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Natural disturbances and Kyoto protocol

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 153-155 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0528-0005
Published: Jun 20, 2008 - Copyright © 2008 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

A recent letter published in Nature ([7]) reports an outbreak of mountain pine beetles in British Columbia, destroying millions of trees; according to the authors, by 2020, the beetles will have done so much damage that the forest is expected to release more carbon dioxide than it absorbs. All those natural disturbances could overwhelmed all the efforts made by Canada to influence the carbon balance through forest management. Considering that Canada decided not to elect forest management within the Kyoto Protocol, it is clear that future climate mitigation agreements, aimed to encourage changes in forest management, should account for and protect against the impacts of natural disturbances.

Keywords

Bark beetle, Climate change, Fire suppression, Greenhouse gases, Kyoto protocol

 

La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ed il protocollo di Kyoto riconoscono il ruolo fondamentale svolto dagli ecosistemi forestali nel ciclo del carbonio a livello globale e la loro importanza nel mitigare gli effetti indotti dai gas serra (GHG) di origine antropica nell’atmosfera.

Sebbene questi ecosistemi costituiscano il principale serbatoio di carbonio della biosfera, rappresentando anche un importante accumulatore netto (“sink”) di CO2, eventi stocastici quali incendi, attacchi di insetti, ecc., possono trasformare questi serbatoi di carbonio in emettitori di GHG (“source”).

In tale contesto si inserisce una lettera appena pubblicato da Nature ([7]) in cui si riportano i danni provocati da un coleottero scolitide, il Dendroctonus ponderosae (“mountain pine beetles”), nelle foreste di Pinus contorta (“lodgepole pine”) della Columbia Britannica, la più occidentale delle province canadesi.

Il Dendroctonus ponderosae è un insetto autoctono delle foreste occidentali del Nord-America, che nella Columbia Britannica espande periodicamente (ogni 35 anni circa) la sua popolazione grazie a condizioni ambientali favorevoli. Gli insetti adulti attaccano alberi sani e costruiscono gallerie nella zona cambiale per la deposizione delle uova; le larve scavano gallerie perpendicolari (circa 90°) rispetto la galleria materna; così facendo, nel caso di attacchi numerosi sulla stessa pianta, le gallerie finiscono per causare una cercinatura dell’albero e la sua morte nell’anno seguente.

Al danno ecologico, si aggiunge inoltre un danno economico causato dalla presenza di due funghi ascomiceti trasmessi dagli scolitidi, l’Ophiostoma clavigerum e l’Ophiostoma montium, agenti di alterazioni cromatiche del legno (“blue-stain fungi” - [11]).

Generalmente l’attacco di questi insetti è a carico di piante anziane o debilitate, che presentando delle modeste difese (per esempio delle emissioni di resina dal tronco molto ridotte), non possono impedire o rallentare la colonizzazione del tronco da parte dell’insetto ([5]). Fra i fattori avversi all’espansione di questo insetto possiamo elencare le rigide temperature invernali ([10]), tipiche della zona e la predazione delle larve da parte del Dryocopus pileatus (“pileated woodpeckers”) o da altre specie simili ([1]).

Sfortunatamente, le infestazioni precedenti non avevano mai raggiunto un’estensione di tale portata, valutata nel 2005 in circa 8.7 milioni di ettari di area boschiva su un territorio complessivo di circa 17 milioni di ettari ([4]).

Le previsioni sono concordi nell’affermare che nei prossimi 21 anni, a causa di questo evento, le foreste di Pinus contorta della Columbia Britannica emetteranno molta più CO2 di quanta ne assorbiranno (990 Mt CO2 equivalenti, paragonabili a 5 anni di emissioni dal settore dei trasporti canadesi).

Le cause di questa anomala ed estesa infestazione sono da ricercarsi in due fattori concomitanti e cioè la lotta e prevenzione degli incendi boschivi condotta negli ultimi anni ed il cambiamento climatico ([2]):

  • L’efficiente gestione forestale della Columbia Britannica, ha permesso nel periodo 2003-2007 di ridurre drasticamente ([3]) il numero e l’estensione degli incendi boschivi (da 107.3 a 18.3 incendi ha-1) ed il loro costo per la collettività (da 371.9 a 98.8 milioni di dollari); considerando però che in questa zona circa il 60% degli incendi è causato da fulmini che interessano boschi maturi, la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi ha determinato in numerose aree un’anormalità planimetrica ([6]), cioè aree boschive con prevalenza di individui in classi di età avanzata. Un allungamento del ciclo vitale degli alberi ha quindi permesso al Dendroctonus ponderosae di poter agire indisturbato infestando piante anziane oramai debilitate e prive di difese.
  • La presenza in alcuni anni di inverni miti e/o di estati calde e siccitose ha determinato da un lato, una ridottissima mortalità invernale dell’insetto presente sotto la corteccia degli alberi, e dall’altro le condizioni ideali per un attacco più aggressivo da parte degli insetti adulti, condotto in questo caso anche su alberi giovani, indeboliti dallo stress idrico estivo.

