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Generally Mysterious Objects (GMO)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 278-281 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0310-0002
Published: Sep 21, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Plant GM technology and the application of recombinant DNA techniques to generate crop plants is the subject of major debate in society today. The research benefits of this technology are clearly defined: it offers the potential of rapid breeding programmes to enable crops to survive, yields to increase and the full sustainable manufacturing power of plants to become realised. Potential associated risks such as food safety, environmental biodiversity and the relationships of big business in the developed world to subsistence farming in developing countries are also discussed.

Keywords

OGM, Biotecnologie, Flusso genico

 

Attualmente un argomento molto dibattuto riguarda gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). La discussione avviene sia all’interno della comunità scientifica sia in ambito pubblico dove spesso, purtroppo, vengono diffuse informazioni poco corrette e approssimative generando nell’opinione pubblica preoccupazione e un’istintiva diffidenza.

Il miglioramento genetico delle piante è iniziato nel Neolitico con l’addomesticamento dei frumenti e di alcune specie agrarie ([19]) ed è continuato nei secoli successivi fino ad oggi. Negli ultimi 200 anni il processo si è accentuato specialmente dopo le scoperte nel XIX secolo di C. Darwin nel 1859 e G. Mendel nel 1865 che hanno posto le basi per una visione razionale e universale dell’evoluzione biologica e dell’ereditarietà dei caratteri. Il miglioramento genetico consiste essenzialmente nel verificare che l’espressione di un carattere utile sia ereditabile, nella selezione entro famiglie segreganti di progenie superiore per il carattere considerato, accumulando così alleli favorevoli dei fattori genetici coinvolti. Da sempre i miglioratori individuano prima questi caratteri e poi li trasferiscono al germoplasma coltivato costituendo così nuove varietà superiori. La storia dell’agricoltura è anche la storia d’innumerevoli tentativi e ripetute esperienze degli esseri umani di utilizzare, ai fini del miglioramento della produzione, il processo naturale dello scambio attraverso l’incrocio di varietà vegetali, cercando, talvolta, di superare anche le barriere di infertilità tra le specie. Per millenni si è proceduto per via empirica e, più recentemente, incrociando e selezionando secondo metodi sperimentali basati su conoscenze scientifiche dei processi naturali. In questo plurisecolare percorso i metodi di miglioramento genetico adottati nell’agricoltura si sono sviluppati fino ad integrare tecniche di ingegneria genetica molecolare. Con il termine agricoltura, che ha come obiettivo primario la produzione di alimenti, si deve intendere, in senso più ampio, anche la selvicoltura con il suo rilevante apporto di prodotti non alimentari (materiale per costruzioni, biocombustibili, produzione di legname pregiato ecc). Nel tempo gli studi sugli organismi e sui loro processi vitali si sono indirizzati anche verso i fenomeni connessi con la produzione non solo di beni ma anche di servizi. La biotecnologia, infatti, è conoscenza e studio (logos) di norme della vita organica (bios) per il concreto svolgimento di attività manuali o intellettuali (technè). Le biotecnologie si sono diversificate in funzione dei sistemi biotici studiati e in rapporto all’ambito di applicazione, dando luogo a biotecnologie enzimatiche, cellulari, microbiche, applicate ai vegetali, agli animali, alla salute dell’uomo. Nel XX secolo i processi scientifici e tecnologici sono partiti dalla genetica classica (mappe genetiche, citogenetica) per progredire con la mutagenesi, le colture in vitro, la trasformazione genetica e infine approdare alla genetica molecolare, al trasferimento genico, all’uso di marcatori molecolari e alla rigenerazione di cellule trasformate. È importante sottolineare che l’ingegneria genetica molecolare e i metodi convenzionali di miglioramento genetico hanno gli stessi obiettivi di modificazione genetica, ma si differenziano nel metodo di lavoro. Per produrre nuove vantaggiose associazioni di fattori genetici, invece di dipendere dalla ricombinazione casuale tra un largo numero di geni, il metodo molecolare consente di inserire nel genoma sequenze di DNA portatrici di specifici caratteri. Si riducono così i tempi della selezione, il processo è quanto mai preciso, si conservano le caratteristiche vantaggiose del genotipo originario e si aggiungono singoli geni per cui il genotipo era carente, aumentando così drasticamente la possibilità di modificare in modo preciso e minimale il genoma. Queste tecniche hanno una ricaduta pratica anche in ambito forestale. Tenendo conto che nel mondo la produzione alimentare è aumentata annualmente dell’1.3% mentre la popolazione mantiene un ritmo di crescita del 2.2% per anno, è preferibile l’accrescimento della produzione degli attuali agro-sistemi piuttosto che la messa a coltura di nuove terre distruggendo le foreste che sono depositarie di biodiversità e di elementi di contenimento del clima. Un altro aspetto di primaria importanza è che la produzione di OGM può offrire un valido contributo alla crisi alimentare e all’indigenza di vasti strati della popolazione mondiale anche se naturalmente non può affrontare da sola tale crisi. Perché questo possa avvenire è necessario il potenziamento e la trasparenza dei finanziamenti pubblici per la ricerca biotecnologica che, altrimenti, diventa inevitabilmente di proprietà privata anziché costituire una produzione di conoscenza che serve e appartiene a tutti (public goods).

È evidente che l’uso di nuove varietà può comportare dei rischi ed è per questo che è perentorio che le varietà transgeniche vengano sottoposte all’analisi dei rischi e che siano accettate solo quando risultino inferiori per rischio a quelle convenzionali. Analizzando i fattori di rischio si mostra che l’interazione degli OGM con l’ambiente dove vengono coltivati e con gli ecosistemi limitrofi interessa quattro aspetti.

