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A method for the study of secondary succession processes in terraced old fields: the case study Pantelleria Island (Canale di Sicilia)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 2, Pages 388-398 (2005)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0324-0020388
Published: Dec 19, 2005 - Copyright © 2005 SISEF

Research Articles

Guest Editors: RI.SELV.ITALIA - MiPAF Project
« Shared Research Program on Silviculture in Italy »
Collection/Special Issue: Massimo Bianchi

Abstract

Even if the abandonment of agricultural areas and the resulting processes of renaturation are a widespread phenomenon in the West-European countries, considerations about adeguate evaluation methods to study these processes are lacking. In detail, there is no standard method to study terraced areas, which are common in many parts of Europe and the Mediterranean region and which are frequently object to abandonment. In this study are presented the methodological aspects of a study on vegetation dynamics on abandoned terraces on Pantelleria Island. In order to answer the research questions, the first step was to choose area where many abandoned fields are present. Then, inside of these areas where defined the study plots by attributing every single terrace to a class of age of abandonment. The study method proposed here differs from other ones which are normally used because the presence of the terrace walls has to be taken into consideration.

Keywords

Rinaturalizzazione, Terrazzamenti, Fotointerpretazione, Successione

Introduzione 

La successione secondaria in un campo agricolo inizia quando questo viene abbandonato. Può essere definita come l’insieme dei cambiamenti della struttura di un sistema fitocenosi/sito, che avanzano spontaneamente, e che portano ad un aumento del suo livello di organizzazione ([29]). Molti parametri caratterizzano il livello di organizzazione di un sistema fitocenosi/sito, per esempio lo spettro biologico, la copertura della vegetazione, la quantità della biomassa aerea e sotterranea, gli strati di vegetazione, ecc. Le forze che guidano la successione sono i diversi cicli vitali e le diverse strategie di propagazione delle specie che già facevano parte della comunità vegetale al momento dell’abbandono o che fanno il loro ingresso come specie nuove nella comunità, nonché la competizione tra loro per lo spazio e le risorse. Alla fine del suo sviluppo spontaneo, il sistema fitocenosi/sito arriva al suo massimo livello di organizzazione possibile.

Negli ultimi decenni, l’abbandono dei campi agricoli è diventato un processo diffuso in Europa ([58], [29]). Secondo i dati della FAO (Tab. 1), l’area usata come Arable Land & Permanent Crops in Europa si è ridotta del 12.9% tra il 1961 e il 2001 nell’intera Europa e in Italia, nello stesso periodo, del 29.7%. Per le aree mediterranee dei paesi che si affacciano su questo bacino, Richter ([59]) riporta che negli ultimi cento anni sono stati abbandonati, o destinati ad altro uso, ca. 10.000 km2 di superficie agricola.

Tab. 1 - La riduzione della “Arable Land & Permanent Crops area” (1) negli ultimi 40 anni in Italia ed Europa (fonte: [23]). (1): La FAO definisce “Arable Land” come “land under temporary crops (double-cropped areas are counted only once), temporary meadows for mowing and pasture, land under market and kitchen gardens and temporarily fallow (less than five years). Does not mean the amount of land that is potentially cultivable ” e “Permanent Crops” come “land cultivated with crops that occupy the land for long periods and need not be replanted after each harvest; this category includes land under flowering shrubs, fruit trees, nut trees and vines, but excludes land under trees grown for wood and timber”. (*): Per potere fare il confronto tra i dati relativi all’Europa del 1991 e quelli del 2001, per il 2001 sono stati sottratti da questa tabella i dati relativi ad Estonia, Lettonia, Lituania, Moldova, Federazione Russa ed Ucraina (anno 2001, FAO). (**): Tale valore emerge dal confronto tra il valore di “Arable Land & Permanent Crops” dell’anno in questione rispetto a quello del decennio precedente.

