Comparison of optical and digital techniques for light microclimate assessment in the Paneveggio Forest, Trentino, Italy
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 191-204 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0373-0030191
Published: Jun 13, 2006 - Copyright © 2006 SISEF
Research Articles
Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio
Abstract
Hemispherical photography is a widely used tool for the indirect estimation of forest light environment and quantification of canopy openness, LAI, and direct and diffuse canopy light transmittance. Several comparisons have been made in existing literature between digital and film systems and their performance under different stand structures and light intensity levels, but the conclusions are not always in agreement. The aim of this research is to compare the light estimates coming from analysis of digital- and film-based hemispherical photographs taken in a mountain Norway spruce (Picea abies (L.) Karst.) forest in the Valbona forest reserve (Paneveggio - Pale di S. Martino Regional Park, Trent, Italy). Two 100x100m permanent plots were established in a previous study ([44]), one each in a single- and a multi-storied stand. The images were taken from grid points 12.5 m apart using a digital camera equipped with a Nikon FC-E8 fisheye adapter, immediately followed by a film camera shot (Sigma 8mm F4 fisheye lens). Images were digitized and analyzed using Gap Light Analyzer ([17]). The output variables (canopy openness, LAI, total, direct and diffuse transmitted PAR) were compared by statistical means across the full sample (48 photos) and for the two sites independently. The ratio between digital and film output was analyzed in its relationship to canopy cover, local tree density, spatial pattern of canopy gaps and zenith angle. Under the dense, even-aged cover the results were similar, while the digital images provided significantly lower transmittance estimates (up to 32% less than film-based estimates) in the uneven-aged stand. We addressed different sources of error for the two techniques; some corrective strategies are proposed herein.
Keywords
Hemispherical photograph, Light regime, Gap Light Analyzer, Picea abies, Paneveggio - Pale S. Martino Natural Park, Dolomites
Introduzione
La luce solare incidente è un fattore determinante per lo sviluppo e le dinamiche dei popolamenti forestali. L’ambiente luminoso che si instaura sotto le chiome è essenziale per l’insediamento e lo sviluppo della rinnovazione ([23], [49], [5], [38]) e per l’accrescimento degli individui adulti ([43], [21]). Di conseguenza, la descrizione del regime luminoso sotto copertura di un popolamento forestale fornisce informazioni utili a fini ecologici e gestionali, consentendo la previsione delle dinamiche competitive interne al popolamento e illustrando le conseguenze di ciascun trattamento che ne modifichi la struttura.
L’intensità e la qualità della luce sotto copertura variano nello spazio e nel tempo, in funzione della distribuzione spaziale e della geometria dei fusti e delle chiome ([56], [46], [42]). Diversi metodi sono stati utilizzati per misurare, direttamente o indirettamente, la radiazione solare sotto copertura ([38], [12]). La fotografia emisferica ([16]) è una tecnica largamente utilizzata per stimare la struttura delle chiome, le caratteristiche spettrali dei popolamenti e la distribuzione spazio-temporale della radiazione luminosa in bosco (e.g., [6], [56], [20]). Tale metodo di analisi si è dimostrato utile allo studio di dettaglio della struttura delle chiome e alla modellizzazione della trasmissione dei raggi luminosi ([47], [10], [13]), così come all’analisi integrata nel tempo dei regimi di luce in un ampio spettro di ecosistemi, dalle foreste tropicali ([4], [61], [67]) a quelle temperate ([8], [1], [26]). Una descrizione comprensiva delle tecniche di analisi è riportata da Pearcy ([51]), Rich ([55]) e Frazer et al. ([19]).
I recenti progressi nelle tecnologie digitali (fotocamere e software di supporto) hanno reso rapido ed economico il processo di raccolta ed analisi dei dati, abbattendo i costi e i potenziali errori associati al trattamento e alla successiva scansione dei negativi e rendendo possibile la visualizzazione e la prima elaborazione dell’immagine direttamente in campo. Le tecniche di ripresa e di analisi digitale sono state utilizzate nella fotografia emisferica in modo crescente negli ultimi anni ([9], [53], [2], [54], [56], [7], [65], [57], [17], [33], [37]). Ai fini della comparabilità dei risultati è essenziale che il sistema tradizionale e quello digitale forniscano misurazioni simili del medesimo light regime, ma la letteratura riporta in merito informazioni contrastanti ([15], [18], [25]). Questa ricerca ha quindi l’obiettivo di comparare i climi luminosi sotto copertura stimati mediante tecniche di ripresa digitali e tradizionali in corrispondenza di una struttura coetaneiforme e di una disetaneiforme all’interno di una pecceta subalpina delle Alpi Sudorientali. In particolare, i parametri posti a confronto sono la canopy openness (percentuale di cielo visibile da un punto sotto copertura), il LAI (Leaf Area Index) effettivo ([10]) e la trasmittanza[1] della luce incidente totale, diretta e diffusa ([19]).
