First observations on dead wood in Calabrian pine (Pinus laricio Poiret) stands in the Aspromonte National Park (Italy)
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 54-62 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0344-0030054
Published: Mar 17, 2006 - Copyright © 2006 SISEF
Research Articles
Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio
Abstract
Coarse Woody Debris and Standing Dead Tress are considered relevant ecological elements for soil and biodiversity conservation and for the ecosystem functionality. Investigations have been carried out in natural and artificial stands of Calabrian pine (Pinus laricio Poiret) in the Aspromonte National Park (Italy). The volume of Standing Dead Trees is of 1.4-22.0 m3 ha-1. The volume of Coarse Woody Debris is of 1.4-23.0 m3 ha-1. The combine volume of CWD and SDT (14.8 m3 ha-1) reaches the values suggested for forests in Germany and France. The C stored in dead wood is of 3.3 Mg C ha-1. Observations on the dead wood management in natural and artificial stands are here made.
Keywords
Necromassa, Gestione Forestale, Pino Laricio, Parco Nazionale dell’Aspromonte
Introduzione
La presenza di piante morte in bosco rappresenta secondo i canoni della selvicoltura tradizionale un elemento di negatività e per questo devono essere rimosse: per motivi fitosanitari, per il maggior rischio di incendio, per una maggiore sicurezza ai fini della fruibilità turistica, per motivi economici e sociali legati ai diritti di legnatico che gravano sui boschi pubblici. Inoltre nella gestione del bosco, questi soggetti costituiscono una fonte di disturbo e di impatto psicologico negativo (la presenza di una quantità eccessiva di legno morto al suolo produce insicurezza e paura [2], [36]). Nello stesso tempo viene riconosciuto il valore e il significato degli alberi morti in piedi dal punto di vista estetico-paesaggistico, culturale ed etico-religioso ([1], [29]).
Gli ecologi hanno messo in evidenzia che la necromassa è una componente essenziale per il funzionamento degli ecosistemi forestali e in particolare per la rinnovazione naturale ([15], [41], [27], [19]); la fertilità e la conservazione del suolo ([15], [26], [20]); il ciclo del carbonio e dei nutrienti ([15], [25], [21], [12]); la conservazione e l’incremento della biodiversità ([15], [14], [26], [39], [33], [27], [40], [35], [19], [8], [34]).
La necromassa viene considerata un parametro essenziale nell’ambito dei nuovi indirizzi di gestione delle risorse forestali secondo criteri "close-to-nature" ([17], [42], [43]). In Europa, il volume della necromassa in piedi e a terra è uno dei nove indicatori pan-europei per una gestione forestale sostenibile (criterio 4: conservazione e appropriato miglioramento della biodiversità negli ecosistemi forestali - [28])
Le informazioni sulla necromassa sono ampiamente documentate per le foreste primarie del Nord America e del Nord e Centro Europa, mentre per quanto riguarda le foreste gestite sono molto più scarse, e, decisamente mancanti per quanto riguarda i boschi dell’area mediterranea.
L’obiettivo di questo studio è quello di effettuare una valutazione quantitativa della necromassa presente nei popolamenti di pino laricio nel Parco Nazionale dell’Aspromonte verificando i risultati ottenuti con quelli osservati in altri casi simili e se siano paragonabili ai valori proposti in letteratura nel quadro di una gestione "vicina alla natura".
L’ambiente di studio
Lo studio è stato condotto in 12 località nel Parco Nazionale dell’Aspromonte (Fig. 1). I popolamenti di pino laricio (Pinus laricio Poiret) si estendono soprattutto sul versante meridionale dell’Aspromonte fra 1200 e 1600 m, più limitatamente in quello occidentale fra 1100 e 1350 m per scendere localmente fino a 900 m. La temperatura media annua è compresa tra 10.9 e 7.0 °C, la precipitazione media annua tra 1100 e 1800 mm e quella estiva tra 45 e 115 mm.