  • Interazione orizzontale delle proteine GM con la microflora del terreno agrario. Il trasferimento orizzontale di geni da specie vegetali alla microflora del terreno è una possibilità remota. Il DNA dei residui vegetali raggiunge il suolo già altamente degradato e viene poi ulteriormente attaccato dalle nucleasi batteriche ([3]). L’accettazione di geni da parte della microflora è, tuttavia, una componente propria dell’evoluzione dei microrganismi ([17], [18]).
  • Il flusso verticale di OGM e/o di loro geni riguarda la possibilità che il nuovo organismo sia di per se invasivo del sistema agricolo e degli habitat limitrofi (infestanza). L’infestanza dipende da caratteri ben definiti (longevità dei semi, sviluppo vegetativo rapido, produzione continua di semi, autoincompatibilità o impollinazione anemofila, semi adatti alla dispersione, vigorosa riproduzione vegetativa e capacità di competere con la luce - [1], [4]). È noto che le piante coltivate non sono invasori vegetali perché necessitano per sopravvivere di cure colturali per competere con le piante spontanee e selvatiche. Le varietà coltivate, infatti, hanno perso i caratteri genetici che ne consentono la sopravvivenza in natura. Come fa osservare in modo ironico un ricercatore dell’Università di Milano in un articolo intitolato “La grande bufala doc”, le erbacce crescono così velocemente da soffocare le piante coltivate, provate a coltivare un orto e ve ne accorgerete ([16]).
  • Il flusso genico da piante coltivate (convenzionali o OGM) a specie selvatiche è inevitabile negli ambienti in cui esse vivono a contatto tra loro. Vale la pena di far notare che l’espressione corretta da usare è “flusso genico” e non “contaminazione”, termine creato ad hoc per dare una connotazione negativa al fenomeno che, per altro, è sempre esistito senza mai generare catastrofi né mostri! In termini di storia naturale, l’ibridazione fra taxa diversi è una delle modalità evolutive di maggior successo nel regno vegetale ([13]). Sono stati sviluppati, tuttavia, metodi molecolari che rendono i geni inseriti in un OGM ereditabili solo per via materna ([5], [14]). Non è stato riportato per ora nessun caso di fuga di OGM dalle coltivazioni attraverso l’ibridazione naturale ([22]) e della sua colonizzazione di habitat naturali. In ogni caso è disponibile un indice di flusso genico (gene flow index) che assiste la corretta pratica della valutazione del rischio ambientale ([11], [12]).
  • Il flusso genico da OGM a specie selvatiche si concretizzerebbe con la colonizzazione di ecosistemi naturali solo se il gene conferisse un vantaggio riproduttivo ([20], [2], [15]). Per esempio i geni per la resistenza agli erbicidi dovrebbero conferire, a chi li ospita, un vantaggio selettivo solo quando la molecola erbicida fosse presente, cosa che in natura non accade.

Un’altra preoccupazione diffusa riguarda la possibilità che i transgeni possano diventare parte del patrimonio ereditario del consumatore. In realtà nel tratto intestinale il DNA viene rapidamente degradato. Malgrado questo, le cellule dello stomaco e dell’intestino potrebbero assorbire frammenti di DNA di grandezza tale da contenere un gene ([8], [6], [7]). Non è scientificamente credibile però, che il DNA assorbito ed eventualmente integrato nei cromosomi di una cellula intestinale possa raggiungere altre cellule e addirittura la linea germinale ([21]). Inoltre, le prove condotte fino ad ora hanno dimostrato che il transgene non è stato trovato in cellule di bovini alimentati con prodotti GM ([8]).

Tra le diffidenze dell’opinione pubblica verso i progressi della scienza e le innovazioni tecnologiche emerge il problema degli OGM. Pur comprendendo che la materia investe non solo considerazioni di tipo scientifico ma anche sociali, etiche, politiche ed economiche, sembra evidente che una delle cause di tale diffidenza risieda nella mancanza di informazione imparziale e nella diffusione di notizie prive di qualunque fondamento scientifico. La pubblicità di una nota catena di supermercati, per esempio, recita “I nostri prodotti non contengono cose strane come gli OGM”. Forse non sarebbero così “strane” se nell’opinione pubblica fosse stata diffusa la consapevolezza che l’umanità persegue fin dagli albori della civiltà il potenziamento della produzione di alimenti vegetali e che le piante verdi, attraverso la fotosintesi, utilizzano per le loro funzioni l’energia più gratuita e rinnovabile: quella solare. L’ingegneria genetica può contribuire ad un processo che assicuri, garantita la sicurezza d’uso nei confronti dell’uomo e dell’ambiente, la costituzione di nuove varietà che consentano aumenti di produzione con minor impiego di prodotti di sintesi chimica (fitofarmaci, fertilizzanti e diserbanti). Inoltre bisogna considerare che l’aumento della resistenza per via tecnologica ai parassiti e agli stress ambientali è di immediata percezione per il coltivatore ma non per il consumatore del prodotto ([9]). Un caso illuminante riguarda la dispersione dei semi: in natura i semi vengono dispersi velocemente, mentre per il coltivatore è desiderabile che i semi rimangano sulla spiga. Se non ci credete provate a raccogliere un quintale di mais come pannocchie sulla pianta oppure come singoli chicchi a terra, magari dopo un bel temporale! ([16]). Un’altra caratteristica poco nota delle piante coltivate è che generalmente contengono una quantità ridotta di pesticidi naturali, rispetto a quelle selvatiche, che sono sì dannosi per gli insetti e i patogeni ma anche per l’uomo: un esempio? Provate a mangiare dei semi di ricino! ([16])

Sembra appropriato concludere con una citazione di un noto fisico, Richard Feynman ([10]), “La scienza è ciò che abbiamo imparato circa il fatto di non prendersi in giro”.

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