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Remembering Prof. Antonio Moroni

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 11, Pages 189-190 (2014)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0090-011
Published: Sep 11, 2014 - Copyright © 2014 SISEF

Editorials

Abstract

Antonio Moroni, 89, Emeritus Professor in the University of Parma, died on August 18th. He had a major role in shaping the last 60 years of Italian research in Environmental Science and was very active in establishing the conceptual basis for Environmental Management in Italy. A Catholic priest, he had a natural gift for communicating a positive approach to life.

Keywords

Ecology, Environmental Sciences, Obituary

 

La vicenda umana del Prof. Antonio Moroni si è conclusa poco dopo Ferragosto. Aveva 89 anni e lascia un vuoto grande in tutti quelli che lo avevano conosciuto.

Don Tonino (Fig. 1), come lo chiamavano gli amici, ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo degli studi ambientali degli ultimi cinquant’anni in Italia. Ma era anche sacerdote legato da un’affettuosa e profonda relazione con la sua Chiesa che era parte essenziale della sua persona.

Fig. 1 - Un “giovane” Don Tonino.

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Una lucida intelligenza e un inestinguibile entusiasmo per le vicende della vita gli avevano fatto attribuire in giovanissima età un ruolo direttivo nel Seminario Vescovile di Parma. Venne inoltre scelto per un percorso formativo universitario. Raccontava spesso che avrebbe preferito le scienze umane ma che ricevette dai superiori la rassicurazione che “l’ubbidienza crea la competenza” e si trovò iscritto a Scienze Naturali.

Grazie al suo atteggiamento positivo, stabilì un fecondo rapporto di prossimità con il Prof. Schreiber, un maestro di livello internazionale. Il giovane Don Tonino capì l’importanza dei contatti internazionali che la collaborazione con il Prof. Schreiber gli permetteva. Fondamentali furono le esperienze formative con scienziati di assoluto rilievo internazionale, come i coniugi Tonolli e il Prof. Cavalli Sforza, in settori di ricerca assai diversi come l’idrobiologia e la genetica. Le peculiarità delle tematiche affrontate in queste discipline non solo non lo spaventarono ma furono le basi su cui poi baserà la proposta al mondo della ricerca italiano nel campo dell’Ecologia e delle Scienze Ambientali. I termini Multi- e Inter- disciplinarità, che segnalavano l’esigenza di una feconda interconnessione di materiali e metodi propri di discipline diverse, sono ormai logorati da un eccesso di genericità e hanno perso l’iniziale valenza innovativa, ma erano realtà vissute e obiettivi stimolanti per il giovane Don Tonino.

L’Ecologia, già consolidata area di ricerca nel mondo anglosassone, tra gli anni ’50 e ’60 era disciplina nascente in Italia e nella sua accezione sistemica venne subito percepita come la possibile base scientifica per affrontare le problematiche ambientali prodotte dallo sviluppo economico impetuoso di quegli anni. Don Tonino con coraggio si impegnò su piu’ obiettivi scientifici (dalla biologia umana all’ecologia dei sistemi acquatici) per porre le basi della sintesi che verrà proposta nelle decadi successive.

Al di là dei significativi risultati della sua attività di ricerca nelle diverse discipline, dall’ecologia regionale dei laghi dell’Appennino Settentrionale allo studio della consanguineità umana in Italia, Don Tonino ha dedicato tutte le sue energie alla messa a punto delle procedure e delle basi teoriche della ricerca ambientale vista come campo privilegiato di applicazione dello studio della complessità. La tematica lo affascinava per la sua valenza scientifica ma anche come possibilità di sintesi dei contenuti e degli obiettivi delle scienze cosiddette “dure” con quelli delle scienze dell’uomo. Di grande interesse era per lui l’ipotesi, allora accettata da molti, dell’esistenza a un livello piu’ complesso di organizzazione biologica di “proprietà emergenti “ (cioè non riconducibili alle proprietà delle parti componenti). Vedeva questo fenomeno come specchio naturalistico della complessità dell’esperienza esistenziale dell’uomo.

Fu proprio nella sua veste di interprete di queste istanze sintetiche degli studi dei sistemi naturali che venne invitato a tenere la prolusione all’inaugurazione della seduta annuale della Accademia di Scienze Forestali dell’anno 2000.

La difficoltà nell’applicazione alla realtà della ricerca e della gestione ambientale di una elaborata sistematizzazione teorica e l’esito incerto dei corsi di studio in Scienze Ambientali sono stati un cruccio che lo ha accompagnato sino alla fine.

Oltre al calore umano che immediatamente comunicava a chi gli stava intorno, è importante ricordare la grande attualità della sua guida alla costruzione della figura del ricercatore. Chi ha lavorato con lui ricorda bene il suo insistere, anche con chi era fresco di laurea, sull’importanza di usare il curriculum come progetto organico della propria attività. La descrizione degli interessi di ricerca doveva far riferimento ai lavori pubblicati che, nel loro complesso, dovevano far emergere un profilo professionale facilmente leggibile. Adesso è vivo per il mondo della ricerca il problema della valutazione, che spesso viene ridotta ad una specie di “raccolta punti” costituiti dagli indici bibliometrici, prescindendo da una riflessione accurata sul profilo professionale autentico del ricercatore.

Rimane in tutti noi che lo abbiamo conosciuto da vicino l’apprezzamento affettuoso del dono al mondo dell’Università della sua esperienza di educatore sostenuto da una incrollabile fede nel destino nobile dell’uomo.

 
 
 

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