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Determination of timber assortments obtainable from coppice chestnut stands (Susa Valley, Northern Italy)

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 118-125 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0441-0040118
Published: Mar 21, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Research Articles

Guest Editors: 5° SISEF Congress (Grugliasco, TO - 2005)
« Forests and Society - Changes, Conflicts, Sinergies »
Collection/Special Issue: E. Lingua, R. Marzano, G. Minotta, R. Motta, A. Nosenzo, G. Bovio

Abstract

Chestnut (Castanea sativa L.) coppice stands currently cover about 195.000 ha of Piedmont (North-Western Italy) surface, corresponding to 22.4 % of the overall forested area in the region. Most of these forest stands are usually older than the typical rotation period. As a consequence from these stands timber assortments with a higher value could be obtained. The purpose of this study is to assess the amount of timber assortments and to propose a sorting methodology based on measurements on standing trees within these chestnut stands.Five study areas were selected in the Susa Valley, where forest measurements were realized within sampling plots. Timber assortments obtainable from each coppice shoot were then determined by means of the Bitterlich’s relascope. More than 1.000 timber logs were measured. The data elaboration allowed to assess the timber assortment production of the investigated stands. The proposed methodology makes it possible to better exploit timber assortments. In fact, while usually the whole production from chestnut coppices is directly destined to secondary products, the subdivision into assortments could result in a 20 % of products with higher commercial value. It is important to notice that within these stands no tending operation is currently realized. The definition of qualitative features to classify timber assortments can provide useful suggestions on the main yield targets that could be reached through silvicultural management.

Keywords

Chestnut, coppice, timber, assortments, Susa Valley

Introduzione 

I castagneti cedui nella Regione Piemonte coprono circa 195000 ettari corrispondenti al 22.4% della superficie boscata regionale ([9]). La bassa Valle di Susa, così come la gran parte dei territori alpini soprattutto del nord-ovest, ha conosciuto negli ultimi decenni il problema del progressivo abbandono delle pratiche di gestione dei popolamenti forestali. Tale fenomeno ha riguardato anche il castagno, nonostante questa specie abbia rappresentato a lungo una risorsa indispensabile al sostentamento delle popolazioni della fascia pedemontana. In molti casi l’incuria ha condotto ad un rapido degrado dei popolamenti. Ciò ha comportato inoltre una progressiva perdita di funzionalità della viabilità forestale, che consentiva l’accesso e la cura dei boschi, rendendo ancora più problematico sotto l’aspetto economico prevedere il recupero della gestione dei cedui abbandonati. Per contro, negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse, soprattutto da parte delle amministrazioni pubbliche, per il ritorno ad una gestione attiva del territorio, sotto la spinta anche di incentivi resi disponibili su fondi della comunità europea, finalizzati ai miglioramenti boschivi ([4], [3]).

Il problema principale relativo all’utilizzo dei cedui di castagno è legato alla difficoltà ad individuare destinazioni d’uso del legname di un certo interesse economico ([7], [8]). Il legno di castagno presenta infatti indubbie caratteristiche estetiche, meccaniche e di durabilità naturale, purtroppo però, soprattutto se proveniente da popolamenti cresciuti in ambiente montano, la qualità dei suoi assortimenti stenta a soddisfare i requisiti minimi necessari ai potenziali impieghi ([2]). Inoltre la notevole quantità di tannino presente nel legno, se da una parte lo rende particolarmente resistente agli attacchi fungini, principali responsabili del degrado biotico, dall’altra ne ostacola la buona combustione rendendolo anche poco interessante per la commercializzazione come legna da ardere. Inoltre la tendenza degli ultimi anni a sostituire nei processi industriali i tannini naturali con sostanze di sintesi ha ulteriormente ridotto l’interesse del mercato verso questo prodotto e la sua estrazione.

