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A methodology for analysing temporal changes of forest surface using aerial photos for the application of Kyoto protocol: a study case in Northern Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 339-350 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0393-0030339
Published: Sep 20, 2006 - Copyright © 2006 SISEF

Research Articles

Abstract

According to art. 3.3 of the Kyoto Protocol, Italy, like other Parties included in Annex I, shall report the net changes in greenhouse gas emissions by sources and removals by sinks resulting from afforestation, reforestation and deforestation activities (ARD). To evaluate these activities, Italy has to elaborate methods to estimate the conversion of non-forested to forested land, occurred after 31 December 1989. The aim of this study was to test a methodology to estimate the ARD activities. The approach was experimented in the Comunità Montana del Grappa (about 10500 ha) considered as a pilot area in the Prealpine region (NE Italy). The land-use change relative to the forest area was assessed by multitemporal classification of 1131 sampling points on orthocorrected aerial photos relative to 1991, 1996 and 1999. The forest area based on different definitions (minimum land cover equal to 10%, 20% or 30% and minimum surface equal to 2000 m2 or 5000 m2) was also assessed. Between 1991 and 1999, the total increment of the forest area was equal to 224 ha. However, the estimated increment was strongly related to the minimum surface (2000 m2 vs. 5000 m2) of the forest definition. The proposed procedure was relatively easy to implement and highlighted the role of ARD and revegetation to attain the goals appointed from the Kyoto Protocol.

Keywords

Kyoto protocol, Afforestation, Reforestation, Deforestation, Multitemporal analysis

Introduzione 

Il Protocollo di Kyoto (PK - [25]) impegna l’Italia, così come gli altri Paesi che hanno assunto degli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra, a contabilizzare un bilancio tra assorbimenti ed emissioni di carbonio derivanti dalle attività forestali e di cambiamento d’uso del suolo (art. 3.3 e art. 3.4 - vedi ⇒ http:/­/­www.minambiente.it/­Sito/­settori­_azione/­pia/­docs/­protocollo­_kyoto­_it.pdf).

Queste ultime, in particolare, si definiscono come tutte quelle attività di conversione in foresta realizzate, per azione antropica, a partire dal 1990, su terreni non boscati da meno di 50 anni (reforestation, R) o da più di 50 anni (afforestation, A), per mezzo di piantagione, semina e/o azione antropica di sostegno all’affermazione di modalità naturali di propagazione ([7]). Gli assorbimenti devono essere conteggiati al netto delle emissioni legate ai processi di deforestation (D), intesa come la conversione di un’area forestale in non forestale, avvenuta per azione antropica a partire dal 1990 ([2]).

In base a quanto stabilito negli accordi di Bonn (COP-6 bis 2001), è possibile includere nel bilancio anche una serie di attività addizionali quali la gestione forestale (forest management) e la rivegetazione (revegetation). Questa si realizza su terreni aventi una superficie minima di 0.005 ha, non boscati prima del 1990, non rientranti nelle categorie A o R, né soggetti a gestione forestale, ma dove grazie ad una attività indotta dall’uomo è in atto un processo di rivegetazione capace di determinare un aumento dello stock di carbonio, attraverso lo sviluppo di una copertura vegetale non avente le potenzialità per soddisfare i requisiti richiesti dalla definizione di bosco adottata ([28]).

Come noto, i crediti generati da A e R (al netto della D) così come quelli derivanti dalla revegetation, non sono soggetti ai limiti imposti alla gestione forestale (riduzione al 15% degli assorbimenti complessivi), ma possono essere utilizzati in toto, purché contabilizzati secondo le indicazioni fornite dalle “Good PracticeGuidancefor Land Use, Land Use Change and Forestry” dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, di seguito indicate come Good Practice Guidance ([16]).

Il presente studio ha lo scopo di proporre una metodologia efficace per la stima di afforestation e reforestation al netto della deforestation (ARD), secondo le indicazioni formulate dalle Good Practice Guidance, in un’area rappresentativa del territorio montano della Regione Veneto.

La definizione di bosco

Gli accordi di Marrakesh, attribuendo al termine “foresta” una definizione piuttosto ampia (area con dimensioni minime di 0.05 - 1 ha, tasso di copertura del 10 - 30% e piante in grado di raggiungere a maturità e in situ un’altezza minima di 2 - 5 m) offrono l’opportunità ad ogni Paese di scegliere il limite minimo di copertura, estensione e altezza ritenuto più idoneo ([3]).

In Italia, il Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 227 relativo a “Orientamento e modernizzazione del settore forestale” (G.U. 137/2001), rimanda alle definizioni stabilite a livello regionale in base ai criteri di estensione, larghezza e copertura minima, precisando comunque che le formazioni devono avere un’estensione non inferiore a 0.2 ha, larghezza media non inferiore a 20 m e copertura superiore al 20% ([30]).

