Structure of diagnostics horizons and humus classification
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 68-81 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0509-0050068
Published: Mar 26, 2008 - Copyright © 2008 SISEF
Research Articles
Abstract
The classification of the main humus forms is generally based on the morpho-genetic characters of the A and OH diagnostic horizons. This is the case in the new European key of classification presented in Freiburg on September 2004 (Eurosoil Congress). Among the morpho-genetic characters, the soil structure covers a very important role. In this work, the structure of the diagnostic A and OH horizons has been analysed in terms of aggregation force, diameter and composition of the soil lumps (peds). In order to study the aggregation force, two disaggregating tools have been conceived and used. The diameter of the lumps has been measured by sieving the soil samples with standardised webs. Observing the samples thanks to a binocular magnifying 10X and 50X, the organic or/and mineral composition of the soil aggregates has been determined, data being investigated with ANOVA and Factorial Analysis. The article examines the argument from two points of view: crashing tools for estimating the soil structure (part 1) and the dimensions of the peds given in European key of humus forms classification (part 2). The categories of soil peds diameter and composition seem to be linked to the main humus forms. For instance, aggregates having a Ø > 1 mm and well amalgamate organo-mineral composition are more present in the A horizons of the Mull forms than in which of the other forms; contrary to the OH horizon of the Moder or Mor, the OH horizon of the Amphi forms shows an important percent of small organic lumps. Some propositions have been given in order to improve the European key of humus forms classification.
Keywords
Introduzione
Forme di humus e struttura degli orizzonti diagnostici
Si usa la locuzione forma di humus quando si vuole descrivere, classificare e capire il processo di trasformazione della lettiera in un contesto di integrazione della stessa nel suolo minerale. Il processo avviene nella parte più superficiale di un profilo ed interessa soprattutto l’orizzonte A e gli orizzonti che ad esso si sovrappongono fino alla superficie del suolo. Per questo motivo la classificazione delle forme di humus può essere eseguita semplicemente individuando la serie di orizzonti che si succedono dall’orizzonte A verso la superficie ([17], [11], [8], [14] e molti altri).
Se l’integrazione della lettiera nel suolo minerale è rapida e completa, l’orizzonte A si presenta fino alla superficie e la forma viene chiamata Mull. Gli animali che operano tale processo di integrazione sono soprattutto i lombrichi e la struttura dell’orizzonte A è tipicamente glomerulare ([5], [29]) con elementi di grandi dimensioni (Ø > 3-5 mm, in [14]).
Un’integrazione più lenta e incompleta è praticata dagli Artropodi (insetti, diplopodi, crostacei, acari ecc.); essa porta a un orizzonte A chiamato di giustapposizione ([12]) giacente sotto uno strato di (OF + OL) più o meno spesso e permanente. La struttura di tale orizzonte A è fatta di grumi di piccole dimensioni (gran parte inferiori al millimetro) giustapposti a granelli minerali anch’essi di piccole dimensioni ([30], [6]). Spesso tali piccoli grumi si tengono insieme in grumi organo-minerali più grossi (1-5 mm), ma poco coesi, che si rompono subito anche con una leggerissima pressione ([25]). In questo caso, la forma viene classificata come Moder.
Condizioni più difficili per la pedofauna (clima freddo e/o acidità del substrato) lasciano il processo di biodegradazione della lettiera alle ife fungine; il processo procede lentamente, a causa del blocco dell’integrazione della parte organica a quella minerale (o con un’integrazione molto diversa dalle due precedenti, stratificata e profonda - Bh - processo che viene chiamato “podzolizzazione”). In generale non si forma un orizzonte organo-minerale A ma uno spesso orizzonte organico OH, al di sopra del quale giacciono orizzonti OF ed OL più o meno spessi. Tale forma di humus chiamata per molto tempo “torba forestale” ([17], [10], [11]), più recentemente distinta dal Moder da Ponge et al. ([21]), viene chiamata Mor ([9], [5], [14]).
Condizioni climatiche variabili, con sequenze stagionali favorevoli alternate ad altre sfavorevoli alla vita e all’attività dei lombrichi, avviano il sistema verso una particolare trasformazione della lettiera, che per certi versi somiglia a quella che si presenta nei Mull (quando le condizioni sono buone per la pedofauna) e per altri versi a quella che qualifica i Moder o i Mor (siccità estiva e freddo invernale e conseguente sostituzione in superficie dei lombrichi con gli artropodi oppure blocco della trasformazione della lettiera). La sequenza degli orizzonti è un A da lombrichi in profondità, sopra il quale si pongono gli orizzonti organici più o meno rielaborati dagli artropodi OH, OF ed OL; la forma porta allora il nome di Amphi. Tale nome è stato preferito ([14]) a quello precedente di “humus gemellare” ([11]) o di Amphimull ([13], [1], [29]).
“Amphi” significa “doppio”, come l’aggettivo “gemellare” coniato da Hartmann, ed è forse preferibile al nome di Amphimull perché probabilmente non si tratta di una forma Mull, ma di un diverso modo di trasformare la lettiera che fa intervenire due categorie di animali in tempi e in strati del suolo diversi.
Una classificazione europea delle forme di humus
L’articolo cui si fa riferimento è stato presentato all’Eurosoil nel 2004 ([14]) ed è scaricabile al seguente indirizzo internet: ⇒ http://www.tesaf.unipd.it/people/zanella/PDF/PDF%20humus/id372_Jabiol_full.pdf.