Materiali e metodi
Area di studio
L’area di studio è rappresentata da due parcelle permanenti (100x100 m) nella riserva forestale integrale della Valbona (46°18’N, 11°45’E) nel Parco Naturale Paneveggio - Pale di S. Martino (TN). La specie dominante è l’abete rosso (Picea abies (L.) Karst.). La prima parcella è costituita da una pecceta coetaneiforme di età compresa tra 150 e 230 anni; la struttura verticale è monostratificata e la densitàè colma (Fig. 1a). La seconda parcella è rappresentata da una pecceta disetanea, con struttura pluristratificata (età comprese tra 70 e 320 anni) e tessitura a gruppi, insediatasi su un popolamento rado un tempo utilizzato a pascolo arborato e successivamente abbandonata (Fig. 1b). I metodi di rilievo e i parametri dendrometrici sono descritti in Motta et al. ([45]); i dati stazionali e strutturali di sintesi delle aree di studio sono riportati in Tab. 1.
Fig. 1 - Struttura e distribuzione diametrica (da [44]) delle aree di studio (a. popolamento coetaneo; b. popolamento disetaneo).
Tab. 1 - Caratteristiche delle aree di studio.
Sito | Quota (m) |
Pendenza | Esposizione | Piante ha-1 (DBH >7.5 cm) |
G (m2 ha -1) |
Età media |
D medio (cm) |
Hdom (m) |
Struttura |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
1 | 1815 | 25° | NO | 508 | 76.2 | 177 | 43.6 | 33.5 | Coetaneiforme |
2 | 1895 | 20° | NO | 540 | 43.5 | 139 | 25.2 | 30.3 | Disetaneiforme |
Acquisizione delle immagini e loro elaborazione
Una griglia regolare a maglia di 12.5 m è stata tracciata all’interno di un subplot (50x50 m) posto al centro dell’area di studio. In corrispondenza di ciascun nodo è stata scattata una fotografia emisferica tradizionale (fotocamera Nikon F75 con ottica fisheye Sigma 8mm F4, pellicola Kodak Tmax b/n 400/27° ISO), immediatamente seguita da una fotografia digitale (Nikon Coolpix 5000, aggiuntivo fisheye FC-E8). La pellicola è stata scelta per l’alto potere risolvente e l’elevata sensibilità del sensore alla luce che permettono di massimizzare i contrasti lavorando in condizioni di bassa luminosità. La fotocamera digitale è dotata di un sensore CCD (Charged Couple Device) ad alta densità da 2/3" (4.9 megapixel effettivi); la sensibilitàè stata impostata a 400/27° ISO. Le fotografie digitali sono state memorizzate per la prima area di studio come file JPEG (compressione 1:4) a colori, successivamente convertito in scala di grigi, e per la seconda come file TIFF b/n non compresso. In entrambi i casi la risoluzione è di 2560x1920 pixel per 300 dpi. Si è fatto inoltre ricorso alla funzione di sharpening per aumentare la nitidezza apparente dei fotogrammi.
Le fotografie sono state scattate nell’agosto 2005 in condizioni di cielo sereno all’alba o al tramonto o in condizioni di cielo uniformemente coperto. L’esposizione è stata impostata per ogni scatto in base alla luminosità del cielo ricorrendo all’uso di un esposimetro spot (Sekonic Corp., Tokyo), mantenendo un tempo di scatto sempre inferiore a 1/60 s. La fotocamera è stata sempre mantenuta orizzontale ad un’altezza di 80 cm dal suolo e orientata verso il Nord magnetico tramite l’impiego di un cavalletto. In seguito alla digitalizzazione dei negativi (Nikon Super Coolscan LS4000 ED) le pellicole sono state convertite in file TIFF con una risoluzione di 5825x3946 pixel per 2200 dpi. Tutte le immagini sono state orientate, processate con un filtro software per aumentarne il contrasto del 100% e analizzate con il software Gap Light Analyzer (GLA - [17]). I parametri utilizzati per l’analisi e le relative fonti utilizzate sono riassunti in Tab. 2. Il modello di distribuzione della luce utilizzato è lo UOC (Uniform Overcast Sky - [64]). Il software utilizzato ha permesso di correggere l’errore relativo alla proiezione sul piano delle immagini emisferiche mediante la selezione di modelli matematici di distorsione, specifici a seconda dell’ottica impiegata, in forma predefinita o personalizzabile da parte dell’utente ([27], [29]).
