiche invasive (Lonati et al. 2009). Inoltre, è stato valutato l’effetto di interventi di fuoco prescritto sulla riduzione del rischio incendi a scala di popolamento. Ad un anno dall’intervento l’intensità osservata in incendi sperimentali è risultata significativamente ridotta nelle aree gestite con il fuoco prescritto del 74% e 80% rispettivamente per fronti contro e a favore di vento (Ascoli & Bovio 2010a). Una sintesi delle prescrizioni adottate viene riportata in Tab. 2. Si rimanda a Ascoli & Bovio (2009) per un approfondimento. Queste indicazioni sono state riprese a livello internazionale da Fernandes & Loureiro (2010).
La ricerca condotta da Agroselviter ha anche individuato nuove aree di sperimentazione del fuoco prescritto in Piemonte: i) conservazione di habitat interesse comunitario (es. Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici, cod. DH: 9540); ii) gestione dei pascoli in aree ad elevata frequenza incendi di origine pastorale (es. zone della fascia montana esalpica dal cuneese al biellese); iii) prevenzione AIB in aree strategiche di pinete ad elevato rischio incendi (Pinus nigra Arn., Pinus pinaster Ait., Pinus sylvestris L.).
L’interesse derivato dalla ricerca e dalla formazione sul fuoco prescritto ha stimolato infine l’applicazione di vari interventi di fuoco prescritto attuati dal Sistema AIB della Regione Piemonte anche al di fuori di attività sperimentali.
Sardegna
In Sardegna il fuoco è uno strumento di gestione del territorio in contesto agropastorale, soprattutto alla fine dell’estate, nel momento del necessario rinnovo dei pascoli (Delogu & Cabiddu 2009). Nelle foreste aperte di Quercus suber L. consociate ai pascoli permanenti o alla macchia a Cistus monspeliensis L., la struttura forestale è derivata infatti dal frequente passaggio del fuoco pastorale (3-7 anni) di bassa intensità (Beccu 2000, Delogu 2000). Di conseguenza in Sardegna, a differenza di altre regioni italiane, l’uso del fuoco pastorale è sempre stato consentito attraverso l’autorizzazione dell’Amministrazione comunale o del Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale (CFVA). In selvicoltura il fuoco a fini gestionali è stato usato per la manutenzione dei viali tagliafuoco (Buresti & Sulli 1983, Massaiu 1999, Delogu 2000, Delogu & Cabiddu 2009) e per l’eliminazione dei residui di utilizzazione dopo tagli in quercete e pinete.
I cambiamenti socio-economici del territorio e il conseguente abbandono delle campagne hanno tuttavia contribuito alla perdita di antiche abilità nel maneggio del fuoco e reso più difficile il mantenimento delle tecniche di uso esperto del fuoco da parte dei tecnici forestali, determinando diverse problematiche (es. scarsa manutenzione dei viali tagliafuoco; incendi incontrollati).
Un importante passo per affrontare questi aspetti riguarda le Prescrizioni Regionali Contro gli Incendi (ai sensi della L. 353/2000) che dal 2010 riconoscono al CFVA la competenza di supporto agli agricoltori e pastori nell’esecuzione di fuochi tradizionali, e consentono la realizzazione di piani di fuoco prescritto per diversi obiettivi. Tutto ciò è stato possibile a seguito dell’importante esperienza condotta dal CFVA nel quadro della rete europea di siti dimostrativi di fuoco prescritto del progetto comunitario Fire Paradox (Silva et al. 2010). Nell’inverno 2006-2007 il CFVA ha realizzato interventi di fuoco prescritto (Fig. 2) in due siti dimostrativi caratterizzati da pinete litoranee di origine artificiale su sabbie dunali a Pinus pinea L. (8° 28’ 37’’ E, 40° 03’ 17’’ N) e a Pinus canariensis Sm. (8° 26’ 22’’ E, 39° 07’ 28’’ N) rispettivamente, dove la presenza turistica d’estate determina un alto rischio incendi. Un’analisi approfondita di queste esperienze viene presentata da Delogu (2009) e Delogu & Cabiddu (2009). Le prescrizioni adottate negli interventi dimostrativi vengono riportate in Tab. 3.
L’esperienza condotta nei due siti ha permesso una prima familiarizzazione degli operatori del CFVA con la tecnica, il superamento di ostilità pregiudiziale, l’inizio di un nuovo percorso formativo che potrà portare ad un utilizzo diffuso del fuoco prescritto come strumento operativo nella gestione delle strutture forestali e nella prevenzione dei grandi incendi forestali.
Un altro importante elemento introdotto dalle prescrizioni AIB, è quello del supporto del CFVA ai fuochi agro-pastorali, che può contribuire a creare, oltre al “pascolo migliorato” di interesse dei pastori, ampie aree di riduzione del carico di combustibile ai fini di una migliore prevenzione degli incendi. A tal fine, nel 2010 sono stati realizzati interventi di fuoco prescritto su superfici a pascolo nel Centro-Ovest della Sardegna (Planargia), normalmente prive di copertura arborea, che hanno visto operatori del CFVA a fianco dei pastori nell’uso del fuoco e nella condivisione di tecniche tradizionali e nuovi strumenti come la drip-torch (Diana G., CFVA - com. pers. a Delogu G.).
Allo stesso modo, nel corso del 2010 e 2011, si è lavorato, d’intesa tra CFVA, Ente Foreste e proprietari dei terreni, a creare con il fuoco un’ampia fascia di riduzione dei combustibili intorno a Nuoro, come azione preventiva rispetto alla ripetizione di eventi come quello del 24 luglio 2007.
