*

A proposal for the geographic delineation of boundaries of the “Val d’Agri-Lagonegrese” National Park

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 4, Pages 255-263 (2007)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0467-0040255
Published: Sep 20, 2007 - Copyright © 2007 SISEF

Technical Reports

Abstract

In this work, different proposal are reviewed that have been moved for geographical delineation and boundaries definition of the National Park “Val d’Agri and Lagonegrese” in Basilicata (Italy) and a working methodology is proposed for a better definition of the park boundaries, taking into consideration oil extraction activities carried out in the area.

Keywords

Val d’Agri, Aree protette, H.E.P., Parco nazionale, Perimetrazione, Compatibilità con pozzi petroliferi.

Introduzione 

La Val d’Agri e il Lagonegrese occupano l’area Sud-Ovest della Basilicata e ricadono nella provincia di Potenza. Piccoli paesi e agglomerati rurali caratterizzano dal punto di vista degli insediamenti abitativi tali zone. Numerosi beni storici, architettonici e soprattutto naturali costituiscono aspetti peculiari delle aree suddette.

La Val d’Agri e il Lagonegrese sono in forte continuità naturale con i due parchi nazionali del Cilento e del Pollino.

Tali territori sono a diverso titolo inseriti o contigui nel costituendo Parco Nazionale. In sinistra idrografica del fiume Agri ritroviamo le formazioni montagnose di Monte Arioso (1748 m), Monte Pierfaone (1749 m), Monte Volturino (1836 m) e Montagna Grande di Viggiano (1724 m); in destra i Monti della Maddalena separano l’area in questione dal Vallo di Diano. A Sud del Lago di Pietra del Pertusillo chiudono meridionalmente l’ipotetico parco i rilievi di Monte Raparo (1764 m), Monte Armizzone (1411 m), il Massiccio del Sirino-Papa (2005 m).

Questo territorio presenta, per le sue caratteristiche fisico-ambientali, un’elevata variabilità biologica, la cui valenza naturalistica è testimoniata anche dalla presenza di 13 Siti di Importanza Comunitaria (che coprono una superficie di circa 20000 ha), tre riserve naturali regionali (Lago Pantano di Pignola, Lago Laudemio, Abetina di Laurenzana) e tre aree soggette a Piano Paesistico (Sellata-Volturino-Montagna di Viggiano, Massiccio del Sirino e parzialmente Maratea).

Il nostro lavoro, prendendo spunto e passando in rassegna le diverse proposte di perimetrazione del P.N., a partire dalla prima proposta del 1993 fino all’ultima del 2002, vuole comprendere quali siano state le motivazioni e gli studi che hanno portato alle suddette proposte e avanzare una serie di riflessioni critiche utili ai decisori pubblici per un’approfondita e più coscienziosa scelta delle valenze che dovrebbero rappresentare i punti cardine di un parco nazionale.

Legge quadro sulle aree protette e proposte di legge propedeutiche all’ipotesi di istituzione del Parco nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese 

La Legge Quadro sulle Aree Protette (n. 394/91) scaturisce da un lungo e intenso dibattito sviluppatosi durante gli anni ’80. Un contributo di rilevante importanza assume in questo contesto il Disegno di Legge n. 1008 del 6 maggio 1988, d’iniziativa di alcuni senatori, tra cui i lucani Coviello, Salerno, Azzarà e D’Amelio, riguardante la tutela e lo sviluppo delle aree protette di interesse nazionale nel Mezzogiorno continentale.

Con questo disegno di legge:

  • nasce l’esigenza di definire a livello nazionale una normativa sulle aree protette e sono poste le basi per la formulazione della futura Legge Quadro del 1991;
  • si individuano aree ad alto contenuto naturalistico, ambientale e paesaggistico, su cui è necessario estendere interventi di salvaguardia;
  • si analizzano e descrivono gli ecosistemi esistenti lungo la dorsale appenninica lucana, in particolare dei territori dei monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino e Raparo.

Gran parte delle aree individuate nel Disegno di legge 1008/88 erano già state dichiarate di particolare interesse pubblico, e quindi perimetrate con i decreti ministeriali del 1985 e sottoposte a pianificazione paesistica. Infatti con la Legge regionale n. 3/90 sono approvati tre Piani Territoriali-Paesistici di Area Vasta nelle aree ricadenti nel futuro parco (Sellata-Volturino-Madonna di Viggiano, Massiccio del Sirino e Maratea).

