*

Tree biomass and deadwood density into ageing Turkey oak coppices in Tuscany

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 7, Pages 88-103 (2010)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0620-007
Published: May 20, 2010 - Copyright © 2010 SISEF

Research Articles

Abstract

Recent data from the National Forest Inventory point out the further reinforcement of coppice area under the position of “mature” standing crop or post-cultivation phase, both of them being spread throughout the original cultivation area. Such condition, mainly due to the less profitable fuel wood harvesting, involves also a share of the more productive types, i.e., Turkey oak forests. Here, a diffuse but forced approach among managers is to “wait and see”. The pro-active way of coppice conversion into high forest is otherwise being practiced in the public domain but on much smaller areas. Against management dilemmas, ageing stands growing under medium to good site conditions show a dynamic growth pattern resulting in a high age-related wood matter storage. At the same time, the heavy and prolonged regular mortality occurring in the fully-stocked shoot population builds up high amounts of deadwood, this becoming an attribute of these newly-formed types. Carbon storage is therefore coming to be one of the major tasks attributable to these systems within the post-cultivation phase. Aims of the work are to estimate both densities of living woody mass and standing+lying deadwood without any lower survey limit, given the small-sized stems building up these types; to check deadwood types/living biomass ratios; to survey deadwood decay; to analyse the dynamics of mass storage within the stands. Three case-studies, aged about three times the traditional rotation and different as for location and site-index, were selected at the purpose. Living woody mass density plus standing and lying deadwood per decay class were determined. Living woody mass density, made basically by stem+thick branches (95%), varies within 160 and 310 Mg ha-1. Total deadwood amount ranges from 22 to 30 Mg ha-1, i.e., 9 to 14% of living woody biomass. The lying/standing deadwood ratio is being reversed with ageing from 1/2 to 2/1-3/1. The intermediate decay class is prevailing (60-85%) across the sites. The observed dynamics and the age-related figures as well, suggest the role these types may play in soil conservation, forest recovery and carbon storage. The need of a consistent monitoring of the further post-cultivation progress is stressed to recognize the driving forces acting, the onset of possible limiting factors and feedbacks.

Keywords

Oak coppice forest, Turkey oak, Management, Productivity, Living woody biomass, Standing deadwood, Lying deadwood, Wood decay

Introduzione 

Una elaborazione dai dati IFN 1985 ([2]), classificava il 41% dei cedui di cerro e complessivamente il 52% dei cedui ad una età maggiore di 20 anni. Venti anni più tardi (2005) il secondo Inventario Forestale Nazionale (INFC) qualifica l’89% dei cedui negli “stadi adulto e invecchiato”. Per i cedui di cerro, questa percentuale sale al 93% (58% + 35%) a livello nazionale e al 98% (45% + 53%) in Toscana. Sia le tipologie “mature” che quelle di post-coltura sono quindi oggi molto diffuse e trasversali a tutta l’area originale di coltivazione. Usciti per primi dalla gestione attiva i cedui meno serviti e meno produttivi, sono divenuti poi marginali, ancora per posizione o scelta gestionale, anche quelli di buona fertilità. Qui, le utilizzazioni sono continuate soltanto nelle condizioni di accessibilità migliore e quindi ancora remunerative, pure se con turni allungati per disporre al taglio di masse unitarie più consistenti ([63], [64], [65], [21]). Una gestione conservativa “di attesa” per sospensione del trattamento e la soluzione pro-attiva dell’avviamento ad alto fusto, su superfici molto più circoscritte e soprattutto nel demanio, sono andate altrimenti prevalendo.

Se dai cedui degradati o meno fertili è attesa una fase lunga di progressiva ricostituzione della densità e della copertura, quelli di fertilità medio-buona rappresentano sistemi giovani in fase dinamica di accrescimento e con elevata capacità di accumulo di massa legnosa ([6], [18]). Contemporaneamente, le elevate densità iniziali e la struttura spaziale aggregata sulle ceppaie producono, fino dal primo periodo successivo alla tradizionale età di ceduazione, una consistente mortalità per competizione e quindi l’accumulo progressivo di necromassa legnosa, prima in piedi e poi a terra. Una componente tipica di ecosistemi maturi, diventa così anche attributo di queste strutture di neo-formazione già gestite in modo intensivo e caratterizzate da un prelievo finale quasi totale con rilascio delle sole matricine. Le ridotte età dei turni prima applicati anticipavano la prima fase di forte competizione tra i polloni, proprio per prevenire perdite produttive.

Secondo il Global Forest Resources Assessment ([23]), la necromassa è tutta la biomassa legnosa non vivente non contenuta nella lettiera, in piedi, a terra e nel suolo ([49]). Essa comprende piante intere e rami caduti a terra, frammenti di legno, ceppaie e alberi morti in piedi ([42]). Il ruolo della necromassa è importante per la funzionalità ([35], [62], [36], [48]) e la produttività delle foreste ([30], [24]) e collegato ad aspetti molteplici quali: l’incremento della diversità naturale ([52], [67], [43]), lo stoccaggio e il rilascio graduale del carbonio e dei nutrienti ([60], [40], [31], [34], [44]), il mantenimento di condizioni favorevoli alla rinnovazione naturale e la creazione di substrati adatti alla germinazione ([29], [58], [26], [68]), la conservazione del suolo e della stabilità dei versanti ([54], [22], [56], [28], [11]). Necromassa significa anche mantenimento di un ampio spettro di diversità biologica, perché microhabitat di centinaia di specie di invertebrati, funghi, briofite, licheni, anfibi, piccoli mammiferi e uccelli ([45], [59]). Per questi motivi, la necromassa è tra gli indicatori di Gestione Forestale Sostenibile (Criterio 4: mantenimento, conservazione e sviluppo della diversità biologica negli ecosistemi forestali - [48]).

La dinamica accelerata dei cedui di fertilità medio-buona nella fase di post-coltura, esplicitata da formazione di nuova biomassa e accumulo di necromassa sostenuti, rappresenta anche una elevata capacità corrente di sequestro e di accumulo di carbonio nelle componenti epigee e ipogee. L’entità delle superfici occupate da queste tipologie rende questa funzione emergente, perché biomassa e necromassa, insieme a lettiera e suolo, rappresentano pool accreditabili ai fini di Kyoto ([61]) e quindi elementi di contabilità ambientale.

Se pure esistono gli strumenti (relazioni allometriche) per la stima della biomassa elaborati per queste tipologie, soltanto da pochi anni la necromassa è diventata soggetto di indagine specifico ([27], [12], [39], [47]). Quasi tutte le analisi in letteratura rappresentano infatti la condizione di fustaie mature e vetuste caratterizzate dalla mortalità terminale di elementi dominanti di medie e grosse dimensioni. I metodi di censimento fissano di conseguenza soglie diametriche minime di rilievo relativamente alte. Il limite inferiore più utilizzato per il campionamento del legno morto è di 10 cm ([38], [25], [50], [52], [23]); soltanto in pochi casi lo stesso scende a 5 o 2.5 cm ([57], [55]). La dimensione diametrica è un fattore rilevante per qualità e quantità della diversità biologica ospitata e si collega al processo di decadimento, ai tempi di decomposizione, al contenuto nutrizionale (Yan [17]).

Nei cedui, soprassuoli giovani formati da dendrotipi medio-piccoli, prevale invece mortalità per competizione e la componente prevalente della massa legnosa morta, soprattutto a terra, è costituita da elementi di dimensioni ridotte.

Obiettivi del lavoro sono la stima della densità di massa legnosa viva e di necromassa senza limiti dimensionali minimi di censimento e di raccolta; la determinazione dei rapporti necromassa/biomassa; la qualificazione della necromassa a terra in classi di decadimento; la verifica delle differenze tra siti diversi per età del soprassuolo, collocazione geografica e produttività stazionale.

