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Estimating forest surfaces in Italy: the uncertainties of the new national forest inventory

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 143-150 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0286-0002
Published: Jun 08, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Following the entry of the Kyoto Protocol (KP) into force, a new functionality has been added to the National Forestry Inventories (NFI), which are used to account for carbon stock changes in forest carbon pools. All Countries have to select a national forest definition in accordance with the KP rules. The KP requests that minimum thresholds for area, crown coverage and tree height are set. Thus the adopted forest definition drives the accounting of any forest-related land use and land-use change activities. The new NFIs should characterize the forest variables in accordance with the new forest definitions and thus they should adopt methodologies which are able to represent forest area as defined. The Italian NFI has applied a new methodology which is not in line with its own forest definition since this method considers new criteria of homogeneity in order to classify forest area. The homogeneity criteria requires a subjective analysis of the area around each sample point; thus the sample area assignment is not carried out objectively and univocally and consequently measurements are not reproducible either in time or space. The authors suggest an improved methodology that would allow the sampling of the national territory in line with the NFI forest definition. The main characteristic of the proposed methodology is to assign and to analyze a circular area around each sample point. The size of the circular area is taken equal to the NFI forest definition minimum threshold. The application of this methodology would result in objective and univocal measurements which are reproducible either in time or space.

Keywords

Forest, Inventory, Italy, Sampling, Uncertainty

Introduzione 

Sono da poco disponibili i risultati ([5]) della prima fase del Secondo Inventario Forestale Nazionale (IFNC). Nel sito web (⇒ http:/­/­prototipo.ifni.it/­) si trovano le informazioni generali riguardanti il nuovo IFNC e vi è la descrizione delle metodologie d’indagine che sono state adottate per la sua realizzazione.

Il nuovo IFNC è strutturato in tre fasi e “le prime due sono necessarie per la stima dell’estensione delle varie categorie e sottocategorie inventariali e per l’osservazione di alcuni caratteri qualitativi, la terza per le misure relative agli attributi stazionali e dei soprassuoli” ([4]).

“La prima fase INFC si è svolta esclusivamente a video e ha riguardato la classificazione dell’uso del suolo mediante fotointerpretazione di circa 300.000 punti di campionamento distribuiti sul territorio nazionale secondo un reticolo a maglie quadrate con lato pari a 1 km” ([4]).

“Nel corso della seconda fase dell’inventario nazionale vengono localizzati e rilevati al suolo circa 30.000 punti di campionamento. Il campione di seconda fase, numericamente più contenuto di quello della fase precedente, è stato selezionato a partire dalla frazione di unità campionarie classificate come di interesse forestale nel corso della prima fase. Si tratta quindi di punti ricadenti nelle classi di uso del suolo delle formazioni forestali, delle formazioni forestali rade, delle aree temporaneamente prive di soprassuolo e degli impianti di arboricoltura. A questi va aggiunto un altro sottocampione che deve essere selezionato dall’insieme di punti che non è stato possibile classificare sulle ortofoto digitali per cause varie” ([4]).

“La terza fase INFC prevede la selezione di un terzo insieme campionario, composto da una frazione di unità di campionamento di seconda fase. Tale sottoinsieme, costituito da circa 10.000 punti, servirà a completare la raccolta dati dell’inventario con informazioni su altri attributi qualitativi non osservati in seconda fase e, soprattutto, con misure relative ai caratteri dendro-auxometrici dei boschi italiani.” ([4])

Gli inventari forestali sono di regola lo strumento fondante per la pianificazione di ogni politica o misura riguardante le foreste. Ne sono lo strumento di conoscenza, di qualificazione e quantificazione degli attributi.

Inoltre, a seguito della ratifica dell’Italia del Protocollo di Kyoto, il secondo inventario forestale ha assunto un ruolo chiave per la stima delle emissioni e, soprattutto, degli assorbimenti di anidride carbonica delle superfici forestali del nostro Paese. Tale stima è utile per la compilazione dell’Inventario nazionale dei gas serra che l’Italia sottomette annualmente alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, ed è di fondamentale importanza per il conteggio dei crediti di emissione prodotti dal nostro territorio nazionale ai fini del Protocollo di Kyoto.

