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Characterization of Rosaceae tree species in a young Turkey oak-dominated coppice forest

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 6, Pages 289-298 (2009)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0592-006
Published: Sep 18, 2009 - Copyright © 2009 SISEF

Research Articles

Abstract

First results of a trial carried out in an experimental area (“Comunità Montana Colline Metallifere”, Tuscany). After coppicing (winter 1998-1999), 77 Sorbus torminalis, Sorbus domestica and others valuable tree species were released on the whole of 220 standard trees per hectare. Aim of the present study was to estimate the opportunity to produce valuable timber from standards of sporadic tree species living into coppice forests. A research trial aimed at evaluating stem and crown quality as well as radial growth of standards after coppicing was carried out in an area 3 hectares wide. Wild service tree, Service tree and Turkey oak trees were analysed. Seven years after coppicing, the growth pattern of the different species, was also analysed by means of two structural transects. In the early phase after coppicing, root and stump suckers of both Sorbus species (especially Service tree) are able to compete with Turkey oak sprouts as for height growth. In the following stage, the social regression of Sorbus trees is easily foreseeible because of the high competitive ability of Quercus. The good stem and crown shaping showed to be characters owned by a few Sorbus standards only. These were characterized as the largest-sized and early well-crown shaped trees. The same trees showed the highest dbh growth and developed few epicormic branches. A better targeted selection rule of valuable timber tree species to build up the standards’ stock is the recommended practice to improve forest biodiversity, as well as to create an economically important additional option to firewood, usually produced in these coppice forests.

Keywords

Turkey oak coppice forests, minority tree species, standards’ stock, wild service tree, service tree, valuable timber production

Introduzione 

Alla famiglia delle Rosaceae appartengono numerose specie; fra quelle a portamento arboreo ce ne sono alcune ad elevato potenziale ecologico e produttivo come quelle dei generi Sorbus, Prunus, Pyrus e Malus ([16], [18], [11]).

L’interesse per le Rosacee arboree nei boschi della Toscana deriva dalle loro elevate potenzialità produttive, ecologiche ed ambientali e dalla loro significativa presenza che risulta meno sporadica di quanto comunemente ritenuto. Queste specie appartengono infatti al gruppo delle latifoglie nobili, dalle quali è possibile ricavare legname pregiato ([16], [10]); hanno inoltre una rilevante importanza ecologica per la produzione di frutti appetiti dall’avifauna e una spiccata valenza paesaggistica per le belle fioriture primaverili e le colorazioni autunnali delle foglie.

La loro presenza (Sorbus spp., Prunus avium, Pyrus pyraster e Malus sylvestris) è stata stimata dall’Inventario Forestale della Toscana ([13]) in circa 41 milioni di individui, il 50% dei quali rappresentato dai sorbi (che nell’Inventario sono raggruppati insieme). Considerando la loro distribuzione nei diversi strati inventariali, si può osservare che sono presenti prevalentemente nei cedui produttivi e in particolare in quelli dominati dal cerro.

A partire dagli anni ’70 del secolo scorso si è cominciato a rilasciare, nei cedui quercini, un numero sempre maggiore di matricine, arrivando progressivamente a densità di 200 e talvolta più piante ad ettaro ([21]), determinando così problemi nella gestione del ceduo ([3], [5]). Ancora oggi tale tendenza non è stata frenata dal Regolamento Forestale della Toscana ([23]) dove si stabilisce, nel ceduo semplice (matricinato), solo una soglia minima di matricine (60 ha-1) senza considerare gli effetti negativi di un numero eccessivo delle stesse. La questione ceduo-matricine è sempre stata molto dibattuta, anche nel passato, ma quello che ne scaturisce è una scarsa attenzione verso questa forma di governo a favore di una conversione all’alto fusto, senza considerare le importanti caratteristiche di stabilità fisica e biologica dei popolamenti cedui ([27]) e l’importanza dal punto di vista economico che assumono ancora oggi in alcune regioni italiane ([9]). All’elevata matricinatura si è poi sommato l’effetto dovuto all’allungamento dei turni - provvedimento importante per il miglioramento delle condizioni di fertilità del ceduo, se le indicazioni per la specie non venissero spesso abbondantemente superate - che ha portato all’aumento della mortalità delle ceppaie e al cambiamento nella composizione specifica a favore delle specie tolleranti l’ombra ([4]).