Materiali 

Lo studio è stato condotto in tre cedui a prevalenza di cerro in fase di post-coltura, rappresentativi delle età e delle diverse aree di vegetazione della specie in Toscana. Oltre la collocazione regionale, ambienti e condizioni stazionali simili ricorrono nell’intero areale di diffusione della specie e della forma di governo. I casi di studio sono ordinati secondo un gradiente di quota e posizione geografica (Tab. 1). Le età sono comprese tra 44 e 55 anni. I siti sono parte della serie di protocolli permanenti realizzati e monitorati dal Centro di ricerca per la selvicoltura di Arezzo.

Tab. 1 - Descrizione stazionale.

Sito Coordinate
geografiche
Quota m s.l.m. Esp. Giacitura Precipit. m. annua
(estiva)
mm
Temp. m. annua (mese+caldo)
t° C
Caselli 43°12’N
10°52’E
305 NE basso versante / da pendenza moderata a pianeggiante 841
(116)
15.4
(24.5)
Poggio P. 43°09’N
10°54’E
570 S pendio collinare / pendenza moderata 726
(102)
15.2
(24)
Valsav. 43°30’N
12°03’E
700 NE versante montano / pendenza da intermedia a forte 1083
(157)
11.6
(20.6)

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

  • Sito a: Foresta di Caselli (Val di Cecina, Pisa). Stazione sub-costiera su terra bruna eutrofica, anche profonda, a tessitura prevalente argilloso-limosa con drenaggio sufficiente sotto copertura forestale. Stato idrico buono. Humus di tipo mull. Fertilità elevata. Clima sub -umido, mesotermico, con distribuzione delle piogge di tipo mediterraneo e aridità estiva, mitigata nel microclima dalla giacitura/esposizione e dalla presenza di umidità atmosferica per intercettazione di nebbie marine.
  • Sito b: Poggio Pievano (Colline Metallifere, Grosseto). Stazione collinare interna su terra bruna mediterranea lisciviata a tessitura argilloso-limosa di spessore ridotto. Fertilità media. Clima sub-umido, mesotermico, con regime pluviometrico di tipo mediterraneo. Deficit idrico estivo relativamente elevato e accentuato dall’esposizione calda.
  • Sito c: Valsavignone (Alta Valtiberina, Arezzo). Stazione pre-appenninica su suolo da ranker a terra bruna poco profonda, argilloso, moderatamente drenato, da neutro a acido. Capacità di ritenuta idrica da scarsa a moderata. Fertilità buona. Clima umido, mesotermico, con deficit idrico estivo ridotto. Regime pluviometrico di tipo sub-mediterraneo montano. Stazione esposta ai venti freddi e alla neve tardiva.

I parametri dendrometrici (Tab. 2) descrivono soprassuoli di età circa tripla degli ultimi turni applicati. La consistenza delle popolazioni (polloni e ceppaie vive), il numero dei polloni per ceppaia, i valori di area basimetrica e altezza dominante, il rapporto diametro medio/dominante, esprimono la fase di post-coltura osservata. Per approfondimenti, si rimanda a [4], [6], [18].

Tab. 2 - Parametri dendrometrici (fonte: [18], [9], [6]).

Sito Età anni Ceppaie vive
(n ha-1)
Polloni vivi
(n ha-1)
Polloni/
ceppaia (n)
G
(m2 ha-1)
Im G
(m2)
dm
(cm)
ddom
(cm)
hdom
(m)
Im hdom
(m h)
Caselli 55 2185 3417 1.6 44.73 0.8 13.0 34.1 26.0 0.5
Poggio P. 44 1911 2676 1.4 27.44 0.6 12.9 23.8 19.0 0.4
Valsav. 52 1472 2058 1.4 33.14 0.6 14.3 33.7 25.9 0.5

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Metodi 

Determinazione della biomassa epigea e della necromassa in piedi

I rilievi dendrometrici, condotti sulle parcelle di controllo (evoluzione naturale) di ciascun sito, comprendono: la misura della circonferenza degli alberi vivi e morti sull’intera superficie, variabile da 3.600 a 5.000 m2; la misura campionaria delle altezze (n = 100-170) per la popolazione polloni vivi e la misura dell’altezza di tutti i polloni morti in piedi, interi, cimati e stroncati a qualsiasi altezza.

Le densità di biomassa e di necromassa in piedi, espresse in peso secco (Mg ha-1), sono state calcolate tramite relazioni allometriche specifiche costruite su alberi modello misurati negli stessi siti e in altri, simili per età e condizioni di fertilità ([1], [5], [51], [10]). I modelli forniscono i valori di: volume (dm3) e peso (kg) del fusto; peso dei rami sottili (≤3 cm) e grossi (>3 cm); peso totale legnoso epigeo. Per i polloni stroncati in piedi, sono stati calcolati sperimentalmente i coefficienti di riduzione reali per classi di diametro e altezze diverse di stroncamento e quindi il volume del fusto e il peso secco via densità basale. Tutte le determinazioni sono state effettuate in assenza di foglie. La produzione annuale di massa fogliare è stata calcolata per campionamento con il metodo della raccolta tramite trappole ([14]).

La massa epigea così calcolata è comprensiva della massa fuori terra delle ceppaie, data la determinazione dell’altezza dei polloni dalla loro inserzione, corrispondente al livello del terreno. La tipologia di ceppaie, piccole perché provenienti da cedui regolarmente trattati, ha infatti uno sviluppo prevalentemente ipogeo ([20], [3]).

Determinazione della necromassa a terra

La componente necromassa legnosa a terra è stata determinata per campionamento sistematico. Sono distinti due casi secondo la giacitura del sito in piano o in pendenza. Nel primo caso, sono state rilevate a intervalli regolari 16 aree elementari di raccolta di 5 m2. Nel secondo, sono stati realizzati 3 allineamenti a metà del terzo superiore, medio e inferiore dell’area e individuate su ciascuno 5 aree elementari equidistanti di 5.4 m2 (15 in totale). La combinazione numero/superficie delle aree elementari ha consentito di mantenere eguale per tutti i siti la superficie complessiva di campionamento, pari a 81 m². Il criterio applicato ha privilegiato la raccolta su aree piccole e diffuse per controllare la variabilità puntuale di accumulo del materiale a terra. L’effetto locale di micro-avvallamento per trasporto dell’acqua di pioggia o gravitàè infatti sensibile per la dimensione anche minuta del legno morto e la sua possibile frammentazione dalla caduta. Dato l’obiettivo specifico del lavoro di censire tutto il materiale legnoso ancora riconoscibile, senza limiti dimensionali minimi (coarse medium fine woody debris, [41]), la raccolta ha compreso anche gli elementi legnosi presenti nello strato di lettiera.

Determinazione delle classi di decadimento

Il decadimento del legno è funzione del suo stato al momento della caduta, del tempo trascorso successivamente, delle condizioni di temperatura e umidità che determinano il livello di attività dei decompositori, della diversità biologica (comunità di organismi) associata ai vari stadi del processo. La classificazione adottata è quella di Hunter ([32]) modificata. Le cinque categorie originali sono state raggruppate in tre (Tab. 3) per adattare le classi alla tipologia di materiale presente nei soprassuoli studiati, semplificare e rendere meglio replicabile il criterio di attribuzione. L’ordinamento adottato si articola su precisi parametri fisionomici (Fig. 1) e distintivi al tatto (Tab. 3) quali: presenza-assenza di corteccia, presenza-assenza di gemme e/o rametti, grado di consistenza del legno.

Tab. 3 - Definizione delle classi di decadimento e corrispondenza con le classi originali di Hunter.