Tab. 2 - Parametri adottati nell’analisi delle fotografie emisferiche con GLA e fonti utilizzate.
Parametro | Valore | Riferimenti |
---|---|---|
Solar constant | 1367 kWm-2 | ([35]) |
Cloudiness Index | 0.43 | Stazione meteo Bolzano (11.31° W; 46.50° N) (integrazione dati mensili) |
Spectral fraction | 0.457 | ([50]) |
Beam fraction | 0.33 | algoritmo ([17]) |
Clear sky transmiss. coeff. | 0.62 | ([14]) |
Step di simulazione | 2 min | |
Durata stagione vegetativa | 1/5 30/9 | ([66]) |
Il thresholding è stato effettuato separatamente per ogni immagine, assumendo come intensità di grigio discriminante tra oggetto e sfondo quella associata alla minima frequenza nell’istogramma delle intensità (Fig. 2). In assenza di un minimo individuabile, il thresholding è stato effettuato manualmente mediante confronto con l’immagine originale; qualora lo sfondo del fotogramma presentasse disomogeneità marcate (cielo non uniformemente nuvoloso) il valore soglia è stato calcolato analizzando il settore più scuro dell’immagine.
Fig. 2 - Esempio di istogramma dei valori di grigio di una fotografia emisferica e modalità di determinazione del valore soglia (freccia) per la classificazione binaria delle immagini e la discriminazione tra elementi di chioma (bianco) ed elementi di cielo (grigio). L’asse delle ordinate è in scala logaritmica (da [31]).
Per ogni immagine è stato calcolato il valore della canopy openness (totale e in fasce di 10° di ampiezza dallo zenit all’orizzonte[2]), il LAI effettivo tra 0° e 60° ([63]), l’intensità della radiazione incidente totale, diretta e diffusa [mol m-2 d-1 ], l’intensità assoluta e relativa della radiazione trasmessa totale, diretta e diffusa.
Analisi statistica
Le distribuzioni delle variabili in output sono state sottoposte ad un test di Kolmogorov-Smirnov ([41]) per verificarne la normalità. La correlazione tra output tradizionale e digitale è stata valutata su coppie di variabili omogenee (R di Pearson), per tutte le immagini e separatamente nei due siti. I valori medi di openness, LAI e PAR da ripresa tradizionale e digitale (su tutto il campione e per ciascun sito) sono stati sottoposti a un test τ per campioni accoppiati, con l’obiettivo di evidenziare le differenze tra i metodi di ripresa. È stato esaminato e sottoposto ad ANOVA univariata il rapporto tra output digitale e tradizionale per ciascuna delle variabili in oggetto, in ciascuno dei siti in esame e per differenti angoli zenitali (settori circolari di 10° di ampiezza). Tale rapporto è stato infine correlato alla dimensione media dei gap, calcolata mediante analisi software ImageJ ([52]) a partire dalle immagini su negativo digitalizzate (che garantivano una risoluzione maggiore), e ad un indice di densità locale (eqn. 1):
dove dbhi
rappresenta il diametro a 1.30 m di altezza dell’i -esimo albero all’interno di un buffer di 12.5 m intorno a ciascun punto di campionamento, mentre disti
è la distanza dell’albero i dal punto di ripresa ([58]). Si è inteso in tal modo verificare la sensitività dei parametri analizzati alle limitazioni del sensore CCD, relative al potere risolutivo e all’effetto di dispersione della luce intorno a sorgenti puntiformi (light scattering). Le analisi sono state condotte mediante il software SPSS 12.0 (SPSS Inc., Chicago).
Risultati
I valori di canopy opennes, LAI e PAR trasmessa dalla copertura ottenuti dall’analisi di foto tradizionali e digitali sono tra loro fortemente correlati (R>0.92, p<0.01 per tutte le coppie di variabili, N = 48). Considerando i popolamenti singolarmente, le correlazioni risultano più forti nel popolamento disetaneo, dove i dati esibiscono una stretta associazione lineare anche se si discostano progressivamente dalla linea 1:1 all’aumentare dei valori di trasmittanza (Fig. 3).