In tutti i casi descritti, la finalitàè stata quella dell’iniziazione al fuoco come “training” per il personale di lotta, il materiale apprezzamento della possibilità di controllo dell’espansione del fuoco in condizioni definite, il recupero di un rapporto operativo tra CFVA e gente delle campagne, prima vista come controparte e ora come possibile alleato nella prevenzione degli incendi.
Basilicata
La Regione Basilicata ha introdotto con la L.R. 13/2005 (Art. 7) la possibilità di utilizzare il fuoco prescritto eseguito da personale addetto ai cantieri forestali e idoneo a tali pratiche. La legge rimanda al Piano AIB (L.353/2000) le apposite norme per regolarne le operazioni.
Il Dipartimento Sistemi Colturali Forestali e dell’Ambiente dell’Università della Basilicata ha ritenuto fondamentale proporre alla Regione Basilicata un corso di formazione sul fuoco prescritto che fornisse i primi elementi conoscitivi e applicativi agli operatori regionali e del CFS su questa tecnica ancora poco conosciuta ma applicabile perché regolamentata. Il corso si è svolto nel 2007 ed ha visto la collaborazione del Dr. Cornelis De Ronde, specialista di fama internazionale operante in Sud Africa, che ha svolto l’attività teorica e pratica. L’attività formativa, nell’ambito della quale è stato realizzato anche un manuale per gli operatori (De Ronde 2007), è stata finalizzata all’analisi della tecnica del fuoco prescritto e alla conoscenza degli strumenti di previsione del comportamento del fuoco come BehavePlus (Andrews et al. 2003), utili nella fase di progettazione (Leone 2004); essa si è conclusa con una prova sperimentale dimostrativa.
La dimostrazione era finalizzata all’uso della tecnica per la riduzione del carico di combustibile accumulato nei soprassuoli coetanei di conifere di origine artificiale che costituiscono i popolamenti forestali più vulnerabili al passaggio del fuoco (Leone & Lovreglio 2009). La prova sperimentale (Fig. 3) è stata eseguita su una parcella piana della superficie di 900 m2 (16° 50’ 16” E, 40° 22’ 05” N) circondata da fascia di sicurezza ampia 1 m, sterrata e bagnata, comprendente cinque filari di Pinus pinea L. dell’età di circa 60 anni, per un totale di una trentina di piante. All’interno dell’area sono stati realizzati allineamenti con picchetti di legno che terminavano con un’asta graduata di 80 cm per la misura dell’altezza di scottatura. L’accensione è stata realizzata con tecniche diverse (strisce parallele; per punti). In Tab. 4 vengono riportate le condizioni ambientali in cui si è svolta la prova sperimentale in campo.
L’applicazione del fuoco prescritto nell’ambito dell’attività di formazione ha permesso di perseguire più obiettivi ovvero: i) conoscenza diretta da parte degli operatori per permettere una diffusione dell’uso del fuoco prescritto in formazioni forestali artificiali coetanee a conifere, tra le più adatte per questo tipo di gestione selvicolturale preventiva; ii) definizione e applicazione di un piano di prescrizione e progettazione di fuoco prescritto in pineta di ambiente mediterraneo.
Seppur autorizzato dalla normativa regionale, l’intervento si è svolto nel più totale scetticismo degli operatori istituzionali, i quali si attendevano un disastro, tanto da aver mobilitato un imponente raduno di mezzi di estinzione. La prova si è invece svolta senza inconvenienti e nel totale rispetto delle previsioni di comportamento e del valore soglia progettato di 240 kWm-1 di intensità lineare (De Ronde et al. 1990; De Ronde 2007 ).
Malgrado l’esito positivo dell’esperienza formativa, il Servizio Foreste della Regione Basilicata dal 2007 non ha più considerato l’impiego del fuoco prescritto tanto da non aver emanato le relative norme nel Piano AIB 2009-2011. Tuttavia, tenuto conto dell’intensa frequentazione estiva delle aree costiere caratterizzate dalla presenza di pinete artificiali contigue alle spiagge, realizzate negli anni 50’ ed essenzialmente edificate da Pinus halepensis Mill. e in misura minore da Pinus pinea L., P. laricio Poiret. e Pinus brutia Ten., in molte aree tale tecnica sarebbe un efficace ed economico strumento di mitigazione del rischio di incendi boschivi.
Toscana
Nel 2007 un proprietario privato richiese una consulenza sullo stato di rischio in cui versava una tenuta di sua proprietà situata a 20 km da Firenze, in una zona agro-forestale del Comune di Lastra a Signa (11° 5’ 60" E, 43° 43’ 48" N). Si trattava di una proprietà minacciata da incendi occorsi nelle adiacenze nell’estate 2003, ma non colpita severamente. Questo ha creato il presupposto per l’avvio del progetto pilota di applicazione del fuoco prescritto denominato Pianacci (Valese & Held 2009) e cofinanziato dal Global Fire Monitoring Center, Freiburg, Germania.
In Toscana, il fuoco prescritto viene disciplinato dal Regolamento d’attuazione della L.R. 39/2000 (art. 68, com. 2). In seguito ad un sopralluogo nella tenuta, la Provincia di Firenze ha rilasciato l’autorizzazione per l’esecuzione degli interventi (per la durata di due anni), che comprendevano: i) 0.5 ha di pineta (Pinus pinaster Ait.) in cui erano stati prelevati precedentemente gli esemplari morti in piedi e instabili; ii) vegetazione erbaceo-arbustiva che invadeva la pista in un impianto di ulivi a sud-est dell’abitazione, per una fascia di 30 m in lunghezza e 5 m in larghezza.