Il cambiamento delle modalità di gestione del ceduo ha penalizzato le specie più esigenti di luce (perastro e sorbo domestico) mentre, specie più tolleranti dell’ombra almeno nella fase giovanile, come il ciavardello, si sono meglio conservate. Comunque la tradizione di rilasciare le Rosacee arboree per motivi venatori e la loro buona capacità di rinnovazione agamica hanno permesso di conservarne la presenza nei nostri cedui pur relegandole nel piano dominato o codominante. Nelle fustaie transitorie e nei cedui invecchiati periodi di competizione più lunghi hanno determinato un’ulteriore regressione in particolare delle specie più eliofile. Al momento del taglio di avviamento raramente si riscontrano individui di buona forma meritevoli di essere allevati. Inoltre la selvicoltura generalmente applicata è orientata principalmente a favorire le specie principali e meno a valorizzare le potenzialità delle altre specie. Diradamenti anche di intensità medio-forte, dal basso o misti, favoriscono il rapido sviluppo delle specie principali del piano dominante ma non garantiscono un sufficiente spazio vitale per lo sviluppo delle specie sporadiche. Per favorire queste sono necessari interventi specifici intorno a singoli individui con diradamenti che localmente riducano fortemente la concorrenza delle specie principali, liberando la chioma delle specie sporadiche ([16], [24])

La tutela di queste specie è stata recentemente affrontata dalla Regione Toscana: il primo provvedimento è stato l’articolo 12 “Tutela della biodiversità” del Regolamento Forestale della Regione Toscana ([23]) dove si sancisce l’obbligo di rilascio delle piante sporadiche (elenco di 22 specie nel quale sono incluse Malus spp., Pyrus spp., Prunus, Sorbus spp.), qualora queste siano presenti in numero inferiore a 20 ha-1 (per singola specie) e abbiano un diametro superiore a 8 cm a m 1.30 da terra. Successivamente, le indicazioni selvicolturali relative a queste specie sono state divulgate con la pubblicazione del volume: “La selvicoltura delle specie sporadiche in Toscana” ([16]), frutto di un’importante raccolta di esperienze centro-nord europee (principalmente Francia e Germania) ed italiane di gestione del bosco, volte a valorizzare i singoli individui. Infine il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Toscana nella misura 122 “Migliore valorizzazione economica delle foreste” finanzia la realizzazione di interventi di “selvicoltura d’albero” a favore di alcune specie (fra queste ciliegio, sorbi, meli e peri); tali interventi sono finalizzati a migliorare la produzione di pregio, la multifunzionalità e le potenzialità produttive dei popolamenti ([17]).

Partendo da queste considerazioni, è stata avviata una prima sperimentazione in un giovane ceduo di cerro della Comunità Montana delle Colline Metallifere utilizzato nel 1999, caratterizzato da un’elevata presenza di Rosacee arboree ([20]). Nel popolamento, tali specie sono presenti come matricine, giovani polloni (prevalentemente di origine radicale) e solo sporadicamente come giovani plantule nate da seme. Con questo contributo, si vogliono descrivere le caratteristiche dendro-strutturali di questo popolamento, valutare le caratteristiche delle matricine, il loro accrescimento e la loro risposta al taglio del ceduo.

