Land Use: the Kyoto protocol, the FAO definition of forest and the Italian Inventory of Forests and Carbon Stocks
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 321-330 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0322-0002
Published: Dec 19, 2005 - Copyright © 2005 SISEF
Commentaries & Perspectives
Abstract
In 2000, after the international agreement on the Kyoto Protocol of the United Nations Framework Convention on Climate Change, the United Nation Food and Agriculture Organization decided to adopt a new set of basic forest and forest change definitions. The main change is that new definitions are no more related to land cover but to land use. The entry into force of the Kyoto Protocol requires now that national forest related data must be based on land use concept. Thus, national forest inventory shall be designed in order to collect data which are consistent with current land-use related definitions. In this paper the authors analyze the case of the Italian forest inventory.
Keywords
Il protocollo per la mitigazione dei cambiamenti climatici, detto anche Protocollo di Kyoto (KP), è uno strumento attuativo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Il testo del protocollo è stato adottato da tutti gli stati aderenti all’UNFCCC nel 1997 (decisione 1/CP3), ratificato dall’Italia e dall’EU nel 2002, ed è entrato in vigore nel 2005 ([12]). Il Protocollo tra le attività previste per la mitigazione dei cambiamenti climatici include anche quelle riferibili ai Land Use, Land Use Change and Forestry (LULUCF), cioè riconosce che agendo sugli usi delle terre ([1], [7]) si possono ottenere dei vantaggi concreti verso la stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera. Questa inclusione ha, di fatto, accresciuto l’importanza del ruolo ecologico e quindi della funzione socio-economica che le foreste del pianeta svolgono.
A seguito di ciò la Food and Agriculture Organization delle Nazione Unite (FAO) decide di cambiare il suo modo di considerare le foreste e nel suo Forest Resouces Assessment del 2000 ([3]) spiega che “In 2000, the basic forest and forest change terms were revisited in light of the experiences gained during FRA 2000. One driving factor behind this re-examination was the request for input to the Kyoto Protocol process and the elaborations on carbon sequestration in forests ”, ed ancora “For example, the general classification of land was called “land cover classification” in 1998, whereas in this report the division into forest, other wooded land and other land is a “land use classification”, in that “forest” is defined both by the presence of trees and by the absence of other land uses”.
A molti forse può sfuggire la portata del cambiamento avvenuto a seguito di quanto fin qui enunciato ed è perciò opportuno illustrare i concetti di copertura delle terre (land cover) e uso delle terre (land use) iniziando dalle loro definizioni ([2]):
- The land cover is the observed physical cover of the earth’s surface;
- The land use is the description of socio-economic function of the same area.
Vale a dire che si passa dall’osservazione della copertura fisica che i vari elementi del territorio hanno sulle terre alla comprensione delle funzioni socio-economiche di un territorio in base alla presenza o assenza degli elementi territoriali (vedi Fig. 1).
Fig. 1 - In questa figura sono rappresentati due territori che hanno la stessa copertura e distribuzione degli elementi arborei forestali, cerchi verdi, ma differenti coperture degli elementi erbacei, in giallo la copertura delle erbe spontanee ed in arancione la copertura delle colture agricole. Se questi due territori si dovessero classificare con criteri di copertura delle terre sarebbero entrambi classificati come foresta (copertura arborea > 10%, estensione > 0.5 ha), mentre se si dovessero classificare con criteri di uso delle terre il territorio nella figura di destra sarebbe definito foresta mentre quello nella figura di sinistra agricoltura.
In precedenza l’analisi veniva incentrata sulla relazione spaziale tra gli elementi esistenti, e cioè sulle caratteristiche che la descrivono (contiguità, omogeneità, frammentazione, ecc.); ora l’analisi è incentrata sulla individuazione degli elementi capaci di caratterizzare, in modo prevalente, un’attività socio-economica. Ad esempio, se ci si trova su di una piccola striscia d’erba che separa un’estesa formazione arborea da un’autostrada a sei corsie, e si deve stabilire la funzione socio-economica prevalente di quella terra, questa non può che essere considerata nel suo reale insieme e cioè avendo una visione a 360° che comprenda quindi l’erba, gli alberi e l’autostrada. Se al contrario, si decide di voltar le spalle all’autostrada per considerare solo quello che si ha davanti ai propri occhi, si ottiene una soggettiva e artificiosa rappresentazione della realtà, dissimile da quella in cui la terra, oggettivamente, si trova.