Il nuovo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio (INFC), riprendendo la definizione adottata per il Temperate and Boreal Forest Resources Assessment 2000 ([32]), definisce come bosco i terreni con una copertura arborea superiore al 10%, un’estensione superiore a 0.5 ha e un’altezza minima delle piante a maturità di 5 m ([15]). Nel precedente Inventario Forestale del 1985 (IFNI85) il bosco viene invece definito come un territorio con copertura arborea maggiore del 20% e con un’estensione di almeno 0.2 ha ([17]).

Tenuto conto delle diverse definizioni di bosco presenti a livello nazionale e regionale, l’analisi della superficie boscata può assumere come riferimento una superficie minima di 2000 m2 (IFNI85 e, per la Regione Veneto, L.R. 13 settembre 1978, n. 52) o 5000 m2 (INFC e IFR85, Inventario forestale regionale dei boschi non pubblici del Veneto - [24]) e una copertura percentuale del 10% (INFC e IFR85), 20% (IFNI85) o 30% (L. R. 52/78).

Lo studio si pone quindi anche l’obiettivo di valutare le eventuali variazioni della superficie stimata legate all’adozione di diverse definizioni di bosco.

Materiali e metodi 

La spazializzazione delle informazioni

Per rispondere alle richieste formulate dagli accordi di Marrakesh, tra le informazioni generali da riportare per le attività elencate agli artt. 3.3 e 3.4 del PK, deve comparire una chiara identificazione geografica delle aree interessate tanto da processi di A, R e D, quanto da eventuali attività addizionali (gestione forestale, revegetation, ecc.). Per questo le Good Practice Guidance propongono l’impiego dei seguenti metodi (Fig. 1):

Fig. 1 - Reporting Method 1 e 2 per un territorio soggetto alle attività previste dagli articoli 3.3 e 3.4 del PK (tratto da [28]).

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  • il Reporting Method 1 (RM1), che prevede la definizione sulla base di confini amministrativi, legali e/o tipologie ambientali, di porzioni accorpate di territorio ciascuna comprendente aree soggette ad A, R,D ed altre attività addizionali;
  • il Reporting Method 2 (RM2), che prevede l’identificazione geografica di ogni singola unità di territorio che racchiuda al suo interno una sola delle attività afferenti agli artt. 3.3 e 3.4.

Tenuto conto delle informazioni disponibili e della necessità di proporre una metodologia applicabile anche in altre aree, si ritiene opportuno l’impiego del RM1. Su scala nazionale, l’area territoriale di riferimento potrebbe essere rappresentata dalle regioni mentre in ambito regionale può essere assunto come unità di riferimento il territorio di una Comunità Montana (CM) o di altri enti sovracomunali.

L’area di studio

L’area di studio prescelta nell’ambito della Regione Veneto è la Comunità Montana del Grappa (TV), rappresentativa della fascia pedemontana della regione, maggiormente interessata dai processi di ricolonizzazione boschiva (Fig. 2). Il territorio della CM copre una superficie di 10584 ha, nella zona N della Provincia di Treviso, interessando oltre ad una piccola porzione dei Colli Asolani, il settore meridionale del Massiccio del Grappa (1775 m s.l.m.).

Fig. 2 - Carta del Veneto con in evidenza la Comunità Montana del Grappa.

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Entro tale area, nell’orizzonte submontano, dai 400 agli 800 m di altitudine, ai castagneti e ai rovereti si alternano robinieti misti e puri ed estesi consorzi di carpino nero. Nei cedui misti sono presenti la betulla, il nocciolo, l’acero e il ciliegio, mentre dove il clima tende ad essere più continentale compare la roverella ([5]). Nell’orizzonte montano, oltre gli 800 m di quota, agli orno - ostrieti subentrano le faggete, a volte alternate a formazioni di pino nero, mentre l’abete rosso, relativamente diffuso, risulta poco concorrenziale ([12]). Nell’orizzonte subalpino, al di sopra dei 1400 m, al larice si affiancano estese mughete, spesso presenti anche nei numerosi canaloni che solcano le pendici del Massiccio. L’intera porzione sommitale si caratterizza per la presenza di ampi pascoli, tuttora impiegati per le attività alpicolturali.

A partire dagli anni ’50 e ’60 è in atto, nella zona del Monte Grappa così come in altre aree della fascia montana e pedemontana, un processo di ricolonizzazione spontanea da parte del bosco, legato all’abbandono delle attività alpicolturali e selvicolturali. Questo fenomeno, determinato da contingenze di ordine naturale, sociale ed economico, ha interessato sia terreni agricoli marginali che prati e pascoli ([33]).