Se ne riportano solo le informazioni essenziali a intendere lo scopo del lavoro e la chiave di classificazione che si vuole ancora perfezionare (Fig. 1). In sintesi, ai fini della classificazione delle principali forme di humus, gli Autori dell’articolo distinguono due orizzonti diagnostici principali, l’orizzonte OH (detriti organici irriconoscibili, escrementi minuti = sostanza organica fine > 70 % in volume) e l’orizzonte A (nella terra fine - diametro < 2mm - meno del 17% in massa di carbonio organico) e le seguenti loro sotto-categorie:
Fig. 1 - Proposta di classificazione di secondo livello delle forme di humus (da [14]). Essa presenta quattro forme Mull (quella tipica con numero in grande), tre forme Moder, due forme Mor e due Amphi. La distinzione delle forme si basa sui caratteri degli orizzonti diagnostici OL, OF, OH ed A, i primi tre suddivisi in due sotto-categorie, l’ultimo in tre.
- OHz = OH zoogenico, plasmato soprattutto da vermi epigei e da artropodi, generalmente con diametro dei grumi fecali < 3 mm;
- OHnoz, OHm = OH non zoogenico, i cui caratteri vengono dall’attività di funghi: ife invisibili o occhio nudo nel primo caso, ben visibili nel secondo;
- Az = A zoogenico, da lombrichi e biomacrostrutturato (diametro dei glomeruli > 3-5 mm);
- Azj = A zoogenico di giustapposizione, da artropodi a struttura fine (diametro dei grumi < 3 mm);
- Aze = A misto zoogenico e di podzolizzazione incipiente;
- Ae = A non zoogenico, di podzolizzazione iniziale.
Per l’attribuzione di una serie di orizzonti ai Mull o ai Moder, nella chiave sviluppata Friburgo ci si avvale anche della misura delle dimensioni medie dei coproliti che si osservano nell’orizzonte A. Una miscela intimamente omogenea di sostanze organiche e minerali nelle feci da lombrichi con diametro superiore ai 3-5 mm (Az) conduce ad ipotizzare la presenza di forme di humus nei due gruppi dei Mull e degli Amphi; l’Amphi possiede però un orizzonte OH, che è sempre assente nei Mull. Il riconoscimento di un insieme di grani organici o minerali di dimensioni inferiori ai 3-5 mm, ben separati tra loro (giustapposti, Azj), porta invece nei due campi dei Moder o dei Mor; nei Mor, però, l’orizzonte A è spesso assente oppure non di origine solo animale.
Obiettivi del presente lavoro
Uno degli ostacoli alla efficace classificazione deriva dal fatto che le valutazioni parametriche sviluppate in campo sono spesso soggettive e difficili a causa della mancanza di efficaci strumenti di misura. Il fatto impedisce la determinazione degli orizzonti A, soprattutto quando sono provvisti di caratteristiche intermedie.
Per cercare di ovviare a questi inconvenienti, si sono compiute alcune prove aventi lo scopo di diminuire la soggettività nella stima della struttura degli orizzonti diagnostici per le forme di humus. Si tratta di prove di fatturazione meccanica (urti controllati del campione contro le pareti di due “contenitori”) effettuate su piccoli campioni di suolo organico ed organo-minerale. La messa in opera delle prove e l’interpretazione dei risultati hanno suscitato innumerevoli discussioni e sollevato più questioni di quante non ne abbiano risolte. Nell’impresa di capire (per poi utilizzare) la struttura frattale del suolo si sono fatti solo piccoli passi avanti. Il divertimento, però, non è mancato e forse lo si percepisce leggendo la prima parte dell’articolo. Si tratta di un primo lavoro mirato solo a verificare la possibilità di affinare un metodo di campagna, facendo tesoro di alcuni studi affrontati in Italia sulla struttura del suolo e sulla pedofauna già negli anni sessanta e poi abbandonate ([16], [15], [11], [27]).
In un secondo tempo, i dati ottenuti con le prove sulla struttura sono stati utilizzati per testare la chiave di riconoscimento europea delle forme di humus. Si sperava, infatti, che la struttura riconosciuta dopo l’applicazione di forze controllate (e per questo omogenee) su campioni provenienti da tipi di suolo anche molto diversi tra loro, potesse aiutare nella definizione dei sotto livelli di classificazione proposti e ancora in fase di studio nella citata chiave internazionale. Nella seconda parte dell’articolo vengono discusse le proprietà della struttura degli orizzonti diagnostici delle nuove sotto-unità di classificazione delle forme di humus proposte all’Eurosoil nel 2004.
Parte prima
Prove di fratturazione
Nei manuali di pedologia che trattano di struttura del suolo si fa riferimento a diverse tecniche per determinarla e per classificarne le forme. Esse prevedono la misura della stabilità della struttura della terra fine immersa in acqua, che si ottiene facendo ruotare il campione in un cestello interamente sommerso e contando, per esempio, il numero di giri prima del completo disfacimento dei grumi ([23]); in altri casi si fa cadere un numero noto di gocce d’acqua sui grumi fino ad ottenere la loro rottura ([28]). Tali tecniche non possono essere applicate in campo dove, per stimarne la resistenza alla rottura alla compressione si preferisce premere tra le dita il campione di suolo appena prelevato e fresco. Per cercare di simulare questa procedura attraverso un sistema liberato dalla soggettività della stima manuale, si è pensato di utilizzare “tecniche di fratturazione” agganciate a strumenti che possano garantire la necessaria ripetitività sperimentale (Fig. 2). Si tratta di un percussore a molla e di un sistema assai più semplice costituito da una sfera di plastica. Entrambi basano il loro funzionamento sul trasferimento di un impulso di energia nota al campione, nel primo caso determinabile attraverso le caratteristtriche della molla, nel secondo caso dalle condizioni sperimentali, che prevedono la caduta del campione da una certa altezza su di una superficie rigida.