Questo nuovo contesto di riferimento ha portato la FAO a modificare profondamente nella sostanza la propria definizione di Foresta (vedi Tab. 1) esplicitando il concetto d’uso delle terre prevalente - che viene determinato in base alla presenza ed alla assenza degli elementi territoriali - e dalla quale vengono esclusi il concetto di continuità delle coperture (continuous vegetation cover) ed il parametro di dimensione minima (20 m) per tutti gli elementi lineari, come frangivento e siepi, viene limitato ai soli elementi lineari presenti in terre con prevalente uso agricolo. Quindi, anche se i parametri-soglia (copertura minima 10%, dimensione minima 0.5 ha, altezza minima 5 m) rimangono invariati, è la loro applicazione che varia. Infatti, il concetto di presenza-assenza impone di individuare tutti gli elementi territoriali coesistenti che segnalano la presenza dei diversi usi delle terre e ciò va fatto in modo oggettivo e sistematico (cioè la presenza-assenza non può essere determinata attraverso astratti artifici geometrici di separazione degli elementi territoriali come i poligoni amorfi). Una volta individuati gli usi esistenti ne va determinato, in modo univoco, il prevalente basandosi sulle definizioni delle varie classi d’uso delle terre e su dettagliate ed esaustive regole gerarchiche. È perciò necessario rilevare l’unità di terra minima, su cui la funzione socio-economica prevalente va determinata e a cui un campionamento od un censimento degli usi delle terre deve riferirsi.
Tab. 1 - Prospetto delle diverse definizioni della classe foresta.
Definizioni di foresta | ||
---|---|---|
Uso delle terre FAO-FRA2000 | Copertura delle terre FAO-FRA2000 | Uso delle terre INFC |
Forest includes natural forests and forest plantations. It is used to refer to land with a tree canopy cover of more than 10 percent and area of more than 0.5 ha. Forests are determined both by the presence of trees and the absence of other predominant land uses. The trees should be able to reach a minimum height of 5 m. Young stands that have not yet but are expected to reach a crown density of 10 percent and tree height of 5 m are included under forest, as are temporarily unstocked areas. The term includes forests used for purposes of production, protection, multiple-use or conservation (i.e. forest in national parks, nature reserves and other protected areas), as well as forest stands on agricultural lands (e.g. windbreaks and shelterbelts of trees with a width of more than 20 m), and rubberwood plantations and cork oak stands. The term specifically excludes stands of trees established primarily for agricultural production, for example fruit tree plantations. It also excludes trees planted in agroforestry systems. | Forest Land with tree crown cover (or equivalent stocking level) of more than 10 percent and area of more than 0.5 ha. The trees should be able to reach a minimum height of 5 m at maturity in situ. May consist either of closed forest formations where trees of various storeys and undergrowth cover a high proportion of the ground; or open forest formations with a continuous vegetation cover in which tree crown cover exceeds 10 percent. Young natural stands and all plantations established for forestry purposes which have yet to reach a crown density of 10 percent or tree height of 5 m are included under forest, as are areas normally forming part of the forest area which are temporarily unstocked as a result of human intervention or natural causes but which are expected to revert to forest. Includes: forest nurseries and seed orchards that constitute an integral part of the forest; forest roads, cleared tracts, firebreaks and other small open areas; forest in national parks, nature reserves and other protected areas such as those of specific scientific, historical, cultural or spiritual interest; windbreaks and shelterbelts of trees with an area of more than 0.5 ha and width of more than 20 m; plantations primarily used for forestry purposes, including rubberwood plantations and cork oak stands. Excludes: Land predominantly used for agricultural practices | Bosco: territorio con copertura arborea maggiore del 10% su un’estensione maggiore di 0.5 ha. Gli alberi devono poter raggiungere un’altezza minima di 5 m a maturità in situ. Può