La metodologia d’indagine

L’analisi della variazione di superficie boscata all’interno della CM è avvenuto secondo un approccio multitemporale, che prevede l’impiego di dati telerilevati in momenti successivi ([6]). Tenuto conto delle richieste formulate dal PK, che fissa l’anno di riferimento per la stima di ARD al 1990, e del materiale fotografico disponibile ([26] - nell’anno 1990 non è stata effettuata nessuna ripresa aerea sul territorio della Regione Veneto), si è ricorsi all’impiego delle foto aeree scattate con il volo Montagna Veneta del 1991, poste a confronto con le ortofoto digitali del 1996 e del 1999.

La metodologia proposta si è quindi articolata nelle seguenti fasi:

1. Acquisizione e georeferenziazione

Poiché le foto aeree del 1991 erano disponibili su solo supporto cartaceo, si è provveduto innanzitutto alla scansione e georeferenziazione (attribuzione di una coordinata geografica al suolo ad ogni punto dell’immagine) di ciascun fotogramma, per la successiva analisi in ambiente GIS. La scansione per intero di ogni fotogramma, oltre a richiedere tempi di elaborazione estremamente lunghi, accentuerebbe notevolmente gli errori di scala e di distorsione della ripresa e comporterebbe una inevitabile sovrapposizione delle aree ([23]). È stata quindi scandita, in una prima fase, la sola superficie utile di ciascun fotogramma, definita da un quadrato di 8.5 cm di lato, cui corrisponde un’area di circa 200 ha, che rappresenta la massima superficie che può essere utilmente esaminata, a partire dal punto centrale dell’immagine, senza incorrere in una sovrapposizione tra fotogrammi attigui ([22]). La scansione (scanner AGFA DUOSCAN), eseguita con una risoluzione di 2000 ppi (pixel per inch), ha fornito un’immagine in formato jpeg, sottoposta a successiva georeferenziazione mediante la procedura “georeferencing” del pacchetto ArcGISTM 8 (l’applicazione della procedura è descritta in dettaglio sulla guida in linea di ArcGISTM 8), utilizzando come base di riferimento la Carta Tecnica Regionale in formato numerico (CTRN). L’ulteriore sovrapposizione delle ortofoto ha consentito una più rapida individuazione di ciascun punto. L’accuratezza della trasformazione è stata valutata attraverso lo scarto quadratico medio stimato direttamente dal software.

Al fine di completare la copertura relativa alle immagini del 1991, anche per le porzioni di territorio escluse dalla precedente scansione ma comunque interessate dalla presenza di punti campione, sono state in seguito scansite e georiferite 76 ulteriori porzioni di fotogramma relative al solo intorno di tali punti. Ciò ha consentito di evitare possibili sovrapposizioni con le precedenti immagini, riducendo notevolmente l’effetto di distorsione presente al margine del fotogramma.

2. Fotointerpretazione

Per il rilievo dell’estensione della superficie boscata è stato adottato il metodo della “conta per punti”, già impiegato nella prima fase dell’INFC, in cui nota l’estensione complessiva dell’area da inventariare, la superficie afferente a ciascuna categoria d’uso del suolo è espressa dalla proporzione di punti campione ricadenti nella medesima classe ([9], [29]). Per l’attribuzione di ciascun punto ad una delle tre categorie d’uso prese in esame (bosco, produttivo non boscato e improduttivo) è stata utilizzata la procedura proposta da De Natale et al. ([11]), analoga alla metodologia impiegata nella prima fase dell’INFC ([14]) e in altri recenti studi ([10]): individuato il poligono omogeneo per uso del suolo cui appartiene il punto, è stata verificata l’esistenza delle condizioni minime di copertura, estensione e larghezza poste dalle diverse definizioni prese in esame (Tab. 1).

Tab. 1 - Definizioni di bosco adottate per la classificazione dei punti.

Definizione Riferimento Area min
(ha)
Copertura min
(%)
Larghezza min
(m)
Protocollo Kyoto GPG 2003 0.05 - 1.0 10 - 30 -
INFC Bosco 0.5 10 20
IFNI 85 Bosco 0.2 20 20
D. L.gsl. 227/2001 - 0.2 20 20
Reg Veneto L. R. 52/78 0.2 30 20
IFR85 0.5 10 20

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Per facilitare tale operazione, è stato visualizzato a video un intorno di analisi ripartito in nove quadranti, ciascuno corrispondente ad un’area di 2500 m2 ed una griglia di punti impiegata per la valutazione della copertura (Fig. 3).

Fig. 3 - Quadranti utilizzati per la stima della superficie e griglia di punti impiegata per la valutazione della copertura.