Fig. 2 - (A): il fratturatore a molla. Il campione è contenuto in un cilindro chiuso da due tappi di ottone, il tutto collegato a una molla. Il bullone contenente il campione viene tirato verso l’alto contro la forza della molla e lasciato cadere. La forza di trazione pari a un peso di 2 kg esercitata verso l’alto e contro la resistenza della molla provoca l’allungamento di questa di 8 cm. In questo esperimento, il campione “fratturato” è il risultato di 5 urti in successione del bullone contenente il campione contro la base gommata del fratturatore. Ad ogni impulso, la velocità di impatto campione, situato nel tappo cavo di ottone, contro il blocco di arresto di gomma è quella di un corpo lasciato cadere liberamente da un’altezza di 90 cm, in assenza di attriti. (B): fratturazione del campione con il metodo della palla. Il campione è posto in una palla di plastica e l’insieme richiuso è lasciato cadere liberamente sul pavimento del laboratorio da 2 metri di altezza, in modo da effettuare due salti ed essere bloccato, infine, a 50 cm dal suolo (altezza spontanea del sistema, fermo in aria, dopo il secondo salto).
Il primo strumento è stato denominato “fratturatore a molla”. Si tratta di un prototipo ancora in fase di studio presso il dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali della facoltà di Agraria di Padova (⇒ http://www.tesaf.unipd.it/people/Zanella/research.htm), costituito da due tubi concentrici, tra loro vincolati da una molla capace di esercitare forze note; il tubo interno può solo scorrere nell’altro, ponendo in tensione la molla. Su questo tubo mobile è stato fissato un cilindro filettato di 2.5 cm di diametro, alto 3 cm e chiuso da due tappi a vite di ottone, in modo che al suo interno possa essere collocato il campione di suolo. Il corpo mobile, costituito da cilindro più tubo interno, viene fatto scorrere tendendo la molla, e quindi rilasciato. L’urto del cilindro contro il tubo esterno fisso imprime una sollecitazione al campione di suolo, che può così frammentarsi.
Durante l’esperimento, ogni campione, della dimensione di 1 cm3, è stato sottoposto a 5 urti. Si è calcolato che ad ogni urto, il campione giungeva contro il blocco di arresto del fratturatore con velocità equivalente a quella della caduta libera di un corpo da un’altezza di circa 90 cm. Pur non essendo l’effetto lineare, si può stimare che nei 5 urti della prova il campione era sottoposto ad un urto corrispondente a quello di una caduta da circa 4.5 m d’altezza. Il numero di urti (corrispondenti a 5 salti del corpo mobile teso dalla molla come in Fig. 2) è stato scelto dopo aver effettuato alcune prove di taratura dello strumento su campioni di un orizzonte A di Cambisuolo a tessitura franca. Il campione sottoposto a un numero di urti crescenti da 1 a 10 non mostrava significative variazioni nel rapporto tra i pesi dei grumi suddivisi in tre categorie di dimensione (Ø ≤ 1 mm; 1< Ø ≤ 4 mm; Ø > 4 mm) per un numero di urti superiore a 4-5. La scelta di 5 urti consecutivi è stata quindi considerata opportuna in vista di un possibile utilizzo standardizzato del fratturatore in campo.
Con la seconda esperienza il campione, del medesimo volume, veniva collocato all’interno di una pallina di plastica, poi fatta cadere al suolo da due metri di altezza e fatta rimbalzare per due volte, per essere infine recuperata, all’inizio di un terzo salto, ferma in aria a 50 cm dal suolo. La caduta veniva ripetuta 3 volte, essendo stato stimato che in tale maniera si ripetevano circa le medesime condizioni d’impulso d’energia prodotte con il fratturatore a molla. Infatti, non considerando la presenza di attriti (aria, urto non elastico), l’energia trasmessa al campione nella pallina corrisponde a l’energia potenziale persa nella prova. Il campione, partito per tre volte consecutive da 2 metri di altezza e recuperato fermo a 50 centimetri dal suolo dopo due salti, ha compiuto un salto complessivo di 1.5 x 3 = 4.5 m, equivalente al salto del campione nei 5 urti del fratturatore).
