The Inventory of Forest Carbon Stocks in the Province of Trento: some remarks on the sampling design and first comments on its results
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 195-200 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0530-0050195
Published: Jun 20, 2008 - Copyright © 2008 SISEF
Short Communications
Abstract
Multiple sampling designs are commonly used in forest inventory to combine information collected in very large first-phase samples using remote sensing (satelite or aerial images) with the field data collected on smaller sub-samples. In Italy, during the seventies, double sampling designs were used in some regional forest inventories and, later, multiple sampling was adopted for the second National Forest Inventory and for the Inventory of Forest Carbon Stocks (InFoCarb) in the Province of Trento (Central-Eastern Alps). In this paper the main aspects of the design adopted for InFoCarb are discussed and the results of this inventory are compared with those obtained from the NFI for the same area. The estimates for the above-ground phytomass and the annual increment produced by the two inventories do not differ significantly, while the forest area estimates are significantly different as a consequence of differences in the dates of orthophotos used for the photointerpretation and in the classification procedure.
Keywords
Forest inventory, Sampling design, Carbon stock, Trentino, Italy
Nel corso dell’ampio e articolato dibattito che ha accompagnato la recente ristrutturazione del programma di analisi delle risorse forestali degli Stati Uniti d’America, che è passato da un sistema multicentrico regionale e con diversa periodicità - fonte di grandi difficoltà nella formulazione di sintesi statistiche coeve e valide per l’intera nazione - ad un sistema unico in grado di fornire stime nazionali annuali e integrate con il programma di osservazione sulla salute degli ecosistemi forestali, sono stati pubblicate interessanti descrizioni dei vari approcci inventariali adottati nel tempo dalle diverse stazioni di ricerca forestale per gli stati di loro stretta competenza, tra le quali anche un’illustrazione storica degli schemi di campionamento impiegati nella progettazione degli inventari forestali ([7]).
Da quest’ultimo documento, che racconta le prime esperienze e l’evoluzione delle tecniche di rilevazione campionaria delle formazioni forestali distribuite sugli ampi territori nordamericani, emerge che con l’inizio degli anni Cinquanta si afferma uno degli schemi di campionamento di maggior successo nell’ambito degli inventari forestali, il “campionamento doppio per la stratificazione”. È del 1952, infatti, l’articolo in cui C. Allen Bickford illustra con gli opportuni dettagli questo schema di campionamento, che peraltro sembra essere già stato impiegato in alcune sperimentazioni inventariali negli stati del settore nord-orientale del Paese. Il disegno prevede l’impiego combinato di punti di sondaggio su foto aeree e di aree di saggio al suolo per stimare l’estensione delle formazioni forestali e i valori assunti dagli attributi quantitativi ad esse associati (numero di alberi, volume, incremento, ecc.); in questo senso, l’uso di punti osservati su foto aeree - per individuare gli strati campionari (aree omogenee per uso e copertura del suolo) e per stimare la loro estensione - unitamente all’individuazione e all’impiego di un sottoinsieme di questi punti a cui associare le aree di saggio a terra, hanno dato origine alla locuzione di “schema di campionamento doppio” ([2], [3]).
Le idee fondamentali di questo schema si basano su un contributo di J. Neyman del 1938 ([13]), rivolto alla teoria del campionamento delle popolazioni umane, e trovano una sistemazione teorica nella prima edizione del famosissimo trattato di W. G. Cochran, edito nel 1953 ([4]) e dedicato alla illustrazione formale delle principali tecniche di campionamento fino ad allora proposte. Negli anni successivi sono stati pubblicati diversi contributi che illustrano l’impiego di questo approccio campionario entro schemi più complessi, anche con più di due fasi campionarie, nei quali viene pure prevista la formazione di campioni costituiti da unità di osservazione individuate su immagini satellitari ([6], [12]). Ulteriori sviluppi, infine, sono indirizzati all’impiego del campionamento doppio nell’ambito di disegni inventariali che prevedono la ripetizione periodica e integrata delle rilevazioni campionarie al fine di stimare in modo efficiente le variazioni di consistenza delle risorse forestali intervenute tra le diverse occasioni di osservazione.
Tale schema campionario è stato poi impiegato in altri inventari forestali regionali nordamericani e soprattutto costituisce tuttora l’approccio campionario di base, pur con varianti operative e ampi gradi di libertà in alcuni aspetti operativi nelle varie regioni e stati, del sistema integrato di inventariazione forestale annuale dell’apposito programma statunitense ([1], [14]).