Materiali e Metodi 

Il popolamento oggetto dell’indagine è un ceduo di cerro, ubicato in località Fontalcinaldo (Comune di Montieri - GR), rientrante nella particella B10 del piano di assestamento ([7]), sezione “Bandite di Follonica”. L’indagine è stata realizzata in un’area di 3 ha posta ad un altitudine di 530-590 m s.l.m. ed esposizione nord. Secondo la “Carta dei suoli della Toscana” (http://sit.lamma.rete.toscana.it/websuoli/), a scala 1:250.000, l’area è caratterizzata principalmente da suoli appartenenti all’unità cartografica “Castiglion del bosco” (CBO1, Soil Region 60.4) con substrato di argilloscisti siltosi (“galestri”) con calcarei silicei (palombini) ed in subordine arenarie calcaree. Da questo si originano suoli riconducibili ai “typic ustorthents loamy-skeletal, mixed, calcareous, mesic, shallow” poco profondi a profilo A-AC-Cr-(R) soggetti ad erosione idrica da moderata a forte, di tipo per lo più incalanato e crinali arrotondati decisamente smantellati. Secondariamente si possono trovare suoli dell’unità cartografica Larderello (LRD1, sempre della stessa Soil Region). Dai dati termopluviometrici della stazione di Massa Marittima (370 m s.l.m.), risulta un regime pluviomerico tipicamente mediterraneo: media annua di 942 mm e 105 giorni di pioggia. La temperatura media annua e le temperature medie del mese più caldo e di quello più freddo sono rispettivamente di:14.5, 23.5 e 6.1°C. Secondo il sistema di Thornthwaite il clima è umido, con moderata siccità estiva, secondo un’efficienza mesotermica e termico-estiva del 50% (B1sB′2b′4) e una piovosità media annua di 942 mm ([1]). L’aspetto peculiare di questo popolamento sta nella scelta avvenuta al momento dell’utilizzazione (inizio 1999) di rilasciare, oltre alle matricine di cerro (Quercus cerris L.), anche numerose matricine di sorbo domestico (Sorbus domestica L.), ciavardello (Sorbus torminalis (L.) Crantz), perastro (Pyrus piraster Burgsd.), melo selvatico (Malus sylvestris Miller) e pochi esemplari di ciliegio (Prunus avium L.). Complessivamente sono state rilasciate circa 220 matricine ad ettaro di cui 77 Rosacee arboree.

Caratteristiche dendrometriche e strutturali del popolamento

Le caratteristiche dendro-strutturali del popolamento, dopo 7 anni dall’utilizzazione, sono state valutate mediante la realizzazione di due falsi transect di struttura (Fig. 1) di 500 m2 (50 x 10 m) ubicati in zone a differente fertilità e composizione arborea. Il transect 1 (T1) si colloca nella parte più alta dell’area caratterizzata da una maggiore pendenza e quindi da uno strato di sostanza organica più sottile a causa del forte dilavamento. Le caratteristiche complessive del popolamento sono state calcolate mediando i valori dei due transect. Per ogni pianta sono stati misurati: diametro a 1.3 m, altezza totale, inserzione e proiezione della chioma (su quattro raggi). Per le ceppaie, oltre al diametro e all’altezza del pollone dominante, è stata rilevata la proiezione della chioma dell’intera ceppaia, il numero totale dei polloni ed il numero di quelli d’altezza maggiore dei 2/3 di quella del pollone dominante ([3]).

Fig. 1 - Mappa rosacee. Posizione dei transect di struttura 1 e 2, rispetto all’andamento delle curve di livello tracciate per l’intera area sperimentale, e delle matricine di specie diverse dal cerro.

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Caratteristiche delle matricine di Rosacee arboree e loro risposta al taglio

Sulle matricine di rosacee sono stati effettuati, nel 2002 e nel 2006, rilievi su: diametro, altezza e caratteristiche qualitative del fusto e della chioma. Le caratteristiche del fusto sono state classificate secondo 3 categorie: 1 cattiva - utilizzabile solo come legna da ardere; 2 media - fusto corto e con difetti, per assortimenti da opera di scarsa qualità; 3 buona - adatta alla produzione di pregio. Per quanto riguarda le chiome sono stati rilevati: ampiezza, altezza, stato fito-sanitario (compresi: cima secca, rami morti, chioma deperiente) e valutate sinteticamente la qualità (1 scarso; 2 medio; 3 buono sviluppo) e la profondità della chioma (<40%, 40-60%, >60% dell’altezza totale) secondo modalità precedentemente adottate ([20]). È stata inoltre osservata la presenza/assenza ed il grado di sviluppo dei rami epicormici secondo la seguente classificazione: 0, assenti; 1, presenti su una ridotta superficie del fusto e di scarso vigore; 2, presenti su circa metà fusto e di medio vigore; 3, presenti su una superficie superiore alla metà del fusto e molto vigorosi. A partire dalle osservazioni più recenti è stata verificata, con il test del χ2, la presenza di relazioni fra i diversi parametri analizzati. Le osservazioni sono state indirizzate su sorbo domestico e ciavardello per le migliori potenzialità e caratteristiche fenotipiche (in particolare del fusto) mostrate da queste specie rispetto al perastro e al melo selvatico.