Le pinete si localizzano soprattutto su scisti, gneiss biotitici, più raramente, su rocce sedimentarie. I suoli sono nettamente acidi, a tessitura franco-sabbiosa, più o meno profondi nelle zone pianeggianti, mentre in quelle in forte pendenza sono superficiali o a roccia affiorante per fenomeni erosivi. I suoli più evoluti in cui vegetano le pinete sono riconducibili agli Eutric Cambisol e agli Haplic Phaeozem ([32]). Il sistema di trattamento prevalente è riconducibile, almeno in passato, ai tagli a schiumarola, ai tagli a raso con riserve, ai tagli successivi, oggi al taglio a scelta. I turni di utilizzazione sono variabili tra 80 e 100 anni. La rinnovazione naturale è generalmente abbondante. Le forti utilizzazioni del passato, il pascolo, e soprattutto il fuoco, hanno favorito l’espansione del pino in alto verso la faggeta e in basso nelle aree di vegetazione di rovere, di roverella (Quercus virgiliana, Quercus congesta) e localmente del leccio.
Le pinete di pino laricio dell’Aspromonte sono state suddivise nei seguenti tipi forestali ([9]):
- 1° Tipo: Pineta pura di pino laricio tipica
- 1a Sottotipo: Pineta di pino laricio con rovere
- 1b Sottotipo: Pineta di pino laricio con faggio
- 2° Tipo: Rimboschimenti di pino laricio
Pineta pura di pino laricio tipica
Riferimenti ai sistemi di classificazione:
- IFNI 1998 ([23]) (III liv.): 11.24
- INFC 2005 ([24]): categoria: foreste di pino nero, pino laricio e pino loricato. Sottocategoria: pinete a pino laricio
- Habitat natura 2000 (Dir.92/43/EEC): 9530/42.65 - European Commission ([13])
- Corine (1991): 42. 6 (42.651)
Sono pinete per lo più pure che possono raggiungere un elevato grado di copertura, anche se di frequente presentano ampi spazi vuoti. Sottobosco spesso assente, mentre nelle zone aperte si rinvengono felce aquilina, erica arborea, ginestra dei carbonai, rosa, ecc. La composizione dello strato erbaceo è condizionata dal grado di copertura e dal passaggio del fuoco. La degradazione viene poi accentuata dal pascolo caratterizzando lo strato erbaceo per la presenza di graminacee (Bromus erectus, Anthoxantum odoratum, Festuca sp., Poa bulbosa, Dactylis glomerata, ecc.).
Le pinete di pino laricio della Sicilia (Etna) e della Calabria (Sila e Aspromonte) vengono inquadrate nell’associazione Hypochoerido-Pinetum calabricae Bonin ex Brullo, Scelsi e Spampinato 2001 ([7]).
Dal punto di vista strutturale, si possono distinguere i seguenti tipi:
- Monostratificati: le fustaie monostratificate hanno una copertura colma o a tratti discontinua (60-80%). Per la mancanza di cure colturali, oltre il 25% delle piante è compreso nelle classi diametriche medio-piccole. Lo strato erbaceo è caratterizzato da una copertura quasi continua di Pteridium aquilinum, e da semenzali di rovere (Quercus petraea ssp. austrotyrrhenica), leccio (Quercus ilex), faggio (Fagus sylvatica).
- Stratificati a gruppi: le fustaie stratificate a gruppi, presentano uno strato superiore costituito dalle piante del vecchio ciclo e da uno strato inferiore da rinnovazione naturale di pino laricio. Le piante dello strato superiore assumono un aspetto senescente con la tipica chioma a tavola, ma sono ancora in grado di fruttificare, sono disposte a gruppi di 2-5 individui con una densità di circa 100 piante ad ettaro; sono soggetti di notevoli dimensioni che possono raggiungere e superare i 200 anni di età.
Pineta di pino laricio con rovere
Riferimenti ai sistemi di classificazione:
- IFNI 1998 ([23]) (III liv.): 11.24
- INFC 2005 ([24]): categoria: foreste di pino nero, pino laricio e pino loricato. Sottocategoria: pinete a pino laricio
- Habitat natura 2000 (Dir.92/43/EEC): 9530/42.65 - European Commission
- Corine (1991): 42. 6 (42.651)
Il bosco misto di pino laricio e rovere è molto importante dal punto di vista ecologico e fitogeografico soprattutto in relazione alla presenza della rovere, elemento di una certa rarità nell’Appennino meridionale. Le popolazioni meridionali di rovere hanno la funzione di bacini di risorse genetiche nelle epoche glaciali e di centri di ridiffusione nel post-glaciale. Brullo et al. ([6]) hanno evidenziato come le popolazioni meridionali presenti in Sicilia e in Calabria possono essere riferite alla ssp. austrotyrrhenica, allopatrica rispetto a quella tipica.
