How to restrain the spread of Xylella fastidiosa and recover infected trees using suitable agricultural practices
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 12, Pages 43-44 (2015)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0089-012
Published: Aug 25, 2015 - Copyright © 2015 SISEF
Commentaries & Perspectives
Abstract
(not available)
Keywords
Xylella fastidiosa, Olivo, Pratiche Agricole, Ripristino della Fertilità
In questo momento di considerevole allarme che si è creato intorno al caso “Xylella fastidiosa” è opportuno che la comunità scientifica intervenga per guidare gli olivicoltori verso soluzioni pratiche, a basso costo, che non necessariamente prevedano il taglio e l’eradicazione degli olivi.
Il lavoro svolto negli ultimi quindici anni mostra come le buone pratiche agricole esercitano un ruolo benefico non soltanto sulla sostenibilità ambientale (ciclo dell’acqua, fertilità microbiologica dei suoli, biodiversità, produttività e qualità del prodotto) ma anche sulle difese naturali delle piante agli stress biotici ed abiotici.
L’avvento della meccanizzazione e della chimica in agricoltura ha modificato in maniera radicale il modo di gestire il suolo passando dalla gestione tradizionale che prevedeva consociazioni, fertilizzazioni organiche, lavorazioni superficiale e una forte integrazione dell’attività olivicola con quella zootecnica, a quella convenzionale con lavorazioni ripetute, ridotti apporti di materiale organico stabilizzato, bruciatura dei residui di potatura e diserbo. Il cambiamento di gestione ha influenzato il ciclo di umificazione con progressivo impoverimento della dotazione in sostanza organica, che ha provocato la perdita delle sue funzioni nel sistema suolo (strutturante, nutrizionale, antierosiva, ecc.), rendendo il sistema vulnerabile agli stress abiotici e biotici (riduzione delle difese intrinseche delle piante, fenomeno che ha favorito la comparsa di malattie e di infestazioni).
Di fondamentale importanza, dunque, per poter invertire la tendenza prevenendo nel contempo attacchi da dannosi patogeni è il ripristino della fertilità dei suoli olivetati.
Le lavorazioni hanno rappresentato, per lunghissimo tempo, la modalità prevalente di gestione del suolo negli oliveti. Attualmente esse sono considerate una tecnica non conservativa delle risorse naturali e pertanto dovrebbero sempre più perdere il ruolo di operazione principale nella gestione del suolo ed invece assumere quello di interventi complementari in strategie di gestione conservative o aumentative della sostanza organica del suolo. In presenza della Xylella f. per poter limitare la popolazione del vettore è consigliabile, nel periodo della presenza delle neanidi, trinciare o lavorare il suolo nei primi 4-5 cm (erpicatura) evitando possibilmente l’aratura e la fresatura.
Un’alternativa alle lavorazioni del suolo è ormai rappresentato dalla pratica dell’inerbimento. Il mantenimento del cotico erboso nell’oliveto permette di arricchire il suolo di sostanza organica, non solo negli strati superficiali ma, col passare degli anni, anche in quelli più profondi, per effetto della biomassa radicale e dei microrganismi presenti nella rizosfera e del loro metabolismo.
La pratica dell’inerbimento favorisce l’infiltrazione dell’acqua piovana nel suolo e riduce la perdita della stessa per ruscellamento aumentando le riserve idriche del suolo fino a 4-5000 m3 ha-1 anno.
È possibile integrare alla biomassa dell’inerbimento quella derivante dai residui di potatura annuali, per costituire un nucleo di umificazione più efficiente e ottenere materiale degradabile con buoni effetti anti-erosivi, nutrizionali e di conservazione della sostanza organica del suolo.
Inoltre, per velocizzare il ripristino della fertilità del suolo, sarebbe utile apportare materiale organico esogeno come il letame o il compost, che hanno una simultanea funzione ammendante, correttiva e nutrizionale.
Una pratica agricola da gestire in maniera più oculata è la potatura. Attraverso le potature annuali, oltre a ridurre le parti ombreggiate e ottenere una distribuzione uniforme della luce in tutte le parti della chioma, si facilita la circolazione dell’aria e si evita l’aumento dell’umidità relativa attraverso il ricambio continuo dell’aria. Dove è stata accertata la presenza della Xylella f., è necessario eliminare tutti i rami tagliandoli 5-10 cm al di sotto della parte secca e disinfettare gli strumenti utilizzati per la potatura prima di passare a potare la pianta successiva non tanto per la Xylella f., che non dovrebbe trasmettersi per contatto, ma per l’eventuale presenza di funghi ed altri batteri. Si consiglia inoltre di agire in maniera tempestiva anche sui polloni, asportandoli, poiché in caso di infezione facilitano il raggiungimento dell’apparato radicale da parte del batterio.
Una equilibrata e razionale nutrizione induce negli olivi risposte vegeto-produttive rapide ed efficaci. Ai fini dell’impostazione di un corretto piano di concimazione è necessario definire la quantità di nutrienti da apportare tramite l’approccio del bilancio nutrizionale inteso come confronto fra gli apporti nell’oliveto (entrate) e le asportazioni (uscite) dallo stesso.
L’irrigazione degli oliveti aumenta significativamente lo sviluppo vegetativo e la produzione delle piante di olivo (fino a 90-100 q ha-1). Vista la scarsa disponibilità di acqua per l’irrigazione nel Mezzogiorno, sarebbe opportuno investire nel riuso delle acque reflue urbane. I risultati delle ricerche e l’innovazione tecnologica garantiscono un utilizzo sicuro di tale risorsa. Infine, la ricerca ha dimostrato che piante abbandonate, non irrigate e non concimate, sono molto più sensibili agli attacchi dei patogeni.
Altro aspetto da considerare è l’effetto della gestione dell’oliveto sull’interfaccia tra la parte aerea delle piante e l’atmosfera (fillosfera per le foglie e carposfera per i frutti) che costituisce un habitat molto specifico per i microrganismi epifiti ed è normalmente colonizzata da una varietà di batteri, lieviti e funghi. La gestione sostenibile migliora notevolmente la composizione delle comunità batteriche e fungine aumentandone la biodiversità. Risultati preliminari dimostrano infatti che i batteri, soprattutto gli endofiti presenti nei frutti sono in grado di sintetizzare alcuni fitormoni che agiscono come fattori di crescita per le piante (ad esempio, auxine e citochinine) e di produrre enzimi specifici coinvolti nella resistenza delle piante verso i principali agenti patogeni fungini.