Questo articolo ha due obiettivi:

  • mostrare che il sistema di stima delle superfici forestali adottato dall’IFNC nella prima fase di campionamento è affetto da due incertezze nella misura che di fatto condizionano tutto l’IFNC;
  • mostrare quali modifiche vanno realizzate per una corretta stima;

Si vuole, dunque, dare un contributo affinché le mancanze in corso possano essere corrette per tempo, in modo di dotare il nostro Paese di un moderno e utile strumento di conoscenza delle foreste.

Le incertezze concernenti la misura delle superfici forestali nell’IFNC 

Nella letteratura scientifica sono presenti molti lavori che mostrano come i sistemi a campionamento puntuale o parziale consentano di ridurre, rispetto ai sistemi a campionamento totale, gli errori relativi alla misura degli elementi da campionare ([2]). Coerentemente con ciò, l’IFNC ha adottato uno schema di campionamento puntuale che prevede la misurazione di circa 300.000 punti su tutto il territorio nazionale. L’IFNC ha anche adottato quale nuova definizione di “formazione forestale”: “Popolamenti di alberi o di arbusti che presentano contemporaneamente i seguenti tre requisiti: una superficie maggiore di 5.000 m2, un grado di copertura, esercitato dalle chiome degli alberi e degli arbusti, maggiore del 10% ed una larghezza maggiore di 20 m” ([4]).

La presenza nella definizione di “formazione forestale” di un’estensione minima (5000 m2) comporta che l’unità di campionamento abbia una dimensione spaziale e inoltre, non essendo la “formazione forestale” un elemento “intero” (grado di copertura del suolo del 10%), come ad esempio l’acqua (presenza o assenza), e dovendo avere una dimensione minima lineare di 20 m, la classe “formazione forestale” ha bisogno di essere misurata nello spazio. Quindi, il nostro campionamento “puntuale” in realtà non è un campionamento adimensionale, come la definizione matematica del punto richiederebbe, ma un campionamento parziale di superfici.

Nella prima fase di campionamento, l’IFNC ha adottato la seguente metodologia di misura per la stima dell’estensione della classe “formazione forestale”: “il punto di campionamento definisce il poligono omogeneo al cui interno il punto stesso ricade” ([4]). Per l’assegnazione del punto a una classe si procede direttamente a verificare se il poligono in cui il punto ricade, a prescindere da qualsiasi parametro sulla sua forma, abbia o meno i soli due requisiti spaziali previsti dalla definizione di “formazione forestale”: estensione superiore ai 5000 m2 e larghezza minima di 20 m. Se tale poligono non soddisfa questi due parametri, viene classificato come un “incluso” del poligono “omogeneo” superiore più prossimo al punto.

Pertanto, questa procedura di classificazione inserisce nella definizione di foresta anche la valutazione dell’omogeneità di un poligono intorno al punto, “dove per poligono omogeneo s’intende una porzione di ortofoto omogenea in termini di tono, tessitura, forma e dimensioni degli oggetti” ([4]).

Questa definizione di omogeneitàè ripresa dalle tecniche di “analisi d’immagine” proprie del telerilevamento dove le unità minime dell’immagine (pixel) sono tra loro spazialmente relazionate attraverso relazioni numeriche. Ma tale definizione di omogeneità non può essere applicata alle superfici forestali poiché queste il più delle volte sono eterogenee, cioè gli elementi che le costituiscono assumono distribuzioni casuali ed irregolari senza che per questo esse perdano il loro carattere di foresta.

Quindi, l’applicazione di criteri di omogeneitàè la prima fonte d’incertezza nella metodologia di classificazione dell’IFNC e porta a risultati che sono in contraddizione con la sua stessa definizione di “formazione forestale” che non prevede, correttamente, alcun parametro di omogeneità.

Ad esempio, nella Fig. 1 si ha un territorio in cui sono presenti un’area boscata (cerchio nero al centro), con copertura arborea del 100% e superficie inferiore al mezzo ettaro, circondata per oltre la metà del suo perimetro da un’area boscata che occupa una superficie superiore al mezzo ettaro ed ha una copertura arborea compresa tra il 10 ed il 20%; la restante parte confina con un prato che si estende per una superficie superiore al mezzo ettaro. Il punto di campionamento (P) cade all’interno dell’area boscata che ha una copertura arborea del 100%, ma in prossimità del bordo confinante con il prato. Applicando la definizione di omogeneità adottata dall’IFN il punto deve essere campionato come “praterie, pascoli e incolti” poiché il poligono in cui cade, seppur boscato, e confinante con altre aree boscate, è di superficie inferiore al mezzo ettaro e non risulta omogeneo per tono, tessitura, forma e dimensione degli oggetti con la circostante superficie boscata. Quindi, visto che il poligono omogeneo di superficie superiore al mezzo ettaro più prossimo al punto di campionamento è il prato, questo viene classificato come prato con incluso di interesse inventariale.