Classe Definizione
Classe A corteccia intatta, rametti e gemme presenti (anche foglie), tessitura intatta. (Hunter cl. 1).
Classe B corteccia presente - tracce di corteccia - assenza di corteccia, rametti e gemme assenti, legno di consistenza dura. (Hunter cl. 2+3).
Classe C tracce di corteccia - assenza di corteccia, legno di consistenza morbida e tessitura molto friabile (polverosa). (Hunter cl. 4+5).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 1 - Le tipologie di materiale attribuite a ciascuna classe.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Sono stati quindi misurati e calcolati: il peso fresco per classe, per area elementare e per la superficie complessiva di campionamento. Campioni casuali di ciascuna classe sono stati quindi sottoposti alle seguenti determinazioni di laboratorio:

  • peso fresco (approssimazione 0.1 g);
  • peso secco in stufa ventilata alla temperatura di 102 C°, fino a peso costante (in media 72 ore);
  • rapporto ponderale.

Su un ulteriore campione di elementi di forma regolare e ancora apparentemente intatta (cilindriformi), proporzionalmente alle quantità presenti in ciascuna classe di decadimento, sono stati determinati:

  • volume per via geometrica (superficie ortogonale mediana x lunghezza);
  • peso secco;
  • densità basale.

Sulla base delle determinazioni di laboratorio, sono stati quindi calcolati:

  • peso secco per classe e per superficie di campionamento;
  • densità di necromassa in peso secco e volume (Mg ha-1e m3 ha-1).

La determinazione del rapporto ponderale per classe ha consentito di verificare la sua variazione secondo l’attribuzione relativa del materiale. La determinazione della densità basale ha permesso di calcolare la necromassa anche in volume e quindi il confronto con i valori in letteratura, comunemente espressi in m3 ha-1.

Il confronto dei dati è stato eseguito mediante analisi della varianza e calcolo del coefficiente di correlazione lineare di Pearson. Relativamente a quest’ultimo, dato il numero ridotto di siti esaminati, l’analisi si limita a verificare tendenze eventuali.

Risultati 

Parametri dendrometrici

I parametri relativi alla massa viva (area basimetrica, diametro dei polloni dominanti, altezza dominante - Tab. 2), evidenziano le differenze collegate all’età - sito (b) rispetto a (a) e (c) - e quelle (numero di ceppaie e polloni, area basimetrica) tra (a) e (c), siti di età simile ma localizzati in stazioni diverse (da sub-costiera a pre-appenninica). I valori di incremento medio annuo di area basimetrica e altezza dominante: da 0.8 a 0.6 m2 e da 0.5 a 0.4 m, esprimono livelli di fertilità da intermedio a buono-elevato. Il numero dei polloni vivi e delle ceppaie portanti almeno un pollone vivo, diminuiscono all’aumentare della quota, indipendentemente dall’età. I diametri medi, quasi eguali nei tre siti, sono molto differenziati dai rispettivi diametri dominanti.

L’andamento delle curve ipsometriche costruite sui polloni vivi (campionamento) e morti (misura di tutti i polloni) evidenzia (Fig. 2) pendenze divergenti e l’aumento della distanza tra le due popolazioni con età e fertilità. Il diametro dei polloni morti, crescente con l’età del bosco, si associa a una sempre maggiore variabilità dell’altezza residuale, che diventa massima nel sito di Caselli, il più avanzato nella dinamica di post-coltivazione.

Fig. 2 - Relazione altezza-diametro per le popolazioni polloni vivi e morti.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Biomassa e necromassa in piedi e a terra

I tre siti (Tab. 4) sono caratterizzati da valori di biomassa legnosa di 159 (b), 239 (c), 313 (a) Mg ha-1. La massa del fusto e rami grossi costituisce il 93-94% del totale, indipendentemente dall’età del soprassuolo. I valori di incremento medio di massa legnosa (da 3.6 a 5.7 Mg ha-1 anno-1) sono superiori nelle popolazioni più adulte. La biomassa fogliare è compresa tra 3.7 e 4 Mg ha-1. Il rapporto massa fogliare/massa dei rami sottili è di 0.21 (a) - 0.27 (c) - 0.34 (b). Il rapporto massa fogliare/massa legnosa totale (x100) è di 1.25 (a) - 1.67 (c) - 2.32 (b).

Tab. 4 - Densità di biomassa e di necromassa e allocazioni relative. Valori in peso secco (Mg ha-1); (a) = diametro medio dei polloni morti in piedi (cm); (b) = necromassa a terra/in piedi; (1): [15]; (2): Cutini, com. pers.; (3): [13].

Comparto Parametro Caselli Poggio P. Valsav.
- Età (anni) 55 44 52
Biomassa
legnosa
Fusto + rami grossi 294.8
(94.2%)
148.5
(93.1%)
224.0
(93.8%)
Rami sottili 18.2 10.9 14.7
Totale 313 159.4 238.8
Im biomassa legnosa (Mg ha-1 a-1) 5.7 3.6 4.6
Biomassa
fogliare
Massa fogliare (Mg ha-1) 3.9(1) 3.7(2) 4.0(3)
Massa fogliare / rami sottili 0.21 0.34 0.27
Massa fogliare/ legnosa totale (x100) 1.25 2.32 1.67
Necromassa legnosa In piedi 9.8
(10.9)a
17.0
(6.2)a
6.1
(7.7)a
A terra 20.2
(~2/1)b
9.6
(~1/2)b
16.3
(~3/1)b
Totale 30 26.6 22.3
Accumulo medio necromassa legnosa totale
(Mg ha-1 a-1)
0.5 0.6 0.4

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

La necromassa totale è di 22 (c), 27 (b), 30 (a) Mg ha-1; l’accumulo medio di necromassa è compreso tra 0.4 e 0.6 Mg ha-1 anno-1; il valore maggiore si registra nel soprassuolo più giovane. Il diametro medio dei polloni morti in piedi varia da 6 (b) a 8 (c) e 11 (a) cm. Il rapporto necromassa a terra/in piedi è di circa 2/1 (a) e 3/1 (c) nelle popolazioni più adulte e si inverte (1/2) in quella più giovane (b).

I parametri descrittivi e dendrometrici riportati nelle Tab. 1 e Tab. 2 sono stati confrontati con le densità di biomassa e necromassa riportate in Tab. 4. L’esito del confronto, eseguito mediante test di Pearson, è stato verificato, sia esaminando visivamente i grafici di dispersione che analizzando i corrispondenti valori del coefficiente di correlazione ed il livello di significatività statistica. Sono evidenti all’esame grafico numerose correlazioni, anche se solo tre (necromassa a terra su età, necromassa totale su numero di polloni e ceppaie vive) risultano statisticamente significative, dato il numero ridotto di casi disponibili (Tab. 5).

Tab. 5 - Correlazioni tra i parametri descrittivo/dendrometrici e densità di biomassa e necromassa. Il segno (+) indica correlazione diretta, il segno (-) correlazione inversa, (0) nessuna correlazione; (*): p-value <0.10; (**): p-value <0.05.

Parametro Biomassa
legnosa
Necromassa
legnosa
totale in piedi terra totale
Età + 0 + * 0
N° polloni vivi 0 0 0 + *
Ceppaie vive 0 0 0 + * *
G + 0 + 0
ddom 0 - + 0
hdom 0 - + 0
I medio hdom 0 - + 0
Quota 0 0 0 -
Precipit. annua 0 - 0 0
Precipit. estiva 0 - 0 0
T° media annua 0 0 0 +
T° mese + caldo 0 0 0 +

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Le relazioni tra necromassa (in piedi, a terra, complessiva) e massa viva sono riportate in Tab. 6 e in Fig. 3. Si evidenziano il rapporto simile necromassa in piedi/biomassa nei siti più adulti (a-c) rispetto al sito più giovane (b) e quello necromassa a terra/biomassa, circa uguale in tutti i casi osservati.

Tab. 6 - Rapporti percentuali tra le componenti la massa legnosa.