Anno Italia Europa
(Land Area: 29411 x 103 Ha) (* Land Area: 472564 x 103 Ha)
Arable Land & Permanent
Crops
[1000 Ha]
% di Land Area Variazione della superficie di
Arable Land & Permanent Crops
[%] **
Arable Land & Permanent Crops
[1000 Ha]
% di Land Area Variazione della superficie di
Arable Land & Permanent Crops
[%] **
2001 10976 37.3 -7.4 131881 27.9 -4.1
1991 11850 40.3 -4.6 137517 29.1 -2.2
1981 12424 42.2 +0.1 140557 29.7 -1.9
1971 12409 42.2 -20.5 143263 30.3 -5.4
1961 15608 53.1 - 151369 32.0
Diminuzione
1961-2001 [%]
- - -29.7 - - -12.9

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L’abbandono dei coltivi è la conseguenza di cambiamenti socio-economici, per esempio l’impossibilità di estendere la meccanizzazione e intensificare le attività agricole su tutte le superfici. Questo vale soprattutto per le aree agricole marginali, dove la produttività agricola è bassa a causa dei fattori ambientali. In questi casi, la morte o l’emigrazione del coltivatore spesso portano all’abbandono di un campo. I paesaggi caratterizzati dai terrazzamenti sono particolarmente esposti al rischio di essere abbandonati, perché l’agricoltura nei campi terrazzati non può adeguarsi ai processi di intensificazione, in particolare alla meccanizzazione, come avvenuto nelle pianure ([41]).

I campi abbandonati, se non lasciati al dinamismo naturale, sono oggetto di urbanizzazione o rimboschimento (o imboschimento) ([70], [48]). Su questo ultimo aspetto è forse importante fare alcune considerazioni. Gli interventi di rimb/ imboschimento e di arboricoltura da legno cambiano il paesaggio visto come agro-ecosistema, e spesso contribuiscono a creare uno sgradevole paesaggio a “macchia di leopardo” ([34]). Questo fenomeno viene aggravato dal fatto che vengono spesso utilizzate specie forestali alloctone o comunque germoplasma non autoctono ([35]). In più, tali interventi sono costosi per la collettività, e non sempre garantiscono un’adeguata produzione di legname come ci si aspetterebbe nel caso che l’intervento venga realizzato nell’ambito di azioni finalizzate all’incremento della superficie ad arboricoltura da legno ([35]). Osservazioni condotte in Sicilia hanno permesso di accertare che spesso nei rimboschimenti effettuati con specie alloctone allelopatiche o che rendono comunque difficoltoso l’ingresso di altre specie autoctone (eucalitti e pini d’Aleppo, specialmente a densità colma; [36]), i processi di rinaturalizzazione sono più lenti che nei coltivi abbandonati. Quindi la domanda se i rimboschimenti privi di finalità produttive siano la scelta giusta per i campi abbandonati si pone, soprattutto riflettendo sui tempi di colonizzazione e sulle possibilità che venga edificato un soprassuolo coerente con le potenzialità della vegetazione ([31], [55], [58], [73], [70], [76], [29], [48], [9]). Sul tema della rinaturalizzazione, inoltre, si è sviluppato in questi anni un ampio dibattito, in particolare sulla filosofia e sugli aspetti tecnici dell’intervento ([43]), frutto di un diverso modo di concepire la selvicoltura ([17]). Con esplicito riferimento agli ex- coltivi, la Nocentini ([43]) scrive: “L’azione di rinaturalizzazione in questi casi consiste in un attento monitoraggio dei meccanismi in atto. Le indicazioni così ricavate possono essere utili per assecondare i meccanismi spontanei o per creare le condizioni favorevoli all’innesco dei processi simili in zone limitrofe”. Per rispondere quindi alla domanda prima posta, ma anche per potere prevedere come si svilupperà un campo abbandonato, è necessario studiare i processi di rinaturalizzazione, cioè la successione di diverse comunità di vegetazione.

I processi di rinaturalizzazione di un campo abbandonato si verificano nel corso di decenni e persino di secoli. Possono essere studiati o con aree di saggio (AdS) permanenti ([10], [65]) o con uno studio sincronico ([50]). Ricorrendo alle AdS permanenti, lo sviluppo della vegetazione viene studiato sempre sulla stessa area, che viene delimitata all’inizio dello studio e dove vengono compiuti rilievi annuali o a distanza di anni. Per lo studio sincronico, i rilievi vengono fatti allo stesso momento in aree con una diversa età di abbandono ma omogenee sotto il profilo ambientale, quindi vengono studiate diverse aree ma che simulano diversi stadi di abbandono di un singolo campo.