La struttura è biplana dove il pino occupa il piano superiore e la rovere quello inferiore, la copertura è in genere discontinua (50%) a tratti il bosco può assumere la fisionomia di un pascolo arborato. Nei tratti dove si è conservata la fertilità originaria, assieme alla rovere è presente un folto strato di Pteridium aquilinum e di arbusti come Cytisus villosus, C. scoparius, Crataegus oxyacantha, Pyrus amygdaliformis. Lo strato erbaceo è in genere piuttosto denso. Sono frequenti le specie provenienti dai pascoli orofili come Festuca circummediterranea, Thymus longicaulis, Jasione echinata, ecc. mentre sono poco rappresentate le specie nemorali.
Questo sottotipo viene inquadrato nell’Hypochoerido-Pinetum calabricae facies a Quercus petraea Bonin ex Brullo, Scelsi e Spampinato 2001 ([9]).
Pineta di pino laricio con faggio
Riferimenti ai sistemi di classificazione:
- IFNI 1998 ([23]) (III liv.): 11.24
- INFC 2005 ([24]): categoria: foreste di pino nero, pino laricio e pino loricato. Sottocategoria: pinete a pino laricio
- Habitat natura 2000 (Dir.92/43/ECC): 9530/42.65 -European Commission
- Corine (1991): 42. 6 (42.651).
Questa unità tipologica rappresenta la massima evoluzione dei boschi di pino laricio alle quote più elevate che, a causa dell’elevata copertura, permette una evoluzione del suolo e successivamente ospita un corteggio floristico tipico del sottobosco della faggeta. La struttura è biplana con piano superiore di pino e con un piano inferiore di faggio, la copertura è in genere discontinua (60-80%). Questo sottotipo viene attribuito all’Hypochoerido-Pinetum calabricae Bonin ex Brullo, Scelsi e Spampinato 2001 facies a Fagus sylvatica ([9]).
Rimboschimenti di pino laricio
Riferimenti ai sistemi di classificazione:
- IFNI 1998 ([23]) (III liv.): 11.27
- INFC 2005 ([24]): categoria: foreste di pino nero, pino laricio e pino loricato. Sottocategoria: pinete a pino laricio
- Habitat natura 2000 (Dir.92/43/EEC): European Commission
- Corine (1991): 83.31
I rimboschimenti di pino laricio sono stati realizzati in varie zone dell’Aspromonte a partire dagli 800-850 m, come in alcune zone del versante occidentale, fino ai 1500 m. La massima parte degli impianti fu eseguita fra la fine degli anni ’40 e la metà degli anni ’60.
Sono in larga parte giovani fustaie monoplane pure. Non sono state inquadrate dal punto di vista fitosociologico.
In questa tipologia lo strato erbaceo è caratterizzato da una significativa presenza di Hypochoeris levigata, che diventa meno importante alle quote più elevate dove si associano specie nemorali, tipiche della faggeta. La fruttificazione è limitata solamente alle piante di margine per cui la rinnovazione di pino è praticamente assente. Si possono notare semenzali di faggio e più sporadicamente di abete bianco in alto (1450-1600 m); rovere, leccio, roverella ed anche castagno più in basso. La densitàè sempre molto elevata.
Materiali e Metodi
La necromassa viene distinta: necromassa in piedi (SDT, Standing Dead Trees) comprendente le piante morte in piedi, intere o troncate, dove le foglie e i piccoli rami sono caduti ([16]) e necromassa a terra (CWD, Coarse Woody Debris) comprendente tutti i rametti, rami e fusti di alberi e arbusti morti che sono caduti e che si trovano sul terreno ([5]). In ogni località, la necromassa in piedi è stata rilevata in un’area ritenuta significativa di 1256 m2, misurando in tutti i soggetti con diametro maggiore o uguale a 2.5 cm a 1.30 m, il diametro a metà lunghezza e la lunghezza totale; nella medesima area sono stati misurati tutti i soggetti vivi. Mentre per il rilievo della necromassa a terra, è stato impiegato un campionamento per intersezione lineare ([44], [11]); il rilevamento è stato condotto lungo 6-8 segmenti lineari di campionamento di lunghezza variabile da 30 a 40 m, con riferimento ad ogni singolo segmento è stato misurato il diametro dei soli pezzi con diametro maggiore o uguale a 2.5 cm che intersecano il segmento. Il metodo presuppone che i pezzi siano approssimativamente cilindrici, giacenti sul terreno e che siano distribuiti e orientati casualmente nell’area. Le elaborazioni hanno riguardato: (a) per la necromassa in piedi: il numero di fusti morti in piedi, la percentuale di piante morte in piedi sul totale, la ripartizione in classi di diametro, il volume con la formula di Huber; (b) per la necromassa a terra: il volume di ogni segmento lineare e il volume complessivo ad ettaro impiegando le seguenti formule (eqn. 1):
dove m
è il numero dei pezzi intersecati, d
è il diametro dei pezzi (cm) nel punto di inserzione con il segmento, L
è la lunghezza del segmento lineare campione (m).