Fig. 1 - Esempio di un problema di classificazione (vedi testo).

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I criteri di omogeneità adottati richiamano parametri che possono e debbono essere misurati, ma, al contrario, la loro determinazione nell’IFNC si basa esclusivamente su valutazioni soggettive del fotointerpretatore, di difficile standardizzazione (paradossalmente, il concetto di omogeneità non può essere omogeneamente applicato).

Sorge una domanda, gli inclusi concorrono a valutare l’omogeneità e quindi ad identificare la classe del poligono superiore? Secondo la metodologia adottata dall’IFNC, no, in nessun caso, neanche se il poligono “superiore” ha più inclusi al suo interno tali da conferire caratteri di omogeneità allo stesso poligono superiore. Ad esempio, si prenda il poligono rappresentato nella Fig. 2. Qui si ha un poligono rettangolo isolato esteso per 3.6 ha avente lati di 140 e 260 m. Al suo interno, attorniati da prato, vi sono quattro poligoni rettangolari arborati (100% di copertura) aventi ognuno un’estensione di poco inferiore ai 4000 m2 (circa 40 x 100 m), la distanza che li separa e le distanze dai bordi sono superiori ai 20 m. Questo poligono, da un punto di vista prettamente matematico, ha al suo interno una copertura arborata di circa il 44%, e ha anche un buon grado di omogeneità secondo i criteri di tessitura, forma e dimensione degli oggetti.

Fig. 2 - Esempio di un problema di classificazione (vedi testo).

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Secondo la metodologia INFC questa area va classificata “praterie, pascoli e incolti”, se il punto di campionamento cade al di fuori dei quattro poligoni arborati, oppure “praterie, pascoli e incolti” con sottoclasse “incluso di interesse inventariale” se il punto cade all’interno di uno dei quattro poligoni arborati. Quello rappresentato in Fig. 2 è certamente un caso limite, ma serve a spiegare l’incertezza nella metodologia di misura presente nell’IFNC; è anche da tener ben presente che questo è un caso in cui il poligono superiore “omogeneo” ha un grado di copertura arborea del 44% e non del 10% come previsto dalla definizione adottata di “formazione forestale”. In considerazione di ciò vi è, quindi, un’infinita possibilità di combinazioni di imprecise classificazioni, come ad esempio nei casi reali di seguito rappresentati: Primo caso: nella Fig. 3 si vede una porzione degli interventi di rimboschimento realizzati subito dopo la seconda guerra mondiale. Il territorio riprodotto nell’immagine ha un’estensione di circa 7 ettari, al suo interno vi sono 16 poligoni (bordo rosso tratteggiato) rappresentanti i rimboschimenti di pino nero, con un’estensione delle singole particelle arborate compresa tra i 400 ed i 1000 m2. La somma delle aree dei singoli poligoni è di circa 1 ettaro.

Fig. 3 - Rimboschimenti di pino nero a scacchiera presso l’abitato di Terelle (FR); coordinate centro immagine: long. 397399, lat. 4600746 (UTM N33/WGS84).

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Questo territorio ha, quindi, una copertura arborea di circa il 14%, e gli elementi che lo caratterizzano hanno una distribuzione casuale (non a gruppi) e sono molto simili per forma e dimensioni. Quindi, questo territorio ha un forte carattere di omogeneità secondo i criteri adottati dall’IFNC. Ma se un punto dell’inventario fosse caduto al suo interno questo sarebbe stato classificato come “praterie, pascoli e incolti”, o “ praterie, pascoli e incolti” con segnalazione di “incluso” se il punto fosse caduto all’interno di uno dei poligoni di pino nero. Secondo caso: nella Fig. 4, vi è rappresentata una situazione tipica del paesaggio italiano che ha un’alta frammentazione degli elementi territoriali. L’area rappresentata nell’immagine ha un’estensione di 6.25 ettari, al suo interno, delimitati con bordo rosso ci sono due poligoni di superficie arborata. Il poligono di sinistra ha un’area di circa 0.45 ettari, mentre quello di destra ha un’area di circa 0.7 ettari. Nell’immagine sono riportati quattro punti che potrebbero rappresentare degli eventuali punti campione dell’IFNC. Secondo i criteri di misura adottati dall’IFNC il punto P1 sarebbe classificato “superficie artificiale” con nota di incluso, il punto P2 sarebbe classificato “superficie agricola” con nota di incluso; il punto P3 “ superficie agricola” ed il punto P4 “area boscata”.