Gli obiettivi principali del progetto erano: i) promuovere il concetto di auto protezione ai fini antincendio e individuarne gli attori, introducendo la tecnica del fuoco prescritto per la gestione dei combustibili forestali in una proprietà privata; ii) valutare la finestra di prescrizione; iii) applicare l’Incident Command System (ICS) durante l’intervento. L’ICS è un sistema per il coordinamento e la direzione del personale durante le emergenze, largamente riconosciuto a livello internazionale come standard operativo (FAO 2006), soprattutto qualora siano coinvolti enti di diversa provenienza che normalmente non lavorano insieme.
Il concetto di “auto protezione” (Grillo et al. 2008) o “firewise behaviour” (Randall et al. 2005) indica una serie di azioni intraprese dai residenti in zone di interfaccia urbano-foresta per rendere resistente al fuoco lo spazio attorno alle abitazioni, e per preparasi a difendere in sicurezza tale spazio in caso si verificasse un incendio boschivo. Questo genere di azioni serve ad evitare perdite al patrimonio e, in alcuni casi, ad aumentarne il valore economico, sia dal punto di vista paesaggistico sia in termini di risparmio di acqua e risorse energetiche, ad esempio valorizzando la struttura vegetazionale presente o favorendo le specie ecologicamente coerenti (Randall et al. 2005). Dal punto di vista dell’amministrazione pubblica, certificare o almeno promuovere simili attività porta ad una convenienza economica legata all’ottimizzazione della gestione territoriale e ad una minore pressione sul sistema antincendio (Stockmann et al. 2010).
La compagnia Working on Fire Europe (2011) ha curato l’organizzazione e attuazione del fuoco prescritto nel febbraio 2008 (Fig. 4), in collaborazione con le Università di Padova e di Firenze, l’associazione di volontari La Racchetta, che ha messo a disposizione mezzi e competenze di bonifica, e il proprietario. Una sintesi delle prescrizioni adottate viene riportata in Tab. 5.
Entrambi gli interventi hanno avuto una valenza dimostrativa. Essendo una tra le prime applicazioni di fuoco prescritto in proprietà privata in Italia è stata data particolare importanza alla comunicazione alla cittadinanza, per esempio affiggendo esternamente alla proprietà un cartello informativo per spiegare la natura dell’intervento.
Considerando l’elevata pressione turistica e la sua incidenza sull’innesco di focolai di incendio, la gestione dei combustibili nelle pinete toscane, sia litoranee che peri-urbane, attraverso la tecnica del fuoco prescritto, potrebbe essere una delle applicazioni più promettenti per razionalizzare i costi di gestione del territorio in un’ottica antincendio. Un ulteriore scenario di interesse è legato all’uso della tecnica del fuoco prescritto per la conservazione del paesaggio. In tal senso sono state sviluppate alcune iniziative e studi preliminari per l’applicazione del fuoco prescritto nella gestione del paesaggio nella riserva naturale di Lucciolabella (SI) e nel Parco del Paesaggio Rurale di Moscheta (FI) (Lombardo 2009).
Campania
Nel 2008 il Dipartimento Ar.Bo.Pa.Ve. dell’Università di Napoli Federico II ha avviato una sperimentazione di fuoco prescritto nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (PNCVD). L’attivitàè stata inserita tra le azioni proposte nel Piano AIB 2008 del Parco, in seguito recepite nel Piano AIB della Regione Campania. Gli interventi sono stati autorizzati dalla Regione Campania, previa presentazione di una relazione tecnica e sentito il parere del CFS.
Le sperimentazioni hanno previsto un approccio multidisciplinare integrando azioni di formazione del personale AIB con studi ecologici. Gli aspetti operativi e i programmi di formazione sono stati coordinati dall’impresa portoghese GIFF (2011) e dall’Universidade de Trás-os-Montes e Alto Douro, Vila Real, Portogallo; le attività di analisi del combustibile e comportamento del fuoco dall’Università di Torino; il monitoraggio ecologico su suolo, vegetazione e fauna dalla Seconda Università di Napoli e dall’Università Federico II di Napoli.
Il progetto, attualmente in corso, ha previsto l’uso del fuoco prescritto in differenti siti sperimentali e con diversi obiettivi: (i) gestione delle risorse pastorali, prevenzione incendi e conservazione di habitat prioritari in pascoli colonizzati da Spartium junceum L.; (ii) gestione del rischio incendio nelle aree di interfaccia urbano-foresta con formazioni a macchia mediterranea; (iii) prevenzione del rischio incendi in pinete a Pinus pinaster Ait. e Pinus halepensis Mill.; (iv) studio degli effetti del fuoco sulla rigenerazione di specie erbacee e legnose in fustaia a Quercus cerris L.
Particolare importanza ha assunto la sperimentazione condotta negli arbusteti a Spartium junceum L. in località Sella del Corticato nel comune di Teggiano (SA) (15° 26’ 12" E, 40° 23’ 47" N). Per le sue emergenze naturalistiche, l’area è inclusa in due Siti Natura 2000: nel SIC IT8050006 (Balze di Teggiano) e nella ZPS IT8050046 (Monte Cervati e Dintorni). La vegetazione è rappresentata da un mosaico di arbusteti di ricolonizzazione a dominanza di Spartium junceum L. e pascoli di origine secondaria attribuibili all’Habitat 6220* (Formazioni erbacee aride semi-naturali e facies arbustive su substrato calcareo, Festuco-Brometalia - *siti per le orchidee), la cui conservazione è legata alla presenza di disturbo periodico. Il fuoco prescritto potrebbe essere una soluzione gestionale efficace ed economica per contrastare l’uso irrazionale del fuoco pastorale che spesso determina l’innesco di incendi frequenti ed estesi. L’applicazione di questa tecnica potrebbe, inoltre, rappresentare una soluzione sostenibile per la conservazione degli habitat prioritari dell’area e nello stesso tempo valorizzare antiche pratiche come il pascolo brado.