Principali destinazioni d’uso del legno di castagno

Tra i principali impieghi a cui il legno di castagno è stato tradizionalmente destinato, la produzione di tavole da falegnameria rappresenta forse quello più pregiato e remunerativo. Purtroppo però il materiale piemontese difficilmente può essere destinato a tali usi in quanto raramente presenta requisiti dimensionali e qualitativi sufficienti. Infatti, per produrre assortimenti di dimensioni tali da poter ricavare dei toppi da falegnameria occorre allungare notevolmente il turno dei popolamenti, incrementando il rischio che i tronchi abbattuti siano cipollati. Inoltre, per i suddetti impieghi il portamento delle piante deve essere particolarmente rettilineo e non presentare difetti rilevanti quali, ad esempio, la presenza di rami secchi o di cicatrici da cancro corticale. Difficilmente si possono trovare fusti con queste caratteristiche in popolamenti cedui invecchiati e per lo più non o mal gestiti, quali quelli rappresentati dalla maggior parte dei soprassuoli di castagno del Piemonte. Per questo motivo, per tale destinazione d’uso, ci si rivolge oggi per lo più al mercato francese, dove è possibile reperire materiale di discrete dimensioni, con accrescimenti regolari, generalmente privo di cipollature, proveniente da fustaia.

Altro impiego tradizionale per il castagno è la produzione di elementi strutturali (montanti, travi, travetti, morali, ecc.). Ancora oggi esso rappresenta una delle destinazioni più remunerative per il materiale proveniente dai popolamenti piemontesi. Le riconosciute caratteristiche di buona durabilità naturale, proprie di questo legno hanno fatto si che nel tempo esso sia stato impiegato per fabbricazione di manufatti all’aperto (recinzioni, paleria in genere, edifici rurali per il ricovero di attrezzi o animali). Per molti anni però questo tipo di assortimenti ha sofferto la concorrenza dei prodotti prefabbricati in cemento, anche se una rinnovata sensibilità verso il recupero delle pratiche agricole tradizionali ha risvegliato nei loro confronti un nuovo interesse di mercato, favorendo così un progressivo ritorno all’utilizzo di paleria da vigna in legno di castagno. Fenomeno analogo ha comportato lo sviluppo delle tecniche di ingegneria naturalistica, le quali comportano l’impiego del legname come elemento strutturale in sostituzione del cemento armato per opere di sistemazione idraulica e di versante. Anche in questo caso l’attenzione dei progettisti si è rivolta verso il castagno per le sue buone caratteristiche meccaniche e di durabilità naturale.

Come già accennato l’abbondante presenza di tannino responsabile delle caratteristiche di durabilità del legno, ostacola però il processo di combustione. Pertanto di castagno non è mai stato considerato adatto alla commercializzazione come legna da ardere. Quando brucia esso tende infatti a carbonizzare in superficie consumandosi lentamente ed emettendo molto fumo. Il problema non sussiste però nel caso che il legno venga ridotto in chips, pertanto è da ritenersi che in futuro si prospetti un ritorno di interesse verso questo materiale anche per l’impiego energetico.

Valorizzazione del legname

Il ritorno alla cura dei popolamenti forestali dipende necessariamente da un incentivo economico. In passato questo è venuto tramite finanziamenti destinati ad attività di miglioramento boschivo. In futuro tuttavia, soprattutto per dare continuità alla gestione, non si può però prescindere dal trovare per il legno di castagno impieghi sufficientemente remunerativi e in grado di stimolare i proprietari a riprendere pratiche colturali altrimenti troppo onerose e faticose. La valorizzazione del castagno è passata in epoca recente attraverso il tentativo di produrre assortimenti legnosi di qualità grazie alla conversione dei cedui in popolamenti ad alto fusto ([12], [14]). Questo approccio presenta però due problemi principali. Uno di carattere temporale, in quanto la conversione dei cedui può dare risultati solo nel medio-lungo periodo e pertanto richiede un vero e proprio progetto di pianificazione del territorio, finanziariamente sostenuto, per coprire i costi iniziali di intervento. L’altro invece, è legato alle probabilità di successo, che risultano fortemente condizionate da fattori quali la fertilità del suolo e l’incidenza della cipollatura ([10], [6]).

