Notre Dame’s wooden beams: reflections on restoration, forestry education, and EU Directives
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 22, Pages 1-2 (2025)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0040-021
Published: Jan 11, 2025 - Copyright © 2025 SISEF
Commentaries & Perspectives
Abstract
The recent restoration of Notre Dame Cathedral’s “Forest of Wooden Beams” exemplifies the enduring relevance of traditional construction methods and forest science in contemporary architecture. This monumental project, recently completed, utilized about 2,400 carefully selected oak beams, showcasing centuries-old French forestry practices rooted in meticulous silviculture. These practices, dating back to Colbert (1619-1683), produce high-quality timber with fine texture and uniform growth patterns, meeting today’s stringent structural standards. In light of recent European regulations, solid wood in construction has gained new importance, with Harvested Wood Products (HWPs) playing a crucial role in climate change mitigation. This intersection of traditional silvicultural practices and environmental concerns highlights forestry’s evolving role in sustainable development. Forestry and Environmental Sciences graduates are well-equipped to address these challenges, but require supportive policies to fully utilize their skills. The Notre Dame restoration underscores the need to adapt forest science education to meet contemporary sustainability challenges. By combining historical knowledge with modern scientific understanding, we can ensure the continued relevance of forest management and pave the way for innovative approaches to construction and environmental stewardship.
Keywords
Silviculture, Timber, Oaks, Forestry and Environmental Sciences (SFA), Graduates, Carbon Credit, HWPs, Wood
Si è concluso, dopo cinque anni dal terribile incendio, il restauro della maestosa cattedrale di Notre Dame, nel cuore di Parigi, che ha riaperto le sue porte al pubblico il 7 dicembre 2024. La ricostruzione dell’edificio è avvenuta nel rispetto dell’architettura originaria che vedeva nel legno massiccio il protagonista. Per l’abbondanza di travature lignee nel tetto e nella guglia (flèche) della cattedrale, Notre Dame viene definita la “Foresta” delle travi, anche a testimonianza di un reticolo fitto e di un apparato costruttivo tutt’altro che semplice. Oltre 2000 querce sono state utilizzate per il restauro, di queste circa 1200 per la guglia e circa 1200 per il tetto della navata. La scelta dei colleghi francesi di ripercorrere le originarie modalità costruttive, evocando ciò che esisteva prima dell’incendio è stato un atto di coraggio a cui è seguita una dimostrazione della macchina organizzativa “forestale” e un approccio partecipativo particolarmente efficiente. La decisione di restaurare la cattedrale con travature in legno massiccio ha trovato le sue ragioni in un’acquisizione di consapevolezza su due specifici fronti: il primo relativo alla disponibilità di un patrimonio arboreo in grado di soddisfare in termini quantitativi e qualitativi quanto ritenuto necessario per la ricostruzione dell’edificio; il secondo aspetto è quello che ha restituito la fiducia su un know-how legato alla lavorazione ed uso del materiale e su una progettazione filologicamente congruente agli standard iniziali del legno. Notre Dame è una “foresta” di travi di quercia, rovere per l’esattezza, il cui legno possiede infinite qualità di pregio. Le piante scelte mediamente presentavano un diametro di 40-45 cm, alcuni esemplari raggiungevano una altezza di 40 metri. Le travi impiegate per il restauro della navata medievale sono lunghe circa 12-13 metri, nel periodo storico dell’edificazione della cattedrale non esistevano mezzi meccanici in grado di sollevare travature di più elevate dimensioni. Le travi utilizzate per la guglia (flèche), invece, sono il risultato della trasformazione del legno di esemplari arborei che raggiungono 50 cm fino ad 1 metro di diametro, e che danno origine a travature con lunghezza fino a 20 metri. Nel 1860, quando Viollet-le-Duc aggiunge la nuova flèche alla cattedrale, infatti, aveva a disposizione mezzi meccanici in grado di movimentare assortimenti di maggior peso e maggiori dimensioni.
Gli alberi selezionati per la ricostruzione non sono cresciuti dall’oggi al domani, alcuni di essi raggiungevano i 200 anni di età. Lo sforzo partecipativo per contribuire a tutti i livelli è stato straordinario, i colleghi forestali d’oltralpe hanno prelevato le piante idonee in diverse zone, nelle foreste pubbliche e private a partire dall’Ile-de-France, con elementi di certezza nel reperimento degli esemplari idonei grazie alla documentazione forestale reperibile e aggiornata soprattutto nelle proprietà pubbliche. Le querce, specialmente gli esemplari di grandi dimensioni reperiti nelle foreste demaniali, rappresentano il frutto di secoli di selvicoltura accorta e di attività di rimboschimento che vedono affondare le radici nell’Ordinanza di Colbert (1669), promulgata per salvaguardare e garantire il futuro del patrimonio forestale francese fortemente depauperato sotto il regno di Luigi XIV.