trattarsi di formazioni chiuse od aperte. Soprassuoli forestali giovani, anche se derivati da piantagione, od aree temporaneamente scoperte per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma suscettibili di ricopertura a breve termine secondo i requisiti sopra indicati, sono inclusi nella definizione di bosco. Sono inoltre inclusi: vivai forestali ed arborei da seme (che costituiscono parte integrante del bosco); strade forestali, fratte tagliate, fasce tagliafuoco ed altre piccole aperture del bosco; boschi inclusi in parchi nazionali, riserve naturali ed altre aree protette; barriere frangivento e fasce boscate di larghezza superiore a 20 metri, purché maggiori di 0.5 ha. Sono incluse anche le piantagioni finalizzate a scopi forestali comprese quelle di alberi da gomma e le sugherete. |
Pertanto, nel caso di un campionamento, la misura dell’uso delle terre va fatta attraverso la sistematica ed oggettiva osservazione del territorio intorno al punto di campionamento e tale porzione di territorio da rilevare deve essere relazionata con il punto in modo oggettivo, automatico ed univoco. L’unica area che può essere relazionata ad un punto, soddisfacendo tali criteri e non richiedendone di ulteriori, è l’area del cerchio di cui il punto è il centro ([8], [2]).
Il nuovo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio, che inizia la propria fase operativa di campionamento nel 2003 ([4]), si pone giustamente l’obiettivo di essere in linea con il contesto internazionale, Protocollo di Kyoto e FAO, in modo che i risultati dell’inventario possano essere utilizzati in contesti diversi e siano comparabili con gli inventari di altri paesi e le statistiche internazionali.
Quindi l’INFC si pone, correttamente, l’obiettivo di campionare l’uso delle terre (nei documenti dell’INFC questo termine è riportato come uso del suolo), ponendo particolare attenzione all’uso forestale, ma, nell’adottare la definizione FAO di Foresta riprende da quest’ultima non la definizione di classe di uso delle terre ma la definizione di classe di copertura delle terre (vedi Tab. 1). Infatti in tutti i documenti INFC, ma soprattutto nel “Linee generali del progetto per il secondo inventario forestale nazionale italiano” ([5]), si riporta che la definizione adottata per l’INFC è quella proposta dalla FAO per il suo FRA2000; al contrario la definizione FAO e quella INFC della classe Foresta di uso delle terre sono oggettivamente diverse (vedi Tab. 1). Si nota infine che il FRA2000 è stato pubblicato dalla FAO nel 2001 cioè in data antecedente all’inizio della prima fase dell’INFC ([4]).
Questa decisione ha due conseguenze particolarmente importanti:
- l’Italia, ignorando il percorso evolutivo compiuto dalla FAO si pone in una situazione di ritardo metodologico che fa sì che le proprie statistiche forestali non siano direttamente comparabili in ambito internazionale;
- i risultati ottenuti dall’INFC riguardo alla rappresentazione delle aree non possono essere utilizzati per il Protocollo di Kyoto, vale a dire che alcune informazioni presenti nell’INFC non sono applicabili e che pertanto dovranno essere raccolte informazioni addizionali.
Agli autori sfugge il senso e l’opportunità di una tale decisione metodologica ed è loro opinione che si tratti, probabilmente, di un semplice errore di sottovalutazione e distrazione nel riprendere la documentazione della FAO e del Protocollo di Kyoto, piuttosto che di una volontà da parte dei realizzatori e consulenti per l’INFC di promuovere un nuovo quadro metodologico di riferimento. Infatti, la traslazione dei concetti di analisi della “copertura delle terre” verso quelli di “uso delle terre” (ad esempio l’INFC si è posto l’obiettivo di coordinare il proprio schema di classificazione con quello del progetto “CORINE Land Cover” che ha lo scopo di mappare le sole coperture delle terre) ha richiesto l’adozione di un numero notevole di regole aggiuntive ([4], [5]) che hanno reso la metodologia di campionamento complessa, incompleta e non univoca (nello stesso Manuale dell’INFC si ammette che per lo stesso punto potrebbero esistere diverse soluzioni, tutte ugualmente valide sulla base delle norme di classificazione), cosicché è difficile che la si possa proporre come modello di riferimento in ambito internazionale.
