Science and policy must cooperate to face ozone impact on vegetation
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 5, Pages 273-279 (2008)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0544-0050273
Published: Oct 10, 2008 - Copyright © 2008 SISEF
Short Communications
Abstract
Ground-level ozone pollution is steadily increasing over the whole Europe and in particular in Italy. Ozone is well known for its negative impact on human health, ecosystems and cultural heritage. Scientists, policy-makers, environmental agencies, and local stakeholders should be called to a cooperative effort to improve environmental protection policies. Nevertheless, the European Commission has not funded any research project on ozone impact on plant ecosystems in the last five years, despite the standard set by the current regulation (Directive 2008/50/EC) is known to be inadequate to protect plants from ozone. The discrepancy between scientific results and policies for environmental research and protection was discussed at a round table organized by the project Interreg IIIB Vegetpollozone. The main weakness was found in a lack of proper communication between scientific and social actors. In order to cast a bridge between science and policy about ozone and vegetation, this document summarizes the main points of interest to environmental protection.
Keywords
Ground-level ozone, Tropospheric ozone, Communication, Vegetation
Introduzione
Anche se l’ozono (O3) continua ad essere l’inquinante di maggiore preoccupazione per le colture agricole, le foreste e la vegetazione naturale ([3], [10]), l’argomento sembra di scarso interesse per chi indirizza le politiche della ricerca, dato che non è stato inserito né nel VI né (finora) nel VII Programma Quadro di ricerca dell’Unione Europea. Questo disinteresse contrasta con il fatto che l’Unione Europea legifera in materia. Infatti, si è recentemente concluso il processo di revisione della normativa comunitaria riguardante la protezione della vegetazione dall’ozono (Direttiva Figlia per l’Ozono 2002/3/EC). I nuovi standard legislativi (Direttiva 2008/50/EC) sono tuttavia ancora basati su un indice di esposizione fondato solo sulla quantità di ozono presente in atmosfera (AOT40), nonostante la comunità scientifica internazionale sia concorde nel ritenerlo inadeguato (in quanto, a seconda delle situazioni ambientali, può sensibilmente sovrastimare o sottostimare il rischio reale) e suggerisca invece un indice basato sulla quantità di ozono effettivamente assorbita dalla vegetazione (flusso - [9], [11]).
Lo scollamento tra esigenze e risultanze scientifiche da una parte, e politiche per la ricerca e per l’ambiente dall’altra è stato oggetto di una tavola rotonda che si è tenuta a Torino il 22 Febbraio 2008, nell’ambito della giornata di studio “Effetti dell’ozono sulla vegetazione: monitoraggio, ricerca e politica nei paesi mediterranei”. Per migliorare le politiche ambientali, è necessario fornire informazioni affidabili nei tempi opportuni. Al fine di contribuire a colmare la mancanza di comunicazione sul tema ozono e vegetazione tra scienza e politica, o più in generale per passare dalla conoscenza all’azione, questo lavoro riassume alcuni punti chiave di potenziale interesse per tutte le parti interessate. Per favorirne la diffusione, questo documento è disponibile in italiano, inglese, francese e spagnolo (⇒ http://www.sisef.it/sisef/gdl.php?action=page&n=1&k=16).
Cos’è l’ozono?
L’ozono è un inquinante gassoso che presenta evidenti effetti tossicologici sull’uomo e gli organismi vegetali. L’ozono presente a livello della superficie terrestre (negli strati più bassi della troposfera), cioè nell’aria che respiriamo, non deve essere confuso con lo strato di ozono nell’alta atmosfera (stratosfera), che scherma la Terra dai raggi solari ultravioletti. Circa il 90% dell’ozono totale è nella stratosfera e il rimanente 10% nella troposfera. Ciò significa che l’aumento dell’ozono troposferico, o “cattivo”, non può compensare per la perdita di ozono stratosferico, o “buono”.