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Il rilievo, preceduto da un’indagine pilota per il dimensionamento del campione ([27]), è stato eseguito su 1131 punti (ca. un punto ogni 9 ha), estratti casualmente sull’intero territorio della CM, confrontando per ciascuno di essi, in ambiente GIS, le ortofoto 1999 e 1996 con le immagini georeferenziate del 1991. La successione di osservazione dei punti ha previsto una prima individuazione del singolo punto sull’ortofoto 1999 che, in quanto ortorettificata, riduce un possibile errore di collocazione, quindi sull’immagine del 1991 (correggendo gli eventuali scostamenti rispetto all’ortofoto) ed infine sull’ortofoto 1996.

È stata infine eseguita una verifica sul campo di alcuni punti campione selezionati nella fase di fotointerpretazione, per l’esame di eventuali casi dubbi e la corretta “taratura” delle immagini a video con la realtà a terra, mediante la predisposizione di un atlante fotografico di riferimento, relativo alle principali casistiche riscontrate nel territorio.

3. Elaborazione dei dati

Mediante il test di Mc Nemar per dati appaiati è stata valutata la significatività delle differenze rilevate tra i diversi orizzonti temporali e tra le diverse definizioni di bosco ([11]). Il test prevede il calcolo della statistica ([35] - eqn. 1):

\begin{equation} X_{c}^{2} = \frac{(\left| f_{12} - f_{21}\right| - 1)^2}{f_{12} + f_{21}} \end{equation}

con f12 e f21 , frequenze ricavate da una tabella di contingenza 2 x 2 (Tab. 2).

Tab. 2 - Tabella di contingenza per l’applicazione del Test di McNemar (f = frequenza osservata).

Anno / Tipologia 1999
Bosco Non Bosco
1991 Bosco f 11 f 12
Non bosco f 21 f 22

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Allo scopo di valutare il Power del test, ovvero la probabilità di assumere una decisione corretta nel rifiutare H 0 quando è falsa, è stata calcolata la statistica ([35] - eqn. 2):

\begin{equation} Z_{\beta (1)} = \frac{\sqrt{n}\sqrt{p}(\psi-1)-Z_{\alpha(2)} \sqrt{\psi+1} } {\sqrt{(\psi+1)-p(\psi-1)^2}} \end{equation}

dove n è il numero di coppie da impiegare; p è la stima della proporzione f12 /n o f21 /n; ψ è funzione del rapporto tra le due categorie in esame (superficie “boscata” e “non boscata”); Za(2) , pari a 1.96, è il valore assunto dalla distribuzione di Z per un livello di significatività del 95%.

Estraendo casualmente dalla popolazione, rappresentata dall’insieme dei punti esaminati, campioni con numerosità n delle osservazioni via, via crescente, è possibile calcolare, applicando l’equazione sopra riportata, il valore della statistica Zβ relativo a ciascun campione e, letto il corrispondente valore tabellare β , ricavare il Power del test (espresso da 1- β) relativo a dimensioni campionarie via via crescenti ([20]).

Poiché l’estrazione di un singolo campione di numerosità n non risulterebbe significativa, attraverso una procedura di tipo bootstrap, per ogni classe di numerosità sono state estratte casualmente con ripetizione 1000 combinazioni di punti, calcolando il Power medio corrispondente ([13]).

Per la stima della proporzione ricadente in ciascuna classe e dei relativi stimatori di varianza e deviazione standard si rimanda a Corona ([9]) e Corona et al. ([10]).

Risultati 

Georeferenziazione delle immagini

Sono state esaminate 42 foto aeree ripartite in 118 porzioni di fotogramma georeferenziate attraverso la creazione di 3355 link tra le immagini scandite e le CTRN di riferimento. Mediamente sono stati quindi formati 28 link per porzione.

Lo scarto quadratico medio, calcolato direttamente dal programma attraverso una polinomiale di terzo grado e compreso, per ciascuna porzione georeferenziata, tra 0.9 e 49, è risultato mediamente pari a 11.6 m.

Risultati del campionamento

Non è stata rilevata alcuna differenza tra la classificazione operata sulle ortofoto del 1996 e quelle del 1999, e tra le diverse percentuali di copertura considerate (10%, 20% e 30%). I dati sono stati perciò distinti unicamente secondo il criterio della superficie minima di 5000 m2 e 2000 m2 (di seguito indicata come definizione di 5000 m2 e 2000 m2).

Interpretato l’insieme di 1131 punti, accorpati in bosco e non bosco, comprendente le categorie produttivo non boscato e improduttivo (Tab. 3 e Tab. 4), attraverso l’eqn. 1 è stata valutata la significatività delle variazioni registrate, risultate statisticamente molto significative (p< 0.01) sia per la definizione di 5000 m2 (χ2 = 15.6) che per i 2000 m2 (χ2 = 11.3).

Tab. 3 - Riepilogo punti a bosco per la definizione di superficie di 5000 m2.

Anno / Tipologia 1999
Bosco Non boscato
1991 Bosco 554 5
Non boscato 29 543

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Tab. 4 - Riepilogo punti a bosco per la definizione di superficie di 2000 m2.