Per il volume complessivo ad ettaro (eqn. 2):
dove n
è il numero dei segmenti campione e Vj
è la massa ad ettaro dei residui legnosi stimata sul j-esimo segmento campione.
Per la determinazione del C nella necromassa si è proceduto moltiplicando il peso della necromassa (volume per la densità basale del legno) per un fattore di conversione di 0.50 ([37]). Per la densità basale si è considerato un valore medio (0.45) e non si è tenuto conto della variabilità tra le varie classi di decomposizione del legno.
Risultati e discussione
Nella Tab. 1 sono riportate le caratteristiche dei popolamenti analizzati.
Tab. 1 - Descrizione delle località studiate.
N | Località | Altitudine (m) |
Pendenza (%) |
Specie prevalente |
Età (anni) |
Grado di copertura (%) |
Gestione attuale |
---|---|---|---|---|---|---|---|
1 | M.Schirifizio | 1560 | 16 | Pino laricio | 96 | 85 | Non gestito |
2 | Monumento di Vitale | 1460 | 13 | Pino laricio | 160 | 65 | Taglio a scelta |
3 | Maesano | 1411 | 20 | Pino laricio | 80 | 70 | Taglio a scelta |
4 | Puntone di Lappa | 1452 | 13 | Pino laricio | 98 | 70 | Non gestito |
5 | Baracca del brigante | 1460 | 12 | Pino laricio | 87 | 75 | Taglio a scelta |
6 | Piani di Salo | 1495 | 40 | Pino laricio | 90 | 75 | Taglio a scelta |
7 | Piani di Cufalo | 1355 | 13 | Pino laricio | 63 | 65 | Taglio a scelta |
8 | Sega di Cufalo | 1355 | 25 | Pino laricio | 80 | 80 | Non gestito |
9 | Sella Entrata | 1380 | 16 | Pino laricio | 140 | 90 | Non gestito |
10 | Piani di Amusa | 1370 | 13 | Pino laricio | 96 | 70 | Non gestito |
11 | Punta D’atò | 1379 | 16 | Pino laricio | 83 | 85 | Taglio a scelta |
12 | Piani di Bova | 1100 | 10 | Pino laricio | 40 | 80 | Non gestito |
Percentuale e distribuzione diametrica della necromassa in piedi
Nei popolamenti naturali la percentuale della necromassa in piedi (in numero di individui) è in media del 3.5% e oscilla entro valori contenuti (2.8 - 11.4%, Tab. 2). Si tratta di valori inferiori rispetto a quelli riportati dall’Inventario Forestale Nazionale ([22]) (11%), ciò potrebbe essere dovuto al fatto che in alcune zone non sono state riscontrate piante morte in piedi probabilmente a causa di interventi più o meno recenti.
Tab. 2 - Numero degli individui vivi e morti in piedi.
Località | Vivi (n ha-1) |
Morti (n ha-1) |
Totale (n ha-1) |
Morti in piedi (%) |
---|---|---|---|---|
1 | 390 | 48 | 438 | 10.9 |
2 | 175 | 0 | 175 | 0 |
3 | 326 | 0 | 326 | 0 |
4 | 422 | 24 | 446 | 5.4 |
5 | 350 | 0 | 350 | 0 |
6 | 1025 | 0 | 1025 | 0 |
7 | 398 | 0 | 398 | 0 |
8 | 279 | 8 | 287 | 2.8 |
9 | 387 | 50 | 437 | 11.4 |
10 | 366 | 32 | 398 | 8.0 |
11 | 263 | 0 | 263 | 0 |
12 | 1575 | 108 | 1683 | 6.4 |
Nei rimboschimenti la percentuale di necromassa in piedi è del 6.4 %. Avolio & Bernardini ([4]) riportano per rimboschimenti di pino laricio della Presila una necromassa in piedi media del 22.0% nel periodo da 0 a 27 anni, mentre nel periodo da 27 a 35 anni, in aree non trattate era del 9.7%. Nelle Serre, rimboschimenti di pino laricio non diradati di 22 anni presentano una necromassa in piedi media del 30% ([30]). Le cause sono dovute essenzialmente a fattori di competizione e a danni meteorici e subordinatamente ad attacchi parassitari.