Prima ancora di intervenire per modificare la tipologia degli assortimenti ritraibili, occorre dunque individuare sbocchi di mercato per il materiale già presente. Questo studio, che si pone lo scopo di valorizzare, nei limiti delle opportunità offerte dal mercato, il legname di castagno presente sul territorio della Bassa Val di Susa, è stato definito sulla base delle considerazioni sin qui esposte.

Materiali e metodi 

Scelta delle aree di studio

La prima fase del lavoro ha richiesto una serie di sopralluoghi per definire, sebbene in modo generalizzato, la tipologia dei popolamenti e le caratteristiche morfologiche delle piante presenti nell’area di indagine. Questo ha fornito indicazioni preliminari circa gli assortimenti ritraibili da tali popolamenti, che hanno indirizzato la ricerca bibliografica sulle possibili destinazioni d’uso. La scelta é ricaduta su popolamenti con caratteristiche medie sotto l’aspetto morfologico e della qualità degli assortimenti. Complessivamente si sono individuate 10 unità campionarie distribuite in 5 zone (Comuni di Meana di Susa, Rubiana, Sant’Antonino di Susa, San Giorgio, Villarfocchiardo) appartenenti al territorio della Comunità Montana Bassa Val di Susa (Fig. 1).

Fig. 1 - Localizzazione dell’area di studio (territorio della Comunità Montana Bassa Val di Susa).

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Assortimentazione delle piante in piedi

Sulla base dei requisiti emersi dall’analisi degli “usi e consuetudini” si è proceduto ad effettuare in alcune aree di saggio una prova di assortimentazione delle piante in piedi con lo scopo di osservare le quantità di legname ritraibile dai popolamenti oggetto di studio, e la sua ripartizione in assortimenti ([11]).

Gli assortimenti ritraibili sono stati raggruppati in 4 categorie:

  • Categoria A: travi e tavole;
  • Categoria B: paleria da vigna e da bioingegneria;
  • Categoria C: paleria da serra, da filare e da tutore;
  • Categoria D: legname da triturazione e da tannino.

Unità campionarie

In ognuna delle cinque zone individuate sono state effettuate due aree di saggio circolari con raggio di 13 metri sul piano reale. La superficie di ogni area di saggio è stata calcolata successivamente tenendo conto della pendenza del terreno. In ogni area di saggio si è proceduto alla misurazione del diametro (mediante cavalletto dendrometrico) di tutte le piante arboree, con soglia di cavallettamento pari a 7.5 centimetri a 1.3 metri di altezza (valore inferiore della classe di diametro di 10 cm). Nel contempo, con una numerazione progressiva, sono state segnate tutte le ceppaie e le piante nate da seme. Successivamente è stato preso un sottocampione delle altezze per la costruzione delle curve ipsometriche relative ai soli polloni di castagno. Infine si è proceduto all’analisi dettagliata di ogni pollone di castagno per la valutazione degli assortimenti ritraibili.

Qualificazione e misura degli assortimenti ritraibili

In una prima fase il pollone oggetto di studio veniva valutato visivamente da due operatori posizionati in modo tale da poter apprezzare lo sviluppo del fusto in termini di rettilineità e presenza di difetti macroscopici. Questa fase ha permesso di poter scartare immediatamente i polloni che per la loro conformazione, o per la presenza di difetti rilevanti, non potevano fornire assortimenti di qualità. Per gli altri polloni si è proceduto alla loro valutazione e misura. La stima del volume degli assortimenti su piante in piedi è possibile solo con metodi indiretti e l’uso di dendrometri. Nel caso specifico ci si è avvalsi del Relascopio di Bitterlich ([1]) che permette appunto di stimare diametri a qualsiasi altezza sul fusto della pianta ([13]). Lo strumento era fissato ad un monopiede dotato di snodo sferico, in modo da garantirne la stabilità e il mantenimento della posizione.

