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Critical issues and challenges in the post-2012 perspective for the possible participation of the forestry sector market for carbon credits

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 8, Pages 149-161 (2011)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0672-008
Published: Nov 02, 2011 - Copyright © 2011 SISEF

Research Articles

Abstract

The first commitment period of the Kyoto Protocol (KP) is in its conclusive phase and with it the chances for forest farms in having an active role in the carbon market too. All carbon credits coming from Land Use, Land Use Change and Forestry activities will be used free of charge by the Italian Government in order to meet the national emission reduction target established under the Kyoto Protocol. In particular, the emitting sectors excluded from the European Union Emission Trading Scheme will benefit from forest carbon credits to offset part of their emissions, while for forest owners there is not any recognition for the provided service. In order to avoid the replication of this situation in the post-2012, it is necessary that the institution and the forest stakeholders, create the conditions for forest farms to participate and obtain the benefits introduced with the establishment of the Emission Trading, within the framework of post-2012 agreement. This condition could be achieved through the institution of a national carbon market. In this perspective this paper examines the main critical issues that could affect the participation of forest farms in the market.

Keywords

Kyoto Protocol, Carbon market, LULUCF, Carbon credit, Carbon sinks

Introduzione 

La lotta ai cambiamenti climatici costituisce un obiettivo che i Governi nazionali hanno condiviso sottoscrivendo la relativa Convenzione (United Nation Framework Convention on Climate Change - UNFCCC - ⇒ http:/­/­unfccc.int/­2860.php). Da essa è scaturito il Protocollo di Kyoto (PK - ⇒ http:/­/­unfccc.int/­kyoto­_protocol/­items/­2830.php) che definisce le iniziative, le regole e gli standard eleggibili per la sua attuazione, soggette a periodica revisione e/o integrazione nell’ambito delle periodiche Conferenze delle Parti (COP).

Per il primo periodo di applicazione del PK (2008-2012), che volge ormai al termine, l’opportunità che le aziende forestali abbiano un ruolo attivo nell’ampio mercato del carbonio è ormai sfumata.

Lo stallo intervenuto tra l’Istituzione Nazionale e quelle Regionali ha creato le condizioni affinché il Governo Nazionale possa acquisire gratuitamente il contributo delle attività di uso del suolo, cambio di uso del suolo e selvicoltura (Land Use, Land Use Change and Forestry - LULUCF) ai fini del soddisfacimento degli impegni sottoscritti in seno al PK.

I messaggi forti, ed al contempo contraddittori, che emergono su scala nazionale da questo primo periodo di applicazione del PK sono:

  • la funzione di assorbimento di CO2 delle foreste è un servizio di rilevante valore per il sistema produttivo nazionale;
  • l’assenza di iniziative specifiche che prevedano il coinvolgimento attivo del settore forestale fa sì che dei benefici derivanti dalle attività LULUCF ne usufruiranno indirettamente i settori produttivi esclusi dall’Emission Trading Scheme dell’Unione Europea (European Union Emission Trading Scheme - EU-ETS) che, pur non avendo obblighi di riduzione delle emissioni, potranno compensare parte delle loro emissioni in eccesso rispetto a quanto previsto dal Piano Nazionale di riduzione dei gas serra 2003-2010;
  • le aziende forestali non percepiranno alcun beneficio per questa funzione che rimane confinata come una esternalità positiva;
  • la creazione del mercato nazionale dei crediti di carbonio (MNCC) costituisce un obiettivo imperativo per assicurare nel post-2012 un coinvolgimento attivo del settore forestale.

In letteratura numerosi contributi sottolineano le rilevanti potenzialità del settore forestale nella lotta ai cambiamenti climatici ([6], [8], [12], [11], [20], [25], [27], [29], [32]), tuttavia, ad oggi, queste sono smentite dalla realtà. L’apparente semplicità con cui le aziende forestali avrebbero potuto prendere parte ai benefici del PK, si scontra con problematiche connesse alle scelte politico-programmatiche di interesse economico-ambientale, alle tensioni istituzionali derivanti dal decentramento amministrativo in materia forestale e dalla competenza nazionale in materia ambientale, all’impreparazione generale del sistema forestale e alla sua incapacità di fare sistema, nonché alle difficoltà oggettive che caratterizzano i procedimenti di quantificazione del carbonio e all’incertezza delle componenti attive e passive dei bilanci di investimento aziendale.

Questo periodo che precede la seconda fase di impegno può essere utilmente sfruttato per riflettere su questa delicata tematica. In questa ottica il contributo affronta le principali criticità e problematiche che sotto il profilo economico-finanziario condizionerebbero significativamente le scelte e gli investimenti delle aziende forestali, ovvero, si intende fornire degli elementi finalizzati a superare l’ipotesi semplicistica secondo cui è sufficiente possedere un bosco per accedere ai benefici del PK.