Nella Tab. 1 sono riportati il numero di campioni e gli orizzonti diagnostici studiati con le due tecniche. Tutti i campioni sono stati pesati dopo avervi eliminato i frammenti di roccia e le radici di dimensioni superiori al millimetro. Si è subito verificato, com’era prevedibile, che l’umidità influisce sulla resistenza del campione, per cui sono confrontabili solo campioni sottoposti all’esperimento in condizioni analoghe di idratazione. Ad esempio, si è osservato che il fratturatore, ovvero la compressione da esso esercitata, genera “costipazione” nei suoli idratati, aggregando a volte i campioni anziché frammentarli. L’opposto avviene nel caso dei campioni essiccati all’aria o in stufa, condizione che genera risultati assai simili. La prassi abitualmente seguita in pedologia, che è quella di essiccare i campioni all’aria ambiente per diversi giorni (1 mese, nel nostro caso, stesi su carta da filtro) dà infatti risultati del tutto equivalenti a quelli ottenuti con campioni essiccati in stufa a 60 °C per 12 ore consecutive. Nella prima serie di prove (Tab. 1), i campioni sono stati divisi in due parti, una lasciata intera (1 cm3, rappresentativo delle condizioni medie di un campione di suolo di 1 dm3) e l’altra, prelevata coi medesimi criteri del primo, ma sottoposta all’azione del fratturatore. Le due serie di campioni sono state passate al vaglio (Ø ≤ 1 mm; 1 < Ø ≤ 4 mm; Ø > 4 mm) e le tre frazioni dimensionali così ricavate sono state pesate separatamente. I dati sono stati analizzati ed interpretati mediante test ANOVA. I campioni della seconda serie di prove (Tab. 1), corrispondenti a volumi di 1 cm3 di suolo, sono stati dapprima osservati interi al binoculare. In seguito tali campioni sono stati sistemati nel contenitore sferico di plastica e frammentati con la tecnica del rimbalzo multiplo per essere osservati una seconda volta al binoculare. La valutazione dell’abbondanza relativa nel campione delle componenti minerale, organica e organo-minerale, operando a tre diversi ingrandimenti (occhio nudo, 10X e 50X) è stata possibile disponendo i campioni su carta millimetrata. Il campione è stato suddiviso manualmente in tre parti, ognuna contenente dei grumi delle seguenti dimensioni: (Ø ≤ 1 mm; 1 < Ø ≤ 4 mm; Ø > 4 mm).
Tab. 1 - Profili, orizzonti e tecniche di fatturazione. Forme di humus studiate: Mull (35 oriz. A), Moder (14 oriz A, 4 oriz OH), Mor (13 oriz OH) e Amphi (8 oriz A, 8 oriz OH). Profili pedologici forestali studiati (70): eutric Cambisol (31), rendzic o umbric Lithosol (7), haplic Luvisol (18), protospodi o dystric Cambisol e Podzol (14). I limiti di categoria corrispondono alle maglie dei setacci o alle griglie di stima della dimensione dei grumi strutturali che hanno permesso di distinguere tre categorie di grumi strutturali: sotto a 1 mm, tra 1 e 4 o 5 mm, sopra 4 o 5 mm.
Metodologia | Numero di | ||||
---|---|---|---|---|---|
Campioni essiccati: 1. All’aria (24 ore) 2. In stufa (60°, 12 h) 3. Freschi |
Limiti di categoria strutturale (mm) |
Tecnica di fratturazione |
Profili pedologici |
Orizzonti A |
Orizzonti OH |
1, 2, 3 | ≤1 >1 - ≤4 >4 |
Fratturatore a molla | 30 | 20 | 10 |
1 | ≤1 >1 - ≤5 >5 |
Fratturatore a palla | 40 | 37 | 15 |
- | - | - | Tot = 70 | = 57 | = 25 |
I valori percentuali del volume stimato ad occhio nudo di ogni classe dimensionale di grumi, inseriti in una tabella avente le variabili appena citate (volumi percentuali) in colonna e gli orizzonti A ed OH (studiati insieme e anche separatamente) in linea, sono stati sottoposti ad analisi fattoriale delle corrispondenze (software STATISTICA, StatSoft Inc. 1997). L’analisi delle corrispondenze si adatta bene a tabelle che contengono caratteri quantitativi trasformati in caratteri qualitativi, per passaggio dai valori reali a quelli percentuali. L’analisi non porta quindi sui valori assoluti delle variabili (in questo caso un’analisi delle componenti principali sarebbe stata più adatta) ma sull’abbondanza relativa delle modalità di ogni carattere (per esempio la percentuale in peso o in volume di grumi organici, organo-minerali e minerali). Tale tecnica è classicamente utilizzata in studi fitosociologici, nei quali vengono messe a confronto percentuali di copertura delle specie vegetali, allo scopo di definire associazioni di specie conviventi in ambienti ecologicamente circoscritti. Anche nel nostro studio l’obiettivo è quello di raggruppare gli orizzonti che si assomiglino per i caratteri diagnostici che generalmente vengono osservati in campo (valori relativi di contenuto di sostanza organica e di dimensione dei grumi).
La scelta delle maglie di 1, 4 e 5 mm è stata dettata da prove realizzate precedentemente ([6]) per la maglia più piccola (molti elementi strutturali hanno dimensioni inferiori a 1 mm) e dalle misure riportate sulla tabella proposta da Jabiol et al. ([14]) per le più grandi (nell’articolo si parla infatti di grumi di dimensione superiori 3-5 mm per un orizzonte A biomacrostrutturato di Mull). In una prova si è preso il setaccio da 4 mm (media tra 3 e 5 mm) e in un’altra la maglia di 5 mm di una carta millimetrata, poiché in grassetto sul foglio e di più facile uso anche in una prospettiva di standardizzazione internazionale.