Le sperimentazioni sono state condotte con il coinvolgimento del Comune di Teggiano e di alcuni pastori che hanno preso parte attiva nella scelta dei siti di intervento, nelle discussioni preparatorie e di valutazione dei risultati. L’intensità del fronte di fiamma durante l’intervento (Fig. 5) è stata superiore alla capacità di attacco diretto con mezzi manuali (i.e., 500 kW m-1), tuttavia non sono stati riscontrati problemi operativi. Una sintesi delle condizioni ambientali in cui si è operato viene riportata in Tab. 6.
Le descrizioni delle attività condotte e dei primi risultati ottenuti sono riportati in pubblicazioni scientifiche presentate in occasione di conferenze internazionali (Ascoli et al. 2010, Catalanotti et al. 2010, Romano et al. 2010, Rutigliano et al. 2010, Catalanotti et al. 2011).
Le future attività di formazione e ricerca sul fuoco prescritto in Campania prevedono: i) estensione della sperimentazione sugli arbusteti a Spartium junceum L. in altri contesti ambientali del territorio regionale finalizzata alla gestione del pascolo e la conservazione dell’Habitat 6220; ii) prevenzione AIB nelle zone di interfaccia urbano-foresta dell’area costiera (progetto PIRAP - Regione Campania); iii) gestione rischio incendi e conservazione habitat su dune costiere (Dune con Pinus pinea L. e/o Pinus pinaster Ait., cod. DH: 2270 - Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua, cod. DH: 2240).
Friuli Venezia Giulia
Alla fine del 2010, su iniziativa del Servizio del Corpo Forestale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (FVG) e del Comune di Taipana (UD), nasce il progetto pilota di fuoco prescritto denominato Ohonj na Buonah (fuoco di Campo di Bonis) (Valese et al. 2011). Nel 2011 l’iniziativa diventa un progetto ufficiale contestualizzato nelle attività sperimentali per la prevenzione incendi del Piano AIB, in collaborazione con la compagnia Working on Fire Europe e l’Università di Padova incaricate di curare la progettazione, l’esecuzione e il monitoraggio degli interventi. Campo di Bonis (13° 21’ 36" E, 46° 15’ 0" N), situato a 650 m s.l.m. nel Parco Comunale del Gran Monte - Sorgenti del Natisone, è un ampio pianoro ondulato residuo di un lago di origine glaciale, ricoperto da un prato-pascolo semi-abbandonato di 50 ha circa. Si tratta di un ricco mosaico di prati aridi e concimati, ovvero le praterie evolute su suolo calcareo delle Prealpi Giulie e i prati da sfalcio dominati da Arrhenatherum elatius (L.) P. Beauv. ex J. & C. Presl, rispettivamente PC10 e PM1 secondo il Manuale degli habitat del FVG (Poldini et al. 2006). Il bosco circostante, costituito da aceri-frassineti e aceri-tiglieti con ontano nero, misti a conifere (Pinus sylvestris L., Picea abies L.), sta ricolonizzando l’area a seguito di un progressivo abbandono del pascolamento, con il rischio di scomparsa dell’habitat e delle sue valenze naturalistiche e culturali. Inoltre, l’area è interessata da frequenti incendi di origine antropica collegati al mantenimento dei prati-pascoli, che rappresentano un rischio nelle zone di interfaccia urbano-foresta.
I principali obiettivi del progetto si collocano tra la prevenzione degli incendi e la gestione dell’habitat aperto legato ai prati-pascoli che, allo stato attuale, ha una funzione paesaggistico-ricreativa. In una prospettiva di medio termine, il progetto mira al miglioramento e al rafforzamento delle pratiche legate all’uso del fuoco nella comunità rurale, anche su base cooperativa, oltre a portare nuova linfa al programma regionale di addestramento AIB.
Ottenuto l’assenso dei proprietari da parte del Comune di Taipana, dal momento che l’area di intervento è frammentata in piccole proprietà private, il primo intervento di fuoco prescritto è stato attuato in data 10 marzo 2011 e ha interessato: i) 1 ha di prato-pascolo abbandonato caratterizzato localmente da dossi di modesta entità e piccole doline carsiche (inghiottitoi), con un carico di combustibile stimato in 4 t ha-1; ii) 1 ha di superficie ricoperta da residui di utilizzazione risultanti dal taglio di una pecceta secondaria, degradante verso un impluvio e caratterizzato da un carico di combustibile pari a 24.7 t ha-1.
All’intervento (Fig. 6) hanno partecipato, in supporto agli esecutori, il Corpo Forestale regionale, la squadra locale di Protezione Civile, l’Università di Torino, responsabile per la caratterizzazione del comportamento del fuoco (Valese et al. 2011), e l’Università di Bologna, nel ruolo di addetto alla sicurezza. Una sintesi delle condizioni ambientali in cui si è svolto l’intervento per la riduzione dei residui viene riportata in Tab. 7.