Decisivo per l’istituzione del Parco è la Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394 del 6 dicembre 1991 che prevede al titolo II articolo 8, l’istituzione delle aree protette nazionali.

Al successivo articolo 34, comma 1, elenca i parchi nazionali da istituire subito ed al comma 2 recita testualmente: “... è istituito, d’intesa con la regione Sardegna ai sensi dell’articolo 2, comma 7, il Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu. Qualora l’intesa con la regione Sardegna non si perfezioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all’articolo 4 si provvede all’istituzione del Parco della Val d’Agri e del Lagonegrese (Monti Arioso, Volturino, Viggiano, Sirino, Raparo) o, se già costituito, di altro parco nazionale...”.

Inoltre l’articolo 35, comma 5, della medesima legge recita: “...nell’ipotesi in cui si istituisca il parco interregionale del Delta del Po, con le procedure di cui all’articolo 4 si procede all’istituzione del parco nazionale della Val d’Agri e del Lagonegrese, o, se già costituito, di altro parco nazionale...”.

Quindi, nell’intenzione del legislatore, l’istituzione del P. N. Val d’Agri-Lagonegrese avrebbe dovuto essere subordinata alla non istituzione nei termini previsti del P. N. del Gennargentu e all’istituzione del parco interregionale del Delta del Po. Qualora le ipotesi suddette si fossero verificate, l’area denominata Appennino Lucano, Val d’Agri e Lagonegrese sarebbe stata individuata in base all’articolo 34, comma 6 punto f, quale area di reperimento territoriale per l’istituzione di un parco nazionale secondo le procedure dell’articolo 4 della stessa legge.

Però sin dal periodo 1975-1984 quando ricerche petrolifere resero evidenti i grandi giacimenti di idrocarburi presenti nell’area, il territorio divenne oggetto di attenzioni delle grandi compagnie petrolifere, culminate con il Protocollo d’Intenti Regione Basilicata - ENI S.p.A. del 18 novembre 1998.

La proposta di perimetrazione delle Associazioni WWF, Legambiente e Pro-Natura di Basilicata 

Nel settembre del 1993, quando gli interessi petroliferi non hanno fatto valere tutto il loro peso nell’area, le associazioni WWF, Legambiente e Pro-Natura di Basilicata, avanzano una proposta di perimetrazione presso il Ministero dell’Ambiente. Queste associazioni, prendendo a supporto programmi politici che vedono nella “Basilicata Verde” l’elemento propulsivo per lo sviluppo economico della Regione, propongono una perimetrazione che tiene conto di studi di autorevoli autori quali Gavioli, Aita, Corbetta, Orsino, Famiglietti, Schmid, Caputo, Pirone, Parenzan e del Gruppo di Lavoro per la conservazione della natura della Società Botanica Italiana.

Le “...tante realtà ambientali...” individuate, “... che potrebbero sembrare distanti e slegate tra loro...”, trovano continuità:

  • “...dal punto di vista geologico per la presenza di montagne della stessa natura e della stessa età;
  • dal punto di vista vegetazionale per la presenza di faggete appartenenti quasi tutte all’Aquifolium-Fagetum;
  • dal punto di vista arbustivo ed erbaceo per importanti endemismi;
  • dal punto di vista faunistico per la presenza del lupo appenninico, del gatto selvatico, del tasso, del nibbio reale e della lontra” (WWF et al. 1993).

All’interno del Parco ricadono anche centri abitati, aree industriali, impianti turistico-sportivi. Inserendo le suddette aree, si sarebbe dovuto procedere alla zonazione differenziando le aree in base alle diverse vocazioni. Secondo le Associazioni ambientaliste occorre “...istituire più riserve integrali per consentire... alla fauna di avere un territorio che permetta la riproduzione... [e]... l’allevamento della prole... [senza]... il disturbo da parte dell’uomo.... La scelta di queste aree dovrebbe avvenire secondo criteri scientifici e quindi preferibilmente in seguito a studi mirati...” (WWF et al. 1993) ai singoli territori. Tali aree sono state inserite qualche anno dopo nella Rete Natura 2000.