Fig. 3 - Correlazioni tra i risultati ottenuti da analisi di foto emisferiche digitali e tradizionali nei due siti analizzati. - a. canopy openness (Rdisetaneo = 0.995, Rcoetaneo = 0.753); b. LAI (Rdisetaneo = 0.956, Rcoetaneo = 0.485); c. PAR trasmessa, radiazione diretta (Rdisetaneo = 0.956, Rcoetaneo = 0.691); d. PAR trasmessa, radiazione diffusa (Rdisetaneo = 0.994, Rcoetaneo = 0.858); e. PAR trasmessa, radiazione totale (Rdisetaneo = 0.993, Rcoetaneo = 0.822) nei due siti analizzati.
I valori medi dei parametri esaminati nei due popolamenti e con le due tecniche di ripresa sono sintetizzati in Tab. 3. La media dei valori di canopy openness (CO) calcolati da negativo è superiore del 30.8% rispetto a quella derivante dalle riprese digitali nel popolamento disetaneo, mentre nel popolamento coetaneo sono le fotografie digitali a fornire valori di CO superiori nella media del 10.4% rispetto a quelli da immagini tradizionali (Tab. 3). I parametri direttamente legati alla CO mostrano, come atteso, lo stesso comportamento, risultando la PAR trasmessa totale, diffusa e diretta stimata con foto digitali superiore nel popolamento coetaneiforme e inferiore in quello disetaneiforme. Conseguentemente opposto è il comportamento dei valori di LAI.
Tab. 3 - Statistiche descrittive di canopy openness, LAI e PAR trasmessa ottenuti dall’analisi di immagini digitali e su pellicola nei due siti analizzati.
Parameter | Sito 1 Struttura coetaniforme (N = 23) |
Sito 2 Struttura disetaneiforme (N = 25) |
||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Min | Max | Media | Errore std |
Min | Max | Media | Errore std |
|
Canopy openness[%] | ||||||||
digitale | 2.63 | 8.16 | 5.962 | .277 | 2.62 | 26.88 | 13.971 | 1.409 |
film | 2.81 | 8.22 | 5.343 | .255 | 2.49 | 41.58 | 20.202 | 2.117 |
LAI | ||||||||
digitale | 2.99 | 4.76 | 3.703 | .085 | 1.25 | 4.98 | 2.630 | .204 |
film | 3.23 | 4.79 | 4.002 | .088 | .73 | 5.61 | 2.134 | .248 |
PARdir trasmessa | ||||||||
digitale | .04 | .22 | .107 | .010 | .01 | .58 | .200 | .027 |
film | .02 | .17 | .078 | .008 | .01 | .70 | .286 | .036 |
PARdif trasmessa | ||||||||
digitale | .05 | .13 | .089 | .004 | .03 | .42 | .228 | .023 |
film | .05 | .14 | .086 | .004 | .03 | .58 | .294 | .031 |
PARtot trasmessa | ||||||||
digitale | .05 | .13 | .095 | .005 | .03 | .46 | .220 | .023 |
film | .04 | .14 | .084 | .005 | .03 | .61 | .292 | .031 |
La PAR totale trasmessa assume valori compresi tra il 4% e il 14% e tra il 3% e il 61% della PAR incidente, pari a 30.60 e 31.01 mol m-2 d-1, rispettivamente nel popolamento monoplano e in quello stratificato.
Da un punto di vista statistico il paired-t test mostra che le differenze tra le due tecniche sono significative (p < 0.05) per tutte le variabili, tranne che per la trasmittanza della luce diffusa nel sito coetaneo e per il LAI su tutto il campione (Tab. 4). Le differenze tra coppie di variabili sono più accentuate in valore assoluto e caratterizzate da una maggiore dispersione nel sito disetaneo.
Tab. 4 - Statistiche descrittive della differenza tra le medie di canopy openness, LAI e PAR trasmessa ottenute dall’analisi di immagini digitali e su pellicola nei due siti analizzati e risultati del paired-t test.