Accrescimento diametrico delle matricine

È stata inoltre condotta un’indagine per valutare l’accrescimento diametrico delle matricine prelevando carotine da un totale di 30 piante, equamente distribuite tra le tre specie (sorbo domestico, ciavardello e cerro). Per ogni matricina campionata, sono stati effettuati due carotaggi ortogonali prelevati ad un altezza di 50 cm. Le carote sono state levigate aumentando progressivamente la finezza della grana ottenendo così una superficie il più possibile liscia e leggibile ([22]), anche se non sempre tali accorgimenti sono stati sufficienti per facilitare la lettura. La misurazione degli incrementi e l’elaborazione dei dati sono stati effettuati tramite l’utilizzo del dendrocronografo SMIL 3.1 e del programma Anafus ([15]). In fase di elaborazione dei dati si è provveduto quando possibile (buona lettura di entrambe) a mediare gli incrementi delle due carotine della stessa pianta, tenendo distinte le matricine di turno diverso. Considerate le difficoltà riscontrate nella lettura incrementale dei due sorbi e le differenze d’età fra quest’ultimi (prevalentemente matricine di due turni) ed il cerro (prevalentemente matricine di un turno), le piante analizzate sono state: 6 di sorbo domestico, 5 di ciavardello e 3 di cerro, prendendo in considerazione solo le matricine di due turni.

Risultati e Discussione 

Caratteristiche dendrometriche e strutturali del popolamento

Il popolamento oggetto dell’indagine presenta una densità di circa 2790 ceppaie di specie arboree ad ettaro (Tab. 1, Tab. 2), di cui il 68% rappresentato dalle specie quercine (cerro, roverella e, in misura minore, leccio), il 24% dalle latifoglie nobili (sorbo domestico, perastro, ciavardello e ciliegio) e l’8% da altre specie: acero campestre (Acer campestre L.), orniello (Fraxinus ornus L.), ciliegio, faggio (Fagus sylvatica L.) e carpino bianco (Carpinus betulus L.). Complessivamente, si riscontrano 220 matricine ad ettaro costituite in maggioranza da cerro, ma con una presenza rilevante di rosacee arbore. La componente arbustiva occupa il piano inferiore del soprassuolo ed è ancora ben rappresentata (1520 ceppaie/ha), con presenza di ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius L.), erica arborea (Erica arborea L.), biancospino (Crataegus monogyna L.), prugnolo (Prunus spinosa L.), erica scoparia (Erica scoparia L.) e corniolo (Cornus mas L.).

Tab. 1 - Transect 1, principali caratteristiche dendrometriche. Ac: acero campestre; Fo,:orniello; Pa: ciliegio; Py: perastro; Qc: cerro; Qp: roverella; Sd: sorbo domestico; St: ciavardello; pol.D: pollone dominante; HD: altezza dominante; cep.: ceppaia; cop.: copertura.

Specie Ceppaie Polloni Polloni
>2/3 HD
Matricine
n/ha % n/ha n/ cep. Hm pol.D (m) dev. st (±) Dm pol.D (cm) dev. st (±) n/ha n/ cep. n/ha Hm (m) Dg (cm) g/ha (m2) cop. (%)
Ac 260 10 1140 4.3 2.8 0.9 1.5 0.6 480 1.8 - - - - -
Fo 40 1 300 7.5 4.0 0.3 2.3 0.3 180 4.5 - - - - -
Pa 40 1 40 1.0 2.4 0.1 1.4 0.1 1 1.0 - - - - -
Py 360 13 2140 5.9 2.5 0.6 1.6 1.4 660 1.8 20 6.6 9.8 0.15 1.9
Qc 1780 59 11460 6.4 3.6 1.1 2.9 2.0 2920 1.6 100 13.9 17.6 2.42 9.3
Qp 120 4 800 6.7 2.9 0.7 1.9 1.2 300 2.5 - - - - -
Sd 180 6 480 2.7 3.4 0.8 1.8 0.8 240 1.3 60 12.3 13.2 0.82 5.3
St 160 5 800 5.0 2.0 0.5 1.0 0.6 360 2.3 40 11.6 16.8 0.89 4.7
Totale 2940 - 17120 5.5 - - - - 5140 2.3 220 - - 4.28 21.7