Finora il settore forestale ha cercato di arginare gli effetti negativi di questo evento naturale: (1) applicando leggi fitosanitarie molto rigide riguardanti la movimentazione e l’utilizzo di piante infestate; (2) con pratiche selvicolturali, quali ad es. l’utilizzo di fuochi prescritti, diradamenti, potature e l’inserimento di altre specie di conifere (Picea, Douglasia, ecc.) al fine di modificare nel lungo periodo le classi di età e la struttura delle pinete ([4]); ed infine, (3) aumentando la percentuale di volume legnoso disboscabile di Pinus contorta (passata dal 31% al 45% nel periodo 2001-2004 - [7]).

Kurz e colleghi hanno simulato l’effetto congiunto dell’infestazione da parte degli scolitidi, degli incendi e delle utilizzazioni forestali sul bilancio del carbonio nel periodo 2000-2020. In totale circa 270 Mt di carbonio saranno rilasciate dall’ecosistema in un’area di 374000 Km2; la maggior parte del carbonio sarà emesso nell’atmosfera come CO2 durante il processo di decomposizione degli alberi morti, contribuendo al riscaldamento climatico, mentre una modesta parte del carbonio sarà stoccata nei prodotti legnosi.

Nel periodo considerato dalla simulazione, all’aumentare dell’attacco da parte degli insetti, le foreste si trasformeranno quindi da un modesto accumulatore netto (+0.59 Mt C anno-1 nel periodo 1990-2002) in un emettitore (-17.6 Mt C anno-1 nel periodo 2003-2020) di carbonio. Nel 2009, in concomitanza con la massima espansione dell’insetto, sarà raggiunto un valore teorico massimo di emissioni di carbonio (-20 Mt C anno-1), paragonabile alle emissioni medie di carbonio dovute ad incendi verificatosi nel periodo 1959-1999 (-27 Mt C anno-1).

Ovviamente, per poter effettuare delle previsioni di lungo periodo è necessario considerare numerosi altri fattori complementari (aumento della temperatura e delle concentrazioni di CO2, effetto delle deposizioni azotate sulla produttività della foresta, effetti del cambiamento climatico sullo sviluppo di altri insetti competitori e/o di predatori, ecc.) e quindi le incertezze sono comunque ancora grandi. Senza dubbio, si deve considerare attentamente l’impatto dei disturbi naturali e quindi la capacità di immagazzinamento del carbonio da parte delle foreste boreali, qualora si applichino modelli ecosistemici a larga scala.

Ritornando al protocollo di Kyoto, abbiamo visto come una delle cause di questo evento naturale sia in qualche modo riconducibile al cambiamento del clima, verificatosi in alcuni anni; è interessante a questo punto osservare l’impatto di un evento di disturbo naturale di tali proporzioni su un tavolo di trattative politiche come quello legato al conteggio dell’immagazzinamento o delle emissioni di gas serra richiesto dall’UNFCCC.

In un altro recente articolo di Kurz e colleghi ([8]) si chiarisce come il Canada di fronte alla eventualità di veder trasformare le proprie foreste assestate (“managed forest”) da accumulatore in emettitore di carbonio, ha deciso di non eleggere, all’interno delle categorie previste dall’articolo 3.4 del protocollo di Kyoto, la gestione forestale rinunciando così alla possibilità di contabilizzare in queste foreste emissioni ed assorbimenti di gas serra avuti luogo dal 1990 e intenzionalmente causati dall’uomo. Di fatto, eleggere all’interno dell’art. 3.4 del protocollo di Kyoto la gestione forestale, significherebbe per il Canada dover considerare tutti gli eventi di disturbo, siano essi di origine naturale o antropica, come intenzionalmente causati dall’uomo e quindi obbligatoriamente inclusi nel conteggio dell’immagazzinamento o delle emissioni di gas serra.

Sebbene le foreste e la loro gestione possano costituire a livello nazionale o globale delle risorse importanti nel portafoglio della mitigazione del cambiamento climatico, è chiaro che le attuali regole di conteggio delle emissioni ed assorbimenti di gas serra non incoraggiano l’attuazione di gestioni forestali sostenibili che favoriscono la riduzione delle emissioni in paesi colpiti da disturbi naturali, come quelli descritti ([9]).

Di questi problemi e di come considerare la gestione forestale, inserita in un contesto nazionale, si dovrà quindi tenere conto nella stipula di nuovi accordi per la mitigazione del cambiamento climatico in uno scenario post-Kyoto.

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