Sito | Min | Max | Media | Errore std |
Valore di t (2 code) |
P |
---|---|---|---|---|---|---|
Canopy openness[%] | ||||||
Sito 1 | -1.14 | 2.20 | .619 | .188 | 3.290 | .003 |
Sito 2 | -14.70 | .13 | -6.231 | . 728 | -8.551 | .000 |
Totale | -14.70 | 2.20 | -2.948 | .631 | -4.671 | .000 |
LAI | ||||||
Sito 1 | -1.23 | .73 | -0.298 | .088 | -3.381 | .003 |
Sito 2 | -.63 | 1.49 | .496 | .080 | 6.198 | .000 |
Totale | -1.23 | 1.49 | .115 | .082 | 1.400 | .168 |
PARdir trasmessa | ||||||
Sito 1 | -.05 | .10 | .028 | .007 | 3.788 | .001 |
Sito 2 | -.22 | .02 | -.085 | .013 | -6.429 | .000 |
Totale | -.22 | .10 | -.030 | .011 | -2.701 | .010 |
PARdif trasmessa | ||||||
Sito 1 | -.02 | .02 | .003 | .002 | 1.394 | .177 |
Sito 2 | -.16 | .01 | -.066 | .008 | -7.594 | .000 |
Totale | -.16 | .02 | -.032 | .006 | -4.763 | .000 |
PARtot trasmessa | ||||||
Sito 1 | -.02 | .04 | .010 | .003 | 3.533 | .002 |
Sito 2 | -.16 | .01 | -.072 | .009 | -7.784 | .000 |
Totale | -.16 | .04 | -.032 | .007 | -4.115 | .000 |
La Fig. 4a mostra l’andamento del gap fraction misurato nei due siti mediante tecnica tradizionale e digitale in funzione dello zenit; i valori massimi si riscontrano per angoli zenitali compresi tra 20° e 30° nel popolamento coetaneo e tra 30-40° in quello disetaneo, mentre nei settori prossimi all’orizzonte il gap fraction si avvicina a zero. Nel popolamento disetaneo le maggiori differenze tra i due metodi di analisi sono state misurate in prossimità dell’orizzonte, con valori progressivamente più simili per elevazioni superiori; nel sito coetaneo invece il rapporto dei gap fraction misurati con le due tecniche è pressoché costante, con un leggero incremento per zenit di 60-70° (Fig. 4b).
Fig. 4 - (a) Gap fraction misurato da immagini tradizionali e digitali in funzione dell’angolo zenitale nei due siti: il gap fraction, o unweighted openness, è il conteggio dei pixel che definiscono la proporzione di cielo visibile in un determinato settore di cielo; contrariamente alla canopy openness, la misura non viene corretta in base al coseno dell’angolo di incidenza della luce solare ([57]) - (b) Rapporto tra gap fraction stimato con i due metodi (digitale/pellicola) per diversi angoli allo zenit. Le barre rappresentano ± ε (errore standard). L’orizzonte corrisponde a 90°, lo zenit a 0°.
La correlazione tra il rapporto digitale/pellicola in termini di LAI e la densità locale nei punti di campionamento, misurata in modo indipendente mediante l’indice di Rouvinen & Kuuluvainen ([58]) è statisticamente significativa. Tale rapporto decresce al crescere della densità locale nei punti di campionamento. In altri termini l’analisi dell’immagine digitale rivela una copertura progressivamente minore di quella tradizionale al crescere della densità locale (R2 = 0.430, Fig. 5a). Inoltre, all’aumentare delle dimensioni medie dei gap le immagini digitali producono un LAI più elevato rispetto a quelle tradizionali (R2 = 0.588, Fig. 5b).
Fig. 5 - Rapporto tra LAI digitale e da pellicola nei due siti in funzione (a) della densità di fusti (indice di competizione secondo [58]) e (b) del fogliame, espressa come dimensione media dei gap di chioma in pixel, calcolata grazie alla funzione particle analysis del software ImageJ ([52]). Modello di regressione non lineare, R2 = 0.430 e 0.588 rispettivamente.
Discussione
Coerentemente con quanto riportato in letteratura si è riscontrata nel presente lavoro una forte correlazione positiva tra i risultati ottenuti tramite tecniche di fotografia emisferica su supporto digitale e su pellicola, nonostante la diversa risoluzione utilizzata. Frazer et al. ([18]) hanno calcolato coefficienti di correlazione di 0.796, 0.636 e 0.750 per la canopy openness, il LAI e la PAR rispettivamente, con le correlazioni più forti associate ai popolamenti maturi e meno densi.
Nel popolamento coetaneiforme, benché la media dei valori registrati con le due tecniche non abbia differito in modo sostanziale, la correlazione è risultata meno forte. Nel popolamento disetaneo, caratterizzato da una tessitura a gruppi che dà luogo ad ampie aperture tra le chiome e ad una minore densità locale, si è osservata una migliore correlazione tra i dati ottenuti con le due tecniche, ma al crescere del grado di apertura delle chiome il rapporto digitale/pellicola è risultato discostarsi progressivamente da 1. All’aumentare della dimensione media dei gap le immagini digitali forniscono infatti valori di LAI progressivamente superiori (Fig. 5), restituendo valori inferiori di trasmittanza.
Il diverso rapporto di compressione dell’immagine digitale impiegato nelle due aree, fornendo comunque immagini alla stessa risoluzione non pare poter spiegare il comportamento osservato. L’algoritmo di compressione può causare una perdita di informazione, “mediando” i valori di pixel vicini; diversi autori ([18], [30]) hanno tuttavia riscontrato che la differenza rimane trascurabile finché la compressione JPEG non supera, come nel nostro caso, valori di 1:4.