Nella regione mediterranea, e in particolare in Italia, la successione secondaria in campi abbandonati è stata studiata inoltre da Richter ([58]), Barbero et al. ([6]), Debussche & Lepart ([21]), Tatoni et al. ([73]), Tatoni & Roche ([74]), Agnoletti & Mercurio ([2]), Angiolini et al. ([3]), Fortini et al. ([25]), Speranza & Sirotti ([70]), Speranza et al. ([71]), Urbinati et al. ([76]), Fratello ([26]), Blasi et al. ([8]), Pelleri & Sulli ([48]), Salbitano ([64]), Rousset & Lepart ([60]), Aceto et al. ([1]), Blasi et al. ([9]), Cavalli et al. ([14]), Peroni et al. ([49]), Pividori & Sorrentino ([52]), Del Favero ([22]), Maltoni & Paci ([39]), Speranza & Tonioli ([72]), Paci ([44]), Carta et al. ([13]), Pelleri et al. ([47]), Pividori & Bertolotto ([53]), Tonioli & Speranza ([75]) e Paci ([45]). Una esaustiva rassegna sul fenomeno del rimboschimento spontaneo è stata compiuta da Piussi ([54]) che sottolinea come “il rimboschimento spontaneo è stato segnalato ed analizzato in numerose località della Penisola, in particolare nelle aree alpine ed appenniniche” e come “La maggior parte degli studi riguarda l’Italia centro-settentrionale.”.

Alla luce degli studi succitati e di altri riportati più avanti e sulla base di osservazioni di campo compiute a Pantelleria e in altre aree della Sicilia, tesi a colmare la lacuna evidenziata da Piussi ([54]), si è tentato di mettere a punto una metodologia di indagine che possa prendere in considerazione molteplici aspetti.

La ricerca a Pantelleria si è sviluppata seguendo diverse fasi, che possono essere così riassunte ([63]): 1) scelta delle aree di studio (macroaree); 2) analisi delle condizioni pregresse (fotointerpretazione) per l’individuazione degli stadi di abbandono (stages); 3) messa a punto di una metodologia di rilievi di campo idonea all’oggetto indagato, che coincide con la scelta delle AdS e dei parametri da rilevare; 4) scelta di una metodologia per la valutazione quantitativa dei dati raccolti attraverso l’analisi critica dei numerosi metodi oggi a disposizione.

Il caso studio di Pantelleria 

Descrizione dell’Isola

Pantelleria (83 km2; 36o 44’ N, 11o 57’ E), posta nel Canale di Sicilia, mostra un clima mediterraneo, con una precipitazione media annua di 409 mm e temperature medie mensili comprese tra 11.7 and 25.6 o C ([28]). Le rocce superficiali di quest’isola vulcanica sono nella maggiore parte dei casi vulcaniti silicee a reazione acida (pantelleriti e trachiti), mentre su superfici minori si trovano basalti della serie alcalina con basso contenuto di silice ([18]). I suoli sono Litosuoli, Regosuoli o Suoli bruni andici ([24]). L’agricoltura ha profondamente modificato la geomorfologia e le condizioni edafiche del territorio. Già a partire da secoli prima di Cristo, i Punici costruivano terrazze a Pantelleria (per un approfondimento sull’evoluzione dell’uso del suolo nei secoli passati cfr. [46]). Da questo periodo in poi, terrazze sono state realizzate in diversi periodi per creare superfici piane per l’agricoltura. Dopo un periodo di abbandono di molte terrazze, compreso tra il ’700 ed il ’800, l’agricoltura dell’isola ha acquisito nuovamente una notevole importanza. La vite è stata la coltura più importante fino agli anni 1950/60. I decenni successivi fino ad oggi sono stati caratterizzati nuovamente da una crisi agricola e in particolar modo dall’abbandono soprattutto dei campi terrazzati. Le cause sono comuni ad altre aree terrazzate: la frammentazione e la polverizzazione delle aree agricole, la siccità, la totale mancanza di acqua di irrigazione, ecc. Come conseguenza, la superficie agricola utilizzata (SAU) del territorio totale dell’isola, pari a 81.6% nel 1929, oggi è diminuita al 16.1% ([4]). Oggi il turismo è la risorsa economica più importante di Pantelleria; la salvaguardia del paesaggio tradizionale assume dunque particolare urgenza.