Grumi e forme
Il “fratturatore” agisce in modo statisticamente non significativo sulla quantità relativa delle tre frazioni di grumi nei campioni della prima serie di prove (Fig. 3). Indipendentemente dalle dimensioni, i grumi sono dunque tenuti coesi da una forza superiore a quella esercitata dallo strumento. Le differenze tra il campione non sottoposto all’azione del fratturatore e quello che vi ha subito urti con la forza prima dichiarata, sono non significativi. Ciò potrebbe dare testimonianza della buona capacità cementante dei colloidi presenti nell’orizzonte indagato, indipendentemente dalla forma di humus, ovvero del fatto che la forza d’urto applicata non è sufficiente a dimostrare differenze tra una forma di humus e l’altra. Si ricorda che l’obiettivo dell’esperienza era quello di imitare con il fratturatore la pressione delle dita che comunemente in campo si esercita sul campione per saggiarne la coerenza e la resistenza, in modo da eliminare la soggettività dell’operazione. I calcoli dicono che quella espressa nella prova corrisponde a 1 Newton, la forza necessaria a sostenere un peso di 100 grammi, e ci è sembrata appropriata anche per questioni di standardizzazione dell’operazione.
Fig. 3 - Risultati dell’ANOVA eseguite sui primi 30 profili. La varianza delle misure di ogni frazione di grumi è omogenea. Le frecce gialle e le linee spezzate rosse indicano una differenza significativa per almeno 95 % dei casi all’interno di ogni forma di humus tra le tre categorie di aggregati. Sono state testate anche le differenze tra forme di humus: la frazione di aggregati piccoli nei Mull è significativamente più bassa della stessa categoria nelle altre due forme; la frazione di quelli grossi è significativamente più bassa nei Moder che nelle altre due forme. Il fratturatore pare non abbia influito sulle quantità delle tre frazioni di grumi nei campioni (campioni non fratturati e fratturati non significativamente diversi). L’analisi suggerisce che la frazione di grumi di piccole dimensioni sia più leggera delle altre due componenti nell’orizzonte A nei Mull; nell’A dei Moder, invece, il peso non differisce tra le tre componenti; nell’orizzonte OH dei Mor, la frazione intermedia si distinguere da quella più grossa, ma non da quella più piccola.
Il test ANOVA indica come nell’orizzonte A dei Mull i grumi di piccole dimensioni accumulino masse le cui percentuali in peso risultino minori rispetto quelle delle altre due componenti dimensionali. Nell’A dei Moder, invece, le percentuali dei pesi delle tre componenti dimensionali dei grumi quasi si equivalgono, mentre nell’orizzonte OH dei Mor la frazione intermedia non si distingue in modo significativo dalla parte più piccola, ma mostra un peso percentuale nettamente inferiore a quella più grossa. Nell’analisi dei risultati ottenuti con l’esperimento di frammentazione tramite caduta nella sfera di plastica, si è preferito studiare la disposizione dei punti-orizzonte e dei punti-variabile sui piani fattoriali di un’analisi fattoriale delle corrispondenze (AFC). I piani analizzati sono molteplici, in relazione con le misure ai diversi ingrandimenti ed ai caratteri stazionali (variabili non attive). Qui riportiamo solo i piani più significativi (Fig. 4 - assi 1 e 2, 62 % di inerzia cumulata), nelle due versioni sovrapponibili delle variabili e dei casi, rimandando il lettore, per eventuali approfondimenti, allo studio originale ([25]). In Fig. 4B, ai codici dei casi si sono sostituite le corrispondenti forme di humus. In questo modo risulta più facile evidenziare eventuali raggruppamenti di casi (forme di humus) da interpretare con le variabili della stessa analisi rappresentate sulla Fig. 4A. Confrontando i piani delle Fig. 4A e Fig. 4B si può notare come le forme di humus ed i grumi di diverse dimensioni si siano collocati in aree ben distinte del piano. Lungo l’asse 1 di Fig. 4A troviamo: a sinistra orizzonti A composti dai grumi più grossi (X3) e organo-minerali (OM); in centro orizzonti A con grumi di dimensione intermedia (X2), piuttosto organici (O); a destra orizzonti di piccoli grumi (X1) e prevalentemente minerali (M). Sul piano 4B, le forme Mull si distribuiscono lungo l’asse 1, le forme Amphi occupano l’area centrale, mentre le forme Moder, scarsamente rappresentate, non paiono risentire di particolari attrazioni, disperdendosi lungo questi due assi. Il curioso comportamento segnalato dell’ampia dispersione delle forme Mull sull’asse 1 è stato svelato mediante una AFC parziale sui soli orizzonti A di queste forme. Ne è risultata la suddivisione dell’insieme in due ben distinte nuvole di punti, una sulla sinistra dell’asse 1, con orizzonti composti da grossi grumi organo-minerali, e l’altra a destra dello stesso asse, dove predominano i grumi piccoli e un’alta percentuale di grani minerali separati da quelli organici. Per l’interpretazione ecologica ci si è avvalsi della distribuzione delle variabili non attive, che rimane molto aderente a quella che si ottiene utilizzando l’insieme dei dati (Fig. 5). Nel primo gruppo figurano i Mull tipici, mesotrofici e franchi, mentre nel secondo si collocano i dysMull in transizione verso i Moder, con più di 30% di sabbia in A, un pH < 5 e più di 40% in volume di particelle o di grumi con diametro Ø < 1 mm. Anche le forme Amphi si possono suddividere in due sotto-insiemi applicando il medesimo procedimento di analisi parziale. Ne risulta che su substrati carbonatici, l’orizzonte A degli Amphi presenta caratteri più vicini ai Mull eutrofici, con pH > 6 e più di 70% di particelle organo-minerali, mentre su substrati silicatici l’orizzonte A presenta caratteri più vicini a quelli dei Moder, con pH acidi o sub-acidi e meno del 70% di particelle OM.