Per quanto concerne il valore assoluto delle variabili misurate i nostri dati sono in linea con quelli riportati in letteratura. Kussner & Mosandl ([34]) hanno riscontrato valori di LAI effettivo compresi tra 0.68 e 4.84 in peccete mature della Germania orientale. In Sonohat et al. ([62]) la trasmittanza della radiazione globale in popolamenti di abete rosso è compresa tra 0.7% e 30%.
La variabilità della CO è sempre maggiore rispetto a quella del LAI e della PAR, indicando come la CO sia il parametro più sensibile all’eterogeneità spaziale della risorsa luce in foresta (cfr. [67]).
Come osservato, al diminuire della densità di fusti e del fogliame, le immagini digitali tendono a produrre stime di trasmittanza progressivamente minori rispetto alle immagini tradizionali, soprattutto in presenza di struttura stratificata. Le differenze maggiori sono riscontrate nelle stime del LAI, la cui variabilitàè amplificata dal fatto che tale variabile ha una relazione logaritmica con la canopy openness (differenze moderate in CO producono grandi differenze in LAI). In letteratura l’analisi di immagini digitali ha fornito generalmente valori più alti di trasmittanza rispetto al negativo ([15], [18]); tuttavia, la fotografia emisferica è stata spesso considerata incapace di discriminare correttamente l’intensità luminosa in presenza di chiome molto dense ([9], [59], [39], [24], [25]).
In fase di ripresa l’esposizione è stata determinata in modo da attribuire al cielo un’intensità di grigio standardizzata. Tuttavia, le immagini digitali appaiono più scure di quelle riprese con fotocamera tradizionale e digitalizzate successivamente. Confrontando gli istogrammi (Fig. 6 e Fig. 7) si nota come le immagini digitali siano caratterizzate da un decadimento molto più rapido nei valori tendenti al bianco, non raggiungendo mai valori maggiori di 200 nella scala di grigi. L’origine del fenomeno è da ricercare negli algoritmi di bilanciamento applicati automaticamente dalla fotocamera digitale per evitare la sovrasaturazione dell’immagine e adeguare la curva di risposta alla luce alla successiva visualizzazione (correzione gamma), su cui non è stato possibile esercitare un pieno controllo. Dall’altro lato, il processo di digitalizzazione dei negativi ha regolato l’intensità minima (nero) a un DN di 30 e quella massima a 255, aumentando così l’ampiezza dell’istogramma (Auto Contrast). Pur applicando lo stesso metodo di thresholding, la percentuale di pixel classificati come neri risulta dunque maggiore nelle immagini digitali, originando stime inferiori di trasmittanza.
Fig. 6 - Istogramma della scala di grigi relativo al punto 1 del sito disetaneo (a. immagine digitale, b. immagine tradizionale), in scala logaritmica. Si constata il rapido decadimento dell’immagine digitale nella zona del bianco, così come l’intensità minima pari a 30 risultante dalla digitalizzazione dell’immagine su negativo. L’intensità media (DN) è 10.269 (range da 0 a 247) e 51.574 (range da 30 a 255) rispettivamente nell’immagine digitale e in quella ottica. L’area colorata indica la porzione di pixel classificata come fogliame in base al valore-soglia individuato. La proporzione di pixel classificati come fogliame è del 91.4% nel primo caso e dell’81.6% nel secondo, che è quindi caratterizzato da una stima di trasmittanza più alta.
Fig. 7 - Potere risolvente di un’immagine da pellicola (a, successivamente digitalizzata a 2200 dpi) e di un’immagine digitale (b, TIFF a 300 dpi). Si noti la differenza nella dimensione dei pixel, nel dettaglio delle foglie e dei gap più piccoli e nella luminosità generale dell’immagine (effetto descritto dalla Fig. 6).
Secondo Wagner ([70]), l’intensità di grigio di un pixel dell’immagine emisferica è influenzata da tre fattori: l’esposizione dell’immagine, dipendente dalla luminosità complessiva del cielo ([10]; [40]), la differenza di luminosità tra diverse regioni del cielo stesso, anche in presenza di una copertura nuvolosa uniforme, e la vignettatura dell’obiettivo, che può dare origine a differenze di luminosità in diverse zone del fotogramma anche per oggetti teoricamente omogenei. Una minore esposizione comporta un decadimento della nitidezza dell’immagine, un’incorretta individuazione dei bordi e e un aumento lineare dei valori di trasmittanza ([71]). In letteratura una sottoesposizione di uno stop è stata associata ad una differenza di +13% nel LAI ([40]). Differenti metodi sono stati proposti per tenere in considerazione tali fonti di variabilità durante l’analisi di una singola fotografia, come la segmentazione per zone proposta da Wagner ([70]), o una sovraesposizione sistematica di due o tre stop, capace di far apparire il cielo bianco e massimizzare al tempo stesso il contrasto tra gli alti e i bassi toni di grigio ([10], [71]).