Nei mesi successivi all’intervento è stata prevista un’attività di monitoraggio ecologico, anche in collaborazione con il Servizio Caccia, Risorse Ittiche e Biodiversità della Regione Autonoma FVG. Un incendio sviluppatosi in zona limitrofa durante l’aprile del 2011 ha rafforzato l’intenzione di portare avanti il progetto. L’analisi dell’incendio sarà inclusa nell’attività di monitoraggio degli effetti su suolo e biodiversità degli incendi recenti, prevista dalla convenzione da poco sottoscritta dalla Regione Autonoma FVG e dal Dipartimento TESAF dell’Università di Padova. Queste indagini permetteranno di identificare le tipologie vegetazionali del FVG in cui una sperimentazione della tecnica del fuoco prescritto sia appropriata. Attualmente sono state prese in considerazione le lande carsiche abbandonate e i “magredi” (terreni incoerenti, poveri di vegetazione e inadatti alla coltivazione), in cui il fuoco prescritto potrebbe avere un’importante funzione anche per la preservazione dell’ornitofauna.
Discussione
La prevenzione degli incendi boschivi è l’obiettivo più diffuso fra le esperienze di fuoco prescritto descritte. Gli interventi sono stati realizzati prevalentemente in pinete mediterranee coetanee (Pinus pinaster Ait., P. pinea L., P. halepensis Mill. e P. canariensis Sm.), ed in formazioni erbacee ed arbustive in aree a clima mediterraneo e continentale ad elevato rischio incendi.
Nei popolamenti di conifere si è operato in inverno, con fronti di bassa intensità (< 150 kW m-1), adottando accensioni lineari contro vento e contro pendenza, per punti o per strisce parallele ravvicinate (< 3 m), con l’obiettivo di ridurre il carico e la continuità dei combustibili fini di superficie, senza danneggiare il popolamento arboreo adulto. I risultati ottenuti in Basilicata, Campania, Sardegna e Toscana sono stati incoraggianti, sia per quanto riguarda la mitigazione del rischio incendi a scala di popolamento (Valese & Held 2009, Delogu 2009, Ascoli et al. 2010), sia in merito agli effetti sul suolo e la vegetazione (Catalanotti et al. 2010, Rutigliano et al 2010). Ad un anno dall’intervento realizzato in una pineta a P. halepensis Mill. in Campania, ad esempio, si è osservata una riduzione del carico della lettiera e dei combustibili erbacei rispettivamente del 47% e 93%. Utilizzando PiroPinus, uno strumento per la progettazione del fuoco prescritto in pinete mediterranee (Fernandes et al. 2012), è stata evidenziata una riduzione dell’intensità dell’incendio potenziale del 69% nelle aree trattate rispetto al controllo (Ascoli et al. 2010). Il monitoraggio degli effetti sul suolo non ha rilevato alterazioni significative nella comunità microbica e nel contenuto in carbonio organico, ad eccezione che nello strato di fermentazione, dove sono stati registrati effetti nel breve termine (Catalanotti et al. 2010, Rutigliano et al. 2010).
Queste esperienze a fini preventivi sono confrontabili con le pratiche di fuoco prescritto in pinete dell’Europa mediterranea e continentale, dove interventi di bassa intensità vengono applicati in popolamenti di pino marittimo, domestico, d’Aleppo, bruzio, delle Canarie, nero, laricio e silvestre (Lázaro 2010). Diversi studi hanno infatti dimostrato come queste specie presentino tratti adattativi al fuoco (es. Fernandes et al. 2008), che consentono di minimizzare la severità dell’intervento operando all’interno di precise prescrizioni (Fernandes & Loureiro 2010).
Sebbene l’applicazione del fuoco prescritto per la prevenzione degli incendi sia stato l’obiettivo più diffuso fra le esperienze regionali, attraendo anche l’attenzione dei media, la sua attuazione (soprattutto in formazioni erbacee ed arbustive) ha visto l’integrazione di altri obiettivi di interesse territoriale (gestione pastorale; conservazione di habitat). Le esperienze descritte sono infatti frutto della collaborazione di diversi attori con interessi e ruoli specifici: i) sistemi antincendio regionali (Corpi Forestali, Protezione Civile, Servizi Foreste), interessati ad approfondire l’uso della tecnica per la prevenzione e la formazione del personale; ii) utilizzatori del territorio, come proprietari privati di aree pascolive e forestali, interessati a migliorare le attività economiche e la sicurezza dei loro beni; iii) Enti Parco e Comunità Montane interessati alla gestione del proprio territorio; iv) gruppi di ricerca, interessati agli aspetti scientifici per la progettazione e valutazione degli interventi.
L’approccio integrato e multidisciplinare ha consentito di affrontare alcune problematiche evidenziate in studi precedenti (Calabri 1981, Stefani 1985, Leone et al. 1999), agevolando: i) il trasferimento di conoscenze fra gli attori coinvolti; ii) percorsi partecipati di condivisione di obiettivi, metodi e risultati; iii) l’iter delle autorizzazioni; iv) l’individuazione delle aree di intervento; v) la definizione di prescrizioni, procedure operative, ruoli ed ambiti di responsabilità; vi) il recupero di abilità tradizionali.
