Increase in forest growth: new evidences from temperate forests
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 7, Pages 109-110 (2010)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0626-0007
Published: Jul 30, 2010 - Copyright © 2010 SISEF
Commentaries & Perspectives
Abstract
A paper recently published on PNAS provides a new evidence for an increase in forest growth in temperate forests. The possible causes of this process are discussed. The results show a relation between this change in tree growth with the increase in atmospheric CO2 concentration, temperature, and length of growth season. A better understanding of the specific mechanisms involved and the assessment of the consequences on the current and future global changes are needed.
Keywords
Temperate forests, Growth rate, Climate change, Carbon cycle, Forest dynamics
Gli ecosistemi forestali costituiscono il principale stock di carbonio accumulato negli ecosistemi terrestri. Incrementi nel tasso di accrescimento delle foreste e quindi nell’accumulo della CO2 atmosferica possono determinare ripercussioni rilevanti in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici. Recentemente alcuni lavori ([5], [4]), già commentati sulle pagine di questa rivista ([7], [2]), hanno sottolineato come old-growth forests e foreste tropicali continuino ad accumulare carbonio indipendentemente dall’età raggiunta, a confutare l’ipotesi dell’esistenza di un punto di equilibrio in cui i processi di assimilazione e respirazione si compensano. Appurate le potenzialità di accumulo del carbonio di tali ecosistemi forestali, resta tuttavia da individuare una spiegazione chiara del fenomeno. Le foreste continuano ad accrescersi per motivi legati ai cambiamenti globali (aumento delle temperature, delle deposizioni azotate, ecc.) o poiché si trovano in una fase di recupero successiva ad un disturbo? Un’importante evidenza a sostegno della prima ipotesi viene da McMahon et al. ([6]), in un lavoro recentemente pubblicato su PNAS. Analizzando l’incremento in biomassa nelle foreste temperate del Maryland (USA), gli autori hanno rilevato valori superiori rispetto a quelli modellizzati mediante una funzione di accrescimento. I dati elaborati provengono da un network di 55 aree, in cui inventari (soglia di cavallettamento di 2 cm a petto d’uomo) ripetuti negli ultimi 22 anni hanno interessato popolamenti di latifoglie di diversa età (5-250 anni). Oltre ai parametri dendrometrici rilevati in campo, sono state analizzate informazioni relative all’uso del suolo pregresso per ogni area, allo scopo di individuare eventuali processi di ricostituzione post-disturbo. Confrontando i dati desunti dal modello di accrescimento con quelli reali, questi ultimi sono risultati nel 78% dei casi significativamente più alti (con valori che superano il 90% escludendo i casi in cui la biomassa epigea è diminuita a causa di fenomeni di mortalità delle piante dominanti). La ridotta rispondenza del modello rispetto alla situazione reale conferma come il carbonio venga assorbito ad un tasso maggiore rispetto a quanto osservato in passato. Le ragioni di questo incremento di produttività possono venire imputate a diversi fenomeni (p. es., [3]). I risultati di questo studio escludono che tale aumento sia ascrivibile ad un recupero successivo ad uno o più eventi di disturbo. Dall’analisi delle serie storiche (100 anni di dati climatici, 17 anni di misura della [CO2]) emerge infatti come nell’area oggetto di studio si sia registrato un aumento delle temperature medie, l’allungamento della durata del periodo vegetativo ed un aumento della concentrazione di CO2 atmosferica, mentre non risulta evidente un aumento nelle deposizioni azotate o nella disponibilità di fosforo. Inoltre il possibile effetto di campionamento di specie o stadi con differenti velocità di accrescimento (rispettivamente specie pioniere e rinnovazione) non trova riscontro nelle analisi condotte.
Le evidenze prodotte da McMahon et al. ([6]) per le foreste temperate degli Stati Uniti nord-orientali confermano l’esistenza di un feedback positivo clima-accrescimento. Cambiamenti climatici di moderata entità possono determinare un aumento della produttività forestale e quindi un aumento della capacità di assorbire CO2 da parte delle foreste ([1]). Tale ipotesi prevede tuttavia l’assenza di fattori limitanti, relativi in particolare alla disponibilità idrica, nonché la stabilità dei regimi di disturbo (contrariamente a quanto previsto dagli scenari futuri di medio e lungo periodo). A fronte di un aumento della severità dei disturbi e/o di una riduzione del loro tempo di ritorno le foreste potrebbero quindi modificare il loro status da sink a source di carbonio.
Lo studio di McMahon et al. ([6]) presenta tuttavia alcuni punti critici e questioni irrisolte, come sottolineato dagli stessi autori. Quanto è generalizzabile il trend degli incrementi individuato nelle foreste temperate del Maryland? E soprattutto quali sono i meccanismi che sottendono a questo aumento di produttività? L’individuazione delle soglie che innescano questi meccanismi e soprattutto le interazioni tra i diversi fattori rimangono ancora da chiarire, definendo nuove frontiere per la ricerca in campo forestale. L’analisi andrebbe inoltre estesa ad altri ecosistemi forestali ed ad altre aree geografiche, ad includere ad esempio popolamenti in cui la disponibilità idrica potrebbe costituire il principale fattore limitante (p. es., ecosistemi di tipo mediterraneo).
Gli spunti di riflessione forniti dal lavoro dei colleghi americani sono molteplici e presentano potenziali ricadute a diversi livelli. Ad esempio rafforzando un interrogativo che da tempo ormai circola nel settore della gestione forestale italiana. Quanto sono ancora attuali le tavole alsometriche redatte ormai decenni fa? Fino a che punto gli incrementi espressi possono rispecchiare le mutate condizioni di fertilità? Ripetere lo studio di McMahon et al. ([6]) nelle nostre foreste potrebbe essere stimolante, ma di non facile attuazione, poiché il disturbo antropico passato costituisce un rumore difficile da isolare in assenza di un affidabile dataset di lungo periodo.
Il monitoraggio degli ecosistemi forestali e l’analisi delle serie di lungo periodo si confermano quali approcci fondamentali per poter aggiungere ulteriori tasselli alla conoscenza ed alla comprensione delle dinamiche legate agli effetti dei cambiamenti climatici sulle foreste.
References
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