“L’accesso ai visitatori...” nelle riserve generali, limitrofe a quelle integrali, “...è consentito solo se accompagnati lungo idonei percorsi. (...) I centri abitati (zone antropiche) e le zone limitrofe (zone agro-silvo-pastorali)... sono destinati rispettivamente alle attività insediative, produttive e alle attività umane di tipo tradizionale.” Infine “...potrebbe essere utile organizzare centri-visitatori e di educazione ambientale con scopi didattici e divulgativi” (WWF et al. 1993).

La superficie protetta risulta così di circa 143000 ha e comprende 28 comuni tutti nella provincia di Potenza.

La proposta del “Centro per l’istituzione del Parco dell’Appennino Lucano, Valle dell’Agri e Lagonegrese” 

Nel novembre del 1993 il “Centro per l’istituzione del Parco dell’Appennino Lucano, Valle dell’Agri e Lagonegrese” avanza una proposta che non aggiunge nulla di nuovo a quella delle associazioni ambientaliste precedentemente citate, se non nel prevedere una zonizzazione in tre sub-aree e riprendere la proposta formulata nel Disegno di Legge del 1988 per il Parco dell’Appennino Lucano ed evidenziando in particolare:

  • “il ruolo di raccordo che esso svolge tra i parchi del Mezzogiorno continentale;
  • l’ampiezza del territorio coinvolto, quale conseguenza della funzione di raccordo ipotizzata;
  • la varietà di ambienti e di usi che si riscontrano all’interno dell’area” (Zaccara et al. 1993).

Un elemento innovativo contenuto nella proposta è la trattazione degli “aspetti giuridici connessi al regime vincolistico in fase istitutiva del parco”. Si sottolinea che, diversamente dalla procedura abituale, “le misure di salvaguardia (art. 6 L. 394/91) [...] devono contenere anche gli elementi normativi per le misure d’incentivazione (art. 7) ed individuare le diverse possibilità di finanziamento” (Zaccara et al. 1993). Dal punto di vista vincolistico si fa menzione delle attività di pianificazione paesistica attuate dalla Regione Basilicata nelle aree interessate dal parco, “... che (...) vengono considerate di interesse pubblico ai sensi dalla Legge Galasso” e, per quest’ultima “... soggette a vincolo d’immodificabilità...” (Zaccara et al. 1993). Infine viene rimarcata l’intenzione del legislatore, espressa nella Legge Quadro, di “...individuare come Parchi delle aree ove le attività economiche non dovranno essere rese nulle, ma, (...) indirizzate con opportune incentivazioni verso uno sviluppo economico compatibile e rispettoso dei caratteri ambientali” (Zaccara et al. 1993).

La proposta di “AgriInnova” 

Nel gennaio 1996 la società Agroinnova[1], per individuare la quota di territorio regionale da destinare ad area protetta, si rifà alla Legge 11.02.1992 n. 157 sulla protezione della fauna. Secondo quest’ultima, una quota compresa tra il 20% e il 30% di ogni territorio regionale è destinata alla protezione della fauna e sulle stessa zona è vietata la caccia. La superficie agro-silvo-pastorale per la provincia di Potenza ammonta a 552571 ha, di questi, adottando la quota massima del 30%, dovrebbero essere esclusi dalla disponibilità di caccia 165771 ha.

Considerando che già 127954 ha ricadono in aree protette, la superficie ancora da vincolare risulta di 37817 ha.

Il Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese avrebbe, perciò, dovuto comprendere i territori dei due Piani Paesistici di Area Vasta (Sellata-Volturino-Madonna di Viggiano, Massiccio del Sirino), che al loro interno comprendono aree vincolate dalle leggi di tutela ambientale (L. 1497/39 e L. 431/85), identificabili negli areali dei monti Arioso, Volturino e Viggiano a Nord e del Massiccio del Sirino a Sud.

Per collegare le emergenze naturalistiche, ambientali e paesaggistiche dei territori suddetti, sarebbe stato opportuno:

  • inserire i territori comprendenti le Serre di Montemurro, il Lago del Pertusillo e il comprensorio del Monte Raparo;
  • escludere le limitrofe aree già urbanizzate, quelle con maggiore pressione insediativa di tipo residenziale, turistico-ricreativa, le aree industriali e quelle interessate da attività estrattiva.

L’area così individuata, come facente parte del P. N. Val d’Agri-Lagonegrese, si sarebbe estesa su circa 85000 ha, totalmente in provincia di Potenza, di cui circa 62000 ha appartenenti ai due piani paesistici sopra menzionati, collocandosi in continuità tra il P. N. del Cilento e quello del Pollino.