Sebbene entrambe le fotocamere siano limitate dalla qualità dell’ottica utilizzata, le riprese digitali sono soggette ad ulteriori forme di rumore relative alle caratteristiche del sensore CCD e all’elettronica di supporto, che possono influenzare negativamente la qualità spettrale e spaziale dell’immagine ([28]). La memorizzazione diretta delle immagini digitali in scala di grigio implica un processo di codifica delle bande di colore su cui non è possibile esercitare un pieno controllo. In particolare, i sensori CCD possiedono generalmente un numero maggiore di elementi sensibili al verde allo scopo di imitare la sensibilità dell’occhio umano, più accentuata in questa banda; questo potrebbe tuttavia causare distorsioni nel rapporto tra fogliame e cielo nell’immagine memorizzata. Il blooming, un fenomeno dovuto alla diffusione di energia tra pixel adiacenti e risultante in aree o bande di saturazione bianca sull’immagine, costituisce un’importante fonte di aberrazione capace di alterare la lettura dei pixel situati nelle aree di confine tra alte luci ed ombre. L’effetto atteso è una maggiore proporzione di pixel classificati come sfondo nelle immagini digitali, specialmente al diminuire della dimensione media delle aperture nelle chiome, quando cioè le fonti di luce assumono aspetto puntiforme. L’effetto è riportato essere maggiore vicino allo zenit e con cieli sereni o coperture nuvolose uniformi e molto riflettenti, e minore per angoli allo zenit di 45-60° ([36]). Nel sito disetaneo la differenza riscontrata tra i due metodi è minima allo zenit, che frequentemente è collocato al centro di un gap, e cresce avvicinandosi al piano delle chiome (aree prossime all’orizzonte). Nel sito coetaneo, caratterizzato da una copertura dal pattern più fine, è verosimile che l’effetto blooming abbia compensato la sottoesposizione delle immagini digitali, cosicché le stime prodotte dai due metodi sono risultate nella media paragonabili. Per minimizzare l’influenza del light scattering e dell’aberrazione cromatica, Zhang et al. ([71]) hanno proposto di utilizzare la banda del blu per l’analisi delle immagini emisferiche.
Ulteriori fonti di errore in fase di analisi sono relative alla differente proiezione geometrica utilizzata dall’ottica impiegata, e alla fase di thresholding. Per quanto riguarda la prima, Frazer et al. ([18]) e Schwalbe ([60]) hanno riscontrato una distorsione nell’aggiuntivo FC-E8 non riportata dalla casa produttrice, e hanno suggerito un’equazione correttiva basata su un polinomio di terzo ordine. Inoltre, il campo ripreso dall’aggiuntivo Nikon ha un’ampiezza di 183°, mentre l’obiettivo Sigma copre un angolo visuale di soli 180°. Dal momento che GLA non prevede correzioni in merito, l’effetto è quello di una differente suddivisione dell’emisfero, e in particolare in stime digitali di trasmittanza assai più basse soprattutto vicino all’orizzonte (dove la vegetazione è più fitta). Per quanto riguarda la fase di classificazione binaria delle immagini, il metodo utilizzato ha garantito una certa oggettività nella scelta dei valori-soglia. Sebbene molti lavori abbiano utilizzato un metodo soggettivo ([9], [39], [15], [18], [24], [25]), negli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso algoritmi di classificazione binaria dell’immagine, capaci di garantire una maggiore oggettività ([69], [31], [48]). Leblanc et al. ([37]) hanno proposto di classificare l’immagine analizzando separatamente settori circolari concentrici (10 settori da 9°) e determinando per ciascuno una soglia inferiore (“puro fogliame”) ed una superiore (“puro cielo”) per i valori di grigio; i pixel “misti” sono analizzati da un apposito software.
In questo lavoro si è riscontrata la necessità di fare ricorso, almeno parzialmente, ad un thresholding manuale per le immagini del sito disetaneo, probabilmente a causa delle condizioni del cielo meno uniformi che si sono incontrate in fase di ripresa. Il ricorso a tale metodologia può introdurre un significativo fattore di arbitrarietà dovuto all’osservatore nella determinazione del valore-soglia per la classificazione dell’immagine ([22], [15], [32], [48]).