L’ozono si forma quando gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (COV), che costituiscono i cosiddetti “precursori dell’ozono”, reagiscono tra loro per effetto della radiazione solare. L’ozono è quindi un “inquinante secondario” in quanto non è emesso direttamente dalle fonti, come invece avviene per gli inquinanti “primari” (p.es., NOx e COV). Le principali fonti di precursori dell’ozono sono gli scarichi veicolari, gli impianti industriali e le centrali elettriche. Dato che la formazione di ozono richiede la luce solare, le maggiori concentrazioni si manifestano nella stagione estiva e in particolare durante periodi caldi e soleggiati. In genere, i valori aumentano durante il giorno e raggiungono il massimo nel primo pomeriggio. L’inquinamento da ozono è particolarmente elevato con condizioni meteorologiche di stabilità, quando la forte insolazione e l’alta temperatura durano più a lungo. Ad esempio, nell’estate del 2003 l’ondata di calore che ha investito l’Europa ha generato un inquinamento da ozono eccezionalmente elevato.
Perché l’ozono è pericoloso?
L’ozono superficiale è l’inquinante gassoso più preoccupante al mondo, perchè è molto tossico, molto diffuso e in continua crescita. Le concentrazioni medie nelle zone rurali d’Europa sono oggi triplicate rispetto all’età pre-industriale a seguito dell’aumento delle emissioni dei precursori. Dal 1990, comunque, l’emissione dei precursori nell’Unione Europea ha iniziato a diminuire (-36% ad oggi) grazie all’introduzione delle marmitte catalitiche nelle automobili e ad una nuova normativa per ridurre l’inquinamento atmosferico. Tuttavia, questo non si è tradotto in un’analoga diminuzione delle concentrazioni medie di ozono. Ciò è forse legato al fatto che la formazione di ozono dipende da processi chimici molto complessi, dal trasporto transcontinentale e dal cambiamento climatico e nell’uso dei suoli. Piogge più intense e brevi, e più lunghi periodi di siccità stanno modificando la stabilità atmosferica (e quindi il rimescolamento dell’aria e la conseguente concentrazione degli inquinanti al suolo), il numero di giorni di sole (aumentando il potenziale fotochimico di formazione di inquinanti secondari come le polveri fini e l’ozono), e il numero di giorni di pioggia (diminuendo cioè il “lavaggio” dell’atmosfera e quindi il tasso di rimozione degli inquinanti). L’aumento delle superfici artificiali (fabbricati, strade, infrastrutture) a scapito di quelle verdi (agricole e naturali) e il cambiamento della loro natura (per nuovi materiali edilizi di differente composizione e tessitura, per mutate pratiche agricole e selvicolturali, per il tipo di verde pubblico) possono alterare la capacità sink dell’ambiente (cioè il tasso di deposizione degli inquinanti per via chimica o fisica). Come risultato, comunque, i livelli di ozono continuano a superare i limiti stabiliti per la protezione della salute umana, degli ecosistemi e dei manufatti.
Le alte concentrazioni di ozono irritano le vie aeree, causano difficoltà di respirazione e danneggiano i polmoni; l’ozono può anche indurre attacchi d’asma. Si stima che l’esposizione all’ozono causi la morte prematura di circa 21 000 europei ogni anno ([7], [1]). L’Italia è il paese europeo più colpito, con 6 336 morti premature calcolate per l’anno 2000 ([5]). Alcune persone sono più vulnerabili di altre: bambini, asmatici e persone con altre malattie respiratorie sono i soggetti più a rischio.
L’ozono ha anche gravi effetti ecologici perché, danneggiando la vegetazione, riduce le rese agricole, minaccia la biodiversità, ha un impatto sui prodotti forestali (non solo legname) e sulle funzioni forestali di supporto (come la formazione del suolo), di regolazione (come la regimazione idrica) e turistico-ricreative (cioè di fruibilità del verde). Alcuni tipi di vegetazione e di individui vegetali sono più sensibili di altri. Perciò, sono stati stabiliti livelli critici differenziati per la protezione dei diversi tipi di vegetazione dall’ozono. Per esempio, la soglia di AOT40 per la protezione delle foreste è 5 ppm h, un valore superato in quasi tutta l’Europa meridionale e sull’intero territorio italiano ([5]). Un fenomeno interessante è il fatto che le concentrazioni di ozono più alte non vengono misurate in città, dove viene emessa la maggior parte dei precursori, ma nelle aree rurali, dove cresce la maggior parte della vegetazione. La ragione principale è che l’abbondanza di ossido nitrico prodotto dal traffico veicolare ostacola la formazione di ozono. Inoltre, l’ozono e i suoi precursori possono essere trasportati dal vento per centinaia di chilometri al giorno. L’inquinamento da ozono è pertanto più basso in città che in campagna. Nelle città, comunque, l’ozono si mescola con altri inquinanti formando il cosiddetto smog fotochimico.