Nei progetti realizzati in Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Sardegna, ad esempio, è stato possibile mediare i conflitti relativi all’uso pastorale del fuoco. Questa pratica ha antiche origini in Italia (Sereni 1981), e ancora oggi viene usata per controllare l’invasione degli arbusti nei pascoli applicando fronti di fiamma di media intensità su superfici estese (Lovreglio et al. 2008). Diversamente, se attuata in modo irrazionale e nei periodi critici può determinare fronti di fiamma di elevata severità, con gravi conseguenze per l’ambiente e il territorio (Mazzoleni et al. 2001). L’analisi degli incendi dell’estate 2007, la peggiore degli ultimi 30 anni in Italia, ha infatti individuato nell’uso pastorale del fuoco una delle principali motivazioni di incendio (Milazzo 2009), anche nelle aree protette (Lovreglio et al. 2010). La sua regolamentazione attraverso prescrizioni e piani gestionali è stata attuata in molte realtà pastorali simili a quelle italiane. Risultati interessanti si sono ottenuti in Spagna (Vélez 2010), Regno Unito (Davies et al. 2008) e Francia (Lambert 2010), dove la pianificazione integrata di fuoco prescritto e pascolo ha avuto ricadute positive non solo per la manutenzione dei viali tagliafuoco (Rigolot 2003), ma anche per la conservazione di habitat (Pons et al. 2003) e paesaggi culturali (Métailié 2006). I dati sperimentali raccolti nell’ambito delle esperienze regionali possono essere utili per migliorare questa pratica anche in Italia. A questo scopo, l’analisi delle temperature dei fronti di fiamma realizzata con materiali termosensibili, termografia all’infrarosso (Ascoli 2008), e termocoppie posizionate alla superficie del suolo e nell’orizzonte organico (Catalanotti et al. 2011, Valese et al. 2011), ha mostrato risultati interessanti. Operando con temperature del suolo fra 0 e 10°C e un’elevata umidità dell’humus (80-120%), si può limitare l’impatto termico sul suolo: in corrispondenza di un fronte intenso (fino a 1500 kW m-1), con tempi di residenza delle temperature alla superficie del suolo prolungati (1-4 min. sopra 100°C), nell’orizzonte organico si sono osservate deboli variazioni di temperatura, comprese entro i 20°C (Ascoli 2008, Valese et al. 2011). Diversamente, operando con temperature del suolo più alte e un’umidità minore, l’impatto termico aumenta e può causare una riduzione dell’attività microbica nel suolo (Catalanotti et al. 2011).
Lo studio delle relazioni fra combustibili, comportamento del fuoco ed effetti ecologici è stato fondamentale anche nelle esperienze a fini conservativi. Le indagini hanno individuato diversi habitat (cod. DH: 2240; 2270; 4030; 6220; 62A0; 6510; 9540), a cui si aggiungono siti umidi a dominanza di Carex sp. e Phragmites australis (Cav.) Trin. (Breda 2001, Razzoli 2010), in cui un adeguato regime di fuoco prescritto integrato nell’ambito di piani di gestione, potrebbe essere utile per mantenere i regimi di disturbo (naturali/antropici) che hanno contribuito a conservare la diversità specifica di questi ambienti. In Piemonte, trattamenti integrati di fuoco prescritto e pascolo hanno dato buoni risultati in termini di controllo del pioppo tremulo e rigenerazione della brughiera. A seguito di fronti di media intensità (500-1.500 kW m-1) il pioppo ha presentato un’elevata mortalità dei fusti con diametro inferiore a 10-12 cm (Ascoli 2008). Il pascolamento annuale ha consentito di controllarne il ricaccio (~100.000 fusti ha-1), mantenendo l’area basimetrica su valori pari al 28%, 20% e 14% di quella osservata nelle aree gestite rispettivamente con il solo fuoco, solo pascolo, o senza gestione (Bovio & Ascoli 2011).
Anche in questo caso le esperienze regionali sono confrontabili con quanto avviene in Europa, dove il fuoco prescritto è stato ampiamente studiato e viene applicato per la conservazione di habitat prioritari in aree a clima mediterraneo, continentale, atlantico e boreale (Lázaro 2010). Inoltre, con riferimento a quanto avviene in paesi extra europei, ci si rende conto come l’uso del fuoco prescritto per la conservazione di ecosistemi naturali, o di paesaggi culturali, sia in realtà il fine più diffuso in tutti i continenti, dai boschi di conifere boreali, alle praterie continentali, alle savane tropicali (Myers 2006).
Infine, tutte le esperienze regionali hanno previsto attività di formazione del personale AIB. A fronte di un iniziale scetticismo nei confronti della tecnica, come osservato in studi precedenti (Leone et al. 1999), si è registrata una crescente apertura, comprensione e interesse per la materia da parte degli operatori coinvolti. Importanti in questo processo sono stati i contributi di professionisti del settore provenienti da altre realtà territoriali, e i viaggi studio in Francia, Portogallo e Spagna degli operatori di varie amministrazioni italiane.
A seguito di lezioni teoriche ed esercitazioni in campo per progettare, applicare e monitorare gli interventi, sono state acquisite nuove competenze e capacità di analisi del fenomeno incendi boschivi: i) maggiore comprensione dei principi che sottendono alla gestione dei combustibili per la prevenzione incendi, e all’ecologia del fuoco negli ecosistemi forestali; ii) capacità di analizzare e anticipare il comportamento del fronte di fiamma in funzione dei fattori vegetazionali, meteorologici e morfologici del terreno; iii) uso di modelli (es. modelli di combustibile) e di strumenti previsionali (es. indici di pericolo, simulatori di comportamento); iv) acquisizione di procedure operative relative al controllo del fronte di fiamma, alla sicurezza dei cantieri e alle operazioni di bonifica. Questi risultati confermano l’elevato potenziale di questa tecnica in Italia per esercitazioni del personale AIB (Calabri 1981, Bovio & Ascoli 2009), e la formazione di figure professionali come Direttori delle Operazioni di Spegnimento e “analisti degli incendi” (Delogu & Cabiddu 2009, Valese & Held 2009), come ampiamente riconosciuto e sviluppato in Europa (Molina et al. 2010), e in altri paesi caratterizzati da sistemi antincendio altamente professionalizzati (Kobziar et al. 2009).