Anno / Tipologia 1999
Bosco Non boscato
1991 Bosco 562 6
Non boscato 26 537

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Dalla popolazione costituita dai 1131 punti campionati, sono stati estratti con frequenza pari a mille (l’estrazione casuale con ripetizione è stata realizzata con specifiche macro sviluppate in ambiente SAS), campioni costituiti da multipli di 10 osservazioni, fino ad un massimo di 1100. Calcolata, attraverso l’eqn. 2, la statistica Zβ , è stato possibile ricavare il Power del test relativo a dimensioni campionarie via via crescenti (Fig. 4).

Fig. 4 - Power relativo a campioni di numerosità via via crescente.

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Accorpando in una tabella di contingenza (Tab. 5), i dati riferiti alle due definizioni esaminate nel 1991 e 1999 si evidenziano, attraverso l’eqn. 1, delle differenze statisticamente molto significative (χ 2 = 12.07) anche tra le due definizioni.

Tab. 5 - Sommatoria dei punti classificati a bosco e non boscato con le due definizioni.

1991 + 1999 2000 m2
Bosco Non boscato
5000 m2 Bosco 1142 0
Non boscato 14 1106

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Nelle Tab. 6 e 7 (Tab. 6, Tab. 7) si riporta la ripartizione dei punti classificati a bosco, produttivo non boscato e improduttivo nel 1991 e 1999, con una superficie minima di riferimento di 5000 m2 e 2000 m2.

Tab. 6 - Ripartizione dei punti nelle diverse categorie d’uso del suolo con la definizione di 5000 m2 (tra parentesi i medesimi valori espressi in ha).

Definizione 5000 m2 1999
Bosco Produttivo
non boscato
Improduttivo Totale
1991 Bosco 554
(5184.6 ha)
5
(46.8 ha)
0
(0.0 ha)
559
(5231.4 ha)
Produttivo
non boscato
29
(271.4 ha)
473
(4426.6 ha)
10
(93.6 ha)
512
(4791.5 ha)
Improduttivo 0
(0.0 ha)
0
(0.0 ha)
60
(561.5 ha)
60
(561.5 ha)
Totale 583
(5456.0 ha)
478
(4473.3 ha)
70
(655.1 ha)
1131
(10584.4 ha)

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Tab. 7 - Ripartizione dei punti nelle diverse categorie d’uso del suolo con la definizione di 2000 m2 (tra parentesi i medesimi valori espressi in ha).

Definizione 2000 m2 1999
Bosco Produttivo
non boscato
Improduttivo Totale
1991 Bosco 562
(5259.5 ha)
6
(56.1 ha)
0
(0.0 ha)
568
(5315.6 ha)
Produttivo
non boscato
26
(243.3 ha)
465
(4351.7 ha)
10
(93.6 ha)
501
(4688.6 ha)
Improduttivo 0
(0.0 ha)
0
(0.0 ha)
62
(580.2 ha)
62
(580.2 ha)
Totale 588
(5502.8 ha)
471
(4407.8 ha)
72
(673.8 ha)
1131
(10584.4 ha)

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Le variazioni registrate tra il 1991 e il 1999 nella sola categoria bosco vengono indicate in Tab. 8. Con le definizioni di 5000 m2 e 2000 m2 è stata registrata una diminuzione di superficie boscata rispettivamente in 5 e 6 punti campione. La deforestation è risultata perciò pari a 46.79 ± 0.08 ha (L.F. 95 %), secondo la definizione a 5000 m2, ed a 56.15 ± 0.10 ha (L.F. 95%) con la seconda definizione.

Tab. 8 - Variazioni registrate tra il 1991 e il 1999 con le due definizioni di bosco; LF = limite fiduciale.

Variazione
superficie boscata
Variazione
Superficie
Deviazione
Standard
Errore standard
(L F 95 %)
Errore
%
Definizione 5000 m2 +224.6 ha 0.00021 4.40 ha 1.959
Definizione 2000 m2 + 187.17 ha 0.00021 4.28 ha 2.287

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Le differenze legate all’applicazione delle due definizioni sono riportate in Tab. 9.

Tab. 9 - Estensione percentuale della superficie boscata rilevata con le due definizioni.

Bosco ANNO
1991
ANNO
1999
Sup. min 5000 m2 49.4% 51.5 %
Sup. min 2000 m2 50.2% 52.0 %

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Si riportano di seguito i dati relativi alla variazione annua di superficie per le diverse categorie d’uso del suolo, secondo il criterio della superficie minima di 5000 m2, di maggiore interesse in quanto adottata nel INFC:

  • per la superficie boscata è stato stimato un aumento medio annuo di 28.08 ± 0.55 ha (L.F. 95%), pari allo 0.5% della superficie boscata del 1991;
  • per la classe produttivo non boscato è stata rilevata una riduzione media annua pari a 39.77 ± 0.62 ha;
  • infine per l’improduttivo è stato individuato un aumento medio annuo di 11.70 ± 0.30 ha.