In Italia i principi del campionamento doppio per la stratificazione sono stati adottati a partire dalla fine degli anni Settanta nella formulazione progettuale di alcuni inventari forestali regionali. Purtroppo, la limitata qualità delle foto aeree disponibili a quel tempo per la prima fase campionaria e la conseguente difficoltà di definizione e di interpretazione su tali immagini di idonee classi di uso e di copertura del suolo di immediato interesse statistico e gestionale, unitamente all’onerosità a quel tempo delle procedure di navigazione e posizionamento dei punti di sondaggio al suolo e, non ultime, alle pesanti necessità finanziarie poste alle amministrazioni regionali dalla conduzione in tempi relativamente contenuti di questi progetti su ampie superfici, hanno costituito ostacoli rivelatisi talvolta insuperabili.
Forse i tempi non erano ancora maturi per l’adozione di tali schemi campionari entro progetti esecutivi e così pochissime sono le esperienze italiane che hanno prodotto per via campionaria statistiche affidabili e difendibili sulla consistenza e sullo stato delle foreste in ambito regionale (Fig. 1).
Negli anni Novanta la situazione appare radicalmente diversa, almeno per quanto riguarda gli strumenti tecnici e quindi le metodologie impiegabili. La disponibilità di ortofoto digitali, caratterizzate da idonei contenuti informativi e adeguate accuratezze geometriche, insieme alla possibilità di utilizzare sistemi satellitari per la navigazione e il posizionamento di precisione dei punti di osservazione al suolo, oltre alla possibilità di impiegare strumenti informatici di memorizzazione, trasferimento ed elaborazione delle informazioni acquisite, rilanciano considerevolmente l’impiego di quegli schemi di rilevamento campionario che combinano efficacemente le grandi quantità di osservazioni acquisite tramite immagini telerilevate con osservazioni su sottoinsiemi decisamente più contenuti di rilevamenti sul terreno (Fig. 2).
Fig. 2 - Vista primaverile della bassa Vallagarina (Trentino meridionale), con formazioni di latifoglie meso-termofile in basso e faggete in alto.
Tra questi schemi di campionamento il più noto e collaudato, il campionamento doppio per la stratificazione, è stato attentamente considerato, in alcune sue varianti operative, nello studio preparatorio per il secondo inventario forestale nazionale italiano ([10]) e, all’interno di uno schema trifasico, in un analogo progetto per la Regione Abruzzo ([11]). Con una formulazione molto interessante e innovativa, lo stesso viene anche adottato per la misurazione del carbonio stoccato nelle aree forestali della provincia di Trento, attivato nel 2001 e realizzato dal Centro di Ecologia Alpina ([15]). Pur nell’ambito di uno schema a tre fasi campionarie, del tutto analogo a quello proposto per la regione Abruzzo, l’approccio del campionamento doppio per la stratificazione caratterizza infine la procedura impiegata nel secondo inventario forestale nazionale ([5]), avviato nell’autunno del 2002 e realizzato dal Corpo Forestale dello Stato con la consulenza scientifica dell’ISAFA (ora Unità di ricerca per il monitoraggio e la pianificazione forestale del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura).
Riguardo al progetto sviluppato per le foreste trentine, varie sono le caratteristiche che lo rendono particolarmente interessante.
La prima, condivisa anche dal progetto di inventario forestale dell’Abruzzo e da quello nazionale, riguarda la distribuzione dei punti di sondaggio di prima fase che sono selezionati casualmente all’interno dei tasselli di territorio individuati da un reticolo regolare a maglie quadrate con lato di un chilometro (un punto per tassello). Il posizionamento casuale dei punti entro i tasselli, chiamato anche campionamento sistematico non allineato, permette il raggiungimento di stime con livelli di incertezza più contenuti rispetto ad uno schema distributivo completamente casuale e tale migliore efficienza è formalmente dimostrabile. Anche gli schemi sistematici perfettamente allineati possono risultare maggiormente efficienti rispetto a quello completamente casuale, come talvolta è stato osservato su base empirica, ma tale superiorità non è dimostrabile in modo formale.