La superficie del parco, che avrebbe rappresentato il 68% circa di quella regionale disponibile ad ulteriore tutela, avrebbe potuto consentire l’eventuale futura istituzione di aree protette, sia di iniziativa pubblica che privata, assicurando la totale salvaguardia degli importanti ecosistemi presenti negli areali compresi nella perimetrazione.

In conclusione si sarebbe delineato il modello unitario definito “Sistema dei Parchi del Mezzogiorno Continentale”.

La proposta del “Movimento Azzurro” 

Nell’aprile 1996 il Movimento Azzurro[2] stila una proposta di perimetrazione “...basata sulla convinzione che gli elementi forti, caratterizzanti e qualificanti del futuro parco siano le montagne dell’Appennino Lucano”. Prevede di recuperare il piano montano (compreso tra 1000 e 1800 m. s.l.m.) e quello submontano (compreso tra 500 e 1000 m. s.l.m.)

In tal modo si prefigge come obiettivo il mantenimento, la tutela e la gestione delle caratteristiche e delle biodiversità contenute nell’area.

Di primaria importanza considera la tutela e la gestione della montagna sotto l’aspetto idrogeologico, per preservarla dal depauperamento della copertura vegetale e dallo sviluppo di forme di dissesto.

Il criterio della prevenzione, già espresso nella legge 394/91, cui si ispira il Movimento Azzurro, appare chiaramente anche nella definizione dei comprensori delimitati dai Piani Paesistici di Area Vasta della “Sellata-Volturino-Madonna di Viggiano” e del “Massiccio del Sirino”. In questi ultimi, di eccezionale valenza vegetazionale e faunistica, sono individuati areali dove è necessario salvaguardare la copertura vegetale che, data l’acclività dei versanti, svolge una particolare funzione di difesa del suolo.

La proposta prevede una perimetrazione per la quale si calcola un’estensione complessiva di circa 62000 ha di superficie-agro-silvo-pastorale. I territori interessati ricadono interamente nella provincia di Potenza, comprendendo 23 comuni.

Le linee guida della perimetrazione presuppongono:

  • di non comprendere all’interno del perimetro aree quali la Riserva regionale “Lago Pantano di Pignola” (importante opportunità ricreativa per un numero elevato di utenti) e la Riserva regionale “Abetina di Laurenzana”, poiché affidate alla gestione della provincia di Potenza ai sensi della L. r. 28/94;
  • l’inserimento del Lago del Pertusillo perché privo di forme di protezione e perché svolge un importante ruolo naturalistico, costituendo una sosta per l’avifauna acquatica e per escursioni didattico-naturalistiche;
  • l’inserimento di un tratto del fiume Agri fino al bosco “La Caccia” di Roccanova, nei pressi delle “Murge di S. Lorenzo”, che costituiscono un unicum in Basilicata sia per le caratteristiche geomorfologiche, sia perché sito riproduttivo di rapaci;
  • l’inserimento dei centri abitati e dei fondovalle nella fascia contigua alle montagne (area di pre-parco), perché le valli stanno diventando centro di sviluppo di attività industriali, artigianali e commerciali.

Secondo questa proposta solo tre centri abitati, posti nel medio tratto della Val d’Agri (Spinoso, S. Martino d’Agri e Montemurro), sarebbero compresi all’interno del perimetro. Per gli altri comuni le superfici da inserire nel parco sarebbero comprese tra il 5% e il 75% dei territori comunali ed i centri abitati verrebbero esclusi, così come lo sarebbero i siti di estrazione petrolifera.

Successivamente alla L. 394/91 alcuni provvedimenti legislativi prorogano l’istituzione del P. N. fino all’approvazione della Legge 9.12.1998 n. 426 che all’articolo 2, commi 5 e 6, istituisce il parco e pone il termine del 14 giugno 1999 per l’emanazione del D.P.R. contenente la perimetrazione, la zonazione e le misure conseguenti di salvaguardia. Nello stesso periodo non vengono avanzate altre proposte di perimetrazione

Il Parco e la questione petrolio 

La storia del Parco Nazionale è strettamente correlata allo sfruttamento petrolifero, il cui sviluppo è stato approntato dopo anni di lunghi studi, ricerche e approfondimenti.