Fig. 4 - Piccole aree boscate nel comune di Silvano d’Orba in Provincia di Alessandria; coordinate centro immagine long. 473826, lat. 4946624.7 (UTM N32/WGS84).

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Terzo caso: si prenda ora ad esempio (Fig. 5) il margine tra una superficie arborata ed un’altra superficie (situazione molto frequente in Italia vista l’elevata frammentazione del territorio) entrambi di estensione superiore al mezzo ettaro. In tale realtà, il punto di campionamento cade sulla linea di margine ma dal lato della superficie non arborata. In accordo con la metodologia di fotointerpretazione adottata dall’IFNC, il punto sarebbe classificato come “area con vegetazione rada o assente” e ciò significa che l’area che esso rappresenta sarebbe tutta classificata come “area con vegetazione rada o assente”, nonostante il punto ricada a pochi metri da un’estesa formazione forestale.

Fig. 5 - Particolare di bosco di faggio sulle pendici dell’Etna, Sicilia.

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Tutti questi esempi, sia i primi due casi teorici sia quelli reali, di cui l’ultimo è estremamente comune per l’Italia, fanno comprendere come la metodologia adotta non sia in grado di cogliere l’etereogenità del paesaggio forestale italiano, ma portano anche a concludere che vi è una contraddizione tra la definizione di foresta adottata e la volontà di identificare poligoni omogenei a prescindere dalla loro connessione con il punto. Il relazionare il punto a un poligono omogeneo senza regole spaziali che ne definiscano il collegamento sistematico è la seconda fonte d’incertezza nella misura dell’estensione delle formazioni forestali. Questo approccio metodologico, di fatto estranea il punto dal suo vero intorno e può portare a classificare un punto a pochi metri da un’estesa formazione forestale come “area con vegetazione rada o assente”. La metodologia di misura nella fotointerpretazione (prima fase dell’inventario) può condurre ad un errore nella stima delle superfici forestali che può risultare in una sottostima delle foreste nel caso di territori molto frammentati (caso molto probabile per l’Italia), o in una sovrastima delle superfici forestali, nel caso nel territorio ci fossero delle tipologie forestali a savana estese.

Proposta per un razionale campionamento puntuale “dimensionato” 

Considerando che la foresta ha nella sua definizione un’estensione minima, una dimensione minima degli elementi arborati, e un grado minimo di copertura arborea, la soluzione razionale per un campionamento puntuale è che l’unità campionaria abbia la stessa estensione dell’unità minima di foresta (nel caso dell’IFNC di 5000 m2), e che questa, l’area dell’unità campionaria, sia relazionata con il territorio in modo oggettivo, automatico ed univoco.

Ciò significa che nel campionamento puntuale “dimensionato” il criterio di misura da adottare è quello di identificare e classificare sistematicamente un’area intorno al punto, come fatto, ad esempio, per l’inventario forestale svizzero ([3]).

In questo caso il punto e la sua area vanno considerati come elemento del tutto indipendente dal territorio circostante. In tal modo, si riduce enormemente l’incertezza dovuta alla soggettiva assegnazione del punto ad un poligono.

Ad esempio, una superficie di mezzo ettaro in cui sono presenti elementi arborei che coprono più del 10% dell’area e che sono aggregabili in un corpo di larghezza superiore ai venti metri, va classificata, anche se la distribuzione degli elementi al suo interno non appare omogenea, come “formazione forestale” e la sua superficie frazionata per classi di copertura arborea.