La maggior parte delle piante morte in piedi appartengono alle classi più piccole comprendendo principalmente le classi da 5 a 20, subordinatamente le classi da 25 a 35. Non vi sono soggetti con diametro > di 35 cm. (Tab. 3).
Tab. 3 - Numero di individui morti in piedi per classi di diametro ad ettaro.
Località | Classe di diametro | Totale | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
5 | 10 | 15 | 20 | 25 | 30 | 35 | ||
1 | - | - | 8 | 16 | 8 | 8 | 8 | 48 |
2 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
3 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
4 | - | - | 8 | 16 | - | - | - | 24 |
5 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
6 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
7 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
8 | - | - | 8 | - | - | - | - | 8 |
9 | 26 | 11 | 7 | 4 | 2 | - | - | 50 |
10 | - | - | - | - | 8 | 16 | 8 | 32 |
11 | - | - | - | - | - | - | - | 0 |
12 | - | 42 | 25 | 33 | - | 8 | - | 108 |
Volume della necromassa in piedi
Il volume della necromassa in piedi varia da 1.4 a 22.0 m3 ha-1 (Tab. 4). Nelle pinete dell’Etna, la necromassa in piedi, in popolamenti già percorsi dal fuoco, era di 17.7 m3 ha-1 ([31]).
Tab. 4 - Volume della necromassa in piedi.
Località | Necromassa in piedi (m3 ha-1) |
---|---|
1 | 22.0 |
2 | 0 |
3 | 0 |
4 | 6.2 |
5 | 0 |
6 | 0 |
7 | 0 |
8 | 1.4 |
9 | 1.9 |
10 | 20.5 |
11 | 0 |
12 | 14.2 |
Volume della necromassa a terra
Il volume della necromassa a terra è in media di 9.3 m3 ha-1. I valori oscillano da 1.4 a 23.0 m3 ha-1 (Tab. 5). Il Coefficiente di Variazione (CV) è compreso tra 19.5 e 34.4 % (Tab. 5). Nelle pinete dell’Etna, la necromassa, a terra era di 3.2 m3 ha-1 ([31]).
Tab. 5 - Volume della necromassa a terra.
Località | Volume medio (m3 ha-1) |
D. S. (m3 ha-1) |
CV (%) |
---|---|---|---|
1 | 6.6 | 6.6 | 29.5 |
2 | 1.4 | 1.2 | 31.0 |
3 | 4.5 | 3.1 | 34.8 |
4 | 6.6 | 4.6 | 29.4 |
5 | 11.4 | 15.2 | 34.4 |
6 | 23.0 | 36.4 | 34.4 |
7 | 12.4 | 9.3 | 32.8 |
8 | 4.4 | 2.0 | 28.2 |
9 | 7.9 | 4.1 | 32.9 |
10 | 7.7 | 8.2 | 29.5 |
11 | 4.1 | 1.2 | 19.5 |
12 | 22.0 | 17.5 | 29.2 |
La necromassa a terra è nel complesso maggiore di quella in piedi. Nei casi esaminati in questa indagine, la maggiore presenza di necromassa a terra può essere spiegata con le caratteristiche tecnologiche del legno, con le condizioni ambientali che ne rallentano i processi di decomposizione e con la scarsa raccolta da parte delle popolazioni. Nel caso specifico dei rimboschimenti i maggiori valori osservati rispetto ai popolamenti naturali sono dovuti alla maggiore incidenza dei danni di natura meteorica e alla mancanza di interventi colturali.
Necromassa totale e carbonio fissato
Il volume della necromassa totale è in media di 14.8 m3 ha-1 I valori oscillano da 1.4 a 36.2 m3 ha-1 (Tab. 6). Al riguardo, a semplice titolo di riferimento, essi sono abbastanza simili a quelli delle pinete di pino silvestre sottoposte a forte impatto antropico (interventi selvicolturali, raccolta della legna per usi domestici, fuoco) della regioni meridionali della Finlandia, dove si possono raggiungere 7-22 m3 ha-1 ([38]).
Tab. 6 - Necromassa totale e C fissato nella necromassa.