L’ozono è un potente ossidante e pertanto corrode zinco, rame, bronzo, calcare, nickel, stagno, gomma e materiali plastici; molto preoccupante è quindi l’esposizione all’ozono degli edifici storici e monumentali. Ad esempio, in Italia il 34% e 97% del territorio è esposto ad un rischio di corrosione superiore al livello accettabile del calcare e del rame, rispettivamente ([12]).
A causa dei danni che induce, l’ozono produce quindi anche gravi effetti economici. I costi dell’inquinamento da ozono sono principalmente a carico dei servizi sanitari nazionali, degli agricoltori, dei forestali, dei servizi che si occupano di beni culturali, e - più in generale - della comunità nel suo complesso.
Perché le politiche ambientali globali dovrebbero occuparsi degli effetti dell’ozono sulla vegetazione?
L’ozono superficiale è un problema globale in quanto: (1) viene trasportato a grande distanza e quindi necessita di un coordinamento transnazionale nelle strategie di controllo delle emissioni dei precursori; e (2) causa effetti a livello planetario. Recentemente è stato dimostrato che l’ozono può essere trasportato da un continente ad un altro. Circa il 30% dell’ozono superficiale misurato in Europa arriva dal Nord America e dall’Asia ([6]). Perciò l’ozono è un inquinante prioritario nelle politiche che vogliono abbattere l’inquinamento transfrontaliero (UN/ECE Convention for Long-Range Transboundary Air Pollution - CLRTAP). L’ozono è anche un agente chiave del cambiamento climatico dato che è un importante gas serra, subito dopo l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4 - United Nations Framework Convention on Climate - UNFCC). A causa dell’ampia diffusione e degli effetti tossici, l’ozono riduce la vitalità degli ecosistemi forestali globali limitandone la crescita, causando danni visibili e perdita di foglie e quindi ostacolando la gestione sostenibile delle foreste (Ministerial Conference on the Protection of Forests - MCPFE). L’ozono contrasta il sequestro del carbonio operato dalla vegetazione ed è quindi importante per le politiche sui serbatoi di carbonio (Protocollo di Kyoto) e sulla gestione dei biocarburanti (p.es., Direttiva sui Biocarburanti 2003/30/EC). Poiché danneggia la regimazione delle acque operata dalle piante, è un fattore importante ai fini della protezione del suolo da alluvioni e desertificazione (United Nations Convention to Combat Desertification - UNCCD). Dato che i suoi effetti sono diversi a seconda della specie vegetale e della singola pianta, l’ozono influisce anche sulla competizione tra piante e sulla biodiversità (United Nations Convention on Biological Diversity - CBD).
Perché le politiche ambientali locali dovrebbero occuparsi degli effetti dell’ozono sulla vegetazione?
L’ozono superficiale è anche un problema locale, non solo perchè la soluzione dei problemi globali passa attraverso le azioni locali, ma anche perchè l’ozono influisce sull’ambiente e sulle economie locali. Le stime attuali indicano che l’ozono sta riducendo la produttività forestale dell’1-10% ([2]) e quella agraria perfino del 30% nelle aree più inquinate ([4]), con evidenti ricadute sull’economia agraria e forestale di una regione, che si aggiungono ad altri effetti ambientali (riduzione degli altri prodotti forestali e della biodiversità, cambiamento nella qualità dei prodotti agricoli, riduzione della capacità di protezione idrogeologica, riduzione della fruibilità sociale dell’ambiente) di difficile quantificazione economica. Gli Enti locali devono quindi tenere conto degli effetti negativi dell’ozono, gestire l’uso del suolo e l’adattamento ai cambiamenti climatici in modo scientificamente corretto, valutare l’impatto dell’ozono sulla capacità di stoccaggio del carbonio degli ecosistemi (protocollo di Kyoto), ed inoltre devono provvedere all’applicazione e al rispetto delle leggi in materia. Definire gli effetti dell’ozono sulla vegetazione è utile al controllo, e quindi al contenimento, dell’ozono nell’aria: garantisce un elevato livello di protezione dell’ambiente e favorisce anche le procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, perché permette di seguire l’evoluzione dello stato dell’ambiente nel corso del tempo, consente di stabilire l’eventuale risarcimento in caso di danno ambientale e di operare correttamente per la prevenzione o il ripristino ambientale. Il monitoraggio della vegetazione permette anche di valutare l’efficacia a lungo termine delle misure temporanee adottate localmente per contenere i superamenti dei valori soglia in atmosfera. Inoltre, caratterizza la rappresentatività dell’area, che è uno dei criteri per l’ubicazione dei siti di campionamento per la misurazione continua da rete fissa. Nelle aree remote, dove non esiste la possibilità di installare una rete di centraline automatiche di rilevamento della qualità dell’aria, il monitoraggio degli ecosistemi vegetali permette di determinare la presenza di livelli tossici di ozono. Un ulteriore vantaggio è rappresentato dal fatto che si fornisce uno strumento essenziale per politiche agricole di adattamento basate sulla scelta di specie e varietà colturali più resistenti all’azione dell’ozono.