In ogni caso, non essendo nostro compito lo spiegare la suddetta decisione, si dimostrerà, di seguito, l’inadeguatezza della metodologia INFC ai fini del Protocollo di Kyoto che ha nell’uso delle terre l’unico contesto di riferimento per le proprie attività.
Regole per il conteggio delle attività LULUCF del Protocollo di Kyoto
Attualmente le attività LULUCF ([11]) che si trovano all’interno del Protocollo di Kyoto possono essere suddivise in due grandi categorie:
- la riforestazione/afforestazione e la deforestazione, ossia le attività di cambiamento di uso delle terre (ARD);
- la gestione forestale, la gestione delle terre agricole, la gestione delle terre di pascolo e la rivegetazione, ossia le attività di uso delle terre.
La prima categoria è formata dalle attività obbligatorie per ognuna delle quali ogni Paese deve provvedere stime delle superfici (activity data) e delle variazioni degli stocks di carbonio organico nei cinque carbon pools (biomassa epigea CAB, biomassa ipogea CBB, necromassa CDM, lettiera CL, sostanza organica nel suolo CSOM) nonché delle emissioni di metano e di ossido di diazoto. La spiegazione logica della loro obbligatorietà risiede nel fatto che ad ogni variazione d’uso delle terre ’da o verso’ foresta corrisponde, di regola, una variazione permanente negli stocks di carbonio. Al contrario, le attività appartenenti alla seconda categoria non risultano necessariamente in una variazione permanente degli stocks di carbonio e, per tale ragione, possono essere incluse su base volontaria.
Tale prima, e fondamentale, differenza implica conseguenze metodologiche. Mentre per la stima delle attività ARD è necessario campionare/censire l’intera superficie nazionale, dato che esse possono occorrere in ogni classe d’uso delle terre, al contrario per le attività volontarie può essere sufficiente il campionamento/censimento di alcune porzioni, visto che esse possono avvenire solo in alcuni usi delle terre ed anche solo in alcune aree delle terre sottoposte a tali usi.
Si consideri, ad esempio, l’attività di gestione forestale (Art. 3.4). Essa può avvenire, per definizione, solo su una porzione del territorio nazionale: la foresta. Inoltre, il Paese potrebbe decidere che non tutte le attività di gestione che avvengono nelle terre forestali vadano considerate condotte ai fini del Protocollo di Kyoto (tale decisione si concretizza nella applicazione alle circostanze nazionali che il Paese dà della definizione di gestione forestale) ([6]). Pertanto, nell’individuazione delle superfici soggette a gestione forestale ai fini del Protocollo di Kyoto, vanno sottratte, dalla porzione di territorio classificata foresta, le aree soggette alle attività ARD ed, inoltre, tutte le aree sottoposte a pratiche di gestione che, per scelta del Paese, si ritiene di non considerare condotte ai fini del Protocollo di Kyoto. Restano da conteggiare, quindi, solo alcune porzioni di terre forestali, probabilmente sparse su tutto il territorio nazionale.
Da tali differenze deriva la necessità di avere un sistema di rilievo che abbia i requisiti sia per la determinazione e il conteggio delle attività 3.3 sia per il conteggio delle attività 3.4. Tale sistema dovrà essere definito prima dell’inizio del primo periodo d’impegno del Protocollo di Kyoto (ossia prima dell’01/01/2008) ed i suoi elementi fondanti sono:
- Un sistema di campionamento(inventario)/censimento(mappatura) di tutto il territorio nazionale che sia in grado di stimare con la necessaria accuratezza la superficie delle classi d’uso delle terre ed ogni loro variazione (individuando con ciò le superfici soggette alle attività 3.3).