Località | Volume necromassa totale (m3 ha-1) |
Peso necromassa totale (Mg ha-1) |
C (Mg C ha-1) |
---|---|---|---|
1 | 28.6 | 12.9 | 6.4 |
2 | 1.4 | 0.6 | 0.3 |
3 | 4.5 | 2.0 | 1.0 |
4 | 12.8 | 5.8 | 2.9 |
5 | 11.4 | 5.1 | 2.6 |
6 | 23.0 | 10.3 | 5.1 |
7 | 12.4 | 5.6 | 2.8 |
8 | 5.8 | 2.6 | 1.3 |
9 | 9.8 | 4.4 | 2.2 |
10 | 28.2 | 12.7 | 6.3 |
11 | 4.1 | 1.8 | 0.9 |
12 | 36.2 | 16.3 | 8.1 |
Il peso della necromassa totale è in media di 6.7 Mg ha-1 (0.6-16.3). In precedenti indagini Caminiti et al. ([9]) hanno riscontrato, nelle pinete naturali del Parco dell’Aspromonte, che poteva variare da 4.3 a 22.3 Mg ha-1.
La quantità di carbonio fissato dalla necromassa è in media di 3.3 Mg C ha-1 (0.3-8.1). Si tratta di valori molto al di sotto di quelli riportati da Creed et al (2004) per i boschi naturali di Picea rubens e Abies fraseri (22.3 Mg C ha-1) e da Pregitzer & Euskirchen ([37]) per le foreste temperate (42.0 Mg C ha-1). Ma simili a quelli dei boschi a prevalenza di conifere di alcune regioni della Russia (1.9-6.9 Mg C ha-1 - [18]).
Conclusioni
Le informazioni disponibili sulla quantità e qualità presente nelle foreste mediterranee e nello specifico per i popolamenti di pino laricio sono ancora frammentarie e incomplete. I dati riportati in letteratura, anche per formazioni forestali simili, sono ampiamente variabili e dovuti alla produttività dell’ecosistema, alla continuità degli interventi selvicolturali, al regime dei disturbi naturali e alla diversità dei metodi inventariali adottati, tra cui il diametro minimo dei pezzi preso in considerazione. Ciò comporta una notevole difficoltà di approccio all’argomento e di conseguenza nella traduzione pratica nella gestione forestale.
Il rilascio della necromassa, in termini di quantità e di qualità, deve essere attentamente valutato in modo da conciliare esigenze economiche e di difesa fitosanitaria con gli obiettivi di conservazione e incremento della biodiversità. Due diverse strategie di gestione si possono adottare: una per i popolamenti artificiali e una per quelli naturali. Nei rimboschimenti, la quantità di necromassa è elevata data la scarsa pratica dei diradamenti, in questi casi è bene che venga prontamente rimossa per motivi fitosanitari e per la prevenzione degli incendi e tenuto conto che la maggior parte di questi rimboschimenti dovranno essere avviati verso un processo di rinaturalizzazione che preveda l’affermazione di formazioni più stabili. Mentre nei popolamenti naturali la necromassa può avere un certo significato dove uno degli obiettivi prioritari è la conservazione e l’incremento della biodiversità. I valori di carbonio fissati nella necronassa sono poco significativi, ma comunque possono contribuire ad aumentare lo stoccaggio complessivo della foresta.
Se si considerano i valori complessivi (necromassa in piedi e a terra) si può osservare che, in molti casi, si raggiungono i valori di riferimento (da 5-10 a 15 m3 ha-1) proposti per i boschi della Germania ([3]) e della Francia ([43]). Dal punto di vista qualitativo, nei boschi oggetto dell’indagine mancano i soggetti di grandi dimensioni che sono indispensabili per la vita degli organismi (piccoli mammiferi, uccelli, ecc) legati alle cavità degli alberi senescenti (diametri maggiori di 40 cm). A tale scopo adeguate forme di trattamento (tagli selettivi e/o tagli modulari), e l’allungamento dei cicli di utilizzazione possono essere utili a favorire l’affermazione di strutture pluristratificate e aumentare il numero di soggetti di maggiori dimensioni.
È inoltre importante stabilire come distribuire accuratamente nello spazio la necromassa. Nelle zone ad elevato rischio di incendio, come nell’area mediterranea, è opportuno evitare l’accumulo di materiale combustibile nelle zone immediatamente circostanti a strade o ai luoghi molto frequentati dai turisti.
References
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