*

Soil carbon stocking is a successful strategy against climate change and the worldwide problem of famine

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 1, Pages 76-77 (2004)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0226-0001
Published: Dec 28, 2004 - Copyright © 2004 SISEF

Commentaries & Perspectives

 

È questo ciò che sostiene Rattan Lal del Carbon Management and Sequestration Center della Ohio State University in una recente viewpoint apparsa sulla rivista Science “Soil Carbon Sequestration Impact on Global Climate Change and Food Security” (Vol 304: 1623-1627). Il carbonio contenuto nel suolo - 2500 Gt, di cui il 60% è carbonio organico (SOC) - è ben 3.3 volte quello dell’atmosfera e 4.5 volte quello della componente biotica nel suo insieme.

Ma è sempre stato così?

L’azione antropica legata soprattutto ai cambiamenti d’uso del suolo, in particolare al passaggio da sistemi naturali a sistemi coltivati, ha sensibilmente ridotto gli stock di SOC a livello globale. Ben 450 Gt di carbonio sarebbero state emesse in atmosfera dagli ecosistemi terrestri nel corso dei secoli, di cui 320 Gt in epoca preindustriale e 130 Gt in epoca postindustriale. Per dare un’idea dell’entità del fenomeno, si consideri che il carbonio emesso in atmosfera per l’utilizzo dei combustibili fossili ammonta a 270 Gt.

Le perdite di SOC in seguito alla conversione dei sistemi naturali in sistemi coltivati sono particolarmente rapide ed intense. Mediamente il 30 % del carbonio dei primi 100 cm di suolo viene perduto nei primi 30-50 anni dal cambiamento d’uso del suolo ([2]). L’entità delle perdite sono massime nei climi freddo-umidi e più modeste in quelli caldo-secchi.

Accumulare carbonio nei suoli così fortemente depauperati è possibile e le potenzialità sono elevate, purché si persegua un giudizioso uso del suolo e si adottino opportune pratiche gestionali. Le stime più credibili riportano valori di 55-78 Gt di C potenzialmente accumulabile nel suolo su base globale. Non tutti i suoli hanno le stesse potenzialità. La tessitura, le caratteristiche del profilo, il clima e l’uso precedente condizionano la quantità e la velocità con cui il suolo può accumulare carbonio.

Ma cosa significa un uso giudizioso del suolo e quali sono le opportune pratiche gestionali?

Innanzi tutto, com’è facilmente intuibile, il ripristino e il recupero, dove sia economicamente e socialmente possibile, di quegli ecosistemi fortemente degradati (deforestazione) ancora in grado di accumulare carbonio in modo permanente (formazioni forestali, praterie permanenti, ecc.). Più in generale, tutte le pratiche o gli usi del suolo che comportino un incremento negli input di biomassa che ritorna al suolo, una riduzione delle lavorazioni, una migliore conservazione dell’acqua e degli elementi nutritivi, un miglioramento delle struttura del terreno e un incremento della diversità specifica della pedofauna sono potenzialmente utili per sequestrare carbonio nel suolo. Ad esempio, il passaggio da un sistema colturale tradizionale, basato sulla lavorazione del suolo, ad uno no-till permetterebbe di ridurre le emissioni in atmosfera di 30-35 kg C ha-1 anno-1.

Accumulare carbonio nel suolo richiede la disponibilità di altri elementi nutritivi, la cui produzione industriale presenta un costo in termini di carbonio. Ad esempio 0.86 kg di C sono emessi per produrre 1 kg di N. Accumulare 1 Gt di C richiede mediamente 80 milioni di tonnellate di N, 20 di P e così via. Diventa perciò decisivo puntare su fonti alternative alla produzione industriale di fertilizzanti. Tra queste la fissazione biologica dell’N atmosferico, la riduzione delle perdite per lisciviazione e soprattutto la gestione dei residui colturali rappresentano una sfida importante. Ben 3 Gt di residui colturali delle colture cerealicole vengono prodotti annualmente su scala globale. Se sia più conveniente a livello di bilancio globale del carbonio utilizzare questi residui come biomasse per la produzione d’energia o stoccarli come C nel suolo, apportando nel frattempo altri elementi nutritivi, è ancora oggetto di discussione. Spesso le analisi hanno portato a conclusioni contrastanti.