Sito Necrom.
in piedi / biom.
Necrom.
a terra / biom.
Necrom.
tot./biom.
Caselli 3.1 6.5 9.6
Poggio P. 10.6 6.0 16.6
Valsav. 2.6 6.8 9.4

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 3 - Rapporti percentuali tra i tipi di necromassa e la massa viva.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Necromassa a terra e classi di decadimento

La distribuzione della necromassa a terra (Tab. 7 e Fig. 4), indica la prevalenza della classe B (60-84%); seguono, molto distanziate, la classe C (15-36%) e la classe A (0.7-4%).

Tab. 7 - Distribuzione della necromassa a terra per classi di decadimento.

Sito Età
(anni)
Necromassa a terra
(Mg ha-1)
Media ± D.S.
per aree elementari (Kg)
classe A classe B classe C classe A classe B classe C
Caselli 55 0.81 12.16 7.18 0.4±1.1 6.2±6.8 3.6±4.2
Poggio P. 44 0.36 6.32 2.91 0.2±0.4 3.4±2.2 1.6±4.9
Valsav. 52 0.11 13.74 2.40 0.1±0.03 7.4±8.1 1.3±1.4

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 4 - Distribuzione percentuale della necromassa a terra in classi di decadimento.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

L’analisi della varianza verifica la differenza significativa tra le tre classi di decadimento e la distribuzione analoga della necromassa per classe nei tre siti (Tab. 8 e Fig. 5).

Tab. 8 - Analisi della varianza della distribuzione di necromassa nelle tre classi di decadimento (R2= 0.2658, p-value <0.0001).

Componente SS gdl MS F p
intercetta 861.881 1 861.881 65.914 0.000
classe 572.016 2 286.008 21.873 0.000
sito 43.338 2 21.669 1.657 0.195
errore 1699.861 130 13.076 - -

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Fig. 5 - Confronto tra la quantità di necromassa per classe di decadimento. Le barre indicano gli intervalli di confidenza.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

I valori del rapporto ponderale e quindi di densità basale medi per sito (Tab. 9) decrescono con l’aumento di quota della stazione. Il rapporto ponderale per classe diminuisce, come atteso, da A a C. Il volume della necromassa a terra è pari a 40 m3 ad ettaro nei siti (a-c) e a 22 m3 nel sito (b).

Tab. 9 - Valori degli indici di conversione e determinazione del volume di necromassa a terra.

Sito Densità basale
media
(g dm-3)
Rapporto ponderale
ps/pf
Volume
(m³ ha-1)
Caselli 0.50 ± 0.15 classe A 0.74 ± 0.09 40.3
classe B 0.64 ± 0.08
classe C 0.45 ± 0.09
medio 0.61 ± 0.15
Poggio P. 0.44 ± 0.14 classe A 0.68 ± 0.15 21.8
classe B 0.57 ± 0.04
classe C 0.36 ± 0.05
medio 0.54 ± 0.15
Valsav. 0.41 ± 0.15 classe A 0.65 ± 0.13 39.7
classe B 0.54 ± 0.07
classe C 0.38 ± 0.09
medio 0.52 ± 0.15

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

L’analisi statistica indica differenze non significative tra i valori di densità basale nei tre siti, sicuramente a causa dell’elevata dispersione dei valori attorno al dato medio (Fig. 6). Nel rapporto ponderale, la differenza tra classi e tra siti è invece particolarmente evidente, con diminuzione significativa del valore tra le classi (Tab. 10).

Fig. 6 - Confronto tra i valori di densità basale per sito.

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Tab. 10 - Analisi della varianza dei rapporti ponderali (R2= 0.7165, p-value <0.001).

Componente SS gdl MS F p
intercetta 42.972 1 42.972 6507.67 0.000000
sito 0.206 2 0.103 15.63 0.000001
classe 2.013 2 1.007 152.45 0.000000
errore 0.878 133 0.007 - -

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Discussione 

Dinamica dendro-auxometrica e mortalità

A parità di specie, la collocazione geografica e le caratteristiche stazionali (quota, esposizione, giacitura, clima locale e suolo, lunghezza del periodo vegetativo e livello di deficit idrico estivo) sono, insieme alle età del soprassuolo, i fattori guida della dinamica strutturale e di accrescimento. Una relazione che spiega bene il modello di sviluppo è quella tra diametro medio e diametro dominante. Il primo riassume la dinamica dimensionale di complesso della popolazione e definisce il suo valore corrente in funzione delle uscite per mortalità intercalare e dell’incremento radiale della popolazione principale; il secondo rappresenta un sotto-insieme (per definizione i 100 individui più grossi ad ettaro), di regola formato da alberi dominanti che condividono quindi un ambiente di crescita epigeo e ipogeo privilegiato. Mentre il diametro medio tende a variare poco oltre una certa età (il valore è circa uguale tra i siti), si consolida rapidamente la sua differenza con il diametro dominante che, già nel sito più giovane, raggiunge un valore quasi doppio.

La dinamica numerica in rapporto allo sviluppo dei due diametri (Fig. 7 - Valsavignone, età 20→52) mostra la culminazione della mortalità ad un’età di poco superiore ai 30 anni. Seguono cicli successivi di riduzione e stabilizzazione delle uscite. La differenziazione diametro medio-dominante, già evidente all’inizio del periodo di monitoraggio (20 anni), si consolida e prosegue costante fino ad un’età intermedia tra 40 e 50 anni, per rallentare poi in corrispondenza della diminuita mortalità. Tale andamento suggerisce lo sviluppo precoce di un modello di competizione fortemente asimmetrica a favore dei soggetti dominanti che determina fasi prolungate di “crescita libera” sensu Oliver & Larsson ([53]), sia in diametro che in altezza. Su questa dinamica si innesta il progressivo affrancamento dalla ceppaia a sostenere le sollecitazioni meccaniche della aumentata massa fuori terra e assicurare una maggiore capacità di esplorazione del suolo.

Fig. 7 - Dinamica della densità e mortalità dei polloni, dei diametri medio e dominante in funzione dell’età del soprassuolo (sito di Valsavignone).

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

L’accrescimento di complesso riesce così a compensare le uscite per mortalità e risulta ancora positivo alle età massime a oggi monitorate (50-60 anni - [18], [6]). La stessa dinamica è confermata per tipologie simili della stessa specie e di specie diverse (faggio, leccio - rete nazionale di livello 2 Conecofor, [19]).

Formazione della biomassa

I valori di biomassa sono il risultato del modello di crescita positivo successivamente alla prima culminazione dell’incremento medio di massa totale, già registrata dalle tavole alsometriche per i cedui a regime e coincidente con le età della tradizionale ceduazione. L’allocazione nettamente prevalente della massa arborea è nel fusto e rami grossi. La massa fogliare, elevata in rapporto alle età, contribuisce a spiegare il ritmo sostenuto di accrescimento.

I rapporti tra massa fogliare/massa dei rami sottili e massa fogliare/massa legnosa totale, superiori nel sito più giovane, indicano la maggiore densità delle chiome, ma anche un probabile maggiore mutuo ombreggiamento che determinano una minore efficienza incrementale rispetto ai siti più adulti. In questi ultimi, il rapporto minore massa fogliare/massa dei rami sottili è spiegato dalla tendenza naturale a spogliarsi dei rami formatisi negli anni precedenti. La differenza (a) < (c) per gli stessi indici è spiegata dall’adattamento morfo-fisiologico della specie alla stazione. Nel sito (a) mediterraneo-basale sia la massa che la superficie fogliare sono infatti minori mentre la lamina fogliare è più spessa per limitare le perdite per evapotraspirazione. Ciò determina valori di Indice di Area Fogliare (LAI) e di Superficie Fogliare Specifica (SLA) inferiori rispetto al sito appenninico (c). La produttivitàè comunque maggiore in (a) per la maggiore lunghezza (circa 3 mesi tra anticipo e chiusura) del periodo vegetativo ([15]).