Fig. 4 - (A): Posizione delle variabili sul piano 1-2 dell’analisi sui valori riscontrati nell’orizzonte A. Legenda: O = organico, M = minerale, OM = organo-mine rale; NC = non classificabile; r (rotto) = dopo il trattamento con caduta e rimbalzo; i (intero) = non trattato con il sistema a caduta; 10X = stima sul campione ingrandito di 10 volte; 50X = stima a 50 ingrandimenti; X1 = (Ø ≤ 1 mm); X2 = (1 < Ø ≤ 5 mm); X3 = (Ø > 5 mm). L’interesse di questo piano sta nel fatto che gli aggregati di diverse dimensioni si trovano in aree ben distinte del piano e vicini a variabili diverse. A destra si trovano orizzonti A con un’alta percentuale di piccoli aggregati, con sostanza minerale dominante su quella organica, a sinistra ci sono invece gli orizzonti A con aggregati più voluminosi e organo-minerali. Nel centro si collocano orizzonti con aggregati di dimensione intermedia composti prevalentemente da sostanze organiche. I primi e i secondi corrispondono a delle forme Mull diverse, come già intravisto sul grafico precedente (Fig. 4), da quelle centrali corrispondenti a delle forme Amphi. (B): Posizione dei casi-forme di humus sul piano 1-2 dell’analisi (inerzia cumulata = 62 %). I dati corrispondono ai soli orizzonti A. Legenda: AMP= Amphi; dMU=dysMull, mMU= mesoMull, oMU=oligoMull; eMO= euModer, dMO= dysModer. La forma Amphi occupa una posizione centrale; i Mull sembrano suddivisi in due sotto gruppi, uno nella metà a sinistra del piano, l’altro in quella di destra. Dispersi i quattro orizzonti A dei Moder.
Fig. 5 - Distribuzione delle variabili non attive sul piano 1-2 dell’AFC generale sugli orizzonti A (Fig. 4). La distribuzione di queste variabili lungo l’asse 1 non cambia nelle analisi effettuate sui dati parziali dei soli orizzonti A dei Mull e degli Amphi. Alle variabili quantitative corrispondono i valori stimati o misurati a livello di ogni profilo. Le variabili qualitative sono state trasformate in variabili quantitative assegnando le diverse categorie di valori della variabile a classi di valore ordinate lungo un gradiente (Classificazione suolo WRB-FAO e Duchaufour: valori da 1 a 11 da suoli calcarei a suoli acidi; Forma di humus: valori da 1 a 7 da Mull calcareo a Mor (indici di humus, in [3]); Parent material: valori da 1 a 10 da roccia calcarea a roccia acida; Tipologia forestale Del Favero: valori da 1 a 16 lungo un gradiente altitudinale; Vegetazione: 6 fasce fitoclimatiche lungo un gradiente altitudinale; Esposizione: valori da 1 a 8 lungo un gradiente da Sud a Nord). Lungo l’asse 1, da sinistra a destra, gli ambienti si dispongono lungo un gradiente dai calcarei agli acidi, da bassa quota esposizione sud ad alta quota esposizione nord, da orizzonti A argillosi a sabbiosi.
Analoghe analisi si sono realizzate su 15 orizzonti OH ottenendo indicazioni circa il fatto che gli orizzonti OH degli Amphi sono caratterizzati da grumi piccoli (mediamente con diametro Ø < 1mm) quasi esclusivamente organici, mentre quelli dei Moder e Mor hanno struttura di particelle con diametro Ø compreso tra 1 e 5 mm o superiore a 5 mm, e sono dicomposizione organo-minerale.
I risultati dell’AFC sono riassunti nella Fig. 6, affiancando le caratteristiche discriminanti per gli orizzonti A ed OH, in modo da poter essere facilmente utilizzati in un’indagine di campo.
Fig. 6 - In sintesi, il comportamento di casi e variabili sugli assi 1-2, orizzontale-verticale dell’AFC, in alto per gli orizzonti OH e A. La disposizione verticale mostra come l’analisi lavori in modo diverso per i due orizzonti. La dimensione dei grumi si posiziona nello stesso modo nelle due figure, a destra gli aggregati (grumi) strutturali di dimensione inferiore a 1 mm, a sinistra quelli più grandi di 1 mm. Questo fatto mette in luce che a sinistra i grumi grossi si trovano negli orizzonti A dei Mull e OH dei Moder e Mor; i grumi piccoli invece si trovano negli orizzonti A dei Moder e OH degli Amphi.
Parte seconda
Discutibili orizzonti “grumosi”
L’indagine compiuta permette di ottenere alcune informazioni sulla struttura degli orizzonti A e OH utili a distinguere gli orizzonti A delle forme Mull da quelli omologhi delle forme Moder e a separare gli orizzonti OH delle forme Amphi da quelli delle altre forme.
Gli orizzonti diagnostici sono infatti composti di grumi organici, organo-minerali e minerali, le cui dimensioni cambiano a seconda delle forma di humus. Nel manuale Americano utilizzato nel mondo intero come riferimento per lo studio del suolo (Soil Survey Division Staff 1993) le strutture granular e blocky (peds rispettivamente piuttosto sferici e poliedrici, che corrispondono alle strutture italiane glomerulari e granulari di [11]) sono suddivise in cinque classi in base alla dimensione in millimetri dei peds: molto fine = < 1; fine = 1-2; media = 2-5; grossa = 5-10; molto grossa = >10. Purtroppo non si trovano studi che pongano chiaramente a confronto tali classi di strutture nei diversi orizzonti o sotto-orizzonti diagnostici per le forme di humus.