- Descrizione delle regole per l’applicazione alle circostanze nazionali delle attività volontarie (art. 3.4) ed identificazione (coordinate geografiche dei perimetri) delle aree del territorio nazionale soggette a tali attività.
- Un sistema di campionamento(inventario)/censimento(mappatura) della copertura delle terre di tutte le aree soggette alle attività del Protocollo di Kyoto al fine di stimare le variazioni degli stocks di carbonio.
Di conseguenza, il sistema di rilievo che si vorrà adottare dovrà essere in grado di rilevare per ogni unità delle terre il suo uso e la sua variazione d’uso e di determinare l’attività LULUCF sotto cui ogni variazione negli stocks di carbonio, che avviene in tale unità, va conteggiata.
Ad esempio, per un’unità di terre che fosse classificata foresta al 31/12/2012 bisognerebbe verificare:
A) Se la sua classe d’uso è variata dal 31/12/1989 e quando tale variazione è avvenuta (prima dell’01/01/2008 o dopo):
a) Se la classe d’uso è variata, stimare le variazioni di presenza degli elementi arborei e calcolare le conseguenti variazioni degli stocks e le emissioni di metano ed ossido di diazoto applicando la seguente formula (eqn. 1):
dove start indica l’1/01/2008 o la data di rilievo della variazione d’uso se successiva, ed end indica il 31/12/2012
B) Se la classe d’uso non è variata verificare se l’area è inclusa in uno dei perimetri identificanti le aree di foresta soggette ad attività di gestione forestale ai fini del Protocollo di Kyoto:
a) Se l’area è inclusa, stimare le variazioni di degli elementi arborei e calcolare le variazioni di stocks applicando la seguente formula (eqn. 2):
dove start indica lo 01/01/2008 ed end indica il 31/12/2012; ma il risultato di tale conteggio non potrà in alcun caso eccedere il cap assegnato all’Italia [0.18 Mt di C per anno; Appendice dell’Annesso alla bozza di Decisione -/CMP.1 (Land Use, Land-Use Change & Forestry) attaccata alla Decisione 11/CP.7 (Marrakesh Accords)].
C) Infine, se l’area non è inclusa in uno dei perimetri, identificanti le aree di foresta soggette ad attività di gestione forestale ai fini del Protocollo di Kyoto, non va conteggiata alcuna variazione degli stocks di carbonio.
In breve, ciò che il Protocollo di Kyoto richiede obbligatoriamente all’Italia è il reporting d’ogni variazione d’uso delle terre ’da e verso’ foresta e l’accounting di ogni conseguente variazione degli stocks di carbonio; ciò che invece concede è la possibilità, a scelta del Paese, di conteggiare le variazioni degli stocks di carbonio che avvengono in alcune selezionate porzioni del territorio a seguito dell’applicazione di attività di gestione relazionate al Protocollo di Kyoto.
E perciò, in sintesi, quello che è necessario fare è suddividere il territorio in classi d’uso delle terre ed adottate un sistema di campionamento/censimento che oltre a tracciare i cambiamenti d’uso delle terre consenta anche di tracciare i cambiamenti nella presenza degli elementi territoriali ed in particolare di quelli arborei, poiché ad ogni variazione di essi è direttamente correlata una variazione degli stocks di carbonio.
La suddivisione del territorio in classi d’uso delle terre
Si mostrano di seguito due esempi concreti in cui applicando alla stessa realtà una definizione di foresta come classe di copertura delle terre (INFC) o come classe d’uso delle terre (FAO) porta ad avere risultati diversi.