Formazione della necromassa

La massa viva e la necromassa hanno un tempo iniziale di formazione coincidente con l’ultimo taglio (1949-a), (1952-c), (1960-b) a età di 12-14 anni, in una fase di sviluppo precoce del soprassuolo, con presenza ancora ridotta di mortalità, sia in piedi che a terra. Subito dopo l’utilizzazione, la massa in piedi è formata dai soli rilasci (molto meno numerosi rispetto alla pratica di matricinatura corrente), mentre sul suolo sono presenti i residui del taglio e prima lavorazione del materiale (probabile allora il confezionamento delle fascine e quindi un’asportazione quasi totale della ramaglia).

Nella fase attuale, la prima caratterizzata da una durata da 3-4 volte i precedenti cicli di coltivazione, la formazione di necromassa in piedi segue la dinamica di mortalità dei polloni, relativamente rapida in specie eliofile come il cerro che prima “filano” in altezza e poi muoiono quando perdono l’accesso diretto alla luce. Il tempo di permanenza dei polloni morti in piedi è poi funzione della durabilità del legno e della resistenza alle sollecitazioni meccaniche (vento soprattutto associato anche a gelo e neve nelle stazioni montane). I fenomeni di stroncamento sono diffusi per la ridotta durabilità (marciumi) e la prevalenza di soggetti molto filati. I tempi di permanenza in piedi sono ulteriormente abbreviati in stazioni soggette a eventi meteorologici intensi. Si può quindi ipotizzare un apporto stagionale di necromassa a terra soprattutto autunno-invernale, sovrapposto a fasi di maggiore caduta a seguito dei cicli ricorrenti di mortalità massale della componente dominata.

Il diametro medio dei soggetti morti in piedi varia secondo l’età, la struttura del soprassuolo, la compresenza di specie diverse dal cerro. In questo senso, varia il rapporto diametrico polloni vivi-morti tra i siti: 13→10.9 (a) = soprassuolo ormai strutturato, a netta prevalenza di cerro, soggetto a evidenti fenomeni di stroncamento per l’elevato rapporto ipso-diametrico e la presenza di marciumi a livello di ceppaia nei soggetti non affrancati (irregolarità della sezione di taglio, effettuato ancora con accetta); 12.9 → 6.2 (b) = soprassuolo più giovane e meno fertile del precedente, con molti polloni dominati morti ancora in piedi; 14.3 → 7.7 (c) = componente dominata morta in piedi formata in prevalenza da carpino nero (principale specie complementare al cerro nel sito appenninico), più tollerante dell’ombra e con mortalità più ritardata rispetto alla quercia.

La formazione di necromassa è anche in relazione ai caratteri stazionali e si evidenzia l’aumento della massa morta in piedi al diminuire delle precipitazioni annuali ed estive e la maggiore necromassa totale al crescere delle temperature media annua e del mese più caldo. Tendenza interpretabile come naturale accelerazione del fenomeno di mortalità naturale al verificarsi di condizioni di maggiore stress idrico associate a temperature più elevate.

Le relazioni con i parametri dendrometrici, indicano la progressione attesa della quantità di massa morta a terra con l’età (grandezze correlate G, ddom, hdom), mentre il rapporto diretto necromassa totale-densità (numero di polloni e ceppaie vive), suggerisce una maggiore mortalità per densità in origine più elevate. La relazione inversa dei valori di diametro e altezza dominanti con la necromassa in piedi e la relazione diretta con la massa morta a terra, indicano infine l’inversione del rapporto tra i due stati della necromassa con l’età e l’accelerazione nella formazione di massa morta con l’aumento di fertilità della stazione.

Rapporti necromassa/biomassa e necromassa a terra/in piedi

La necromassa totale rappresenta circa 1/10 della biomassa nei siti più adulti (a-c) e 1/6 in quello più giovane (b). Il rapporto necromassa a terra/in piedi si inverte tra i primi e il secondo da 2/1-3/1 a 1/2. La differenza sensibile nel rapporto necromassa totale/biomassa e nell’allocazione della necromassa in piedi/a terra, evidenzia la dinamica accelerata nel campo di età osservato (la differenza tra i siti è di soli 10 anni). Nel soprassuolo più giovane, è quindi atteso il passaggio a terra di una parte consistente della necromassa ancora in piedi e, insieme, l’accrescimento della componente dominante a riportare il rapporto biomassa/necromassa su valori più vicini a quelli registrati nei soprassuoli più adulti. Anche le caratteristiche di questo sito, stazione più riparata a clima più secco e con assenza di forti fattori meteo perturbativi, contribuiscono a spiegare la prevalenza della componente ancora in piedi nel pool della necromassa.

La relazione necromassa/biomassa mostra quindi uno sviluppo decrescente con l’età, sia per lo sviluppo e la culminazione precoce di mortalità per competizione che, successivamente, per la prevalenza della formazione annuale di nuova sostanza organica (andamento incrementale ancora positivo) sull’accumulo di necromassa e, contemporaneamente, il trasferimento a terra di una parte della necromassa in piedi ed il suo progressivo incorporamento nel suolo.

Classi di decadimento della necromassa a terra

I criteri di formazione delle classi definiscono lo stato del materiale a terra: “fresco” (A), perdita parziale delle parti esterne e consistenza ancora evidente del legno (B), disfacimento medio-avanzato (C). Quest’ultima classe è aperta in basso perché non contabilizza la quantità ulteriormente trasformata e già incorporata nella sostanza organica del suolo.

La definizione del tipo di necromassa associato alla classe implica tempi di permanenza diversi in ciascuna, e quindi quantità differenti. La stima dei tempi di decadimento specifici del legno è carente in letteratura e comunque collegata a molte variabili quali le dimensioni del materiale, il clima stazionale e il microclima al suolo (umidità e temperatura), il livello quindi di attività metabolica degli organismi decompositori specializzati nelle diverse fasi di demolizione del legno morto. Un dato riferito alle querce è di 45 anni e oltre ([66]). La forte frammentazione del materiale associato alla classe C facilita e accelera la fase terminale di decomposizione.

La prevalenza del materiale nella classe B è attribuibile a una somma di fattori: l’apporto di necromassa dai polloni morti in piedi avviene prevalentemente già in questa classe; alla definizione della stessa è associato un tempo di permanenza relativamente lungo. I valori percentuali per le classi B e C nelle stazioni sub-costiera e collinare interna (siti a-b), discriminano valori simili, diversi dal sito appenninico (c), a sottolineare un probabile effetto stazionale sui tempi di passaggio tra le due classi. La differenza positiva di temperatura media (annuale e dei mesi estivi) di circa 4° C tra i siti basali e quello montano, determina probabilmente nei primi un tempo di azione e un metabolismo stagionale più attivo degli organismi demolitori.

La datazione prevalente del materiale in classe C è ipotizzabile uguale o minore dell’età assoluta del soprassuolo (ultimo taglio). Quella in classe B all’occorrenza dei successivi cicli di mortalità e al rifornimento annuale del legno già morto in piedi. La classe A definisce invece il materiale caduto nell’anno o in quelli immediatamente precedenti, essenzialmente per frizione di parti della chioma verde e sollecitazioni meccaniche del vento o schianti di porzioni di fusto e rami per neve o gelo.

La differenza significativa dei rapporti ponderali tra le classi indica una definizione adeguata delle stesse a discriminare la massa morta a terra.