Il paradosso forestale 

I numeri fondamentali dell’impegno nazionale nell’ambito del PK sono riportati nel Box 1, unitamente alle dinamiche finora registrate e alle previsioni per l’ultimo biennio 2011-2012.

Box 1 - Effetto compensazione e trascinamento connesso con gli impegni di Kyoto.

Con la pubblicazione del reporting per il PK relativo agli anni 2008 e 2009 ([3]) si è avuto il consolidamento del dato delle emissioni nazionali di GHG per l’anno 1990, che ammonta a 517.05 MtCO2eq, da cui la relativa stabilizzazione del valore delle emissioni medie annue per il periodo 2008-2012 pari a 483.44 MtCO2eq anno-1.

Per il solo anno 2009, l’ammontare delle emissioni (+491 MtCO2eq) risulta inferiore alla somma della quota media annua di emissioni sancita dal PK (-483.44 MtCO2eq) e del contributo delle attività LULUCF (-16.52 MtCO2eq), generando un saldo di circa -9 MtCO2eq.

Considerando il periodo 2008-2010 si evidenzia invece un eccesso di emissioni pari a 51.44 MtCO2eq (Tab. 3). La delibera CIPE ([14]) indica un valore tendenziale delle emissioni nazionali al 2010 pari a 587 MtCO2eq, tuttavia, si ritiene che esso sia poco veritiero in quanto non tiene conto dell’impatto della crisi economica verificatasi negli anni immediatamente successivi.

Tab. 3 - Determinazione del saldo nazionale del bilancio del carbonio per il biennio 2008-2010 (dati in MtCO2eq). (a): Le emissioni dell’anno 2008 e 2009 sono dati effettivi (NIR 2010, 2011), mentre quelli del 2010 sono stime ([26]). Gli assorbimenti indicati per gli anni 2008 e 2009 sono anch’essi effettivi, mentre per il 2010 si riporta il valore medio dei due anni precedenti. (b): L’ammontare delle quote di emissione ammesse dal PK sul piano contabile sono considerate al pari degli assorbimenti, ed in quanto tali sono stati trattati nelle tabelle che seguono.

Descrizione Anno & periodo Valori Saldo
Annui Periodici
Emissioni Assorbimenti e Emissioni ammesse (b) Emissioni
(MtCO2eq)
Assorbimenti e Emissioni ammesse (b)
Emissioni ed assorbimenti nel triennio 2008-2010 (a) 2008 541.50 16.14 1550.75 48.99 1501.76
2009 491.00 16.52
2010 518.25 16.33
Emissioni ammesse dal PK 2008-2010 su base annua 2008 - 483.44 - 1450.32 -1450.32
2009 - 483.44
2010 - 483.44
Saldo emissioni ed assorbimenti 2008-2010 1550.75 1499.31 1550.75 1499.31 51.44

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La compensazione di questo surplus di emissioni all’interno dell’attuale periodo di applicazione del PK, ovvero nel corso del biennio 2011-2012, potrebbe realizzarsi mediante una drastica riduzione delle emissioni del 5.61% rispetto alla quota media annua sancita dal PK, ovvero raggiungendo un volume di emissioni annuo pari a 457.72 MtCO2eq, da conseguirsi per gli anni 2011 e 2012. Il tutto senza tenere in considerazione il contributo delle attività LULUCF.

Ragionando con riferimento all’intero periodo di impegno 2008-2012, le ipotesi presenti in letteratura sostengono che l’Italia nel biennio 2011-2012 dovrebbe ritornare ai livelli delle emissioni del 2008 ([26], [16]). Qualora ciò rispondesse al vero, alle emissioni eccedenti del triennio 2008-2010 si sommerebbero quelle del biennio 2011-2012 per un totale stimato in 2622.13 MtCO2eq, che al netto del contributo delle attività LULUCF, pari a 81.65 MtCO2eq, ammonterebbero a 2540.48 MtCO2eq, con un eccedenza rispetto al tetto delle emissioni nazionali di 123.28 MtCO2eq (Tab. 4).

Tab. 4 - Determinazione del saldo nazionale del bilancio del carbonio per il biennio 2008-2012 (dati in MtCO2eq). (b): vedi didascalia Tab. 3.