Applicando alle due terre in Fig. 2 la definizione di foresta adottata dall’IFNC si ha che, il caso di sinistra è classificato foresta mentre quello di destra come non-foresta. Questo perché nel caso di sinistra gli elementi arborei sono disposti in modo più o meno omogeneo sul territorio e formano un “poligono” di superficie superiore a 0.5 ha, mentre nel caso di destra essi si trovano aggregati a formare una sottounità di superficie superiore ai 500 m2 (tratteggio blu) che, benché omogenea al suo interno, è totalmente eterogenea con il resto della superficie, che è coperta da erbe, e perciò il requisito di superficie minima del “poligono omogeneo” non è soddisfatto. Se queste stesse terre si classificano attraverso un campionamento sistematico dell’intorno del punto (cerchio rosso) e si fa riferimento alla definizioni FAO di uso della terre entrambi i casi sono classificati come foresta, in quanto le unità di campionamento (0.5 ha di superficie, cerchio rosso) che rappresentano l’intorno dei due punti non mostrano elementi territoriali che indichino un uso predominante su quello forestale ed il requisito del minimo grado di copertura arborea (10%) è, in entrambi i casi, soddisfatto.
Fig. 2 - Sono rappresentati due territori aventi una diversa distribuzione degli elementi arborei (cerchi verdi), i cerchi rossi rappresentano unità minime di campionamento e misurano 0.5 ha (40 m di raggio). In entrambe le situazioni all’inteno delle unità di campionamento sono presenti lo stesso numero di elementi arborei (10), che coprono una superficie totale superiore ai 500 m2, il resto della superficie è coperta da erbe, in giallo, e non vi sono altri usi prevalenti su quello forestale.
Applicando alle due superfici mostrate in Fig. 3 una definizione di copertura delle terre il caso di sinistra è classificato come non-foresta mentre quello di destra come foresta. Questo perché nel caso di sinistra gli elementi arborei non sono disposti in modo omogeneo all’interno dell’area circolare di 0.5 ha (circonferenza rossa) ed il punto (individuato dal centro della croce) cade nella sottoarea coperta da erbe, mentre nel caso di destra essi sono disposti in modo omogeneo sull’intera superficie. Applicando, invece, una definizione d’uso delle terre, il risultato è esattamente il contrario. L’area di destra soddisfa il limite di copertura minima e non ha altri usi predominanti su quello forestale ed è quindi classificata foresta, mentre l’area di sinistra, pur soddisfacendo anch’essa il limite minimo di copertura, presenta un uso delle terre dominante su quello forestale ossia l’uso agricolo ed è perciò classificata tra le terre agricole.
Fig. 3 - La superficie circolare di destra (0.5 ha) è coperta per il 45% da alberi (area verde) di specie forestali e per il 55% da erbe (area gialla), l’uso predominante è forestale; la superficie circolare di sinistra (0.5 ha) è coperta per il 10% da alberi (cerchi verdi) di specie forestali e per il 90% da colture agricole, l’uso predominante è agricolo.
Questi semplici esempi dimostrano la divergenza dei risultati che si ottengono se si applicano parametri d’uso delle terre rispetto a quelli di copertura delle terre e spiegano quindi perché l’IFNC fallisce l’obiettivo di suddividere il territorio italiano in classi d’uso delle terre.
La tracciabilità dei cambiamenti d’uso delle terre
Nel suo Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestale, l’Italia dovrà, come già scritto, riportare le variazioni degli stocks di carbonio derivanti dai cambiamenti d’uso delle terre.
Per poter applicare le regole di contabilitàè necessario ottenere due elementi: una matrice di cambiamento che descriva i flussi di terre tra le diverse classi e un metodo di misura delle variazioni reali degli stocks di carbonio.
La matrice di cambiamento può essere generata solo se il nostro sistema di campionamento è in grado di tornare più volte nel tempo (almeno due) sullo stesso punto di rilievo. La metodologia di campionamento adottata dall’IFNC consente di rintracciare i punti di campionamento (coordinate geografiche), ma non consente di riferire i medesimi punti alle medesime aree (il processo di fotointerpretazione adottato dall’INFC associa il punto ad un poligono astratto omogeneo, individuato visivamente dal fotointerprete, e non prevede la delimitazione e la registrazione dell’area del poligono).