L’autore pone, inoltre, l’accento sulla necessità di considerare in un unico macro-sistema il ciclo dell’acqua e quello del carbonio. Per far fronte alle esigenze alimentari della popolazione mondiale la produzione cerealicola dovrà crescere del 50% entro il 2050, contando su una disponibilità di terra e di acqua paragonabile, nella migliore delle ipotesi, a quella attuale. La conservazione delle risorse idriche e l’impiego di efficienti sistemi d’irrigazione sono elementi cruciali per incrementare la produttività delle terre irrigabili e per accumulare carbonio nel suolo. Nei climi aridi l’incremento della SOC attraverso sistemi colturali che evitino la lavorazione del suolo (no-till farming) è una strategia vincente per ridurre anche i rischi di desertificazione. Un suolo ricco in SOC, trattenendo con più efficienza l’acqua disponibile, permette di gestire meglio i periodi siccitosi. Quindi accumulare carbonio in questi climi è una win-win option.

Ma quale potrebbe essere il tasso potenziale d’accumulo qualora una politica di gestione mirata venisse ipoteticamente perseguita su scala globale?

Le stime più accreditate riportano tassi variabili da 0.4 a 1.2 Gt C anno-1. Il carbonio a livello globale cresce nell’atmosfera con un tasso di 3.3 Gt C anno-1. Quindi, accumulare carbonio nel suolo non sarebbe di per sé sufficiente a pareggiare il bilancio. In un contesto così dinamico il tempo diviene, però, una variabile importante. Perseguire una politica virtuosa d’uso e gestione del suolo permetterebbe di guadagnare tempo nell’attesa di vedere le alternative industriali all’uso dei combustibili fossili divenire effettivamente praticabili a livello globale.

Il sistema agricolo di molti paesi in via di sviluppo è basato ancora oggi sull’uso della sostanza organica come fertilizzante, con effetti sull’emissione di CO2 in atmosfera allarmanti e con una riduzione della produttività dei suoli che spesso non garantisce la sopravvivenza delle popolazioni locali. L’Africa centrale, la Cina, i Caraibi, le regioni Andine e le savane sud americane sono le zone del globo dove il recupero di molti suoli degradati rappresenta una priorità sociale oltre che ambientale. L’impiego dei residui colturali a fini energetici o per l’alimentazione animale è la norma in queste aree. I suoli depauperati in SOC risultano poco produttivi. Quando il degrado è troppo elevato e il contenuto in SOC è sotto un livello soglia, l’adozione di pratiche conservative è insufficiente per il recupero produttivo ed ambientale. Per molti suoli dell’area tropicale il livello soglia di SOC è stimato intorno ad un 1.1%. In questo caso, l’impiego di fertilizzanti chimici, abbinato al rilascio dei residui colturali, pare essere l’unica soluzione perseguibile per incrementare il contenuto in SOC e nel frattempo la produttività di un’agricoltura sotto il livello di sussistenza. Portare il livello SOC dagli attuali 0.1-0.2 % al limite di 1.1% è quindi una priorità assoluta per molti sistemi tropicali. Un alto contenuto di SOC è necessario per sostenere la produzione di queste aree, attraverso un miglioramento della capacità di ritenere l’acqua e gli elementi nutritivi, della struttura e della fertilità biologica dei suoli. Un esperimento della durata di 18 anni, condotto in Kenya, ha mostrato come l’uso combinato di concimi chimici e residui colturali permetta di accumulare carbonio nel suolo e di accrescere la produzione agricola del 400 % ([1]). Questo salto produttivo su scala continentale, permetterebbe, secondo l’autore, di garantire la sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo.

In conclusione, l’accumulo di carbonio nel suolo è di per sé un obiettivo meritevole d’essere perseguito indipendentemente dagli effetti mitiganti sul riscaldamento globale. Accumulare carbonio nel suolo può, infatti, significare migliorare la produttività in alcune aree depresse, migliorare la qualità e la disponibilità d’acqua e recuperare suoli ed ecosistemi degradati in aree sensibili (foreste tropicali). In altri termini, l’accumulo di carbonio nel suolo è un processo naturale, che può portare indirettamente benefici ambientali e sociali su scala globale.

References

(1)
Kapkiyai JJ, Karanja NK, Qureshi JN, Smithson PC, Woomer PL (1999). Soil organic matter and nutrient dynamics in a Kenyan nitisol under long-term fertilizer and organic input management. Soil Biology & Biochemistry 31: 1773-1782.
CrossRef | Google Scholar
(2)
Post WM, Know KC (2000). Soil carbon sequestration and land-use change: processes and potential. Global Change Biology 6: 317-327.
CrossRef | Google Scholar
 
 
 

Navigazione

 

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website. More info