Conclusioni
Le esperienze di fuoco prescritto realizzate in Italia dal 2005 al 2011 costituiscono casi studio con differenti connotazioni. Il loro insieme descrive un quadro completo di obiettivi, ambienti, risultati e prescrizioni, che consente di tracciare conclusioni con una prospettiva a scala nazionale.
Il fuoco prescritto in Italia può costituire un’efficace tecnica da applicare: (i) a fini preventivi per la gestione di viali tagliafuoco in popolamenti adulti coetanei di conifere, praterie e macchie in aree ad elevato rischio incendi; (ii) per la creazione di fasce di protezione in zone di interfaccia urbano-foresta; (iii) per la gestione delle risorse pastorali; (iv) per la conservazione di habitat in cui il fuoco periodico è un importante fattore ecologico; (v) per la formazione AIB. Questi fini trovano ampi riscontri negli studi e nelle pratiche consolidate in Europa (Lázaro 2010) e altri continenti (Pyne et al. 1996, Myers 2006). Tuttavia, come sottolineato da diversi autori (Calabri 1981, Stefani 1985, Massaiu 1999, Leone et al. 1999), nel riferirsi all’uso del fuoco prescritto in altre realtà territoriali è necessario tener presente le diversità geografiche, ambientali e socio-economiche. Applicare il fuoco prescritto in Italia significa trasferire queste conoscenze alle nostre realtà territoriali, realizzando studi rigorosi, confrontabili, ad una adeguata scala spaziale e temporale, per definire caso per caso le prescrizioni di applicazione adottando un approccio adattativo (Ascoli et al. 2009).
Inoltre, sono ancora molte le questioni da affrontare con riferimento al territorio italiano. Aspetti fondamentali, di seguito brevemente commentati ma da approfondire con adeguati studi, riguardano: (i) i costi del fuoco prescritto; (ii) la dispersione del fumo; (iii) la stima delle emissioni di gas serra; (iv) la normativa di riferimento; (v) l’abilitazione all’uso.
In merito ai costi, una delle ragioni per cui il fuoco prescritto viene usato in molte aree geografiche è la competitività economica rispetto ad altri interventi (Pyne et al. 1996, Myers 2006). In Europa, studi comparativi a scala di popolamento riportano costi per il fuoco prescritto compresi fra 50 e 2.000 euro ha-1, stimati inferiori rispetto ad altre soluzioni tecniche in condizioni simili, sia per la riduzione dei combustibili (Rodríguez y Silva 2008) che a fini pastorali (Lambert 2010). I fattori che influiscono su queste stime sono molteplici ed in parte assimilabili a quelli di una generica gestione forestale (es. funzione del soprassuolo; accessibilità ). Di particolare rilevanza per la realtà italiana sono il livello di formazione ed esperienza del personale tecnico, le dimensioni dei cantieri e la pianificazione degli interventi. Formare tecnici esperti nell’uso del fuoco richiederà infatti un investimento iniziale di risorse, come sperimentato nelle esperienze regionali descritte. Per quanto riguarda i cantieri, tenuto conto delle caratteristiche del territorio italiano (es. frazionamento fondiario, morfologia) è ipotizzabile la realizzazione di interventi solo su superfici ridotte (0.1-10 ha), che può incidere negativamente sul costo degli interventi, come osservato in altre realtà territoriali simili alle nostre (Lambert 2010). Diverse analisi economiche a scala di paesaggio, infine, mostrano un abbattimento dei costi delle campagne antincendio a seguito di una maggiore efficacia di interventi di lotta attiva in aree strategiche gestite preventivamente con il fuoco prescritto (Fernandes & Botelho 2003); questi risultati sono particolarmente evidenti in regioni caratterizzate da un’elevata discontinuità dei comprensori forestali e diversità di usi del suolo, e potrebbero quindi essere validi anche per il territorio italiano.
La mitigazione degli effetti del fumo sulla visibilità e sulla qualità dell’aria (Miranda et al. 2008) è un altro aspetto rilevante considerata l’elevata urbanizzazione del nostro territorio (Calabri 1981, Stefani 1985). Attraverso un’adeguata pianificazione delle operazioni di fuoco prescritto, e adottando specifici accorgimenti tecnici (es. accensioni contro vento e pendenza), si può ridurre la quantità di fumo (Cesti & Cesti 1999). Inoltre, i recenti progressi della modellistica in campo meteorologico e di previsione del pericolo incendi hanno consentito di sviluppare strumenti di supporto all’applicazione del fuoco prescritto (Silva et al. 2010). Per esempio, l’utilizzo di modelli di dispersione del fumo integrati in sistemi informativi territoriali, già in uso in paesi sensibili a questa problematica (es. Florida, USA), potrebbero essere adottati per pianificare e progettare gli interventi. La gestione del fumo con particolare riferimento alle zone di interfaccia urbano-foresta comprende, inoltre, la definizione di programmi di comunicazione e sensibilizzazione della cittadinanza ai temi della prevenzione incendi, promuovendo anche percorsi di partecipazione attiva e di auto protezione delle comunità locali.