In Galvan et al. ([6]) si propone una classificazione dei coproliti in base anche alle dimensioni, ipotizzando che si possa in qualche modo attribuire una categoria di questi cataboliti, e quindi una categoria di animali, ad uno specifico orizzonte diagnostico delle forme di humus. Così, l’orizzonte A da lombrichi con grumi di diametro > 1 cm diviene tipico dei Mull. In diversi lavori tale orizzonte viene riportato come diagnostico per i Mull e chiamato “biomacrostrutturato” ([17], [11], [8], [12]), anche se uno studio sulla reale distribuzione del diametro dei grumi in orizzonti biomacrostrutturati non è mai stato compiuto.
Con le misure ora presentate si può invece intravedere la possibilità di distribuire i grumi dell’orizzonte A in tre categorie di diametro (a: ≤ 1mm, b: 1-4/5 mm, c: > 4/5mm) per poter utilizzare il loro valore relativo (volume, peso) in fase di diagnosi. Così, negli orizzonti A dei Mull i grumi dominanti sono organo-minerali ed appartengono alle categorie b-c. Negli orizzonti A degli Amphi, invece, i grumi dominanti sono ancora organo-minerali, ma appartengono alle due classi a-b. Non sono quindi gli stessi animali ad operare, oppure gli stessi escrementi evolvono in maniera diversa. Infine, negli orizzonti A dei Moder, i grumi sono per lo più organici o minerali (non organo-minerali) e suddivisi in maniera equipollente (in termini di peso) tra le tre categorie di dimensione a-b-c. I dati riguardano 57 orizzonti A e le differenze di dimensione sono confermate da test statistici o dalle rispettive posizioni sugli assi fattoriali. Le stesse misurazioni hanno anche rivelato che tutte le categorie dimensionali di grumi sono presenti nei diversi orizzonti diagnostici e che la differenza tra una forma e l’altra si coglie solo nelle diverse proporzioni tra le tre classi.
Per altri versi il lavoro da conferme alla nuova classificazione europea delle forme di humus, così come riportata nella Fig. 1; le conferme riguardano sia le dimensioni dei grumi strutturali, sia la composizione di questi.
Per l’orizzonte A, la chiave europea distingue i grumi di struttura in due classi, sotto o sopra 3 mm di diametro. La classificazione pare funzionare solo per le forme canoniche (Fig. 7), ma, a causa dell’esistenza di ampie fasce di transizione tra l’una e l’altra, la discriminazione è impossibile senza considerare come variabile anche la composizione (organica e/o minerale) degli orizzonti. La dimensione dei grumi più abbondanti (peso relativo cumulato maggiore) diminuisce nell’orizzonte A passando dai Mull agli Amphi e ai Moder. L’orizzonte A dei Mull e quello degli Amphi è organo-minerale e risulta ben amalgamato. Quello dei Moder è invece organico e minerale, non strutturato e dunque giustapposto. L’orizzonte A dei Mull è meno organico di quello degli Amphi.
Fig. 7 - Orizzonti A ed OH a confronto. Semplificando e interpretando a fini di classificazione tutte le analisi del presente lavoro, si intravedono differenze tra gli orizzonti A ed OH che ne esaltano le differenze di origine. Così i Mull hanno A di composizione più minerale e di struttura più grossa degli A degli Amphi. I Moder hanno A di struttura minuta e con grumi organici ben distinti da quelli minerali. Gli OH degli Amphi sono più organici ed hanno anche una struttura più fine di quelli dei Mode e dei Mor. Non mancano le strutture in transizione, che possono forse essere interpretate come forme in divenire lungo un asse spazio-temporale corrispondente ai cambiamenti progressivi delle condizioni ambientali nel passare da una fase dinamica e/o da un sito ad altri diversi.
La chiave europea (Fig. 1) propone anche una suddivisione all’interno degli Amphi, la cui validità solo si intravede attraverso le analisi ora sviluppate. Gli orizzonti A organo-minerali degli Amphi si distribuiscono infatti lungo l’asse 1 dell’AFC; i profili di sinistra sono più vicini ai Mull (pH > 6, grumi organo-minerali > 70%) e quelli di destra sono più simili ai Moder (pH < 5, grumi organo-minerali < 70%). Si tratta però di soli 8 orizzonti, che non si collocano con sufficiente sicurezza statistica in due gruppi ben distinti.
Dalle osservazioni compiute in campo, i dysAmphi si avvicinerebbero ai Moder anche per il tipo di transizione, graduale, tra gli orizzonti OH ed A, mentre gli euAmphi avrebbero una transizione brusca tra questi stessi orizzonti, come gli euMull.
Infine, negli orizzonti OH degli Amphi (Fig. 7) i grumi appaiono per lo più organici e di dimensioni inferiori al mm. Negli orizzonti OH dei Moder o dei Mor i grumi, osservati con ingrandimento di 50 x, appaiono invece organo-minerali (Fig. 6) e hanno dimensioni superiori al mm. Si tratterebbe di grumi organo-minerali molto organici e non di grumi olorganici, come spesso vengono indicati in letteratura ([12], [13]). Le osservazioni riguardano però solo 24 orizzonti OH, così che le differenze tra le forme non possono essere provate con sufficiente sicurezza statistica.