Dato che la vegetazione è più sensibile all’ozono degli esseri umani, il monitoraggio degli ecosistemi fornisce informazioni sui possibili effetti sulla salute umana, prima che questi si verifichino. Studiare il collegamento tra impatto dell’ozono sull’uomo e sulla vegetazione è dunque di importanza prioritaria.
Infine, dato che gli scienziati stanno promuovendo un nuovo approccio per la protezione degli ecosistemi, è opportuno che anche gli Enti locali partecipino al dibattito, per anticipare i tempi e non farsi trovare impreparati all’applicazione delle nuove norme UE.
Come viene percepito l’impatto dell’ozono sugli ecosistemi vegetali?
La sensibilità sociale verso il problema dell’inquinamento da ozono è indubbiamente cresciuta negli ultimi anni. Tuttavia, gli effetti dell’ozono sulla vegetazione non vengono considerati come un problema prioritario. Esempi passati (anidride solforosa, piogge acide, UV-B) hanno invece evidenziato come alcuni problemi, se presentati con un certo impatto, possano essere risolti tramite interventi politici fondati su una robusta base scientifica. Purtroppo il fenomeno ozono è, ancora oggi, ampiamente sottovalutato. Questo è probabilmente dovuto alla sua natura “secondaria”, in quanto non è possibile misurarne direttamente e quindi controllarne le emissioni (come per tutti gli altri inquinanti) ed è difficile misurarne gli effetti (dato che non si accumula nei tessuti). In molti casi, si ignorano le conseguenze ambientali dell’ozono troposferico e, in alcuni casi, viene addirittura confuso con l’ozono stratosferico.
La percezione del problema ozono e vegetazione è comunque diversa a seconda dei Paesi. Nell’area mediterranea, che in Europa è la più a rischio, le amministrazioni e la popolazione spagnole sono a conoscenza del problema; anche in Francia le amministrazioni conoscono il problema, ma temono che divulgarlo sia controproducente dal punto di vista economico; in Italia il problema è ancora poco conosciuto e sentito sia a livello di popolazione, sia di amministratori locali e politici, sia di scienziati non direttamente coinvolti sull’argomento.
È possibile misurare gli effetti che l’ozono induce negli ecosistemi vegetali in campo?
È certo che l’ozono causi effetti sulla vegetazione, come è stato determinato attraverso l’analisi delle relazioni dose-risposta in condizioni controllate, ma è difficile misurarne gli effetti in condizioni reali, a causa dei molti altri fattori ambientali che interagiscono con l’ozono nel determinare le risposte vegetali. Al momento la scienza non è ancora in grado di quantificare gli effetti dell’ozono su crescita e defogliazione in campo. Sono però disponibili analisi statistiche, che possono portare a stimare l’effetto dell’ozono in termini probabilistici, ed applicazioni modellistiche. Tuttavia, i dati ottenuti in esperimenti controllati vanno estrapolati con cautela, in quanto in campo le condizioni sono assai diverse, sia per quanto riguarda la scala ecologica che quella spaziale e temporale. L’evoluzione di appropriate tecnologie permette oggi di esporre piante adulte a concentrazioni predeterminate di ozono in pieno campo, cosa impensabile fino a pochi anni fa, e consentirà quindi di ottenere in tempi brevi risultati realistici da utilizzare in modelli di crescita, anche al fine della valutazione della capacità di sequestro del carbonio, della protezione idrogeologica, della pianificazione dei programmi di sviluppo agricolo e di assestamento forestale, e della gestione delle aree protette. Per migliorare la capacità di previsione degli effetti in condizioni realistiche, è anche fondamentale migliorare il collegamento tra ricerca e monitoraggio, e garantire dati inventariali di qualità.