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Tab. 2 - Transect 2, principali caratteristiche dendrometriche. Fs: faggio; Qi: leccio; Cb: carpino bianco; per le altre abbreviazioni vedi Tab. 1)

Specie Ceppaie Polloni Polloni
>2/3 H D
Matricine
n/ha % n/ha n/ cep. Hm pol.D (m) dev. st (±) Dm pol.D (cm) dev. st (±) n/ha n/ cep. n/ha Hm (m) Dg (cm) g/ha (m2) cop. (%)
Ac 20 1 20 1 4.1 0.0 2.5 0.0 20 1.0 - - - - -
Cb 20 1 400 20.0 4.2 0.0 2.1 0.0 80 4.0 - - - - -
Fo 40 2 60 1.5 2.4 1.1 1.2 0.8 40 1.0 - - - - -
Qc 1820 69 11400 6.3 3.8 1.3 2.8 1.5 3380 1.9 140 12.3 13 1.86 17.7
Qp 20 1 20 1.0 3.8 0.0 2.5 0.0 20 1.0 - - - - -
Sd 120 5 300 2.5 2.6 0.6 1.5 0.6 160 1.3 - - - - -
St 520 20 3120 6.0 2.2 0.6 1.1 0.6 880 1.7 80 10 12.4 0.97 12.0
Fs 60 2 560 9.3 2.7 1.0 1.3 0.9 100 1.7 - - - - -
Qi 20 1 80 4.0 1.5 0.0 0.3 0.0 20 1.0 - - - - -
tot 2640 - 15960 5.7 - - - - 4700 1.6 220 - - 2.83 29.7

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Analizzando le principali caratteristiche dendrometriche della componente cedua (a 7 anni dal taglio) si osserva la maggiore vigoria e velocità di differenziazione sociale del cerro rispetto alle Rosacee arboree; solo il sorbo domestico presenta accrescimenti in altezza simili. Il ciavardello invece ha valori in altezza più modesti ma un maggior numero di polloni per ceppaia rispetto al domestico. Tali aspetti sembrano confermare le diverse esigenze ecologiche dei due sorbi in fase giovanile, cioè la maggiore necessità di luce del sorbo domestico e la capacità del ciavardello di vivere sotto copertura ([19], [14]).

Alcune matricine di Rosacee arboree sono state rilasciate sotto la copertura del cerro, limitando così lo sviluppo delle stesse (Fig. 2, Fig. 3). Questo aspetto emerge anche dalla differenza, nei due transect, fra i valori percentuali di copertura e di ricoprimento delle matricine (Tab. 1, Tab. 2), rispettivamente di 20.2-25.9 e di 21.7-29.7. Dai valori medi di incidenza della chioma si nota come il ciavardello presenti chiome più ampie (11.8-15.0 m2) rispetto al cerro (9.3-12.7 m2), confermando la capacità di questo sorbo a mantenere una chioma vitale e in grado di espandersi anche sotto copertura.

Fig. 2 - Transect di struttura 1, proiezione verticale ed orizzontale.

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Fig. 3 - Transect di struttura 2, proiezione verticale ed orizzontale.