Scelta delle aree di studio (macroaree)

Per potere simulare l’invecchiamento di un unico campo abbandonato usando il metodo sincronico, i fattori ambientali dei campi di diversa età di abbandono, cioè il substrato geologico, le caratteristiche del suolo e il mesoclima, devono essere omogenei. In più, i campi abbandonati non devono essere stati disturbati in passato, quindi vanno esclusi gli ex-coltivi dove si trovano tracce di incendio, pascolo o taglio di piante legnose. In zone dove incendi e pascolo sono sempre presenti (situazione molto frequente in diverse aree della Sicilia e del Mediterraneo in genere), si possono includere pure questi campi abbandonati, tenendo però presente che essi rappresentano una sorta di “serie di successione alternata”.

Per realizzare uno studio che sia rappresentativo di un territorio, devono essere individuate le condizioni agricole locali, cioè le colture principali e le tecniche agricole. Nel caso di Pantelleria, le colture principali sono state e sono tuttora la vite e il cappero e, in misura minore, l’ulivo. I terrazzamenti di Pantelleria sono la componente dell’agroecosistema più importante da considerare, perché creano condizioni edafiche diverse rispetto ai campi non terrazzati.

Le zone di studio (macroaree) vengono scelte dove sono abbondanti gli ex-coltivi terrazzati di vite e cappero misti a colture ancora attive (Fig. 1).

Fig. 1 - Terrazzamenti abbandonati idonei ad essere scelti come macroaree per lo studio della rinaturalizzazione grazie alla loro omogeneità ambientale (Foto: J. Rühl).

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Analisi delle condizioni pregresse (fotointerpretazione) per l’individuazione degli stadi (stages) di abbandono

Gli ex-coltivi abbandonati nello stesso periodo di tempo sono considerati uno stesso stage. L’esatta individuazione dei periodi di abbandono che sono inclusi nei singoli stages dipende dalla quantità e qualità di informazioni disponibili per l’area oggetto di studio.

A Pantelleria, l’individuazione dell’epoca dell’abbandono è stata ottenuta grazie all’analisi del materiale aereofotogrammetrico (voli Istituto Geografico Militare del 1954 b/n, 1968 b/n, 1992 b/n, 2000 b/n; volo Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente Sicilia A.T.A. del 1987 colori; volo Società Aerofotogrammetrica Siciliana del 1979 b/n) e tramite interviste agli agricoltori. In relazione alla diversa epoca di abbandono, sono state individuate cinque classi cronologiche:

  • Stage 1: campi abbandonati da 1 o 2 anni;
  • Stage 2: campi abbandonati da 3 a 6 anni;
  • Stage 3. campi abbandonati da 7 a 15 anni;
  • Stage 4: campi abbandonati da 16 a 30 anni;
  • Stage 5: campi abbandonati da più di 30 anni.

All’interno di ciascuna di tali classi sono state scelte tre aree di saggio. Si è potuto quindi seguire la dinamica della vegetazione e le caratteristiche floristiche e strutturali della vegetazione spontanea su un periodo di tempo relativamente lungo (studio indiretto o sincronico).

Deve essere sottolineato che lo stage 5 non corrisponde a una comunità“climax” (utilizziamo questo termine d’uso e senso comune pur consapevoli delle perplessità che lo accompagnano). Nella maggior parte dei casi di studio, infatti, non sarà possibile trovare uno stadio “climax”. Quindi lo stage più vecchio individuato rappresenta, semplicemente, la comunità strutturalmente e funzionalmente più complessa che si può rinvenire nella macroarea.