Comparazione con i dati di necromassa legnosa in letteratura

La dimensione minima di campionamento del legno morto sia in piedi che a terra varia secondo la tipologia di soprassuolo analizzato, l’obiettivo dello studio, le determinazioni nazionali ([46]); non esiste una definizione dimensionale comune di legno morto e questo preclude in grande misura i confronti possibili (Yan [17]). Si riportano a questo scopo in Tab. 11 i protocolli di rilievo (limiti dimensionali minimi) e le densità di necromassa ottenute da studi diversi condotti in Europa e in Italia su soprassuoli di alcune caducifoglie (alto fusti e cedui), gestiti e non gestiti. I campi variano da 12 a 5 a 2.5 cm, a nessun limite per il legno morto in piedi; da 5 a 2.5 a 2 cm per quello a terra. I valori trovati, molto variabili, dipendono dalla strategia di campionamento adottata, dalla sua maggiore o minore accuratezza, ma soprattutto dalla soglia minima fissata dal protocollo di rilievo, particolarmente in soprassuoli giovani e produttori di mortalità quasi esclusiva di elementi di piccole dimensioni.

Tab. 11 - Protocolli di rilievo e dati comparativi di densità di necromassa dalla letteratura.

Paese tipologia/specie Gestione
(si/no)
d. min. camp.in piedi
(cm)
Massa morta in piedi
(m³ ha-¹)
d. min. camp.a terra
(cm)
Massa morta a terra
(m³ ha-¹)
Necromassa totale
(m³ ha-¹)
Fonte bibliografica
Svizzera ceduo matricinato querce si d ≥ 12 1 d ≥ 5 5.3 6.3 [27]
Svizzera ceduo matricinato querce no d ≥ 12 5.9 d ≥ 5 13.8 19.7 [27]
Svizzera ceduo querce no d ≥ 12 0.6 d ≥ 5 0.6 1.2 [27]
Gran Bretagna sp. decidue si no - d > 5 12-23 - [37]
Polonia sp. decidue no no - d > 5 - 94 [37]
Germania sp. decidue no - 10-54 - 15-54 - [16]
Slovacchia querceto no - - - - 113 Korpel in [66]
Italia (Lazio) cedui di sp. decidue no no 14.1 d ≥ 2 7.0 21.1 [12]
Italia (Molise) fustaia pluristr. cerro no no 1.9 d ≥ 5 12.8 15.2 [45]
Italia (Emilia, Lazio, Marche) cedui di cerro no d ≥ 3 5-45 d ≥ 3 0-7 - [8]
Italia (Calabria) boschi di farnetto no no 3.6 d ≥ 2.5 5.3 9.3 [7]
Italia (Calabria) cedui di castagno
(45 anni)
no d ≥ 2.5 30.9 d ≥ 2.5 28.1 59.1 [39]
Italia (Calabria) cedui di castagno
(40 anni)
no d ≥ 2.5 14.9 d ≥ 2.5 6.7 21.1 [39]
Italia (Toscana) boschi alti cerro e altre querce decidue - d ≥ 4.5 3.5 d ≥ 9.5 0.5 5.1 [33]
Italia boschi alti cerro e altre querce decidue - d ≥ 4.5 2.4 d ≥ 9.5 0.5 3.7 [33]

 Enlarge/Shrink  Open in Viewer

Valori generali di riferimento per la densità di necromassa legnosa calcolata secondo i criteri FAO ([23]), sono di 9.9 m³ ha-1 (da 0.9 a 23) media europea e di 12.3 m³ ha-1 media nazionale, di cui 8.3 a terra e 4.0 in piedi ([48]).

Conclusioni e prospettive 

Biomassa e necromassa legnosa rappresentano stadi funzionali diversi della sostanza organica fissata che si succedono e convivono, con dinamica e tempi differenti, sulla stessa superficie. La sintesi annuale di nuovi tessuti e il loro progressivo decadimento fino all’incorporamento nel suolo, aprono e chiudono il ciclo. I soprassuoli analizzati esprimono, fino alle età osservate, capacità notevoli di fissazione di sostanza organica cui si somma la produzione intercalare di necromassa che libera risorse e spazio di crescita alla popolazione principale e rappresenta immissione di fertilità nel sistema e accumulo di carbonio.

Se a queste tipologie di post-coltura possiamo attribuire valenze importanti di conservazione e di protezione ambientale per il maggiore tempo di permanenza del soprassuolo, il mantenimento della copertura e le condizioni ecologiche più stabili, è la capacità di sequestro e deposito di carbonio che può diventare, almeno nelle situazioni di fertilità medio-buona descritte, l’espressione produttiva prevalente. I dati raccolti producono quindi elementi di conoscenza utili al calcolo degli stock e della produttività primaria netta di sistemi di origine più o meno lontana, ma di recente formazione nei parametri e struttura attuali.

Molti boschi di origine cedua, esaurito l’interesse economico diretto della produzione legnosa, ritrovano così valori diversi ma concretamente contabilizzabili in termini ambientali. L’evoluzione naturale seguente la sospensione delle utilizzazioni ha di fatto prodotto un autonomo adattamento pro-attivo a una funzione emergente e di rilevante interesse nel contesto attuale e futuro. Questa funzione può essere sviluppata in molti ambienti già consolidati alla coltura esclusiva del ceduo, dove oggi opzioni diverse possono trovare applicazione coerente e alternarsi sul territorio già alla scala di unità di gestione, assumere importanza relativa secondo il contesto e le funzioni locali identificate come prevalenti.

Il buon governo di questi sistemi implica azioni coordinate di monitoraggio, ricerca applicata e gestione adattativa, quindi di sperimentazione, confronto e sviluppo di soluzioni mirate a risolvere problemi, anche complessi, quali quelli inerenti risorse naturali integrate nel territorio.

Dove la scelta di gestione sia quella di mantenere la situazione di fatto, obiettivi primari sembrano essere oggi quelli di ridurre la vulnerabilità di questi sistemi in evoluzione e assecondare la permanenza dei loro attributi funzionali positivi. I punti di attenzione riguardano le forze agenti sulla dinamica di post-coltivazione, l’insorgenza di possibili fattori limitanti e di retroazioni naturali. Alcuni aspetti, direttamente collegati alla conservazione, sono la mortalità corrente e l’accumulo di necromassa che aumentano molto il rischio di incendio in aree sensibili e dove esistano vaste superfici accorpate di foresta. Gli stessi elementi possono essere motivo di diffusione di patogeni, innescare ricorrenti pullulazioni di fitofagi o incrementare il livello di danno per eventi meteo estremi. Possibilità particolarmente temibili in stazioni limite dove, cambiamenti repentini nella struttura e nella copertura, possono rompere l’equilibrio ecologico creatosi in questa prima fase di post-coltura.

Dato che nulla si conosce e poco è prevedibile sulla dinamica ulteriore di queste tipologie prima non esistenti e studiate oggi in tempo reale, il monitoraggio sembra essere lo strumento coerente a seguirne l’evoluzione e sviluppare in parallelo ulteriori conoscenze. Sono infatti da attendersi fasi adulte e mature caratterizzate da fenomeni apparentemente caotici ma perfettamente naturali e molto diversi dalle classiche esperienze “ordinate” di coltivazione. Sono prevedibili fasi di crollo localizzate alternate sulla superficie a fasi di rinnovazione che, nel caso di una specie eliofila come il cerro, potranno vedere latifoglie diverse compresenti nella stessa fascia di vegetazione ma più opportuniste, sostituire la quercia dove non si creeranno gap di sufficiente ampiezza. Compito dell’ecologia e della selvicoltura, sarà quello di interpretare la biologia dei fenomeni in atto soprattutto nelle fasi delicate di maturità e insediamento, affermazione e sviluppo della rinnovazione. Data la riduzione corrente dell’area di applicazione della selvicoltura, non sono ipotizzabili interventi su ampie superfici, quanto piuttosto la realizzazione di soluzioni locali mirate e lo sviluppo di modelli di gestione adattativa.

Ringraziamenti 

Il presente lavoro è stato svolto in Riselvitalia, progetto 3.2 “Selvicoltura, funzionalità e gestione sostenibile dei cedui nell’area appenninica e mediterranea”.