La seconda caratteristica notevole della procedura adottata in Trentino attiene alle modalità di selezione dei punti di sondaggio al suolo, cioè al modo con cui viene scelto quel limitato sottoinsieme di punti che, classificati come appartenenti alle aree boscate in prima fase, devono essere rintracciati sul terreno per la misurazione degli attributi di interesse inventariale che sono - in questo caso - le quantità di carbonio presenti per unità di superficie nelle diverse componenti dell’ecosistema forestale. Spesso tale selezione avviene con criterio completamente casuale e a probabilità costante all’interno di uno o più strati che compongono la superficie territoriale in osservazione; nel caso trentino lo strato è unico (le aree forestali rispondenti ad una prefissata definizione) e le unità campionarie di seconda fase sono state individuate con un criterio di selezione a probabilità variabile e, più precisamente, con probabilità proporzionale alla quantità di carbonio “forestale” localmente presente. L’adozione di tale criterio, che porta ad una osservazione più accurata delle formazioni forestali a maggior contenuto di carbonio organico, è resa possibile da una conoscenza a priori della distribuzione territoriale della fitomassa arborea epigea - assunta come variabile guida - dovuta alle attività di pianificazione forestale che interessano praticamente tutte le formazioni forestali presenti sul territorio provinciale.
La terza caratteristica degna di particolare segnalazione riguarda la dimensione del campione di seconda fase. Dovendo essere localizzate con precisione sul terreno e rilevate secondo un protocollo di misurazione alquanto impegnativo, le unità campionarie di questa fase risultano in genere molto costose, per cui si tende a rilevarne solo lo stretto necessario. Le attività di osservazione nelle aree boschive, inoltre, sono spesso influenzate dalle condizioni ambientali, in particolare sull’arco alpino dove nel periodo invernale anche ampi tratti di territorio boscato diventano difficilmente percorribili. Con tali condizionamenti può allora risultare difficile stabilire la dimensione di tale campione ed essere nel contempo certi di riuscire a completare tutte le operazioni di rilievo al suolo previste prima dell’instaurarsi di condizioni climatiche sfavorevoli. Per non incorrere quindi in indesiderati ritardi nel rilevamento di campagna e tenere contemporaneamente sotto stretto controllo la rappresentatività statistica di ogni singola unità di campionamento, nell’inventario del carbonio forestale trentino è stata adottata una procedura di selezione sequenziale, che non necessita di un rigido dimensionamento campionario a priori e che permette comunque di formulare correttamente le stime desiderate sulla base delle osservazioni campionarie effettivamente concluse nel periodo utile al rilevamento in bosco previsto dal progetto.
Senza entrare in una descrizione dettagliata del volume di presentazione dell’inventario del carbonio forestale trentino, i suoi contenuti possono essere riassunti secondo una divisione in quattro parti principali. La prima, costituita dal secondo e terzo capitolo e dall’appendice 2, consiste in una illustrazione dei metodi e delle procedure adottati sia nella strutturazione dell’indagine campionaria sia nella pianificazione delle attività di fotointerpretazione delle immagini, di navigazione e posizionamento sul terreno e di rilevazione delle numerose variabili quantitative necessarie per la stima del contenuto di carbonio nelle diverse componenti degli ecosistemi forestali. Una seconda parte del documento, comprendente il quarto, il quinto e il sesto capitolo, è dedicata ad una illustrazione dei principali risultati ottenuti e ad un loro primo commento, in relazione sia alle varie componenti ecosistemiche considerate - fitomassa epigea, apparati radicali, lettiera e sostanza organica del suolo - sia ad alcune modalità di disaggregazione delle stime provinciali, quali sono ad esempio la forma di governo dei soprassuoli, la ripartizione amministrativa, il tipo di vegetazione forestale.
Una terza parte del documento è costituita dall’appendice 1, completamente dedicata all’impiego del telerilevamento nella realizzazione degli inventari forestali, in cui sono illustrati approcci operativi, tipi di informazioni coinvolte e tecniche di analisi dei dati utili al raggiungimento di stime di interesse inventariale forestale. La quarta e ultima parte (appendice 3) del documento in esame è formata dall’insieme delle tabelle riassuntive dei risultati prodotti con il progetto InFoCarb. Come indicato nel testo, questi risultati sono organizzati in diciotto tavole, ognuna delle quali riporta le stime del carbonio totale e della sua densità media per unità di superficie associate ad una o più componenti degli ecosistemi forestali, dette anche serbatoi forestali, e alle loro disaggregazioni per forma di governo, distretto forestale, classe altimetrica, classe attitudinale, categoria forestale e tipo di proprietà. Ovviamente sia le stime dei totali sia le stime dei valori medi sono accompagnate dalla loro incertezza campionaria, espressa in termini assoluti e relativi.