Con una definizione di superficie minima di 2000 m2, è stato invece stimato un aumento medio annuo della superficie boscata di 23.40 ± 0.53 ha.

Verifica a terra

Nei rilievi a terra sono stati esaminati complessivamente 39 punti distribuiti sull’intero territorio della CM. Di questi, 21 punti sono stati classificati come superficie boscata e 18 come produttivo non boscato; in quest’ultimo gruppo sono stati inseriti 3 punti afferenti alla categoria revegetation che, difficilmente riconoscibili osservando le sole immagini a video, si caratterizzano per la presenza di vegetazione, per lo più di carattere arbustivo, priva delle potenzialità per soddisfare la definizione di bosco adottata.

Discussione 

La metodologia

La procedura di indagine proposta ha consentito di stimare efficacemente la variazione di superficie boscata nell’area presa in esame, pur in assenza di specifiche informazioni sulla baseline del 1990. In particolare l’impiego di foto aeree prossime a tale periodo ha offerto una sufficiente risoluzione spaziale e temporale per definire l’estensione iniziale della superficie a bosco mentre il georiferimento realizzato su singole porzioni di fotogramma, associato ad un confronto per punti su immagini ortorettificate, ha permesso di supplire all’assenza di ortofoto relative al 1990. L’impiego di altre tecniche di remote sensing, basate ad esempio su immagini Landsat, non consentirebbe il raggiungimento di tali obiettivi, data l’insufficiente risoluzione spaziale e temporale delle informazioni disponibili.

La fotointerpretazione per punti, operata in ambiente GIS con l’abbinamento di griglie e reticoli di supporto, ha consentito di applicare i parametri di ampiezza, copertura e larghezza minima prefissati. Attraverso i successivi rilievi a terra è stato possibile verificare quanto osservato a video e ricostruire una casistica delle realtà più frequenti nel territorio in esame. La fotointerpretazione non ha invece evidenziato alcuna differenza su intervalli temporali brevi, quale quello 1996-1999, sui quali non è possibile apprezzare a video i processi di ricolonizzazione naturale in corso nel territorio.

Di particolare interesse, abbinando la fotointerpretazione a video con un campione significativo di punti rilevati a terra, la possibilità di evidenziare, in successivi studi, i processi di revegetation. Questi risultano individuabili esclusivamente con un rilievo sul campo, basato sulla valutazione della vegetazione, arborea e arbustiva, presente in loco e sulle potenzialità di sviluppo a breve-medio termine della stessa. Grande attenzione deve essere posta alla valutazione delle aree soggette a deforestation, escludendo eventuali punti ricadenti in zone interessate da ceduazione o tagli recenti.

Vanno sottolineate, oltre alle possibili sovra- e sottostime legate alla soggettività dell’osservatore, anche quelle dovute all’impossibilità di distinguere a video ex prati o pascoli interessati da recenti processi di ricolonizzazione arborea; poiché tuttavia a tali errori sono soggette sia le foto del 1991 che le ortofoto 2000, si può ipotizzare una parziale compensazione tra i due fenomeni.

L’elevata densità di campionamento (1 punto ogni 9 ha), associata all’impiego di uno schema di distribuzione casuale dei punti, ha permesso di calibrare la qualità della stima in relazione allo sforzo di campionamento. Come evidenziato in Fig. 4, in future applicazioni della medesima metodologia in aree con caratteristiche socio-economiche ed ambientali simili, è possibile prevedere una significativa riduzione della densità (sino a 1 punto ogni 12 ha), pur mantenendo una elevata capacità discriminante. Evitando la realizzazione di uno specifico studio pilota per il pre-dimensionamento del campione e riducendo nel contempo la densità di campionamento, si possono avere maggiori possibilità di indagine sul campo, ad esempio con l’estrazione casuale dei punti su cui eseguire specifiche verifiche a terra, realizzando così un vero e proprio campionamento in due fasi ([29]). Ciò, oltre a garantire una valutazione statisticamente rigorosa di eventuali errori di classificazione, consentirebbe di determinare l’entità dei processi di revegetation la cui stima risulta particolarmente difficile, anche se potenzialmente interessante, proprio per i Paesi dell’area Mediterranea ([34]).

Superficie boscata e definizione di bosco

Il lavoro svolto ha consentito di proporre due diverse stime della superficie boscata della Comunità Montana del Grappa, in relazione alle definizioni adottate (Tab. 9).