Scelta del disegno delle aree di saggio e dei parametri da rilevare

La dimensione e i parametri da rilevare dipendono dall’obiettivo dello studio. Per integrare obiettivi diversi conviene seguire delle indicazioni di protocolli di ricerca che siano state elaborate per studi interdisciplinari. Uno di questi protocolli è - ad esempio - il “MNTFR - Monitoring of Non-Timber Forest Resources” ([15], [16], vedi pure ⇒ http:/­/­www.forst.tu-dresden.de/­Informatik/­mntfr/­index.html). Anche se esso è stato elaborato all’interno della disciplina dell’assestamento forestale, la logica del disegno delle aree di saggio può essere applicata anche agli studi sugli ex-coltivi. Il MNTFR propone di utilizzare AdS concentriche di forma circolare. A seconda dei parametri considerati, questi vengono rilevati all’interno di un cerchio di un determinato raggio (Fig. 2). Ad esempio, il MNTFR prevede che il rilievo delle specie erbacee venga effettuato all’interno di un raggio di 3 m (area gialla), mentre le specie arbustive vengono rilevate all’interno dei 7 m (area gialla e arancione) e le specie legnose entro i 10 m di raggio (area gialla, arancione e rossa). Ovviamente ciò viene fatto per rendere possibile il rilievo di dati differenti senza che ciò diventi troppo oneroso in termini di tempo.

Fig. 2 - Schema di disegno delle aree di saggio per il MNTFR.

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Nel caso degli ex-coltivi, se questi si trovano in zone non-terrazzate, la metodologia MNTFR per disegnare le AdS può essere applicata senza modifiche. Quando invece la zona studiata include versanti terrazzati, è molto probabile che questo approccio non sia più applicabile a causa della disomogeneità dei fattori ambientali nei terrazzamenti stessi. La differente autoecologia delle specie che si insediano rende differenziato il processo di colonizzazione nelle aree terrazzate. Una terrazza mostra infatti tre situazioni di omogeneità dei fattori ambientali (Fig. 3), cioè tre distinte “subunità ecologiche”: la superficie della terrazza (SUP), la base del muro (BM) e il muro (M) ([9], [61]).

Fig. 3 - Schema di un’AdS rilevata a Pantelleria. Per ogni AdS sono stati effettuati rilievi sulla superficie della terrazza (SUP), alla base del muro (BM) e sul muro (M) ([61]).

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Siccome i confini di un’AdS non devono mai sorpassare i limiti oltre i quali i fattori ambientali non sono omogenei, e quindi non spingersi alla base dei muretti o oltre, qualora le superfici delle terrazze siano larghe solo pochi metri, l’aumento del raggio dell’AdS, come suggerito nel MNTFR, diventa non praticabile. Invece, è opportuno usare AdS di forma rettangolare, di dimensioni “adatte” alla larghezza della terrazza. Per mantenere l’approccio interdisciplinare, mantenendo sempre lo stesso angolo di partenza (anziché un centro come nel normale MNTFR) si propone di scegliere dei lati dell’AdS di lunghezza via via crescente, in modo da individuare le superfici all’interno delle quali vengono rilevati i parametri prescelti. Ad esempio, in un’AdS un rilievo fitosociologico sensu Braun-Blanquet ([10]) può essere effettuato definendo l’area minima per ogni stage di abbandono (area gialla in Fig. 4). La diversità delle specie vascolari, invece, deve essere rilevata in tutti gli stage di abbandono su aree della stessa dimensione per garantire un confronto tra i dati. Quindi, si allargano i lati del rettangolo sino ad ottenere la superficie scelta per questo obiettivo (area gialla e arancione). Altri studi possono avere come scopo quello di effettuare anche rilievi strutturali delle specie legnose. Per realizzare tale obiettivo conviene allargare ancora i lati del rettangolo (area gialla, arancione e rossa). Proponiamo allora di usare, come disegno delle AdS negli studi delle terrazze abbandonate, la logica MNTFR, cambiando però la forma delle AdS in rettangoli.

Fig. 4 - Esempio di disegno di AdS per lo studio degli ex-coltivi terrazzati, adottando l’approccio del protocollo MNTFR.