La procedura usata è la seguente (Fig. 2, Fig. 3):

Fig. 2 - Esemplificazione delle modalità di rilevamento (misura della lunghezza).

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Fig. 3 - Esemplificazione delle modalità di rilevamento (misura del diametro).

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  • posizionamento dello strumento ad una distanza topografica nota (nel caso specifico, viste le dimensioni medie delle piante da misurare, si è scelto di utilizzare una distanza pari a 10 metri), misurata mediante distanziometro a puntamento laser;
  • determinazione del valore di pendenza, espressa in percentuale, corrispondente all’alzo zero (misurazione della pendenza al piede della pianta);
  • misurazione della lunghezza utile del primo assortimento individuato dai due operatori che valutano la pianta;
  • determinazione del diametro in punta dell’assortimento (per valutare la destinazione dell’assortimento stesso) e misurazione del diametro a metà della lunghezza dell’assortimento (per il successivo calcolo del volume mediante la formula di Huber);
  • ripetizione dei punti precedenti per eventuali altri assortimenti individuati sulla pianta.
  • misurazione dell’altezza totale della pianta (determinazione del valore di pendenza percentuale alla punta della pianta).

Esempio di procedimento:

  • Distanza operatore-pianta = 10 m
  • Pendenza % alla base della pianta = -25%
  • Lunghezza del primo assortimento = da -20% a +20% = 40% = 4 m
  • Diametro in punta (diametro a +20%) = 1.2 U.R. = 24 cm
  • Diametro a metà lunghezza (diametro a 0%) = 1.5 U.R. = 30 cm
  • Lunghezza del secondo assortimento = da +35% a +65% = 30% = 3 m
  • Diametro in punta (diametro a +65%) = 0.7 U.R. = 14 cm
  • Diametro a metà lunghezza (diametro a +50%) = 0.9 U.R. = 18 cm
  • Pendenza % alla punta della pianta = +120%
  • Altezza della pianta = da -25% a +125% = 150% = 15 m

In pratica la valutazione ha portato a scartare la porzione basale del fusto per una lunghezza pari a 0.5 metri a causa della sua sciabolatura; il primo assortimento, data l’assenza di difetti, nodi, ecc. e dato il diametro in punta superiore 20 cm viene valutato come trave. A 5 metri di altezza si è riscontrato un ramo di grosse dimensioni che ha costretto a scartare 1 metro di lunghezza ed infine tra i 6 e i 9 metri di altezza è stata rilevata una porzione rettilinea del fusto netto da difetti ma con diametro in punta di soli 14 centimetri pertanto questo l’assortimento è stato valutato come paleria da vigna.

Per la determinazione dei volumi si è proceduto come segue:

  • Volume cormometrico incluso cimale del pollone mediante l’applicazione della tavola di cubatura a doppia entrata predisposta per l’inventario nazionale ([5]).
  • Volumi degli assortimenti mediante la formula di Huber (o della sezione mediana).

Facendo riferimento all’esempio precedente si hanno i seguenti risultati:

  • Volume cormometrico incluso cimale (per D1.3m = 32 cm e H = 15 m) = 0.768 m3
  • Volume del primo assortimento: V = π /4 - 0.32 - 4 = 0.282
  • Volume del secondo assortimento: V = π /4 - 0.182 - 3 = 0.076

Il volume complessivo del fusto suddiviso in assortimenti viene dettagliato nella Tab. 1.

Tab. 1 - Distribuzione percentuale per tipologia di assortimento.

Tipo di assortimento Volume
(m3)
Percentuale
Toppo da sega 0.283 36.8
Paleria 0.076 9.9
Materiale per tannino o cippato 0.410 53.3
Totali 0.769 100.0

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Elaborazione dei dati

I dati raccolti sono elaborati partendo dai parametri dendrometrici classici, per una prima caratterizzazione dei popolamenti indagati.