Descrizione Anno Valori Saldo
Annui Periodici
Emissioni Assorbimenti e Emissioni ammesse(b) Emissioni Assorbimenti e Emissioni ammesse(b)
Emissioni ed assorbimenti nel periodo 2008-2012 2008 541.50 16.14 2622.13 81.65 2540.48
2009 491.00 16.52
2010 518.25 16.33
2011 529.88 16.33
2012 541.50 16.33
Emissioni ammesse dal PK 2008-2012 su base 2008 - 483.44 - 2417.20 -2417.20
2009 - 483.44
2010 - 483.44
2011 - 483.44
2012 - 483.44
Saldo emissioni ed assorbimenti 2008-2012 2622.13 2498.85 2622.13 2498.85 123.28

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In questo caso la compensazione potrebbe conseguirsi percorrendo una delle seguenti strategie:

  1. acquistare al termine del periodo 2008-2012 sul ET-PK le corrispondenti quote di CO2eq. Per le finanze pubbliche nazionali ciò significherebbe sopportare una spesa aggiuntiva di 1 232 800 000.00 € (Tab. 5) stimata al prezzo delle Assigned Amount Units (AAUs) di 10 €/cad;
  2. Tab. 5 - Quantificazione del costo della compensazione attraverso l’acquisto di quote di CO2eq ET_PK. (UdM): unità di misura.

    Descrizione UdM Valori
    Emissioni nazionali in eccesso rispetto al cap del PK MtCO2eq 123.28
    Valore unitario delle quote (1 AAU) €/tCO2eq 10.00
    Valore monetario della compensazione al termine del periodo 2008-2012 con l’acquisto di quote di CO2eq sul ET-PK 1 232 800 000.00

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  3. demandare la loro compensazione al prossimo periodo di impegno. Al totale delle emissioni eccedentarie stimate (123.28 MtCO2eq) si sommerebbe la maggiorazione del 30% quale penalità prevista dal PK, pari a +36.98 MtCO2eq, generando un effetto trascinamento al prossimo periodo di impegno per un totale di 160.26 MtCO2eq (Tab. 6) che andrebbe a gravare sulle generazioni future. Il valore dell’effetto trascinamento, stimato in termini monetari, sarebbe di oltre 1.6 miliardi di euro.
  4. Tab. 6 - Quantificazione in volume ed in valore dell’effetto trascinamento al secondo periodo d’impegno. (UdM): unità di misura.

    Descrizione UdM Valori
    Emissioni nazionali in eccesso rispetto al cap del PK MtCO2eq 123.28
    Maggiorazione dovuta per le emissioni in eccesso (+30%) MtCO2eq 36.98
    Surplus di emissioni del primo periodo di impegno da compensare nel periodo post-2012 MtCO2eq 160.26
    Valore unitario delle quote (1 AAU) €/tCO2eq 10.00
    Valore monetario dell’effetto trascinamento 1 602 640 000.00

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Il “Piano Nazionale per la riduzione dei gas serra 2003-2010” ha attribuito alle attività LULUCF un potenziale di assorbimento pari a 16.2 Mt di CO2 per il periodo di impegno 2008-2012 (Tab. 1), che nel 2012 sarà portato a detrazione dal Governo Nazionale nel pacchetto degli impegni assunti con la sottoscrizione del PK ([23]).

Tab. 1 - Potenziale nazionale di assorbimento di carbonio attività LULUCF. Fonte: (1) Delibera CIPE 123/2002 e s.m.i., [21]; (2) [3].

Articoli del protocollo di Kyoto Assorbimento potenziale1
(MtCO2eq/anno)
Assorbimento
anno 20082
(MtCO2eq)
Assorbimenti
anno 20092
(MtCO2eq)
stimati conteggiabili stimati conteggiabili
Art. 3.3 Riforestazione naturale 3.00 5.94 5.94 6.32 6.32
Afforestazione e riforestazione (vecchi impianti) 1.00
Afforestazione e riforestazione (nuovi impianti) 1.00
Afforestazione e riforestazione (nuovi impianti) su aree soggette a dissesto idrogeologico 1.00
Deforestazione 0
Art. 3.4 Gestione forestale 10.20 50.73 10.20 48.45 10.20
Totale 16.20 57.06 16.14 54.77 16.52

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La delibera di approvazione del piano adottata dal Comitato interministeriale per la Programmazione Economica ([13]) è stata aggiornata nel corso del 2007 per quel che riguarda i valori di emissione del 1990, e di conseguenza il target di Kyoto, ridefinendo lo scenario tendenziale al 2010, mentre non sono stati ancora pubblicati gli aggiornamenti delle azioni e delle misure necessarie per raggiungere l’obiettivo di riduzione ([14]).

Di recente, nell’Inventario Nazionale dei gas ad effetto serra (National Inventory Report, NIR - [3]), adempimento dovuto per l’adesione al PK, sono stati riportati le stime aggiornate delle emissioni ed assorbimenti del sistema nazionale per gli anni 2008 e 2009.