Può quindi accadere che siano rilevate, e quindi contabilizzate, irreali variazioni d’uso delle terre virtuali che, in realtà, non sono mai avvenute; si veda ad esempio la Fig. 4.
Fig. 4 - Il punto di campionamento, individuato dalla croce rossa, cade sul margine tra una formazione arborata (in verde, gli alberi) ed un territorio coperto da elementi erbacei naturali (in giallo, le erbe). Il cerchio individua l’intorno del punto, di superficie uguale a 0.5 ha. A e B rappresentano due diversi inventari che si ripetono sullo stesso punto.
Nel caso in Fig. 4, utilizzando la metodologia INFC per monitorare i cambiamenti d’uso delle terre si otterrebbe che vi è stata deforestazione (da foresta a prateria) se A è antecedente a B, mentre vi è stata riforestazione (da prateria a foresta) se invece B è antecedente ad A; la presenza/assenza di uno o pochi elementi arborei può risultare sufficiente per registrare un cambiamento d’uso della terra. In pratica, una variazione che avviene in pochi metri quadrati determina la contabilizzazione di un cambiamento d’uso della terra che, invece, per effetto della stessa definizione di foresta deve avvenire su di una unità di superficie minima di 0.5 ha. Tale effetto virtuale accade, di nuovo, a causa del fatto che l’area d’indagine che si associa al punto non è sistematica, ma può variare. Nell’esempio citato, è infatti sufficiente che tre elementi arborei siano presenti/assenti in due tempi diversi (riquadro A e B) affinché al punto si associ il poligono amorfo contenente gli elementi arborei (riquadro A) o il poligono amorfo contenente gli elementi erbacei (riquadro B).
Se, al contrario, per la stessa situazione rappresentata in Fig. 4 si procedesse al monitoraggio per il cambiamento d’uso delle terre analizzando l’intorno circolare di 0.5 ha, si otterrebbe che in entrambe le soluzioni temporali possibili (A antecedente a B, e viceversa) l’uso delle terre non cambia, rimanendo cioè sempre foresta, mentre sarebbe riportata la sola variazione del parametro di copertura degli elementi arborei; tale variazione sarebbe contabilizzata ai fini del Protocollo di Kyoto applicando le regole per le attività dell’articolo 3.4 (gestione forestale) e non quelle dell’articolo 3.3 (riforestazione/afforestazione o deforestazione).
Questo semplice esempio dimostra che non è possibile utilizzare la metodologia INFC per monitorare i cambiamenti d’uso delle terre in quanto oltre a contabilizzare cambiamenti virtuali non è neanche idonea a dare riferimenti (variazione della copertura degli elementi arborei) necessari per stimare le reali variazioni negli stock di carbonio.
Conclusioni
Gli argomenti fin qui esposti portano a concludere che l’utilizzo del INFC ai fini del Protocollo di Kyoto sarà limitato, ai dati di seconda (tipologie forestali) e terza fase (stocks di carbonio) mentre, per quanto riguarda la stima dell’estensione e dei cambiamenti nel tempo delle diverse classi di uso delle terre, attività obbligatorie dell’articolo 3.3, l’Italia dovrà dotarsi, se non avvengono cambiamenti in corso d’opera nell’INFC (come la revisione delle misure di prima fase), di un nuovo stumento di analisi che recepisca correttamente le regole di rappresentazione delle terre.