Per la determinazione della curva ipsometrica è stato utilizzato il modello semilogaritmico. I coefficienti (coefficiente angolare e termine noto) sono stati determinati tramite regressione lineare (eqn. 1):

\begin{equation} h = a - log_n (d) + b \end{equation}

dove h è l’altezza della pianta in metri, d è il diametro a petto d’uomo della pianta, in centimetri, a è il coefficiente angolare dell’equazione, b è il termine noto (intercetta) dell’equazione.

Risultati 

Mettendo a confronto i principali parametri dendrometrici delle cinque zone si può osservare come il campionamento abbia fondamentalmente conseguito gli obiettivi che si era proposto. Dalle Fig. 4 e Fig. 5 che rappresentano il grado di mescolanza in termini di numero di piante e di area basimetrica emerge che in tutti i popolamenti il castagno è la specie più largamente rappresentata. In altre specie si sono raggruppate le altre piante arboree (in ordine decrescente di presenza; betulla, frassino maggiore, tiglio, pino silvestre, ciliegio, acero, faggio). Il grafico successivo (Fig. 6), relativo all’altezza media dei popolamenti, indica una sostanziale omogeneità della fertilità stazionale nelle diverse aree di studio, che dalle osservazioni condotte durante il precampionamento si può assumere, pur con la dovuta cautela, come rappresentativa delle potenzialità di questa tipologia di popolamenti per il territorio della bassa Valle di Susa.

Fig. 4 - Numero di piante ad ettaro nelle cinque zone e valore medio.

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Fig. 5 - Area basimetrica ad ettaro (m2) nelle cinque zone e valore medio.

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Fig. 6 - Altezza media (m) dei polloni di castagno relativa alle cinque aree e valore medio.

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Dall’osservazione dei due grafici successivi (Fig. 7, Fig. 8) si può notare come l’andamento degli istogrammi relativi ai diametri medi ed ai volumi ad ettaro siano abbastanza chiaramente correlati tra loro. Pertanto si può affermare che pur non essendoci una significativa differenza in termini di provvigione, questa risulta funzione soprattutto della variabilità diametrica delle piante che costituiscono i popolamenti oggetto di analisi.

Fig. 7 - Diametro medio (cm) dei polloni di castagno relativo alle cinque zone e valore medio.

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Fig. 8 - Valori di provvigione ad ettaro (m3) relativi alle cinque zone e valore medio.

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Nella Tab. 2 vengono riportati i dati riassuntivi suddivisi per zona e i valori medi.

Tab. 2 - Dati riassuntivi suddivisi per zona e valori medi.

Parametro zona 1 zona 2 zona 3 zona 4 zona 5 media
N/ha totale 1121 873 1027 1150 1065 1047
N/ha castagno 901 801 975 923 865 893
N/ha altre specie 220 72 52 227 200 154
G/ha totale (m2) 33.420 39.104 30.764 36.801 46.130 37.244
G/ha castagno (m2) 28.073 38.339 27.061 28.532 38.545 32.110
G/ha altre specie (m2) 5.357 0.764 3.703 8.269 7.585 5.136
g media castagno (m2) 0.031 0.049 0.028 0.031 0.045 0.037
d medio castagno (cm) 19.9 24.9 18.8 19.8 23.9 21.5
h media castagno 8m) 15.0 15.2 14.1 14.3 15.1 14.7
V/ha castagno (m3) 272.600 357.169 210.367 241.749 458.840 308.145

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I grafici delle Fig. 9 e Fig. 10 sono relativi alle percentuali medie di assortimenti ritraibili, dai quali emerge rispettivamente che: la ripartizione percentuale (salvo modeste variazioni tra le categorie di assortimenti più pregiati), è sostanzialmente omogenea e circa il 20% del materiale legnoso è costituito da assortimenti idonei ad impieghi più nobili rispetto alla triturazione per estrazione di tannini o uso combustibile.

Fig. 9 - Grafico riassuntivo relativo alla distribuzione del volume dei polloni di castagno (m3) in tipologie di assortimenti ritraibili: CAT. A = travi e tavole; CAT. B = paleria da vigna e da bioingegneria; CAT. C = paleria da serra, da filare e da tutore; CAT. D = legname da triturazione e da tannino.