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Caratteristiche delle matricine di rosacee arboree e loro risposta al taglio

Dalle prime indagini svolte nel 2002, a 3 anni dal taglio del ceduo, si era riscontrato che il 12 e l’11% rispettivamente delle piante di sorbo domestico e di ciavardello presentavano danni in seguito alle operazioni di utilizzazione ed esbosco del legname, indice di una scarsa attenzione verso le matricine diverse dal cerro da parte delle maestranze forestali. In alcuni casi i fusti di queste matricine erano stati talmente danneggiati da non essere più “adatti alla produzione di pregio”. Con il rilievo del 2006, oltre alla riduzione del numero complessivo delle matricine dei sorbi, si è verificato un peggioramento della qualità delle chiome (chiome intristite, cime secche o stroncate) in particolare per il ciavardello. Quest’ultimo aspetto è il risultato di un’assenza di selezione delle matricine. La conferma di tali scelte gestionali si osserva dai dati sulla qualità del fusto (QF) e della chioma (QCh) delle matricine dei due sorbi (Tab. 3); solo il 16% e il 22% circa appartengono infatti alle classi QF 3 e QCh 3, le migliori per fusto e chioma. Inoltre c’è da osservare che nel caso dello sviluppo della chioma, in particolare per il ciavardello, c’è stato un evidente peggioramento della qualità rispetto al 2002 (QCh 3 da 55% a 21%). Quest’ultimo dato potrebbe essere attribuito alla forte siccità estiva del 2003, che ha provocato un aumento dei disseccamenti delle chiome in particolare per il ciavardello, specie più mesofila rispetto al domestico ([14]). Considerata l’importanza di questo aspetto nella scelta delle matricine delle specie di pregio si è ritenuto importante valutare a quali altri parametri fosse correlata la qualità della chioma, per questo tipo di elaborazione sono stati aggregati insieme i dati dei due sorbi. Le associazioni che risultano molto significative (P<0.01), analizzate con il test del chi quadro, sono: classi diametro/qualità chioma, qualità chioma/profondità chioma e profondità chioma/sviluppo rami epicormici. Entrando nello specifico di queste relazioni si osserva come le matricine della classe diametrica più alta (15-20 cm) presentano chiome da mediamente (57%) a ben sviluppate (43%), a differenza dell’altra classe diametrica (5-10 cm) con il 30% di chiome di scarso sviluppo (Tab. 4). Le piante più grandi hanno reagito meglio al brusco isolamento della chioma, perché avevano già usufruito dell’apertura creatasi dopo il precedente taglio del ceduo. Inoltre, la profondità della chioma risulta strettamente correlata al buono sviluppo della stessa, infatti il 78% delle piante QCh3 sono caratterizzate da una chioma con profondità maggiore del 60% dell’altezza totale della pianta (Tab. 5). Piante con tali caratteristiche della chioma riescono a fornire la massima superficie fotosintetizzante e di conseguenza accrescimenti elevati, che permetteranno di ottenere fusti di dimensioni commerciabili in tempi più brevi. I sorbi sono specie che rispondono alla repentina esposizione alla luce con una scarsa emissione di rami epicormici ([8], [14]); inoltre dalle osservazioni su quest’aspetto risulta che i soggetti con chioma meno sviluppata hanno una più spiccata tendenza ad emettere rami epicormici, mentre limitati ricacci si riscontrano in soggetti più sviluppati con chiome profonde e ampie (Tab. 6).

Tab. 3 - Frequenza, nelle diverse classi di qualità del fusto (QF_1 cattiva; QF_2 media: fusto corto e con difetti; QF_3 buona: adatta alla produzione di pregio) e della chioma (1 scarso; 2 medio; 3 buono sviluppo), delle matricine di sorbo domestico (Sd) e ciavardello (St). Valori relativi all’intera area sperimentale (3 ha).

Specie DATI 2002 DATI 2006
QF_1 QF_2 QF_3 totale QF_1 QF_2 QF_3 totale
Sd 48 35 21 104 43 38 16 97
St 23 29 10 62 19 30 9 58
Specie QCh_1 QCh_2 QCh_3 totale QCh_1 QCh_2 Qh_3 totale
Sd 25 57 22 104 26 50 21 97
St 8 20 34 62 6 40 12 58

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Tab. 4 - Presenza di associazione tra classe diametrica e qualità della chioma (dati 2006). χ2= 28.25; p<0.01.