Rispetto a quanto osservato da De Natale et al. ([11]), in cui la stima della superficie boscata risultava maggiore con la definizione FRA2000 rispetto a IFNI85, l’estensione di area minima pari a 2000 m2 ha portato sempre ad una stima maggiore, sia nel 1991 che nel 1999 (Tab. 6 e Tab. 7). Non è stata perciò riscontrata alcuna compensazione tra estensione dell’area minima e abbassamento della soglia di copertura ([19]). Al contrario quest’ultimo parametro è risultato ininfluente nell’ambiente esaminato ove, in presenza di formazioni forestali chiuse, quali sono in genere quelle dell’area montana e pedemontana, assume un ruolo determinante la definizione dell’estensione minima dell’unità a bosco ([31]). Lo stesso Kleinn ([18]) sottolinea infatti come in ambienti ove le formazioni forestali presentano una distribuzione “a mosaico” (quale appare, in parte, quella riscontrata nel 1991 nell’area in esame), la superficie boscata stimata diminuisca all’aumentare delle dimensioni dell’area di riferimento.

Esaminando nel dettaglio i 29 punti ove sono stati osservati processi di AR, si rileva come nel 65% dei casi ciò sia una conseguenza della chiusura di radure, mentre nel restante 35% si riscontra un ampliamento di piccoli nuclei isolati di bosco privi, nel 1991, dei requisiti per soddisfare la definizione più ampia. Entrambi i processi nel breve periodo sembrano portare verso una attenuazione delle differenze registrate adottando le due diverse definizioni. Nuclei boscati di maggiori dimensioni e radure più piccole verranno infatti classificate come bosco con entrambe le definizioni. Viceversa, nel 1991, l’impiego di una superficie limite maggiore in un contesto più frammentato ma con copertura generalmente chiusa, può portare ad una sottostima della superficie boscata con la definizione di 5000 m2 ([31]).

Rapportando le due definizioni adottate è stata osservata una differenza della superficie a bosco, rispetto all’area limite di 5000 m2, pari a -0.8% (84.3 ha) nel 1991 e a -0.4% (46.8 ha) nel 1999. Le differenze appaiono perciò dimezzate nell’arco di soli 8 anni, soprattutto a causa dell’ampliamento di piccoli nuclei di bosco in precedenza rilevabili solo con la definizione a 2000 m2 ([4]).

Cambiamento d’uso del suolo

Nell’arco degli otto anni intercorsi tra le due occasioni di rilevamento si è osservato un aumento della superficie boscata a scapito in particolare delle aree destinate a produttivo non boscato. La variazione percentuale annua stimata con una superficie minima di riferimento di 5000 m2, pari allo 0.54% della superficie boscata al 1991, risulta analoga a quanto rilevato da Corona et al. ([10]) per la Regione Abruzzo (0.60%).

Come evidenziato dall’esame della Tab. 8, l’adozione delle due definizioni nella stima dell’area soggetta a processi di ARD comporta una differenza del 16.67%, pari a 37 ha, legati essenzialmente alla stima di una minore superficie boscata nel 1991 con l’adozione della definizione di bosco a 5000 m2. Incrociando i dati ottenuti con le diverse definizioni (Tab. 10), si possono ottenere differenze prossime al 100% sulla stima della variazione di superficie boscata.

Tab. 10 - Stima della variazione netta di superficie boscata (ARD) ottenuta incrociando le diverse definizioni di bosco.

ARD 1999
2000 m2 5000 m2
1991 2000 m2 187 ha 271 ha
5000 m2 140 ha 225 ha

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L’effetto combinato di chiusura delle radure e di ampliamento e fusione dei nuclei boscati (considerati tali con la sola definizione a 2000 m2 nel 1991), spiega quindi la variazione netta di superficie boscata stimata con la definizione più ampia. Un cambiamento dell’area minima di riferimento della definizione di bosco, pur avendo un effetto percentualmente ridotto sull’estensione della superficie forestale, può avere, in ambienti soggetti ad una modificazione della struttura del paesaggio, un effetto amplificato sulla stima della variazione occorsa nel tempo. Ciò è dovuto al fatto che le aree interessate da processi di afforestation e reforestation si collocano spesso proprio sulla “soglia di superficie” tra le due definizioni.

Proiezione al 2007

L’incremento medio annuo di superficie boscata riferito al periodo 1991 - 1999, pari a 28.08 ha per la definizione a 5000 m2, non permette di proporre una stima diretta della possibile superficie soggetta a processi di AR, al netto della D, sino al 2007. Il range temporale analizzato, infatti, non consente una proiezione significativa per un arco temporale così ampio. Tale stima presuppone una crescita costante della superficie boscata nell’arco di 17 anni, ipotesi, come recentemente sottolineato da Zanchi et al. ([34]), realistica soltanto nel breve periodo, in quanto i processi di ricolonizzazione boschiva mostrano un andamento decrescente nel tempo. Come dimostrano i risultati di stima della superficie con l’applicazione delle due soglie per il 1999, ormai i piccoli nuclei boscati hanno in gran parte superato la soglia minima di campionamento di 5000 m2 e lo stesso fenomeno analizzato sembra esaurirsi, come confermato, indirettamente, anche dall’assenza di differenze tra le ortofoto del 1996 e quelle del 1999.