Lasciando al lettore interessato il piacere dell’individuazione e dell’interpretazione delle molte informazioni presenti in questo ricco documento, può essere qui interessante accennare ad alcune analisi per valutare in modo comparato le informazioni prodotte per il territorio provinciale e la loro valenza statistica, utilizzando i risultati dell’inventario forestale trentino e quelli proposti dall’inventario forestale nazionale, alcuni dei quali di recentissima pubblicazione ([9]).
Poiché quest’ultimo non ha ancora completato le procedure di osservazione di quelle grandezze necessarie alla stima della quantità di carbonio organico presente in alcune componenti degli ecosistemi forestali, in particolare quelle relative alla necromassa di piccole dimensioni, alla lettiera, alla fitomassa arborea ipogea e al suolo, per il momento possono essere sviluppati solo alcuni primi confronti, che riguardano essenzialmente l’entità del carbonio stoccato nella fitomassa arborea epigea, l’entità del carbonio assorbito annualmente da tale massa legnosa e ovviamente l’estensione delle aree boscate provinciali.
Per la fitomassa arborea epigea, l’inventario trentino propone una stima della quantità di carbonio stoccato pari a 30 420 839 Mg C (tonnellate di carbonio), a cui è associata una incertezza campionaria del 7.0 %. Dopo aver allineato il dato dell’inventario nazionale prodotto per il Trentino, sulla base del tasso di trasformazione da peso secco a contenuto di carbonio, si giunge per la stessa grandezza ad una stima di 29 531 267 Mg C, con un’incertezza campionaria del 4.3 %. Ipotizzando una distribuzione approssimativamente normale per entrambi gli stimatori, l’applicazione del noto test t di Student per valutare la differenza tra le due stime porta alla conclusione di accettazione dell’ipotesi nulla e cioè che la loro differenza non è significativamente diversa dallo zero, almeno al livello probabilistico del 95 %, avendo trovato un valore di t pari a 0.36.
Per la stessa fitomassa arborea epigea, l’inventario trentino propone anche una stima della quantità di carbonio assorbito annualmente, basata su osservazioni di accrescimento quinquennale, e questa risulta pari a 541 516 Mg C, con un coefficiente di variabilità del 14.0%. Con la necessaria operazione di allineamento sopra citata, a cui va aggiunta anche la trasformazione da volume fresco a peso secco, l’inventario nazionale porta per la stessa grandezza ad una stima pari a 642 597 Mg C, con un’incertezza campionaria del 4.2%. Con la stessa ipotesi di distribuzione approssimativamente normale dei due stimatori, anche in questo caso il valore calcolato per il t di Student, risultato pari a 1.26, determina l’accettazione dell’ipotesi che le due stime non siano statisticamente diverse con probabilità del 95%.
Diverso è il risultato qualora si confrontino le stime di estensione delle formazioni boscate ottenute per la provincia di Trento con le due indagini considerate. L’estensione stimata con l’indagine trentina risulta pari a 347 200 ettari, con un coefficiente di variazione di 1.1%, mentre quella stimata per il Trentino con l’indagine nazionale raggiunge i 375 402 ettari, con incertezza del 1.4 % ([8]). Con tali valori e nella necessaria ipotesi di distribuzione approssimativamente normale degli stimatori, il valore calcolato per il t di Student è pari a 4.34, per cui l’ipotesi che la differenza fra le due stime sia nulla va rifiutata con probabilità del 95%. Questo risultato non deve sorprendere più di tanto, considerando che per le due indagini sono stati impiegati diversi supporti ortofotografici (immagini a colori acquisite nel 1999 per InFoCarb e immagini B/N del 2003 per INFC) e anche procedure leggermente diverse di fotointerpretazione e di classificazione dei punti di sondaggio posizionati su tali supporti.
I pochi numeri qui evidenziati e i primi approfondimenti accennati permettono ovviamente solo di intravedere il dettaglio e la consistenza delle statistiche prodotte dal progetto di inventario del carbonio stoccato nelle foreste trentine e come questi risultati, sia da soli sia unitamente a statistiche prodotte da altre indagini basate anch’esse su rigorosi disegni campionari - quali sono quelle dell’inventario forestale nazionale -, possano fornire preziose indicazioni sull’entità delle incertezze che caratterizzano le diverse stime di interesse inventariale e sulle loro relazioni con le dimensioni dei campioni raccolti nelle varie fasi, creando così non solo informazioni statistiche valutabili e difendibili, ma anche conoscenze utili ad una migliore progettazione delle future indagini campionarie sulle risorse forestali del nostro Paese.
References
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