I sintomi fogliari visibili rappresentano il più semplice indicatore di un impatto dell’ozono in condizioni di campo (Fig. 1). Anche questo settore è comunque suscettibile di ulteriore miglioramento scientifico. Basti pensare che fino a due decenni fa non si riteneva possibile distinguere i danni visibili indotti dall’ozono sulla vegetazione naturale in campo da quelli causati da altri agenti.
Fig. 1 - Sintomi visibili di danno da ozono su specie spontanee e coltivate (Ailanto, Acero e Fagiolo).
Perché politici e scienziati hanno difficoltà a lavorare insieme sul problema ozono e vegetazione?
L’ozono non è ancora avvertito come emergenza, e spetta agli scienziati il compito di informare correttamente i decisori politici a livello nazionale e locale. Anche le agenzie ambientali hanno precise responsabilità nell’implementazione delle direttive europee in materia, monitorando l’osservanza dei valori guida e limite, e sono pertanto chiamate ad interagire con gli scienziati da un lato e gli amministratori di governo dall’altro.
Un’altra criticitàè la divergenza tra quanto dettato dalle normative e la realtà scientifica. Ad esempio, gli scienziati sono oggi concordi nel considerare l’indicatore di esposizione AOT40 come una variabile non sempre adeguata a definire il rischio di un effetto dell’ozono sulla vegetazione. Per le amministrazioni, questa informazione non è di interesse, perché sono tenute a rispettare la normativa basata invece sull’AOT40. Per i decisori politici dell’area mediterranea, al contrario, questa informazione dovrebbe essere di interesse: sostituire questo indice inadeguato con uno più consono alla realtà ambientale mediterranea permetterebbe di limitare i superamenti dei limiti normativi. Si tratta però di un processo che richiede sforzi e tempi adeguati e che implica un costante senso di responsabilità politica e la volontà di guardare anche al medio-lungo periodo.
La mancanza di dialogo tra scienza e politica a livello nazionale si riflette anche nella costruzione delle strategie di ricerca nei Programmi Quadro dell’Unione Europea. La Commissione Europea finanzia la ricerca degli Stati Membri tramite i Programmi Quadro (PQ) la cui durata è di qualche anno. Periodicamente vengono aperti i termini per la presentazione di proposte progettuali. I progetti devono riguardare le tematiche elencate nel Programma, che sono elaborate dalla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea. Per questa elaborazione, la Commissione viene assistita da delegati dei Paesi Membri, che possono essere sia scienziati di spicco sia funzionari dei ministeri della ricerca. Le tematiche oggi prioritarie sono: nanotecnologie, trasporti, ed energia. L’ambiente si trova in posizione intermedia, ma è dal 2002 che non viene proposta la tematica relativa agli effetti ambientali dell’ozono. Il negoziato è in corso. È quindi fondamentale comunicare l’importanza dell’argomento “ozono-vegetazione” perché venga inserito fra le tematiche prioritarie.
Il principale problema da affrontare è quindi la comunicazione. Spesso, gli scienziati non riescono a semplificare idee e concetti, e a farne avvertire le ricadute. I mass media potrebbero essere di grande aiuto, ma il giornalismo scientifico in Italia non è diffuso come in altri paesi. Per comunicare in maniera efficace è necessario focalizzare il nucleo del problema, tradurlo in termini propositivi (senza creare allarme, ma anche senza minimizzare) e trasmetterlo in modo chiaro. I politici chiedono infatti risposte chiare ed utili alla soluzione dei problemi. Affrontare i problemi posti dall’ozono all’ambiente richiede l’impegno di tutti i soggetti interessati alla protezione dell’ambiente: la gente, gli scienziati, le associazioni ambientaliste, gli amministratori ed i decisori politici. Anche se le amministrazioni locali fossero restie ad acquisire informazioni che confermino l’inquinamento della loro aria, la mancanza di sensibilità ambientale non paga in termini politici, perché la gente è sempre più attenta, competente ed esigente. Emblematico è il caso del Ticino (Svizzera) nei cui boschi a metà degli anni ’90 furono individuati gravi danni da ozono: i ricercatori svizzeri scoprirono che l’inquinamento veniva (e viene) dalla zona di Milano. In seguito a queste sollecitazioni, la Regione Lombardia ha avviato un programma di studi che sta contribuendo a limitare il problema e a definire politiche di adattamento.
