Forest research and education: the status quo
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 3, Pages 300-301 (2006)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0404-0003
Published: Sep 20, 2006 - Copyright © 2006 SISEF
Editorials
Abstract
Natural hazards and climatic extreme events cause serious damages to human populations all around the globe. Such events are supposed to increase in the future, as a result of climatic changes mainly induced by increasing carbon dioxide concentrations. Foresters are needed to cope with such natural hazards, to manage forest ecosystems in a sustainable way, in order to counteract future catastrophic events and climatic changes. Foresters have a sound interdisciplinary preparation in several different biological and geophysical fields and, thus, unique professional skills to manage forest ecosystems as a whole. However, recently a worrying decline of interest of the Academia in forest research has been recorded worldwide. This journal Forest@ aims at showing how important forest-related education and research are for a sustainable management of the Earth.
Keywords
Climate change, Natural hazards, Forest, Management, Research, Education, University
Quest’estate, in vacanza in Corsica con famiglia ed amici dalle professioni più diverse, ho scoperto di essere un tuttologo. Attraversando paesaggi mediterranei e boschi d’alta quota, fra incendi boschivi, fenomeni d’inquinamento e pinete sferzate da aerosols marini, torrenti in rischio di piena, condizioni meteorologiche estremamente variabili, penuria di acqua in campeggi e villaggi costieri, selvaggina e tradizioni venatorie e culinarie locali, ho davvero capito quanto interdisciplinare sia la preparazione di un laureato in scienze forestali.
Di fronte a cambiamenti globali che paiono comportare sempre più frequenti eventi catastrofici di drammatica pericolosità per la società, la funzione del forestale è di vitale importanza per la gestione degli ecosistemi forestali. Si pensi ai 10 milioni di ettari (!!) di foresta boreale attualmente in pericolo per l’attacco di insetti nella Columbia Britannica in Canada, alla siccità dell’estate del 2005 in Amazzonia e del 2003 in tutta Europa, agli incendi delle ultime estati in Australia, America del Nord e Portogallo, alle recenti inondazioni sulle Alpi ed in Germania, alle foreste distrutte dalla tempesta di vento Lothar in Francia, Germania e Svizzera nel 1999, alle valanghe del 1999 sulle Alpi. In tutti questi eventi catastrofici c’è bisogno di professionisti che sappiano come gestire il pericolo, e poi, passata l’emergenza, come gestire in modo sostenibile le foreste al fine di prevenirlo nel futuro. E chi può farlo meglio del forestale, con la sua preparazione interdisciplinare? Può forse farlo uno specialista come un biologo? Un ingegnere idraulico? Un architetto? No. Il forestale, tuttologo, è l’unica figura professionale dotata di una solida conoscenza interdisciplinare capace di gestire gli ecosistemi forestali nel loro insieme.
Eppure l’interesse per la formazione e la ricerca nel settore forestale da parte dell’accademia è in drammatico declino. Questo è quanto è emerso durante una tavola rotonda organizzata nell’ambito dell’ultimo congresso mondiale della IUFRO, a Brisbane in Australia, nell’agosto del 2005. A livello globale, c’è un declino di interesse nella ricerca e nell’educazione forestale. Guardiamoci intorno. Il prestigioso istituto di Oxford è virtualmente sparito, il dipartimento di scienze forestali dell’ETH di Zurigo ha chiuso i battenti. In Germania si può studiare forestale a livello master ormai soltanto a Friburgo e Göttingen; la formazione del forestale altrove, come a Monaco, è delegata quindi a lauree brevi. Negli USA, in pratica, la formazione e ricerca forestale si concentrano alla Oregon State University a Corvallis, e alla North Carolina State University a Raleigh, con qualche eccezione come l’University of Washington a Seattle. Altre tradizionali sedi sono state chiuse o trasformate, come ad esempio alla University of California a Berkeley, dove il dipartimento forestale non esiste più e parte di esso è diventato dipartimento di ecologia terrestre. In Canada la ricerca forestale continua ad avere la sua importanza (e conseguenti finanziamenti), ma comunque cambiano gli interessi, andando sempre più in direzione monitoraggio ambientale, ecologia. Ed anche nei paesi europei dove ancora il legname conta, come la Finlandia, gli istituti di ricerca, come il METLA, pur sempre floridi, si riorientano. Sembra che anche lassù il legname non conti poi più così tanto e pare necessario cambiare il focus. Unica eccezione a livello globale è la Cina: laggiù sono tanti davvero i soldi disponibili per la ricerca forestale. È un boom. Quassù in Svizzera a Birmensdorf, da dove scrivo, il WSL, l’Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve ed il Paesaggio, così ricco di tradizione, è sottosopra per una ristrutturazione che ne vuol cambiare completamente la natura.
È chiaro che cambiare il nome ad un dipartimento non significa che la ricerca da esso fatta non possa continuare, ma comunque generalmente in simili casi la ricerca si riorienta, e tematiche prettamente legate alla gestione forestale (ad esempio l’auxometria) vengono purtroppo sempre più neglette. Un esempio dalla Svizzera: le aree sperimentali forestali più vecchie del mondo (sotto osservazione dal 1886) rischiano di venire dismesse. Siamo sicuri che serie di dati così lunghe non possano rivelarsi in futuro, improvvisamente, (magari, chissà, fra dieci anni) di grande aiuto, ad esempio, per capire la reazione delle foreste a nuovi inaspettati problemi? Sembra altresì evidente che nell’accademia non pare esserci più interesse a formare un forestale (o detto alla tedesca un “ingegnere forestale”). Si crede che basti una laurea breve per gestire le foreste, e che non vi sia necessità di trasferimento delle conoscenze dalla ricerca pura alla pratica in bosco. Siamo sicuri che questa sia la strada giusta? Si crede davvero che uno specialista come un biologo, o l’ingegnere idraulico, possa gestire un ecosistema forestale? Non c’è forse più bisogno del forestale tuttologo piuttosto che di uno specialista, che conosce, anche se sicuramente in maniera più approfondita, solo pochi degli aspetti che il forestale conosce? Questo declino di interesse è francamente piuttosto inquietante.
Ed in Italia? Che succede? Le scienze forestali in Italia, va detto, da decenni (o forse da sempre) sono più impregnate di ecologia che non in altri paesi europei (vedi Germania), quindi forse per questo in Italia l’interesse nella formazione del forestale non è scemato. Aumentano infatti i corsi di laurea (anche se che cosa facciano i laureati non lo sappiamo con certezza, e sarebbe interessante scoprirlo, magari attraverso un’inchiesta condotta da Forest@). Comunque, di fatto, nel panorama editoriale forestale qualcosa è cambiato, anche in Italia. Tre anni fa, una gloriosa rivista ricca di storia, Monti e Boschi ha chiuso, convertendosi in un qualcosa di più ambientale e paesaggistico (Alberi e Territorio). È allora che, per supplire al vuoto lasciato, per resistere in controtendenza, è nata Forest@. Forest@ è interdisciplinare, è espressione del mondo della formazione e della ricerca forestale italiana, e mostra l’interdisciplinarietà del forestale. In questo senso in Italia si assiste in un certo qual modo ad una salutare controtendenza rispetto a tanti paesi nel mondo.
Forest@ crede nell’importanza del forestale tuttologo, e si impegna a dimostrare che la ricerca e la formazione forestale sono vitali. Perché la Terra è una, e va gestita in maniera sostenibile se vogliamo che future generazioni di uomini e donne possano godersi la vita su di essa.