Nel nostro precedente articolo su Forest@ ([8]) abbiamo parlato di due incertezze nella misura della superficie forestale italiana. Le nostre osservazioni nascevano dalla convinzione che obiettivo dell’INFC fosse il rilievo dell’uso forestale delle terre, cioè il rilievo della classe foresta. Ed in effetti, in tutti i documenti INFC ([5]) ed in particolare a pag 8 del “Manuale di Fotointerpretazione per la Classificazione delle unità di campionamento di prima fase” ([4]) è scritto: “Negli inventari forestali, l’informazione più importante derivabile dalla fotointerpretazione, e quella ottenibile con le migliori accuratezze, consiste nell’individuazione dei punti di campionamento che ricadono nelle categorie di uso del suolo di interesse forestale ” e tutta la metodologia descritta nel Manuale appare centrata sulla necessità di campionare l’uso delle terre dei 301.000 quadranti di 100 ettari di superficie in cui è stato suddiviso il territorio italiano. Ma, dopo la lettura del Manuale, e della replica di ISAFA ([10]) in cui, ad esempio, è scritto: “...l’osservazione di un’area circolare di 5000 m2, centrata sul punto di sondaggio, non assicura infatti la possibilità di verificare che il poligono boscato superi la soglia di estensione minima in tutti i casi in cui il punto sia situato in prossimità del margine del bosco, così come un numero limitato di pixel associabili alla copertura arborea all’interno dell’area fissa di osservazione non garantisce la presenza di un poligono con le dimensioni e le caratteristiche richieste dalla definizione di bosco”, abbiamo compreso che la non comune interpretazione del significato di uso delle terre derivava da un contesto di riferimento diverso adottato dall’IFNC che, purtroppo, non sono le prescrizioni del Protocollo di Kyoto e la definizione di classe foresta di uso delle terre della FAO ai quali, invece, gli autori si riferivano.
L’adozione di un comune, internazionale e condiviso quadro di riferimento per il settore forestale italiano è, quindi, l’aspetto centrale su cui gli autori di questo articolo auspicano un futuro approfondimento. Alla luce di quanto fin qui esposto si vuole sottolineare che questo tema (la definizione di ciò che è foresta) ha implicazioni di carattere generale che vanno molto al di là d’un inventario nazionale delle foreste. Tutti i settori forestali ne sono coinvolti, la gestione, l’economia, la ricerca, il diritto, la pianificazione territoriale, la politica tanto che è praticamente impossibile elencare tutte le ripercussioni che tale definizione ha nel mondo reale tanto più che le attività forestali all’interno del Protocollo di Kyoto possono avere per l’Italia un valore economico rilevante (delibera del CIPE del 19/12/2002).
Se quindi, ad esempio, l’Italia deciderà di avvalersi di tali attività il primo passo dovrà essere la determinazione della propria definizione di foresta valida su tutto il territorio nazionale, compiendo anch’essa lo stesso percorso evolutivo della FAO, e questo nonostante il Decreto Legislativo n. 227 del 18 maggio 2001 preveda che la definizione di foresta sia stabilita da ogni regione. In tale contesto è quindi di fondamentale importanza agire come sistema paese e cioè agire in modo armonico e sinergico tra le organizzazioni internazionali, l’amministrazione centrale e le amministrazioni locali onde evitare incompatibilità tra le azioni ed inutili sprechi di risorse.
Qualche ulteriore riflessione
Gli autori, a seguito delle risposte ([9], [10]) al loro primo intervento su Forest@ ([8]), precisano che le osservazioni esposte hanno un carattere prettamente scientifico-metodologico, e non sono mosse da nessuna altra motivazione che il desiderio di contribuire al progresso delle scienze forestali ed, in questo caso specifico, anche all’interesse nazionale.
Nel merito dell’INFC, gli autori auspicano un approfondimento pubblico nel quale il merito tecnico-scientifico possa essere valutato serenamente e compiutamente; ed informano che gli aspetti metodologici della rappresentazione delle terre per il Protocollo di Kyoto saranno argomento di in una pubblicazione che sarà disponibile alla prossima riunione degli Organi Sussidiari Tecnico-Scientifici (SBSTA) dell’UNFCCC.
In ultimo, gli autori vogliono comunque esprimere la loro gratitudine a tutti coloro che hanno e stanno lavorando all’INFC, perché sono ben consci che il lavoro è stato fin qui svolto con notevole dedizione e abnegazione, che hanno reso possibile il superamento di enormi difficoltà oggettive e contestuali.
Da ultimo, un ringraziamento va alla SISEF ed alla sua rivista Forest@ che svolgono una utilissima funzione di stimolo e diffusione del pensiero scientifico.
References
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