Diametro (cm) QCh_1 QCh_2 QCh_3 Totale
5-10 32 63 13 108
15-20 0 27 20 47
totale 32 90 33 155

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Tab. 5 - Presenza di associazione tra qualità e profondità della chioma (dati 2006). χ2 = 28.66; p<0.01.

QCh Profondità chioma Totale
<40% 40-60% >60%
1 8 19 5 32
2 8 40 42 90
3 1 6 26 33
totale 17 73 65 155

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Tab. 6 - Presenza di associazione tra profondità chioma e sviluppo rami epicormici (0: assenti; 1: ridotto; 2: medio; 3: elevato sviluppo - dati 2006). χ2= 22.85; p<0.01.

Profondità chioma Rami epicormici Totale
0 1 2 3
<40% 8 4 3 2 17
40-60% 26 15 18 6 65
>60% 57 5 7 4 73
totale 91 24 28 12 155

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Accrescimento diametrico delle matricine

L’indagine incrementale avviata in questo popolamento ha consentito una prima valutazione, limitatamente al popolamento indagato, dell’accrescimento diametrico dei due sorbi in relazione al cerro. Vista l’esigua numerosità di dati utilizzati per le elaborazioni, tale indagine ha un valore puramente indicativo e necessita di ulteriori approfondimenti. Un’analisi più accurata su un maggior numero di individui e campionando popolamenti in stazioni a diversa fertilità, sarà oggetto di un prossimo contributo. Tale indagine mostra come gli incrementi correnti di area basimetrica (ICG) delle tre specie analizzate (Fig. 4) siano indicativi di una stazione non particolarmente favorevole allo sviluppo del cerro. In Fig. 4 sono stati riportati gli incrementi delle matricine di due turni delle tre specie analizzate, che mostrano il diverso andamento del sorbo domestico che rimane al di sotto dei valori del cerro fino al taglio del ceduo nel 1999. È proprio in corrispondenza di questo anno che si ha una forte reazione dei due sorbi all’intervento, che passano da valori di area basimetrica di circa 5 mm2 a 12 -15 mm2. Un tale comportamento viene evidenziato anche in letteratura ([22]). Si osserva inoltre la risposta negativa all’anno 2003, caratterizzato da una elevata siccità primaverile ed estiva. La risposta dei due sorbi al precedente taglio del ceduo (inizio anni ’70 del secolo scorso) è meno evidente, data la loro altezza ancora esigua, presto raggiunta dalla competizione dei polloni di cerro e il ridotto sviluppo della chioma, che non ha consentito una forte risposta all’apertura.

Fig. 4 - Incremento corrente di area basimetrica di: cerro (blu), ciavardello (arancione) e sorbo domestico (verde).

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In Fig. 5 si riportano i valori di incremento corrente di diametro (ICD) riguardanti esclusivamente le migliori matricine (3 per ciascuna specie) dei due sorbi, cioè quelle con qualità chioma e fusto media e buona e mai delle categorie inferiori (QF1 e QCh1). Il sorbo domestico si mantiene intorno a valori di 2-4 mm, con picchi fino a 8 mm in seguito all’ultimo intervento; l’andamento del ciavardello sembra meno regolare con incrementi di 3-5 mm nei primi 30 anni e successivamente con valori prossimi a quelli dell’altro sorbo e massimi di 7 mm dopo il 1999. I valori di incremento diametrico riscontrati in questo popolamento non si discostano molto da quelli indicati in letteratura, 5-7 mm ([26]), considerando le difficili condizioni stazionali e la forte competizione esercitata dal ceduo di cerro.

Fig. 5 - Incremento corrente di diametro delle migliori matricine di ciavardello (arancione) e sorbo domestico (verde).