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All’interno dei singoli stages di abbandono vengono scelte le AdS. Per rispettare il principio di oggettività, la posizione dell’AdS viene scelta in modo “casuale”, cioè senza prendere singoli alberi, accumuli di pietre, ecc., come punti di riferimento.

Nel caso di Pantelleria, sono state scelte nove AdS (tre SUP, tre BM e tre M) per ogni stage di ogni macroarea. Lo studio includeva quattro macroaree in cui erano stati individuati 5 stages, per un totale quindi di 180 AdS designate. Siccome uno degli scopi dello studio svolto a Pantelleria era di cogliere eventuali differenze nei processi di rinaturalizzazione tra le esposizioni Nord e Sud, le AdS di due macroaree erano esposte a Sud, quelle delle altre due macroaree a Nord.

Per poter affermare con certezza che un determinato campo in passato è stato coltivato con vite o cappero, è necessario che si riscontrino alcuni individui di queste specie nei campi abbandonati recentemente o, nel caso di vecchi abbandoni, nei fotogrammi.

Come è stato già spiegato sopra, i parametri che vengono rilevati nelle diverse frazioni (giallo, arancione, rosso, ecc.) dell’AdS devono essere definiti in funzione dell’obiettivo dello studio. Nei seguenti paragrafi proponiamo alcuni modi per elaborare i dati e indichiamo quali parametri possono essere rilevati.

In più, conviene rilevare alcuni parametri generali di base per ogni AdS, come è prassi negli studi di campo: altitudine, esposizione, coordinate rispetto a un sistema cartografico, substrato geologico e tipo di suolo.

Metodologia per la valutazione quantitativa dei dati 

Parametri per lo studio e l’elaborazione dei dati sulla diversità

Per comparare la diversità nelle specie vegetali vascolari, possono essere utilizzati gli indici di diversità. Ognuno di questi indici cerca di caratterizzare la diversità di una comunità o di parte di una comunità attraverso un singolo numero ([38]). Tali indici prendono in considerazione due fattori: la ricchezza di specie (species richness), che è il numero delle specie, e l’evenness, che esprime la distribuzione delle frequenze delle specie. L’indice della species richness che viene usato più spesso è il numero di specie per m2. Smith & Wilson ([69]) raccomandano di usare Evar ([11]) come indice dell’evenness, perché tra l’altro esso appare ugualmente sensibile sia alle specie poco frequenti sia a quelle molto frequenti. Oltre a ciò, ci sono degli indici di diversità che tengono conto sia della species richness sia dell’evenness, come l’indice di Shannon-Wiener H’ ([67]).

Il parametro da rilevare per la species richness è semplicemente il numero delle specie, mentre per il calcolo della evenness e per H’ occorre anche un valore di frequenza (espresso come numero di individui, biomassa, valore di copertura, ecc.) per ogni specie in ogni AdS. Per calcolare questi indici, è indicato l’uso di software specifici, come Ecological Methodology di Krebs ([33]).

Per le singole AdS di Pantelleria sono stati calcolati diversi indici di diversità ([62]).

Parametri per lo studio e l’elaborazione dei dati fitosociologici

Per individuare i pattern nei dati della vegetazione ([61]), sono state utilizzate l’analisi multivariata in forma di ordinamento, usando la Detrended Correspondence Analysis (DCA) e la Canonical Correspondence Analysis (CCA), o di classificazione, usando la Two-Way Indicator Species Analysis (TWINSPAN). Queste analisi aiutano a formulare delle ipotesi su come siano collegati la vegetazione e i fattori ambientali. Per un approfondimento dei metodi di ordinamento e classificazione, si rimanda a Kent & Coker ([32]).

Per l’analisi multivariata, bisogna rilevare le specie e il loro grado di copertura, e oltre a ciò, per la CCA, i fattori ambientali che possono essere responsabili di una parte della varianza dei dati concernenti la vegetazione. Anche in questo caso, per l’analisi multivariata, possono essere utilizzati appositi software, tra i quali i programmi PCORD o CANOCO.

Per caratterizzare la vegetazione degli ex-coltivi di Pantelleria, sono stati inoltre calcolati gli spettri biologici ([57] e successive integrazioni) per ogni singolo stadio della successione e per entrambe le esposizioni ([62], [61]). I parametri da rilevare per il calcolo degli spettri biologici sono le specie ed il loro grado di copertura.