Cosa possiamo fare per risolvere i problemi che l’ozono pone all’ambiente?
A livello individuale, ogni cittadino può impegnarsi in uno stile di vita rispettoso dell’ambiente, limitando le attività che producono inquinamento, e può richiamare le autorità locali e nazionali al medesimo rispetto, attraverso l’esercizio consapevole del consenso.
Gli scienziati devono impegnarsi nella divulgazione, dare concretezza ai loro risultati, e analizzare il problema ozono nel contesto delle altre emergenze ambientali. È necessario che la ricerca sia applicata e sia utile ai politici; inoltre la ricerca deve essere integrata e in accordo con le esigenze delle amministrazioni e con le linee guida normative; infine è necessario collaborare con altri gruppi di ricerca per ampliare il ventaglio delle proprie competenze. Società scientifiche come SISEF, IUFRO, RIO3VEG, sono attive nel supportare la divulgazione e l’integrazione.
Oltre a fornire le informazioni richieste dalle attuali normative, le autorità locali devono gestire l’ambiente in modo scientificamente corretto, sostenere le conoscenze presenti sul territorio al fine di non disperdere le professionalità acquisite, incoraggiare il raggiungimento di una massa critica di esperti, e stimolare lo scambio di informazioni valide dal punto di vista scientifico.
A livello nazionale, deve essere disegnata una strategia di studio proponendo attività sperimentali e di monitoraggio tra loro coordinate in modo da favorire la complementarietà e la concretezza dei risultati.
A livello internazionale, al fine di prevedere il rischio legato all’esposizione all’ozono della vegetazione, è necessario far ricorso ad un nuovo approccio basato sull’assorbimento di questa sostanza piuttosto che sull’esposizione della vegetazione alle concentrazioni atmosferiche di ozono. A tal fine, è necessario che la Commissione Europea includa questo argomento nel VII PQ, come da più parti raccomandato (vedi [8]).
Conclusioni
Gli scienziati sono a conoscenza dei rischi che l’inquinamento da ozono pone all’ambiente e devono pertanto impegnarsi maggiormente nella comunicazione e nella sensibilizzazione dei decisori politici e dell’opinione pubblica, perché soltanto coinvolgendo tutte le parti interessate è possibile affrontare questa emergenza con gli strumenti rigorosi che solo la scienza è in grado di offrire. Non dimentichiamo che altre gravi emergenze ambientali, come quelle della piogge acide e del “buco” dell’ozono stratosferico, sono state risolte con successo grazie ad una stretta cooperazione tra scienza e politica.
Ringraziamenti
La giornata di studio è stata organizzata nell’ambito del progetto Interreg IIIB - Medocc VegetPollOzone “Cooperazione transnazionale: danni da ozono sulla vegetazione. Comunicazione e sensibilizzazione degli attori pubblici a questa problematica”, con il patrocinio del gruppo di lavoro SISEF “Inquinamento e Foreste” e della Rete Informativa su Ozono e Vegetazione (RIO3-VEG). Si ringraziano: la Regione Piemonte, per aver ospitato la riunione; l’ADEME, per aver coordinato il progetto VegetPollOzone; i partner di VegetPollOzone, per la fruttuosa collaborazione; Nicla Contran, per l’aiuto dato alla stesura di questo documento; Gianni Della Rocca, per la traduzione in spagnolo; gli oratori e tutti gli intervenuti, per aver contribuito alla discussione. Un ringraziamento particolarmente sentito va a Franca De Ferrari, per aver curato tutti gli aspetti logistici con la solita semplicità ed efficienza.
References
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