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Conclusioni 

Le caratteristiche del ceduo di cerro analizzato in questo contributo, come densità ed età delle matricine, sono tali da avvicinare il popolamento studiato alla definizione di ceduo composto o intensamente matricinato data dal Regolamento Forestale della Regione Toscana. Nel caso di Fontalcinaldo sembra che nessuna delle finalità, proprie delle due forme di governo, siano state ricercate ma che la struttura del popolamento derivi indirettamente dalla locale tendenza a rilasciare una densità eccessiva di matricine di specie quercine e a preservare la quasi totalità delle Rosacee arboree per finalità naturalistico-venatorie. Infatti, al momento del taglio, nella scelta delle matricine, non è stata posta attenzione alle caratteristiche di qualità e di distribuzione spaziale di queste specie. In considerazione della possibile produzione di legname di pregio, sarebbe opportuno provvedere ad una formazione del personale addetto alle martellate. A tale scopo, considerando le informazioni provenienti dalla letteratura nord e centro europea ([2], [25], [6], [12]) e dai primi risultati delle esperienze italiane, si possono dare le seguenti indicazioni nella scelta delle matricine.

  • scegliere matricine vigorose (indipendentemente dalle dimensioni) con fusti diritti, simmetrici, sufficientemente lunghi e con chiome dense e ben equilibrate;
  • selezionare un numero limitato di piante (10-20 ad ettaro) possibilmente poste a distanze tali da ridurre le possibilità di diffusione di patogeni;
  • evitare il rilascio di soggetti di specie pregiate sotto l’influenza di matricine di specie dominanti;
  • lasciare isolate le matricine di più turni, mentre per gli allievi può essere conveniente rilasciare un manicotto di polloni a protezione, deprimendo eventualmente i più vigorosi competitori.

Successivamente, per ottenere fusti di dimensioni apprezzate dal mercato in tempi più brevi e per ridurre i forti salti di accrescimento provocati dalle utilizzazioni del ceduo, può essere interessante valorizzare un limitato numero di soggetti di pregio eseguendo, verso la metà del turno, cure colturali localizzate intorno a questi. Ciò dovrebbe permettere di ottenere giovani allievi ben conformati e in grado di accrescersi in modo più sostenuto e regolare. Sarà inoltre necessario differenziare le modalità e il grado di intervento in base alle differenti caratteristiche ecologiche delle specie rilasciate per la produzione di pregio.

L’ampia distribuzione di queste specie, la notevole plasticità nei confronti dei suoli, la resistenza a periodi siccitosi, unita ad un elevato valore del legname rende le Rosacee arboree interessanti sia sotto l’aspetto ecologico-ambientale che produttivo. Proprio per queste caratteristiche, in numerosi paesi europei (in particolare Francia, Germania, Austria) si sta recentemente manifestando un rinnovato interesse verso queste specie ([24], [18], [26]). In Italia, pur presentando caratteristiche diverse da questi paesi - tipo di proprietà, gestione passata, professionalità delle ditte boschive, composizione specifica, condizioni climatiche e altro -, sarebbe necessario sviluppare una selvicoltura atta a valorizzare le potenzialità delle Rosacee arboree presenti nei boschi del piano basale e collinare. Non sempre le tecniche di gestione delle fustaie miste del centro Europa saranno applicabili ai nostri boschi ma più facilmente, nell’area dei boschi cedui, potrà essere proposto nuovamente il trattamento a ceduo composto, orientando le finalità della componente fustaia verso la produzione di legname di pregio. Le esperienze condotte in Austria su cedui composti ricchi di latifoglie pregiate (ciavardello in particolare) dimostrano come sia possibile integrare la produzione di legna da ardere con quella di pregio. Questo obiettivo, che potrebbe essere ottenuto su una parte non trascurabile dei cedui di specie quercine italiani, merita di essere approfondito con l’impostazione di una adeguata sperimentazione.

Ringraziamenti 

Per l’aiuto fornito nei lavori di campagna si ringrazia Enzo Ciampelli, Claudia Becagli, Enrico Innocenti, Mario Folla, Elisa Bianchetto e Mario Ceccarelli. Per la preparazione del materiale ci si è avvalsi dei preziosi suggerimenti del Prof. Carlo Urbinati. Un ringraziamento particolare va al Dr. Alessandro Samola (tecnico della Comunità Montana Colline Metallifere) e alle guardie che ci hanno segnalato questo popolamento e che con passione stanno seguendo le nostre indicazioni tecniche.

Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo della Comunità Montana Colline Metallifere (Massa Marittima, GR).

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