Con il restauro di Notre-Dame è incredibile vedere come anche i proprietari privati abbiamo messo a disposizione il loro patrimonio forestale, maturato nel corso dei secoli per il raggiungimento del comune obiettivo, ovvero la ricostruzione, secondo i principi originari, di un edificio di assoluto valore simbolico per il Paese.
L’operazione di restauro di Notre Dame testimonia una selvicoltura di cui la Francia non può che essere orgogliosa, con scelte mai lasciate a sé stesse e una gestione attiva volta all’ottenimento di legno di qualità. Nel caso della rovere legno di qualità significa cerchie annuali ridotte, indice di accrescimento lento e uniforme. Pazienza e sapienza in scelte oculate, se si dirada troppo un popolamento forestale gli accrescimenti diventano sostenuti, e nel caso della rovere, si genera una notevole percentuale di fibre che rendono il tessuto molto denso e difficile da lavorare. Al contrario una mancata gestione, indice di trascuratezza, comporta disomogeneità, un portamento arboreo irregolare, non compatibile con l’ottenimento di travature di elevata lunghezza, come quelle appena descritte, e con poche difettosità.
Questo approccio di una selvicoltura e gestione attiva è quantomai attuale sia nella prospettiva di una approccio tecnico e tecnologico sia sotto il profilo ambientale.
In un’ottica applicativa contemporanea l’utilizzo di travi in legno massiccio in ogni caso, non può non rispondere ai requisiti che vengono richiesti al legno per uso strutturale. In ambito italiano, la normativa tecnica delle costruzioni (NTC del 2018) richiede in maniera ineludibile ed obbligatoria, la necessità di standard per una classificazione di idoneità per uso strutturale, un processo che deve essere condotto su ogni singola trave, valutando la presenza e l’entità di alcuni difetti del legno per ricondurli poi al profilo di resistenza meccanica.
Chi certifica è anzitutto il produttore che di fatto è il direttore tecnico di produzione, tuttavia l’assunzione di responsabilità si è estesa anche ad altre figure che operano nell’edilizia infatti nella EC 1-2023 UNI/TR 11499:2022 “Legno strutturale - Linee guida per i controlli di accettazione in cantiere”, accanto al direttore di cantiere, il direttore operativo verifica la documentazione accompagnatoria dei lotti di materiale e soprattutto accerta le eventuali modifiche che possono essere intervenute in centri di trasformazione e che impattano sulla larghezza e lo spessore degli elementi, e che possono impattare sulla classificazione di qualità del materiale.
Le travi in legno massiccio hanno inoltre un elevato valore ambientale, poiché assumono la funzione di carbon stock: è ben nota l’equazione che vede una tonnellata di CO2 equivalente stoccata in 1 metro cubo di legno, a fronte di una energia di trasformazione irrisoria soprattutto se confrontata con altri prodotti che richiedono fasi di processamento di gran lunga più lunghe e articolate. Tutto questo va a confluire nel conteggio dei crediti di carbonio nella valutazione del carbon removal che rappresenta il futuro nella valorizzazione del legno e del suo valore ambientale in base anche alle direttiva del parlamento europeo. È stato pubblicato infatti sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 6 dicembre 2024 il Regolamento (UE) 2024/3012 del Parlamento e del Consiglio del 27 novembre 2024 che istituisce un quadro di certificazione dell’Unione per gli assorbimenti permanenti di carbonio, in agricoltura e nei prodotti (HWPs nel nostro caso).
Da questa serie di osservazioni scaturisce una realtà: la professione del laureato in scienze forestali e ambientali che abbraccia le conoscenze sulla selvicoltura, la filiera del legno, gli aspetti specifici della tecnologia del materiale e delle sue trasformazioni, che ne certifica l’idoneità tecnologica e il valore ambientale come crediti di carbonio è quantomai attuale e proiettata al futuro. Lavoro c’è ed è tanto, ma deve essere accompagnato da una volontà politica e sociale volta alla cura delle foreste, valorizzando il patrimonio attuale, nelle mille difficoltà quotidiane, tra cui gli estremi climatici; una politica che possa vedere i frutti della selvicoltura e della gestione forestale in genere, lasciati in eredità alle generazioni del domani. Noi siamo solo di passaggio rispetto a quella che è la vita media degli alberi, soprattutto se pensiamo alle querce di Notre-Dame.
Sitografia
Materiali di approfondimento:
- ⇒ https://www.huffingtonpost.fr/environnement/article/notre-dame-de-paris-les-secrets-des-chenes-utilises-pour-la-reconstruction-racontes-par-l-expert-forestier_242892.html
- ⇒ https://www.onf.fr/onf/+/ff6::la-grande-histoire-des-forets-episode-ordonnance-de-colbert-en-1669-la-gestion-forestiere-en-foret-de-troncais.html
- ⇒ https://www-britannica-com.translate.goog/biography/Jean-Baptiste-Colbert/Colbert-and-the-navy
- ⇒ https://restaurars.altervista.org/i-restauri-di-eugene-viollet-le-duc-teoria-e-prassi/
- ⇒ https://www.notredamedeparis.fr/comprendre/architecture/la-fleche/