Una prima fase di coltivazione si sviluppa nel ventennio 1939-1959 con produzioni piuttosto modeste; una nuova campagna di ricerca (periodo 1975-1984) approntata dall’AGIP, consente di stimare la presenza, nel sottosuolo della Val d’Agri, di giacimenti minerari tra i più rilevanti in terraferma conosciuti in Europa e di avviare la fase di sviluppo oggi in essere e alla quale si sono aggregate altre compagnie petrolifere. La ricerca petrolifera riceve un ulteriore impulso dai decreti interministeriali del Ministero dell’Ambiente e dei Beni Culturali, circa il giudizio positivo sulla compatibilità ambientale dei progetti relativi alle concessioni d’idrocarburi “Volturino” e “Grumento Nova” del 16 giugno 1999 e “Caldarosa” del 11 agosto 1999.

Complessivamente nell’area TREND 1 (alias Val d’Agri) i pozzi all’interno del perimetro del parco ammonterebbero a 31 con basamenti in cemento, piste, centinaia di chilometri di condotte e oleodotti in aree boscate e di interesse naturalistico.

È evidente l’interferenza con i progetti di difesa ambientale: infatti, alcuni pozzi autorizzati ricadono in aree Bio-Italy. È il caso dei pozzi Cerro Falcone 4-9-2-7 e del pozzo Agri 1 che ricadono nel SiC “Serra di Calvello”, e del pozzo S. Elia 1 che ricade nel SiC “Monte Volturino” (Bavusi et al. 2001).

Per tal motivo, il WWF e Pro Natura di Basilicata, in una pubblicazione interna del mese di marzo del 1999, rilanciano la loro proposta di perimetrazione e rispetto all’ipotesi di perimetrazione effettuata dal Ministero dell’Ambiente ribadiscono l’opportunità:

  • di lasciare fuori area parco solo parte del territorio di Viggiano, l’area industriale ed il Centro Olio, ora produttivo, con alcuni pozzi petroliferi ubicati a valle e decentrati rispetto alle aree di più elevato interesse naturalistico;
  • di escludere pertanto dalla ricerca e dall’estrazione petrolifera il territorio perimetrato del parco, chiudendo i pozzi esistenti;
  • di includere il Faggeto di Moliterno (area Bio-Italy) nel perimetro (in zona 1), considerando che tale area è posta in continuità con il P. N. del Cilento e congiunge ad Ovest i Monti della Maddalena con il Sirino-Papa ed il Pollino, mentre ad Est si congiunge con la dorsale comprendente i monti Arioso-Volturino-Montagna di Viggiano;
  • di includere le Riserve naturali regionali Lago di Pignola e Abetina di Laurenzana (aree Bio-Italy) e il lago Laudemio nella zona 1 del parco;
  • di includere nell’area Parco i centri storici dei Comuni e l’area archeologica di Grumentum;
  • di includere tutte le tredici aree Bio-Italy nel perimetro del territorio del P. N. in zona 1, rendendo funzionali i collegamenti territoriali ed i corridoi ecologici e faunistici delle aree omogenee;
  • di includere in zona 1 l’area del Monte Coccovello, sito geologico a stretto contatto con il gruppo Sirino-Papa e la costa marina di Maratea;
  • di includere in zona 1 il bosco Mangarrone, situato nel comune di Rivello (WWF et al. 1999).

Altri elementi di dibattito emergono dai documenti interni del WWF (2000) e di Legambiente (2002), che manifestano nuovamente l’insoddisfazione per gli accordi Regione - ENI e Governo - Regione, palesando gli impatti che le attività estrattive hanno sulle diverse componenti ambientali e il mancato sviluppo produttivo e occupazionale venutosi a creare, diversamente da quanto sarebbe potuto accadere se si fosse investito sull’agricoltura e sul turismo.

La nuova proposta di perimetrazione del Ministero dell’Ambiente 

Nel mese di gennaio 2001, il Ministero dell’Ambiente trasmette agli Enti Locali e alla Regione Basilicata un’altra proposta di perimetrazione del parco e lo schema di D.P.R. di istituzione, riguardante la zonazione e le misure di protezione.

Da questo schema risultano evidenti i cambiamenti dovuti alle estrazioni petrolifere. Tutte le precedenti ipotesi di perimetrazione vengono ad essere non più attuabili.

In base alla relazione tecnica, allegata al D.P.R. e approntata dal Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente, la perimetrazione deve comprendere sostanzialmente due zone del territorio lucano:

  • zona Nord, comprendente la dorsale Arioso-Volturino-Montagna di Viggiano;
  • zona Sud, comprendente il complesso montuoso del Sirino-Raparo.