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Fig. 10 - Media delle percentuali di assortimenti ritraibili suddivise per tipologie di assortimenti ritraibili: CAT. A = travi e tavole; CAT. B = paleria da vigna e da bioingegneria; CAT. C = paleria da serra, da filare e da tutore; CAT. D = legname da triturazione e da tannino.

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Discussione 

Dall’analisi dei risultati ottenuti emergono diverse indicazioni. I parametri individuati per la classificazione degli assortimenti si sono confermati accettabili, sia dal punto di vista dei requisiti minimi, attraverso le interviste agli operatori del settore, che da quello della loro reperibilità. Restava infatti da domandarsi se la classificazione non fosse troppo selettiva e pertanto non fosse possibile reperire all’interno dei popolamenti oggetto di studio materiale con caratteristiche idonee.

Data la natura del campionamento, che ha interessato stazioni con caratteristiche di fertilità piuttosto basse, per essere rappresentativa delle condizioni medie del territorio, i dati che emergono appaiono da questo punto di vista confortanti. Essi infatti rivelano che circa il 20% del volume cormometrico totale è destinabile all’allestimento di assortimenti di maggior pregio rispetto alla produzione di cippato per l’estrazione del tannino o l’impiego come combustibile.

Questa indagine, da sola, non è probabilmente sufficiente a sostenere il progetto di uno sviluppo di filiera legato a questa specie, ma conferma l’opportunità di individuare e promuovere alcune attività a sostegno della stessa. Prima tra tutte l’istituzione di un piazzale di raccolta sul quale convogliare il legname per la successiva commercializzazione. La frammentazione della proprietà, comporta una decisa riduzione delle superfici medie utilizzate, con conseguente difficoltà nel valorizzare il materiale migliore vista la sua esigua quantità. La raccolta in piazzale del legname consente di rivolgersi a mercati come quello degli assortimenti per ingegneria naturalistica o per la produzione di pali da vigna o ancora del materiale da segheria, che per valorizzare le risorse disponibili, devono poter contare su una certa continuità di approvvigionamento.

Relativamente alla qualità tecnologica del tondame la caratteristica che è risultata condizionare maggiormente la classificazione degli assortimenti è senza dubbio la rettilineità dei fusti. Questa dipende in buona parte dalle cure colturali ricevute dal popolamento soprattutto nelle prime fasi del suo sviluppo. A questo riguardo è possibile ipotizzare che una gestione corretta di questi boschi possa produrre risultati apprezzabili sul medio periodo (20-30 anni). La definizione dei requisiti di qualità degli assortimenti, in virtù del dettaglio con cui se ne descrivono le caratteristiche, può risultare uno strumento di supporto ad interventi di carattere selvicolturale, ad esempio i diradamenti, nel fissare i criteri di scelta dei candidati. Come rilevato in precedenza la filiera deve potersi sostenere economicamente in modo autonomo; appare pertanto importante che le attività legate alla gestione del bosco non risultino onerose né per i privati né per la collettività. A questo scopo è opportuno non trascurare le possibilità offerte dal mercato del cippato per uso combustibile.

Infine la metodologia adottata per la determinazione del volume degli assortimenti ritraibili si è dimostrata adeguata, relativamente allo scopo del lavoro, sia in termini di tempi di rilevamento sia nella precisione di stima. Infatti, rispetto ai metodi diretti di misura, la valutazione della rettilineità dei fusti in piedi risulta addirittura più efficace in quanto il fusto abbattuto tende a disporsi sul terreno, in termini statici, nel modo più stabile e questo non sempre permette la corretta individuazione dello scostamento. Anche gli altri difetti macroscopici sono individuabili e valutabili con maggiore precisione sulla pianta in piedi rispetto a quelle abbattute. È quindi da considerare un metodo valido alternativo, anche se necessita di una elevata professionalità da parte degli operatori.

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