Parametri per lo studio e l’elaborazione dei dati sulla struttura della vegetazione

Per studiare il modo di disposizione e associazione degli elementi di un sistema (= struttura), il primo approccio può essere semplicemente una rappresentazione grafica della copertura vegetale di un’AdS. Per le AdS di Pantelleria, sono stati elaborati dei grafici 3D per visualizzarne la struttura (Fig. 4, Fig. 5 - Rühl et al., submitted) utilizzando il programma SVS Stand Visualization System ([40]). I parametri da rilevare per effettuare delle rappresentazioni strutturali sono, per ogni esemplare, distinto in base all’origine (gamica o agamica): 1) diametro al colletto; 2) diametro a petto d’uomo (DBH - a 1.3 m di altezza) degli alberi con diametro superiore a 5 cm; 3) altezza; 4) altezza d’inserzione della chioma delle piante arboree; 5) raggio dell’area d’insidenza lungo quattro direttrici, ortogonali fra loro; 6) posizione topografica all’interno dell’AdS, rilevata secondo un sistema di assi cartesiani, costituiti da due lati ortogonali dell’area di saggio.

Fig. 5 - Rappresentazione grafica di un rilievo strutturale di un’area di saggio di Pantelleria realizzata con SVS ([12]).

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Oltre alla rappresentazione grafica, la distribuzione dei diametri degli individui delle specie legnose dà un’indicazione sulla loro dinamica nel passato e sul trend futuro del popolamento. Va sottolineato come la distribuzione della variazione dei diametri sia una semplice misura della diversità dimensionale. Preziosa può essere l’applicazione della dendrocronologia anche per stabilire i tempi della colonizzazione.

Un’analisi più approfondita viene fatta con il calcolo di indici che caratterizzano la struttura del popolamento vegetale delle singole AdS. Innanzitutto, gli indici della struttura orizzontale danno utili informazioni sul grado di competizione all’interno del popolamento: una distribuzione regolare degli individui delle specie legnose indica la presenza di competizione tra i singoli individui, mentre una distribuzione aggregata mostra che la competizione perde importanza a causa di altri fattori, come ad esempio la presenza di forti stress ambientali come la siccità ([7]). Ci sono diversi indici della struttura orizzontale: l’indice di aggregazione di Clark e Evans ([19]), l’indice di Cox ([20]), l’indice di Gadow ([27]), l’indice di Smaltschinski I e II ([68]), ecc. Tra questi, l’indice di aggregazione di Clark & Evans ([19]) sembra essere quello più utile, anche perchè, in confronto a molti altri indici, presenta un valore massimo ([30]). Per potere calcolare l’indice Clark & Evans, bisogna rilevare: 1) distanza di ciascun albero dagli alberi più vicini, 2) numero degli individui arborei.

Un altro indice utile è il coefficiente di segregazione di Pielou ([51]). Esso descrive il grado di “commistione” di due specie di alberi in un bosco ([56]). Come l’indice di Clark & Evans, esso è basato sulla distanza di un determinato albero dall’albero più vicino. Un valore di 1 indica che gli alberi più vicini sono sempre della stessa specie dell’albero al centro, mentre il valore di -1 indica il contrario. Nel caso che la distribuzione delle specie sia completamente casuale, il valore sarà intorno a 0.

Invece, la Vertical evenness ([42]) è un indice che caratterizza la struttura verticale di un popolamento. Valori bassi indicano popolamenti monostratificati, mentre popolamenti pluristratificati danno valori prossimi a 0.75. Maltoni & Paci ([39]), sottolineando che “troppi indici strutturali non sarebbero in linea con un approccio che richiede strumenti di facile applicazione”, utilizzano ad esempio un altro indice idoneo per indagare la struttura verticale dei boschi.

Infine, per quanto concerne la rinnovazione appare importante operare una distinzione in: plantule, semenzali e rinnovazione affermata ([1]). Lo studio della rinnovazione può essere effettuato su una superficie ridotta (vedi paragrafo 2.4) all’interno della AdS e si può esprimere con l’indice Ir di Magini ([37]) che è uguale al prodotto della densità m-2 per l’altezza media (cm) del novellame.