La parte centrale della valle dell’Agri, che presenta un elevato livello di antropizzazione e infrastrutturazione, dovuto in particolare all’intensa attività di estrazione petrolifera, è esclusa dal parco.

Il collegamento tra la zona Nord e quella Sud del parco potrebbe essere garantito da un corridoio ecologico posto ad Ovest, nei territori comunali di Paterno e Tramutola, al confine con la Campania, con inclusione dei Monti della Maddalena. Infatti, non appare percorribile la proposta regionale del 1998, ed anche quelle delle associazioni ambientaliste, che individuano un corridoio di collegamento ad Est, nei territori comunali di Viggiano e Montemurro, poiché in quelle aree si manifesta una presenza di numerosi pozzi petroliferi.

L’area del Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese, così come delimitata nella cartografia ufficiale (Fig. 1) allegata al D.P.R. in questione, è suddivisa nelle seguenti zone:

Fig. 1 - Proposta di perimetrazione del Parco Nazionale Val d’Agri-Lagonegrese (approvata dal Consiglio Regionale di Basilicata il 23/12/2002) rappresentata nell’area in verde.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

  • zona 1 - di elevato interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di antropizzazione (comprendente Siti di Interesse Comunitario, Zone a Protezione Speciale ed aree integrali dei Piani Paesistici);
  • zona 2 - di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico con limitato grado di antropizzazione (comprendente superfici boscate in genere, tratti di connessione ed aree a naturalità diffusa);
  • zona 3 - di rilevante valore paesaggistico, storico e culturale con elevato livello di antropizzazione (comprendente centri abitati e attività produttive, la cui gestione è regolata dalla normativa urbanistica ordinaria).

In conclusione, due sono i principi su cui si vuol costruire il parco:

  • in riferimento al sistema delle aree protette, il P. N. della Val d’Agri-Lagonegrese viene considerato collegamento strategico tra il P. N. del Pollino, del Cilento e il Parco regionale di Gallipoli-Cognato;
  • compensazione per l’uso del suolo rispetto all’attività di estrazione petrolifera, in espansione prevalentemente in Val d’Agri.

La Delibera 23.12.2002 n. 552 del Consiglio Regionale di Basilicata sancisce l’intesa con il Ministero dell’Ambiente ai sensi delle leggi nn. 394/91 e 426/98, preliminare all’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano - Val d’Agri - Lagonegrese. Tale intesa avviene con il D.P.R. sopraccitato, secondo la proposta di perimetrazione del Ministero dell’Ambiente e con le relative modifiche (di lieve entità) richieste da una serie di comuni inclusi nell’area parco.

Ripreso il percorso procedurale di istituzione del parco dopo vari rinvii, il D.P.R. del 26 luglio 2006, che ne sanciva l’istituzione, è stato bloccato dalla Corte dei Conti nell’ottobre 2006 per due principali motivazioni.

La prima riguarda l’avvenuta inclusione nel perimetro del parco del Monte Caperrino senza preventiva congiunta approvazione da parte della Conferenza Unificata e della Regione Basilicata.

La seconda concerne le misure di salvaguardia del territorio compreso nel parco, espresse già nel suddetto decreto, ma che, a giudizio del revisore, dovendo essere approvate dall’Ente Parco, avrebbero dovuto far parte del futuro Piano del Parco.

Attualmente si attendono le decisioni tra il Ministero dell’Ambiente, che ha ritirato il decreto, e la Regione Basilicata per conoscere i deliberata in relazione all’iter procedurale del percorso istitutivo dell’area protetta.

Le proposte di lavoro per una individuazione su basi scientifiche dell’area da sottoporre a tutela 

Nella pianificazione delle aree protette e nella definizione dei criteri più opportuni da adottare occorre innanzitutto:

  • una profonda disamina degli obiettivi da perseguire;
  • la definizione di una metodologia discriminante tra quello che può essere incluso da quello che deve essere escluso (La Marca et al. 1994).

La base per l’individuazione e delimitazione di un’area da sottoporre a tutela è rappresentata dalla Legge Quadro sulle Aree Protette (L. 394/91) che “... detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette” (art. 1, comma 1). Al comma 2 si definisce come patrimonio naturale “... le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche [...] che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale”, e al successivo comma 3 i territori, di cui al comma precedente, “... sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire...” una serie di finalità definite alle lettere a), b), c) e d) dello stesso comma.