Il potere risolutivo della fotocamera (capacità del sensore) riveste un ruolo importante. Secondo Blennow ([3]) la fotografia digitale ad alta risoluzione è stata dimostrata capace di discriminare l’area fogliare più accuratamente di quella tradizionale, evitando inoltre l’aggregazione dei pixel caratteristica di immagini a risoluzione inferiore. La risoluzione “teorica” della pellicola 35mm, che è riportata da diversi autori in un range compreso tra 6 e 50 milioni di pixel (cfr. [11]), dipende da caratteristiche fisiche e chimiche peculiari di ciascuna emulsione (sensibilità, rapporto segnale-rumore, coefficiente di granularità, latitudine di posa, curva di risposta spettrale). Se il potere risolvente della fotocamera consumer-grade utilizzata fosse inferiore a quello dei sistemi analogici, ciò si tradurrebbe in una minore capacità dell’immagine digitale nel registrare il pattern del fogliame e nel riconoscerne i bordi, particolarmente in presenza di una trama fine di aperture nel piano delle chiome. Nel sito disetaneo ciò non avviene, poiché le immagini sono caratterizzate da grandi aperture e bordi piuttosto netti anche a bassi angoli di zenit, cioè vicino all’orizzonte, grazie alla tessitura a gruppi del popolamento.
Infine, il confronto tra sistema di ripresa digitale e analogico non può essere effettuato prescindendo dal mezzo utilizzato. La fotografia digitale può offrire vantaggi oggettivi, eliminando almeno quella parte di variabilità dovuta alle differenze tra le emulsioni. Tuttavia, anche l’ottica utilizzata è dotata di caratteristiche specifiche, quali il rendimento dell’obiettivo descritto dalle curve MTF - Modulation Transfer Function (che non è stato possibile reperire per questo studio). Per questi motivi, il confronto tra le due tecniche di ripresa, così come la valutazione stessa del regime luminoso sotto copertura mediante fotografia emisferica, devono considerarsi di applicabilità limitata al contesto ambientale e al mezzo tecnico caratteristici della situazione in cui sono stati effettuati ([40]).
Conclusioni
La comparabilità di fotografie emisferiche riprese con tecnica tradizionale e digitale è innanzitutto funzione della struttura del popolamento analizzato. Sotto una copertura coetanea densa e in presenza di struttura monostratificata le fotografie digitali forniscono stime di trasmittanza comparabili a quelle derivanti da immagini su pellicola. In un popolamento disetaneo, con tessitura a gruppi e aperture tra le chiome di dimensioni maggiori, la fotocamera digitale ha invece prodotto stime di trasmittanza significativamente inferiori (fino al 32%). Tale effetto è attribuito alla differente esposizione delle immagini, dovuta alle caratteristiche della fotocamera e al processo di digitalizzazione dei negativi, e al fenomeno del light scattering, più evidente dove la copertura è caratterizzata da gap piccoli tra le chiome e distribuiti in modo eterogeneo. Sono stati descritti alcuni degli errori a cui le due tecniche di ripresa sono soggette; non disponendo di misure dirette e indipendenti di trasmittanza per valutare quale fosse la tecnica più efficace, è stato tuttavia possibile minimizzare le potenziali fonti di errore, uniformando le condizioni di ripresa (orientamento della fotocamera, condizioni del cielo, esposizione) e di analisi dell’immagine (digitalizzazione, thresholding, parametri del modello di illuminazione).
La tecnica digitale gode di indubbi vantaggi tecnici e logistici rispetto a quella tradizionale per quanto riguarda le fasi di ripresa ed acquisizione dell’immagine. Tuttavia, il sistema ottico, la capacità risolutiva e la sensibilità (quantum efficiency) del sensore CCD influenzano fortemente le prestazioni delle fotocamere consumer-grade. Le variabili che caratterizzano entrambi i sistemi (aberrazioni ottiche degli obiettivi, distorsione, tipo di sensore/pellicola, trattamento del negativo, tipo di scanner e algoritmi di compressione) fanno sì che non possa essere determinato un metodo “corretto”.
L’analisi dell’ambiente luminoso in foresta mediante fotografia digitale deve avvalersi del più completo controllo sui processi ottici caratteristici delle fasi di ripresa e digitalizzazione. Ai fini della comparabilità dei risultati, non è possibile prescindere dallo specificare le caratteristiche tecniche dei mezzi di ripresa utilizzati, i possibili errori che questi introducono e la scelta delle misure adottate per correggerli.
References
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