È importante sottolineare che l’unica area che può essere attribuita ad un punto, senza adottare ulteriori criteri di campionamento, è quella contenuta in un cerchio di cui il punto sia il centro Infatti, ogni altro poligono oltre ad avere un maggiore effetto bordo, richiederebbe almeno una regola per il suo orientamento.

Nel caso dell’IFNC il cerchio dovrebbe avere raggio pari a circa 40 metri e superficie pari a 5000 m2.

Tutte le immagini utilizzate negli esempi mostrano uno dei principali caratteri del territorio italiano: l’eterogeneità. Se l’IFNC avesse adottato quale criterio di misura il “punto dimensionato” con la forma di un cerchio di 5000 m2 di superficie (avente perciò un raggio di circa 40 m), ognuno dei casi rappresentati sarebbe stato classificato con un frazionamento dell’area tra le diverse classi di copertura e sicuramente il risultato sarebbe stato più adatto alla rappresentazione della complessità del territorio.

Inoltre l’analisi sistematica dell’intorno del punto permette la riproducibilità della misura e la sua tracciabilità nel tempo in modo da consentire analisi dettagliate dei cambiamenti di copertura e/o uso del suolo e la loro rappresentazione in matrici di cambiamento.

In particolare, nell’ultimo esempio (Fig. 5) il mezzo ettaro di superficie relativo a tale punto (vedi area nel cerchio) contiene per metà alberi e per metà terreno improduttivo. Tale punto, seguendo la definizione di foresta adottata dall’IFNC, va classificato come “area boscata - formazione forestale”, specificando che metà della superficie ha grado di copertura pari al 100% e metà pari allo 0%.

Il frazionamento dell’area dei punti classificati come “area boscata” permette la ponderazione delle superfici secondo il grado di copertura, consentendo così una corretta ed esaustiva rappresentazione della realtà e una corretta e precisa determinazione delle superfici forestali.

Conclusioni 

Il possibile errore nella stima delle superfici forestali derivante dalle incertezze nella misura si ripercuote a cascata dalla fase 1 alle altre fasi, anche perché il campione di seconda fase è stato selezionato a partire dalla frazione di unità campionarie classificate come d’interesse forestale nel corso della prima fase. È importante notare che le incertezze nella misura fin qui evidenziate non possono essere individuate ed analizzate nelle fasi successive dello stesso inventario e quindi il loro effetto, ad oggi, non può essere valutato.

Le informazioni sull’area forestale sono il risultato primario per un inventario forestale e molti estimatori e parametri, come ad esempio le provvigioni e gli incrementi, sono ad essa strettamente legati. Si ritiene, quindi, utile, necessario ed urgente procedere ad una correzione della metodologia utilizzata per ottenere infine un corretto dato sull’estensione delle foreste italiane.

La scelta metodologica adottata nella fase 1 dell’IFNC non risulta neanche opportuna dal lato della praticità ed affidabilità in quanto essa è di non facile applicazione perché prevede un’elaborata formazione specifica degli operatori addetti alla fotointerpretazione a cui è demandata un’ampia discrezionalità di giudizio.

Si evidenzia inoltre che il metodo adottato dall’IFNC non consente in futuro la tracciabilità dei cambiamenti di copertura e/o uso del suolo, come invece richiesto dalle metodologie per la contabilizzazione dei crediti di carbonio derivanti dalle attività agroforestali del Protocollo di Kyoto e di fatto rende l’IFNC inadeguato per una delle sue funzioni principali.

Oggi probabilmente il sistema migliore per la stima delle superfici è quello di abbinare all’uso delle ortofoto un’applicazione informatica per la determinazione automatica della classe “formazione forestale” dove al fotointerprete é demandato solo il compito di individuare e delineare, all’interno dell’intorno del punto, i bordi degli elementi arborati (come ad esempio nelle Fig. 3 e Fig. 4). Tale sistema consente la determinazione della classe “formazione forestale” su regole di interconnessione spaziale certe, consentendo anche l’adozione di regole dinamiche per la definizione degli attributi come ad esempio l’intelligente relazione tra copertura arborea e minima larghezza degli elementi arborati adottata dall’IFN della Svizzera ([1]).

Alternativa al campionamento puntuale è il campionamento parziale di superfici dove una percentuale del territorio è prima mappata e poi analizzata, dove le singole unità di campionamento abbiano una estensione di molto superiore alla estensione minima della definizione di foresta.

References

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