References

(1)
Amorini E, Fabbio G (1988). L’avviamento all’altofusto nei cedui a prevalenza di cerro. Risultati di una prova sperimentale a 15 anni dalla sua impostazione. Primo contributo. Ann. Ist. Sper. Selv. XVII: 7-101.
Google Scholar
(2)
Amorini E, Fabbio G (1994). The coppice area in Italy. General aspects, cultivation trends and state of knowledge. In: Proceedings of the workshop “Improvement of coppice forests in the Mediterranean region”. Arezzo, 1992. Ann. Ist. Sper. Selv. XXIII: 292-298.
Google Scholar
(3)
Amorini E, Fabbio G, Frattegiani M, Manetti MC (1990). L’affrancamento radicale dei polloni. Studio sugli apparati radicali in un soprassuolo avviato ad altofusto di faggio. Ann. Ist. Sper. Selv. XIX: 201-261.
Google Scholar
(4)
Amorini E, Bruschini S, Cutini A, Di Lorenzo MG, Fabbio G (1998). Treatment of Turkey oak (Quercus cerris L.) coppice. Structure, biomass and silvicultural options. Ann. Ist. Sper. Selv. XXVII: 121-129.
Google Scholar
(5)
Amorini E, Brandini P, Fabbio G, Tabacchi G (2000). Modelli di previsione delle masse legnose e delle biomasse per i cedui di cerro della Toscana centro-meridionale. Ann. Ist. Sper. Selv. XXIX: 41-56.
Google Scholar
(6)
Amorini E, Fabbio G, Cantiani P (2006). Avviamento ad altofusto e dinamica naturale nei cedui a prevalenza di cerro. Il protocollo di Valsavignone (Arezzo).Risultati di una prova sperimentale a 35 anni dalla sua impostazione. Ann. Ist. Sper. Selv. XXXIII: 115-132.
Google Scholar
(7)
Barreca L, Cutini A, Mercurio R (2008). Caratterizzazione della necromassa in boschi di farnetto (Quercus frainetto Ten.) della Calabria. Forest@ 5: 187-194.
CrossRef | Google Scholar
(8)
Bertini G, Fabbio G (2006a). Determinazione della necromassa legnosa sulla rete di aree di livello II. Programma Conecofor, Rilievo 2005, Rapporto interno.
Google Scholar
(9)
Bertini G, Fabbio G (2006b). Struttura e biomassa del protocollo di Poggio Pievano (GR). Dati non pubblicati.
Google Scholar
(10)
Bertini G, Fabbio G (2008). Elaborazione dei componenti la biomassa legnosa epigea. Rapporto interno.
Google Scholar
(11)
Bobiec A (2002). Living stands and dead wood in the Bialowieza forest: suggestions for restoration management. Forest Ecology and Management 165 (1-3): 125-140.
CrossRef | Google Scholar
(12)
Chirici G, Corona P, Marchetti M, Travaglini D (2003). Rilevamento campionario e spazializzazione cartografica della necromassa legnosa in biocenosi forestali. Monti e Boschi 6: 40-45.
Google Scholar
(13)
Cutini A, Hajny M (2006). Effetti del trattamento selvicolturale su produzione di lettiera, caratteristiche della copertura ed efficienza di un ceduo di cerro in conversione. Ann. Ist. Sper. Selv. XXXIII: 133-142.
Google Scholar
(14)
Cutini A (1994). Indici di area fogliare, produzione di lettiera ed efficienza di un ceduo di cerro in conversione. Ann. Ist. Sper. Selv. Arezzo XXIII: 147-166.
Google Scholar
(15)
Cutini A (1997). Drought effects on canopy properties and productivity in thinned and unthinned Turkey oak stands. Plant Biosystems 131 (1): 59-65.
Google Scholar
(16)
Detsch R, Kölbel M, Schulz U (1994). Totholz-vielseitiger Lebensraum in naturnahen Waldern. Allg. Forstzeitschr. 11: 586-591.
Google Scholar
(17)
Enrong Y, Xihua W, Jianjun H (2006). Concept and classification of corse woody debris in forest ecosystems. Front. Biol. China 1: 76-84.
Google Scholar
(18)
Fabbio G, Amorini E (2006). Avviamento ad altofusto e dinamica naturale nei cedui a prevalenza di cerro. Risultati di una prova sperimentale a 35 anni dalla sua impostazione. Il protocollo di Caselli (Pisa). Ann. Ist. Sper. Selv. XXXIII: 79-104.
Google Scholar
(19)
Fabbio G, Bertini G (2008). Monitoraggio, gestione, selvicoltura. Atti III Congresso Nazionale di Selvicoltura, Taormina, vol. II, pp. 182-190.
Google Scholar
(20)
Fabbio G, Manetti MC (1989). Escavazione di apparati radicali di cerro nella foresta di Caselli. Dati non pubblicati.
Google Scholar
(21)
Fabbio G (2007). Selvicoltura, funzionalità e gestione sostenibile dei cedui nell’area appenninica e mediterranea. Progetto “Riselvitalia” 3.2, Relazione finale, pp. 15.
Google Scholar
(22)
Falinski JB (1986). Vegetation dynamics in temperate lowland primeval forest. Ecological studies in Bialowieza forest. Junk Publishers, Dordecht, The Netherlands.
Google Scholar
(23)
FAO (2004). Global Forest Resources Assessment. Update 2005 terms and definitions. Working paper 83/E, Rome (Italy).
Google Scholar
(24)
Freedman B, Zelazny V, Beaudette D, Fleming T, Flemming S, Forbes G, Gerrow JS, Johnson G, Woodley S (1996). Biodiversity implications of changes in the quantity of dead organic matter in managed forests. Environmental Reviews 4: 238-265.
CrossRef | Google Scholar
(25)
Fridman J, Walheim M (2000). Amount, structure and dynamics of dead wood on managed forestland in Sweden. Forest Ecology and Management 132: 23-36.
CrossRef | Google Scholar
(26)
Grey AN, Spies TA (1997). Microsite controls on tree seedling establishment in conifer forest canopy gaps. Ecology 78: 2458-2473.
CrossRef | Google Scholar
(27)
Guby NAB, Dobbertin M (1996). Quantitative estimates of coarse woody debris and standing dead trees in selected Swiss forests. Global Ecology and Biogeography Letters 5: 327-341.
CrossRef | Google Scholar
(28)
Hagan JM, Grove SL (1999). Coarse woody debris. Journal of Forestry 1: 6-11.
Google Scholar
(29)
Harmon ME, Franklin JF (1989). Tree seedlings on logs in Picea-Tsuga forests of Oregon and Washington. Ecology 70 (1): 48-59.
CrossRef | Google Scholar
(30)
Harmon ME, Franklin JF, Swanson FJ, Sollins P, Gregory SV, Lattin JD, Anderson NH, Cline SP, Aumen NG, Sedell JR, Lienkaemper GW, Cromack K, Cummins KW (1986). Ecology of coarse woody debris in temperate ecosystems. Advances in Ecological Research 15: 133-302.
CrossRef | Google Scholar
(31)
Holub SM, Lajtha K, Spears JD (2001). A reanalysis of nutrient dynamics in coniferous coarse woody debris. Canadian Journal of Forest Research 31: 1894-1902.
CrossRef | Google Scholar
(32)
Hunter ML (1990). Wildlife, forests, and forestry. Prentice Hall, Englewood Cliffs, UK, pp. 370.
Google Scholar
(33)
INFC (2005). Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio. Risultati della prima fase di campionamento. MiPAF - Direzione Generale per le Risorse Forestali, Montane ed Idriche, Corpo forestale dello Stato, ISAFA, Trento.
Google Scholar
(34)
Janisch JE, Harmon ME (2001). Successional changes in live and dead wood carbon stores: implications for net ecosystem productivity. Tree Physiology 22: 77-89.
Google Scholar
(35)
Jonsson BG, Kruys N (2001). Ecology of woody debris in boreal forests. Ecological Bulletin 49.