Conclusioni 

La stima eseguita dimostra il ruolo che possono assumere i processi di ARD, non soggetti ai limiti imposti al forest management, per il conseguimento degli impegni assunti dal nostro Paese in sede internazionale, soprattutto in considerazione della possibilità di conteggiare in toto gli assorbimenti afferenti a tale categoria.

La procedura proposta, in linea con le indicazioni fornite dalle Good Practice Guidance dell’IPCC per i Paesi aderenti al PK ([28]), consente di trarre alcune considerazioni di carattere generale:

Fissati i valori minimi di copertura ed estensione (cui si aggiunge il parametro di larghezza adottato dall’INFC) conformi alla definizione di bosco adottata a livello nazionale, essa prevede l’applicazione di tali soglie al territorio in esame, secondo un criterio oggettivo. È tuttavia auspicabile, in successive applicazioni, l’esecuzione di un vero e proprio campionamento in due fasi, con l’estrazione casuale di un congruo numero di punti su cui eseguire una verifica a terra, che consentirebbe:

  • una verifica diretta delle stime eseguite a video e l’eventuale correzione a posteriori delle stesse ([9]);
  • la valutazione del parametro relativo all’altezza, non rilevabile a video;
  • la stima dell’entità dei processi di revegetation, osservabili, date le caratteristiche del fenomeno, soltanto attraverso la verifica delle reali potenzialità di sviluppo della vegetazione;
  • la valutazione, a posteriori, dell’uso prevalente realizzato nell’area oggetto di classificazione, ovvero la verifica, almeno per la categoria Forest Land, oltre che del Land Cover, anche del Land Use, così come definiti nelle Good Practice Guidance dell’IPCC ([21]).

La procedura risulterebbe pertanto simile (fatte salve le differenze legate al diverso schema di distribuzione dei punti di campionamento) alla metodologia adottata nella prima e seconda fase dell’INFC, da cui si differenzia, analogamente a quanto recentemente proposto da Corona et al. ([10]), per l’adozione di un approccio multitemporale, in loco del solo esame della verità al suolo attuale.

  • L’indagine consente di valutare AR al netto della D. La stima di quest’ultima variabile, spesso trascurata negli studi di settore, è essenziale per la validazione dei risultati ottenuti.
  • Essa risulta pienamente conforme alle indicazioni del RM1 proposto dall’IPCC ([21]).
  • La metodologia offre una prima valutazione, seppure perfettibile, dei limiti di confidenza dei dati forniti, così come richiesto dalle Good Practice Guidance.

L’intera stima, non fornendo alcuna indicazione sull’origine dei processi di AR (rimboschimento o processi di ricolonizzazione naturale) presuppone che gli stessi possano essere definiti in toto come “direct human induced”, così come espressamente richiesto dagli accordi di Marrakesh. Se da un lato, i processi di ricolonizzazione boschiva legati all’abbandono di pascoli ed ex coltivi potrebbero essere considerati come “direct human induced”, in quanto per attività“indirette” vengono comunemente indicate la fertilizzazione azotata e carbonatica, il climate change, ecc. ([1]), dall’altro va sottolineato come “dovrebbe essere dimostrata - cosa non facile - l’intenzionalità dei fenomeni di abbandono gestionale e di diffusione spontanea del bosco su ex coltivi” ([8]). Emerge quindi l’esigenza di un approfondimento tecnico, sullo stock di carbonio e le potenzialità fissative dei popolamenti in esame, e normativo, sulle caratteristiche e la natura dei processi che hanno portato allo sviluppo di tali formazioni.

Ringraziamenti 

Gli Autori desiderano ringraziare la Dott.ssa F. De Natale ed il Dott. G. Tabacchi dell’Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e la Selvicoltura di Trento, per i preziosi consigli forniti nello sviluppo della metodologia di indagine. Un sentito ringraziamento al Dott. D. Savio, per il costante supporto fornito nel corso della ricerca ed al Dott. M. Dissegna, della Direzione Regionale Foreste ed Economia Montana della Regione Veneto che ha messo a disposizione i dati impiegati nel presente studio. Il lavoro proposto fa parte di un più ampio progetto di ricerca finanziato dalla Direzione Regionale Foreste ed Economia Montana della Regione Veneto, per la stima dello stock di carbonio presente in ambito forestale a partire dai dati inventariali ed assestamentali disponibili a livello regionale.

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