Per quanto riguarda il bilancio delle emissioni di gas serra, le stime realizzate attraverso la simulazione di regimi di incendio mitigati dall’applicazione del fuoco prescritto a scala di paesaggio in USA (Wiedinmyer & Hurteau 2010), Australia (Russell-Smith et al. 2009) ed Europa (Vilén & Fernandes 2011), riportano risultati concordanti di riduzione significativa dei gas serra sul lungo periodo. Un recente studio (Narayan et al. 2007) ha stimato che in Italia l’applicazione del fuoco prescritto su una superficie annua pari al 10% della superficie percorsa dagli incendi annualmente, potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di CO2 causate dagli incendi pari a 0.93 x 106 t anno-1. Tuttavia i margini di incertezza sono ancora elevati (Vilén & Fernandes 2011).
Passi fondamentali nel processo di introduzione del fuoco prescritto in Italia, riguardano anche la definizione di adeguati strumenti normativi a livello nazionale e regionale, che stabiliscano: (i) le competenze amministrative; (ii) modalità autorizzative basate sulla valutazione di progetti, omogenee a livello nazionale, celeri e flessibili per consentire di sfruttare le ristrette finestre operative; (iii) le misure di sicurezza; (iv) le figure professionali coinvolte. La normativa dovrà rispondere alle seguenti domande: chi può redigere un progetto di fuoco prescritto? Chi può realizzarlo e con quali tipi di autorizzazione e di assicurazione? Chi è incaricato del monitoraggio e valutazione degli effetti? (Bovio & Ascoli 2012). In questo senso, la definizione di una direttiva europea sull’uso del fuoco che armonizzi la normativa dei singoli stati, fortemente sostenuta dal settore scientifico e operativo in Europa (Rego & Montiel 2010), potrà rappresentare un quadro di riferimento importante. Infine, come avvenuto in altri paesi, sarà necessario definire dei percorsi rigorosi di abilitazione alla progettazione, uso e valutazione del fuoco prescritto, che integrino aspetti di ecologia e pianificazione forestale, previsione del comportamento del fuoco e procedure operative antincendio (Bovio & Ascoli 2009, Delogu 2009, Valese & Held 2009).
Molti sono quindi gli aspetti da affrontare per una efficace pianificazione del fuoco prescritto nell’ambito dei Piani AIB regionali, a cui i Piani di Protezione Civile Comunali, Piani Forestali Aziendali, Piani Territoriali Paesistici e dei Parchi dovranno rapportarsi per integrare specifici obiettivi gestionali con quelli della prevenzione AIB. Il presente lavoro costituisce il primo quadro di sintesi per questa materia a livello nazionale e si auspica abbia ricadute positive per future ricerche e applicazioni di fuoco prescritto in Italia. Può inoltre contribuire ad approfondire il significato ed i limiti di una tecnica che, integrata nella pianificazione e gestione territoriale, rappresenta un’efficace ed economica misura di prevenzione degli incendi.
Ringraziamenti
Si ringrazia tutto il personale dei Sistemi Antincendio, Enti, Amministrazioni e ditte private che hanno reso possibile la realizzazione delle esperienze descritte ed hanno preso parte attiva negli interventi di fuoco prescritto.
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Fuoco prescritto controvento per la conservazione della brughiera a Calluna vulgaris Hull. e la prevenzione incendi nella Riserva Naturale Orientata della Vauda in Piemonte.
Riduzione del combustibile di lettiera dopo un intervento di fuoco prescritto in pineta a Pinus pinea L. in uno dei siti dimostrativi del progetto Fire Paradox in Sardegna.
Tecnica di accensione per strisce parallele ravvicinate durante la prova dimostrativa realizzata in una pineta a Pinus pinea L. in Basilicata.
Accensione lineare in combustibili erbacei per creare una fascia di protezione in prossimità di una proprietà privata in Toscana.
Fuoco prescritto per punti a favore di pendenza per l’apertura di pascoli e la conservazione di habitat in arbusteti a Spartium junceum L. all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano in Campania.
Fuoco prescritto per la riduzione di residui di utilizzazione in Friuli Venezia Giulia. L’asta graduata alta 2 m indica la posizione di sensori per la misurazione del tempo di residenza delle temperature alla superficie e nell’orizzonte organico del suolo.
Descrizione delle esperienze di fuoco prescritto realizzate a livello regionale.
Regione
Anno
Obiettivo
Tipo di vegetazione
Piemonte
2005 - 2010
- Conservazione habitat;- Gestione risorse pastorali;- Prevenzione incendi;- Formazione AIB.
- Brughiera a Calluna vulgaris del gruppo Lande secche europee (cod. DH: 4030) in successione verso il bosco di invasione a dominanza di Populus tremula.
Sardegna
2006 - 2009
- Prevenzione incendi;- Gestione risorse pastorali;- Formazione AIB.
- Pineta a Pinus pinea e Pinus canariensis;- Macchia a Cistus monspeliensis;- Pascoli.
Basilicata
2007
- Formazione AIB;- Prevenzione incendi.
- Pineta costiera di origine artificiale a prevalenza di Pinus pinea.
Toscana
2008
- Prevenzione incendi in interfaccia urbano-foresta;- Formazione AIB.
- Pineta di Pinus pinaster con sottobosco dominato da vegetazione erbacea ed erica.
Campania
2009 - 2011
- Prevenzione incendi;- Gestione risorse pastorali;- Conservazione habitat;- Formazione AIB.
- Pinete a Pinus pinaster e Pinus halepensis;- Arbusteti di ricolonizzazione a Spartium junceum e pascoli di origine secondaria dei Festuco-Brometalia (cod. DH: 6220);- Fustaia a Quercus cerris.