Google Scholar
(36)
Keddy PA, Drummond CG (1996). Ecological properties for the evaluation, management and restoration of temperate deciduous forest ecosystems. Ecological Applications 6: 748-762.
CrossRef | Google Scholar
(37)
Kirby KJ, Webster SD, Antckzak A (1991). Effects of forest management on stand structure and quality of fallen dead wood: same British and Polish examples. Forest Ecology and Management 43: 167-174.
CrossRef | Google Scholar
(38)
Kruys N, Jonsson BG (1999). Fine woody debris is important for species richness on logs in managed boreal spruce forests of northern Sweden. Canadian Journal of Forest Research 29: 1295-1299.
CrossRef | Google Scholar
(39)
La Fauci A, Mercurio R (2008). Caratterizzazione della necromassa in piedi in cedui di castagno (Castanea sativa Mill.) nel Parco nazionale dell’Aspromonte. Forest@ 5: 92-99.
CrossRef | Google Scholar
(40)
Laiho R, Prescott CE (1999). The contribution of coarse woody debris to carbon, nitrogen, and phosphorus cycles in tree Rocky Mountains coniferous forests. Canadian Journal of Forest Research 29: 1502-1603.
CrossRef | Google Scholar
(41)
Lee PC, Crites S, Nietfeld M, Van Nguyen H, Stelfox JB (1997). Characteristics and origins of dead wood material in Aspen-dominated boreal forests. Ecological Applications 7 (2): 691-701.
CrossRef | Google Scholar
(42)
Li Zhou, Li-min Dai, Hui-yan Gu, Lei Zhong (2007). Review on the decomposition and influence factors of coarse woody debris in forest ecosystem. Journal of Forestry Research 18 (1): 48-54.
CrossRef | Google Scholar
(43)
Liira J, Sepp T, Parrest O (2007). The forest structure and ecosystem quality in condition of anthropogenic disturbance along productivity gradient. Forest Ecology and Management 250: 34- 46.
CrossRef | Google Scholar
(44)
Mackensen J, Bauhus J (2003). Density loss and respiration rates in coarse woody debris of Pinus radiata, Eucaliptus regnants and Eucalyptus maculata. Soil Biology and Biochemistry 35: 177-186.
CrossRef | Google Scholar
(45)
Marchetti M, Lombardi F (2006). Analisi quali-quantitativa del legno morto in soprassuoli non gestiti: il caso di “Bosco Pennataro”, Alto Molise. L’Italia Forestale e Montana 61 (4): 275-301.
CrossRef | Google Scholar
(46)
Marchetti M (2004). Monitoring and Indicators of Forest Biodiversity in Europe. From Ideas to Operationality. EFI proc. 51, pp. 526.
Google Scholar
(47)
Marziliano PA (2009). Analisi quali-quantitativa della necromassa in cedui invecchiati di leccio (Quercus ilex L.) del Gargano. Forest@ 6: 19-28.
CrossRef | Google Scholar
(48)
MCPFE (2007). State of Europe’s forests 2007. The MCPFE report on sustainable forest management in Europe. Warsaw, Poland, pp. 263.
Google Scholar
(49)
Morelli S, Paletto A, Tosi V (2007). Il legno morto dei boschi: indagine sulla densità basale del legno di alcune specie del Trentino. Forest@ 4 (4): 395-406.
CrossRef | Google Scholar
(50)
Nilsson SG, Niklasson M, Hedin J, Aronsson G, Gutowski JM, Linder P, Ljungberg H, Mikusinski G, Ranius T (2002). Densities of large living and dead trees in old-growth temperate and boreal forests. Forest Ecology and Management 161: 189-2004.
CrossRef | Google Scholar
(51)
Nocetti M, Bertini G, Fabbio G, Tabacchi G (2007). Equazioni di previsione della fitomassa arborea per soprassuoli di cerro in avviamento ad altofusto in Toscana. Forest@ 4 (2): 204-212.
CrossRef | Google Scholar
(52)
Norden B, Götmark F, Tönnberg M, Ryberg M (2004). Dead wood in semi-natural broadleaved woodland: contribution of coarse and fine dead wood, attached dead wood and stumps. Forest Ecology and Management 194: 235-248.
CrossRef | Google Scholar
(53)
Oliver CD, Larsson BC (1990). Forest stand dynamics. Biological Resource Management Series, Mc Graw-Hill, USA, pp. 467.
Google Scholar
(54)
Pesson P (1980). Actualites d’ecologie forestier. Ina, Gauthier Villars, Paris.
Google Scholar
(55)
Peterken GF (1996). Natural woodlands. Ecology and conservation in northern temperate regions. Cambridge University Press, Cambridge, UK.
Google Scholar
(56)
Prescott CE, Taylor BR, Parsons WFJ, Durall DM, Parkinsons D (1993). Nutrient release from decomposing litter in rocky Mountain coniferous forests: influence of nutrient availability. Canadian Journal of Forest Research 23: 1576-1586.
CrossRef | Google Scholar
(57)
Siitonen J, Martikainen P, Punttila P, Rauh J (2000). Coarse woody debris and stand characteristics in mature, managed and boreal mesic forests in southern Finland. Forest Ecology and Management 128: 211-225.
CrossRef | Google Scholar
(58)
Stockli B (1996). La regeneration des forêts de montagne sur du bois mort. La Forêt 49: 6-12.
Google Scholar
(59)
Travaglini D, Mason F, Lopresti M, Lombardi F, Marchetti M, Chirici G, Corona P (2006). Aspects of biological diversity in the Conecofor plots. V. Deadwood surveying experiments in alpine and mediterranean forest ecosystems. Ann. Ist. Sper. Selv. XXX (2): 71-86.
Google Scholar
(60)
Turner DP, Koerper GJ, Harmon ME (1995). A carbon budget for forests of conterminous United States. Ecological Applications 5: 421-436.
CrossRef | Google Scholar
(61)
UNEP (1997). Kyoto Protocol to the United Nations Framework Convention on Climate Change. United Nations Environmental Program, Kyoto.
Google Scholar
(62)
Vallauri D, André J, Blondel J (2003). Le bois mort, une lacune des forets gerees. Revue Forestiere Francaise 2: 99-112.
Google Scholar
(63)
Verani S, Sperandio G (2003). Indagine sulla utilizzazione dei boschi cedui nell’Italia meridionale: primi risultati. Mondo Macchina 12 (6): 30-34.
Google Scholar
(64)
Verani S, Sperandio G (2005). La meccanizzazione nella raccolta della legna da ardere in alcune regioni dell’Italia meridionale. Forest@ 2 (2): 233-241.
CrossRef | Google Scholar
(65)
Verani S, Sperandio G, Todaro L, Ciminelli N, Calvani P (2007). Analisi e influenza dei parametri infrastrutturali del bosco ceduo nella produzione di legna da ardere: un caso di studio in Basilicata. Progetto “Riselvitalia” 3.2, Relazione seminario Le esperienze nel Centro-Sud Italia: presentazione dei risultati, 19-21 giugno 2007, Potenza, Italia.
Google Scholar
(66)
Wolynski A (2001). Significato della necromassa legnosa in bosco in un ottica di gestione forestale sostenibile. Sherwood 67: 6-12.
Google Scholar
(67)
Woodall CW, Nagel LM (2006). Coarse woody type: a new method for analyzing coarse woody debris and forest change. Forest Ecology and Management 227:115-121.
CrossRef | Google Scholar
(68)
Xu H (1998). China Daxinganling forest. Science Press, Beijing, China.
Google Scholar
 
 
 

Navigazione

 

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website. More info