Ulteriori osservazioni

Per capire più a fondo i processi della rinaturalizzazione, per poterli meglio gestire, o a secondo dell’obiettivo della ricerca, può essere talora necessario applicare una metodologia che corrisponda anche ad una diversa concezione delle aree di saggio. Può essere utile effettuare delle osservazioni su una superficie molto più ampia o puntiforme per valutare ad esempio il ruolo delle piante madri, o, attraverso transect di diverse dimensioni, l’effetto di aree naturali contigue, ecc. Schematizzando, alcuni aspetti certamente da valutare sono: 1) l’importanza della presenza di “aree naturali” (anche gli stage più vecchi) in prossimità del campo abbandonato come centro di dispersione per le specie legnose; 2) il modo di agire e la presenza di diversi vettori di dispersione delle specie legnose; 3) il diverso andamento dei processi di rinaturalizzazione dovuto alle differenze tra le diverse colture di “partenza” (es.: ulivo vs. vite vs. seminativo); 4) la presenza e il ruolo di safe sites (sensu [66]) nel campo abbandonato; 5) il ruolo e l’importanza che i disturbi possono giocare nel bloccare o rallentare la successione progressiva.

Per alcuni coltivi (ex-castagneti ad esempio) può essere importante lo stato fitopatologico ([39]), mentre a fini gestionali bisogna prendere in considerazione altri parametri come ad esempio la viabilità, la possibilità di finanziamenti per gli interventi, i costi per la gestione, ecc.

Conclusioni 

I processi di abbandono delle colture stanno interessando vaste superfici e comprendono soprattutto aree marginali. L’esatta valutazione delle dinamiche in corso assume un’importanza rilevante anche a fini pianificatori. La scelta se lasciare le aree alla libera evoluzione o se bisogna intervenire con un rimboschimento o imboschimento dipende dalla velocità dei processi e dalla “qualità” della vegetazione che si insedia negli incolti. Così, ad esempio, a Pantelleria alcune aree abbandonate poste in forte pendenza ed esposte a Sud sono soggette a intensissimi processi erosivi che, oltre a distruggere i muretti a secco, dilavano il suolo ([5]), mentre altre aree nelle Eolie sono soggette all’invasione di specie alloctone, come l’ailanto o la robinia, a scapito delle specie autoctone.

Come scrive Piussi ([54]), ”Le decisioni sulle forme di gestione sono infatti condizionate dalle caratteristiche naturali dei rimboschimenti spontanei e dal quadro sociale, economico e culturale in cui si collocano e quindi dai vantaggi e svantaggi che i singoli e la collettività si attendono dal nuovo paesaggio”.

La particolarità rappresentata dalle terrazze, che determinano condizioni ecologiche differenti da quelle di pieno campo, necessitano di metodologie di valutazione differenziate. La vastità di questi sistemi agrari e l’intensità dei processi di abbandono giustifica la messa a punto di una metodologia apposita. La metodologia di campo e le elaborazioni dei dati proposti in questa sede rappresentano alcuni suggerimenti utili ad analizzare qualitativamente e quantitativamente il processo di rinaturalizzazione dei campi terrazzati.

Ringraziamenti 

Il lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto “RI.SELV.ITALIA - Sottoprogetto 4.1 Inventario e monitoraggio delle risorse e degli ambienti forestali”. Si ringrazia il Prof. Martin Schnittler (Università di Greifswald, Germania) per i suggerimenti metodologici, il Dr. Giuseppe Garfì per alcune informazioni sugli indici strutturali e D.ri D.G. Campisi e G. Terrazzino per l’aiuto in campo. Ringraziamo l’Azienda Regionale Foreste Demaniali della Regione Siciliana e in particolare il Dr. G. D’Antoni per l’aiuto prestato in numerose fasi della ricerca.

References

(1)
Aceto P, Pividori M, Siniscalco C (2000). Dinamica evolutiva di popolamenti forestali di neoformazione nel piano montano. Monti e Boschi 1: 4-12.
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