Gli spessori degli orizzonti diagnostici OF ed OH risultano tra loro essere, alla luce di questi rilevamenti, in relazione inversa. Moder e Mor avrebbero dunque OH di spessore maggiore dell’OF, mentre l’inverso accadrebbe negli Amphi, fatto questo che, se confermato da ulteriori e specifici studi, permetterebbe di assegnare ai Moder un funzionamento differente da quello degli Amphi. Questo fatto viene per altro confermato da Zampedri (in litteris) che, come già Bernier ([2]) e Ponge & Bernier ([22]) avevano descritto, riesce a distingue i Moder tipici da quelli in evoluzione dinamica verso i Mull.
Rimane del tutto aperta invece la questione sollevata da Ponge et al. ([21]) intorno all’orizzonte OM tipico dei Mor. Poiché decisamente zoogenici (l’orizzonte OH è un OHz), i Mor incontrati nel presente studio verrebbero classificati come dysModer da Ponge et al. ([21]). Questo significherebbe confinare i Mor in ambienti talmente difficili per la pedofauna da essere poco presenti nelle foreste alpine. Gli OHz dei Mor dei nostri ambienti temperati presentano comunque caratteristiche simili agli OH da Moder (stopposi, piuttosto leggeri, che si frammentano in pezzetti ancora ricchi di radici sottili e ife) e diverse da quelle degli OH da Amphi (meno feltrosi, che si scompongono in grumi organici di piccole dimensioni).
Le caratteristiche degli orizzonti diagnostici permettono di descrivere in modo funzionale le tre principali forme di humus Mull, Moder e Mor (vedi anche [26], [24]). Ponge ([18]) e Gobat et al. ([7]), per esempio, mettono in tabella la biodiversità, la produttività, il tipo di suolo, i processi di trasformazione delle lettiere, i tipi di vegetazione, ma anche i tipi di microrganismi simbionti e la disponibilità di nutrimenti per mostrare quanto tali parametri siano diversi in queste tre forme di humus.
Anche le caratteristiche strutturali degli orizzonti A e OH potrebbero essere aggiunte alle tabelle per accentuare le differenze tra le forme. Si tenga presente che la struttura tipica di ogni forma potrebbe essere legata alla pedofauna che l’ha prodotta nel tempo e nello spazio. È quello che tenta di fare, addirittura con respiro geologico, Ponge ([18]) ipotizzando che la storia biologica del nostro pianeta sia iniziata con la forma Mor, poi evolutasi in Moder e più recentemente in Mull con il progressivo miglioramento delle condizioni ambientali. In questa meravigliosa analisi la forma Amphi è sottintesa tra le forme Mull (come Amphimull, nella classificazione francese di [12]), ma crea qualche inconveniente in termini di omogeneità dei dati (presenza di un orizzonte OH con ben diverse caratteristiche rispetto all’orizzonte A dei Mull; orizzonte A degli Amphi più organico e di diverso funzionamento rispetto all’orizzonte A dei Mull; ciclo del carbonio con processi ben diversi negli orizzonti A ed OH). È probabile che la proposta di Ponge ([18]) sia ancora più sostenibile accettando di separare la forma Amphi da quella di Mull.
Conclusioni
Mostrando come le differenze di struttura tra orizzonti diagnostici di forme di humus diverse siano da imputare più a una distribuzione diversa del diametro dei grumi strutturali che non a strutture completamente diverse, il presente studio appoggia la teoria di Ponge ([18]) dell’esistenza di una certa “parentela” tra le forme. Certe categorie di animali sono solo più frequenti di altre nelle diverse forme ed esse conferiscono una struttura e un modo di funzionare particolari alla forma di humus che cosi risulta essere il frutto di un adattamento dinamico all’ambiente.
Sorprende il fatto che i campioni sottoposti a prove di fatturazione meccanica con due tecniche diverse non mostrino differenze significative nella distribuzione delle categorie di grumi rispetto a uguali campioni indisturbati. Per sottolineare tale risultato inatteso e suscitare lo spirito critico dei potenziali lettori, i dati dei campioni fratturati e interi giacciono vicini nello spazio fattoriale delle analisi riprodotto sulle Fig. 4a e Fig. 4b. Essi sollevano questioni imbarazzanti. Perché non si sono fatte prove con forze di rottura più grandi? Perché si voleva imitare la forza delle dita del pedologo sul campione in campo. Come mai i grossi e rigidi grumi organo-minerali degli orizzonti A delle forme Mull sono stabili quanto i leggeri ed elastici grossi grumi degli orizzonti organici OH delle forme Mor? Forse perché le forze di Van der Waals tra le parti organiche e minerali dei primi sono compensate dall’azione di ife fungine nei secondi. Nel funzionamento del suolo (pensiamo, per esempio, alla sostanza organica nel suolo e all’influenza che la quantità /qualità del carbonio può avere sulla durata del turnover di tale sostanza organica), quale ruolo giocano le dimensioni e la stabilità dei grumi strutturali? Anche se queste domande (o altre rimaste inespresse) rimangono ancora senza risposta, grazie alla relativa e provata stabilità della struttura, le dimensioni dei grumi strutturali si sono rivelate meno difficili da studiare del previsto, almeno su campioni essiccati all’aria. Nuove ricerche sono già partite nella stessa direzione, risvegliando vagliatrici meccaniche generalmente non utilizzate per ricerche sull’humus. La semplice setacciatura meccanica, con setacci sovrapposti di maglia variabile tra 1 e 5 mm, sta confermando questi nostri primi risultati e rivelando altri interessanti caratteristiche strutturali che pubblicheremo al più presto.
References
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