Le metodologie che meglio si prestano all’individuazione delle aree protette, si basano su indicatori quali-quantitativi, parametrizzati su basi scientifiche, da applicare ad unità elementari in cui bisogna suddividere il territorio.

Si tratta di una fase tecnica, volta alla raccolta di tutte le conoscenze disponibili sulla vegetazione, geo-morfologia, fauna e sul sistema agro-silvo-pastorale “...valutate in forma interdisciplinare e costituenti [...] una ”banca dati“ utilizzata per una prima perimetrazione ragionata del parco [...] da integrare ulteriormente con una valutazione parallela delle componenti archeologiche, storiche e architettoniche presenti sul territorio esaminato” (La Marca 1996).

Quanto detto finora rappresenta la base di partenza di un metodo per la valutazione ambientale di unità di superficie nota, detto Habitat Evaluation Procedure (H.E.P.) sviluppato negli Stati Uniti nel 1980 dall’U.S. Fish and Wildlife Service. In questo modo si possono ottenere valori di qualità ambientale oggettivi e graduati, da utilizzare nelle fasi che caratterizzano i differenti livelli gerarchici della pianificazione all’interno di un area protetta.

A seguire il metodo H.E.P. comprende:

  • la suddivisione del territorio in unità cartografiche corrispondenti alle dimensioni di un reticolo da sovrapporre alla cartografia di base (Unità Territoriale - U.T.);
  • la sovrapposizione a ciascuna unità territoriale di carte tematiche;
  • la determinazione con il criterio della prevalenza per ciascuna delle suddette aree elementari degli Indici di Valore Relativo (I.V.R.);
  • la definizione del Valore Naturalistico, Scientifico e Ricreativo (V.N.S.R.);
  • il raggruppamento delle U.T. in Unità Ambientali (U.A.);
  • la classificazione delle U.A.;
  • la definizione dei detrattori e delle emergenze ambientali;
  • il calcolo di un “Indice Complessivo di Qualità Ambientale” per ogni unità ambientale tarato con detrattori ed emergenze ambientali (La Marca et al. 1994).

Applicando questa procedura si ottiene la carta del “Valore della Qualità Ambientale”, risultato ultimo dello studio sulla Qualità Ambientale del territorio esaminato, che “...costituisce lo strumento a disposizione del pianificatore per l’individuazione del perimetro del Parco Nazionale...”, sulla base della previsione, in fase di Piano del Parco (art. 12, L. 394/91), di “...suddividere il territorio in categorie a diverso grado di protezione...” (La Marca 1996).

Infatti il concetto di protezione è esplicitato già a partire dall’articolo 2, comma 1, della L. 394/91, che definisce compiutamente il significato delle aree naturali protette. Secondo la norma di cui sopra “ i parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni [...] di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, [...] e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future”.

La stessa Legge Quadro mira ad identificare l’area protetta con una conformazione in cui il rapporto tra il perimetro e l’area contenuta (p/a) sia il più ridotto possibile. Infatti un efficace attività di gestione e pianificazione di un’area protetta è assicurata quanto più è compatta, omogenea e continua la sua conformazione areale. Dal punto di vista tecnico infatti:

  • la linea di confine dell’area protetta rappresenta una potenziale linea di conflitto e frizione con le aree esterne al parco;
  • le aree a maggior regime di tutela (aree A e B) dovrebbero essere, quanto più è possibile, protette da cosiddette “aree cuscinetto” di adeguate dimensioni (quali le “aree contigue” previste dall’art. 32, comma 1 della Legge Quadro).

Da quanto detto in precedenza risulta che in nessuna delle proposte di perimetrazione menzionate è presente una relazione tecnica illustrativa dei metodi adottati per la definizione dei confini, così come le motivazioni ed i presupposti che hanno portato ad effettuare tali scelte. Lo dimostra il fatto, ad esempio, che il WWF per la sua proposta di perimetrazione non ha preso in considerazione gli Atti di una Tavola Rotonda, tenutasi presso l’Abbadia di Fiastra (MC) il 23 novembre 1992, intitolata “Metodologia di analisi e ipotesi di zonizzazione per un parco nazionale”, organizzata dalla stessa associazione.

