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Global biological diversity, forests and ecosystem approach

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 7, Pages 106-108 (2010)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0624-0007
Published: Jul 30, 2010 - Copyright © 2010 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

Recent international reports and a paper published on Science stresses the lack of evidence about the reduction in the rate of biodiversity decline as expected as a consequence of political agreements on global environment. This decline is of particular concern not only with respect to the intrinsic value of the nature as such but also because it involves the reduction or loss of ecosystem services. This issue is distinctively relevant for forest ecosystems. The Ecosystem Approach proposed by the United Nations Convention on Biological Diversity might be a strategy to reverse the negative trend, promoting a fair conservation and sustainable use of natural resources on an operational level.

Keywords

United Nations Convention on Biological Diversity, 2010 Biodiversity Target, Indicators, Italian National Strategy for Biodiversity Conservation, Systemic silviculture

 

Il 22 maggio 2010 il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha presentato la bozza della Strategia Nazionale per la Conservazione della Biodiversità ([1]), elaborata in ottemperanza all’articolo 6 della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica ([15]). La crescente, sebbene ancora insufficiente ([4]), attenzione ai valori della biodiversità, anche in relazione alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, offre le condizioni perché la strategia possa essere improntata a una forte condivisione di obiettivi e metodi e alimentata da un significativo supporto politico ai fini di una sua efficace implementazione.

L’urgenza è nei fatti. Nel 2009, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha pubblicato il rapporto Progress towards the European 2010 biodiversity target ([8]), indirizzato a valutare, attraverso appositi indicatori ([7]), l’efficacia delle politiche europee nel diminuire la perdita di diversità biologica nel continente. L’analisi di questi indicatori evidenzia che negli ultimi anni non c’è stata alcuna riduzione nel tasso di declino della biodiversità; anzi, le pressioni antropiche sulla biodiversità continuano a crescere. Inoltre emergono dati scoraggianti circa la percezione sociale del fenomeno: l’80% dei cittadini europei non ha mai sentito parlare di Natura 2000 e solo un terzo conosce il significato del termine biodiversità.

L’azione europea va inquadrata nell’ambizioso obiettivo globale che la UN-CBD si era data con il World Summit sull’Ambiente tenutosi a Johannesburg in Sudafrica nel 2002: una significativa riduzione del tasso di declino della biodiversità a scala mondiale entro il 2010 (anno internazionale della biodiversità), il cosiddetto 2010 Biodiversity Target. Un obiettivo similare è stato indicato anche dai Millennium Development Goals (Goal 7, Ensure environmental sustainability - ⇒ http:/­/­www.un.org/­millenniumgoals). Ma, di fatto e analogamente a quanto evidenziato a livello europeo, anche i risultati a scala globale recentemente presentati nel terzo rapporto Global Biodiversity Outlook della UN-CBD ([15]) sono scoraggianti. Sebbene la salvaguardia della biodiversità rappresenti sempre più una preoccupazione condivisa, il rapporto evidenzia come le politiche in atto a tal fine abbiano sostanzialmente fallito: nessuna delle misure definite dal piano di azione per il 2010 Biodiversity Target è stata raggiunta in maniera definitiva.

A fine aprile è giunta una autorevole conferma di questa allarmante situazione da un lavoro pubblicato su Science dal titolo Global biodiversity: indicators of recent declines ([5]), redatto da un gruppo di studiosi guidati da S. Butchart del Programma Ambiente delle Nazioni Unite. Due italiani, A. Galli, senior scientist al Global Footprint Network (USA), e P. Genovesi, dirigente di ricerca all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono tra gli autori. Nel lavoro sono presentati i risultati di una elaborazione condotta a livello globale con riferimento a trentuno indicatori di stato, pressione e risposta definiti dalla UN-CBD attraverso la 2010 Biodiversity Indicator Partnership (⇒ http:/­/­www.twentyten.net/­). In particolare, gli autori propongono un interessante approccio metodologico di normalizzazione dei valori degli indicatori, sintetizzati a scala globale, analizzandone e comparandone in modo omogeneo l’andamento temporale. Con riferimento al periodo 1970-2010, i risultati del lavoro evidenziano: (i) un declino nella maggior parte degli indicatori di stato (p. es., forest extent, wild bird index, red list index), senza variazioni significative del tasso di riduzione negli anni recenti; (ii) un aumento generalizzato degli indicatori di pressione sulla diversità biologica (p. es., ecological footprint, number of alien species in Europe). Nonostante l’andamento positivo degli indicatori relativi alla capacità di risposta (p. es., extent of protected areas, area of forest under sustainable management) questo studio prova ulteriormente che il target 2010 non sia stato raggiunto.

Il declino della biodiversità dipende da numerosi e articolati fenomeni di pressione antropica a livello planetario ed è preoccupante non solamente per il valore intrinseco della natura in quanto tale ma anche perché comporta la riduzione o perdita dei servizi ecosistemici che essa offre alle nostre economie e al nostro benessere ([13]). Come noto, questo aspetto è particolarmente rilevante in riferimento agli ecosistemi forestali ([10]).

Cosa fare? A scala globale e per quanto riguarda il settore forestale, azione prioritaria è la riduzione del tasso di disboscamento (attualmente oltre 350 km2 al giorno - [9]) e del tasso di degradazione degli ecosistemi forestali.

A scala nazionale (un’analisi dello stato della biodiversità in Italia è riportata in Blasi et al. ([3]) occorre ribadire in modo ancora più efficace e concreto la valenza del territorio e dell’ambiente come beni comuni fondamentali e della biodiversità come valore strategico ([1]). Per quanto riguarda la gestione forestale, il concetto di biodiversità ne proietta il ruolo al di là della protezione di singole specie o di biotopi ([6]): interessa gli ecosistemi e il loro funzionamento, include i processi coevolutivi tra le componenti che li costituiscono e le interazioni con l’azione antropica ([11]). Varie sono le prospettive a livello di pianificazione e gestione ([1], [6]): tutela della complessità paesaggistica e della diversità biologica dei sistemi forestali, contrastandone l’abbandono e la frammentazione e favorendone la rinaturalizzazione strutturale e compositiva e la loro funzione in termini di connettività ecologica; integrazione degli obiettivi di conservazione nelle politiche per i cambiamenti climatici; prevenzione selvicolturale e protezione dagli incendi boschivi; promozione del ripristino e del mantenimento della funzione di difesa delle formazioni forestali riguardo all’assetto idrogeologico, alla regimazione delle acque e al mantenimento della loro quantità e qualità; promozione della partecipazione delle comunità locali come elemento chiave della gestione, valorizzandone i saperi; promozione della comprensione delle relazioni tra servizi ecosistemici dei boschi e benessere umano e loro remunerazione (payments for ecosystem services); ecc.

A livello operativo, la UN-CBD ha riconosciuto nell’approccio ecosistemico (Ecosystem Approach) una strategia per promuovere in maniera equa la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse naturali ([14]), tra cui, specificatamente, le foreste ([12]). L’approccio della Convenzione mette direttamente in relazione la produttività degli ambienti naturali con la loro biodiversità, partendo dalla constatazione che il mantenimento della biodiversità di un dato ecosistema è essenziale per le sue produttività e capacità di fornire servizi all’uomo. In tal senso, nella bozza della Strategia Nazionale per la Conservazione della Biodiversità viene promossa la gestione forestale sostenibile attraverso la selvicoltura sistemica ([1]), riconosciuta come strumento adeguato all’applicazione concreta dell’Ecosystem Approach ([2]), analogamente a quanto auspicato dalla mozione finale del Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura.

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