In conclusione si prefigura un’ipotesi di territorio del parco con discontinuità interne. Una tale configurazione a macchie e buchi, oltre ad essere in contrasto con lo stesso spirito della L. 394/91, contrasta con molte disposizioni attuative di essa e con ogni principio generale di pianificazione e gestione delle aree protette.

Conclusioni 

Nell’individuazione di aree da proteggere imprescindibile dovrebbe essere la considerazione dei seguenti elementi:

  • la rarità delle componenti abiotiche e biotiche (flora, vegetazione, fauna, biocenosi);
  • la rappresentatività, in rapporto alle popolazioni vegetali ed animali, agli habitat, alle associazioni, alle biocenosi, agli ecosistemi del territorio considerato;
  • la diversità ambientale e biologica;
  • la naturalità in rapporto alla biocenosi climax ed alla loro composizione e struttura;
  • la vulnerabilità e cioè i pericoli di alterazione e distruzione (Bortolotti at al. 1988).

Nel caso della Regione Basilicata, nel momento in cui essa ha perorato l’istituzione di riserve e parchi, ha dovuto far fronte anche agli impegni già presi per lo sfruttamento degli idrocarburi, perciò spesso le proposte, in deroga alle norme generali, non sono state oggettive e le scelte non comprese e non condivise dall’opinione pubblica.

Le proposte riportate rispecchiano le ideologie e i principi ispiratori dei vari organismi proponenti che, alla consapevolezza dell’importanza dell’aspetto naturalistico, a volte, associano logiche particolaristiche legate ad interessi più immediati, la cui ricaduta economica potrebbe essere più a breve termine per gli abitanti.

Una lettura denotativa delle varie ipotesi di perimetrazione fa evidenziare che solo la proposta delle Associazioni WWF, Legambiente e Pro-Natura si avvicina agli obiettivi della L. 394/91, perché suffragata da parziali e non esaustive ricerche autonome, indagini e riflessioni su studi effettuati nell’area da autorevoli botanici, biologi, agronomi e selvicoltori.

La lettura connotativa di altre proposte di perimetrazione lascia trasparire che spesso è solo generico l’intento di “salvaguardia della natura”.

Considerata la situazione venutasi a creare, se si vuole coniugare natura e sviluppo, occorre un monitoraggio attento, ispirato da sensibilità, senso di responsabilità e forte coscienza ecologica. In tal senso assume fondamentale importanza la presenza dell’ARPAB (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata) che potrebbe, attraverso un monitoraggio più capillare di fattori fondamentali quali acqua ed aria, contribuire ad una gestione più attenta del territorio.

Anche l’ultima proposta di perimetrazione del Ministero dell’Ambiente non va incontro agli aspetti ambientali di protezione bensì mira a salvaguardare gli interessi petroliferi escludendo dal parco i pozzi presenti e quelli di prossima realizzazione disegnando così una forma stracciata nel territorio e dilaniata nell’integrità naturalistica da miopi tornaconti municipalistici.

Sembra tanto di assistere ad una sommatoria di aree già sottoposte a tutela comunitaria, maldestramente collegate. La redazione dei previsti Piani di Gestione su tali singole aree potrebbe essere sufficiente per la loro salvaguardia senza necessariamente amalgamarle in un minestrone dal gusto ripugnante.

Del resto è superfluo sottolineare che anche un’oculata perimetrazione sotto l’aspetto naturalistico debba fare poi i conti con una reale gestione del territorio per quanto riguarda più strettamente gli aspetti di vigilanza e di pianificazione delle attività antropiche. E se le attività antropiche sono già comprese e regolamentate in un’area parco, non potrebbero rientrarvi quelle estrattive?

Ciò nonostante una revisione in termini maggiormente scientifici è ancora possibile e permetterebbe all’istituenda area protetta di compensare e/o riparare i danni provenienti dallo sfruttamento degli idrocarburi e, nel breve e medio periodo, portare anche quel “valore aggiunto” che si prospetta in termini di turismo ecologico e naturalistico per le aree parco.

[1]
Agroinnova: studio di consulenza e applicazioni per lo sviluppo territoriale integrato sito in Villa d’Agri di Marsicovetere (PZ), noto nell’area di interesse.
[2]
Movimento Azzurro: associazione ambientale nazionale ufficialmente riconosciuta dallo Stato ai sensi dell’articolo 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349
 
 
 

Navigazione

 

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website. More info