Per le attività LULUCF è stato stimato un assorbimento al 2008 di 57.06 MtCO2eq, di cui 50.73 MtCO2eq riferite alle attività di gestione forestale (art. 3.4) e 5.94 MtCO2eq relative al bilancio tra gli assorbimenti e le emissioni delle attività di afforestation/reforestation/deforestation (ARD - art. 3.3). Per il 2009 i valori sono rispettivamente di 48.45 MtCO2eq e 6.32 MtCO2eq per un totale di 54.77 MtCO2eq (Tab. 1). Nonostante la loro entità, ai fini degli impegni del PK il contributo eleggibile ammonta comunque a 16.14 MtCO2eq per il 2008 e 16.52 MtCO2eq per il 2009, tenuto conto del tetto massimo conteggiabile (cap), stabilito dal PK per le attività di gestione forestale in Italia pari a 10.2 MtCO2eq/anno.

Assumendo un assorbimento medio annuo di 16.34 MtCO2eq , l’ammontare di CO2eq che potrebbe essere compensata dalle foreste nel quinquennio 2008-2012 è pari a 81.6 MtCO2eq (+3.36%), aggiuntive alle emissioni totali (assigned amount) ammesse dal PK pari a 2.417.20 MtCO2eq.

L’Emission Trading (ET) del PK, include tutte le attività che emettono/assorbono anidride carbonica (carbon source/carbon sink - Tab. 2), inclusi i contributi derivanti dalle foreste nazionali ai sensi degli art. 3.3 e 3.4 e 6 (Joint Implementation - JI), e dei progetti di Clean Development Mechanism (CDM) relativi ad attività di afforestazione/riforestazione (A/R-CDM), seppur con dei limiti. Inoltre, il PK ammette la possibilità che a livello regionale e/o nazionale si adottino strumenti di mercato ritenuti più opportuni per raggiungere gli obiettivi generali del PK.

Tab. 2 - Categorie di attività e loro inclusione nel Emission trading del PK (ET) e nel European Union Emission Trading Scheme (EU-ETS).

Categorie di attività Mercati del carbonio
ET EU-ETS
Produzione e trasformazione di materiali ferrosi SI SI
Industria dei prodotti minerali SI SI
Produzione di pasta di carta, carta e cartone SI SI
Produzione e trasformazione di materiali ferrosi SI SI
Da usi di fonti energetiche (trasporti, civile, manifatturiero, costruzioni, industrie energetiche) SI NO
Processi industriali (industria mineraria, chimica) SI NO
Agricoltura SI NO
Rifiuti SI NO
LULUCF SI NO

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L’EU-ETS attualmente rappresenta il più ampio schema di mercato regionale dei crediti di carbonio attualmente attivo a livello mondiale ([7]), tuttavia le direttive 2003/87/CE e 2004/101/CE, escludono alcuni settori emettitori e non ammettono le attività LULUCF.

Per la parte del sistema produttivo italiano escluso dall’EU-ETS, ma che comunque concorre alla determinazione delle emissioni nazionali ai fini degli impegni del PK (Tab. 2), il contributo delle attività LULUCF consente significativi risparmi attraverso la riduzione delle spese vive per l’abbattimento delle emissioni, nonché per il contenimento della maggiorazione del 30% che potrebbe subire l’Italia nel secondo periodo d’impegno per l’effetto trascinamento delle emissioni eccedentarie del primo periodo d’impegno rispetto ai quantitativi previsti (Box 1).

Malgrado il significativo contributo assicurato dalle aziende forestali, allo stato attuale dei fatti, lo stallo a cui si è pervenuti a livello istituzionale, fa sì che al settore forestale non sia stata riconosciuta alcuna contropartita confinando la funzione di sink a mera esternalità del ciclo di produzione del settore forestale, a favore del sistema produttivo nazionale e della collettività. Si rammenta che qualora le aziende forestali vedessero riconosciuto il ruolo di sink delle loro foreste sul mercato questa funzione diverrebbe un servizio remunerato e perderebbe i caratteri di esternalità.

La stridente mancanza di equità nel trattamento dei diversi settori produttivi, è a tutto vantaggio di quelli più forti, che oggi si ritrovano a godere di una rendita di posizione. Se ciò può essere accettato in una dimensione prettamente transitoria, in prospettiva non è certamente sostenibile.

Affinché questa situazione non vada cristallizzandosi, si ritiene che il settore forestale debba essere animato da un atteggiamento propositivo nel promuovere il proprio coinvolgimento nel MNCC, avendo piena consapevolezza dei seguenti punti:

  • si tratta di un’opportunità che scaturisce da accordi internazionali ulteriormente disciplinati in sede nazionale;
  • data la sua natura, i due elementi che la tipicizzano sono l’elevata incidenza di norme e regole, nonché la genesi di costi di transazione;
  • affinché le iniziative possano essere eleggibili per gli impegni sottoscritti per il post-2012, queste debbono essere addizionali rispetto a quello che si sarebbe avuto e/o svolto a politiche immutate;
  • non è sufficiente possedere un bosco affinché le aziende forestali possano sfruttare questa opportunità.

Criticità delle componenti al contorno 

Aspetti intrinseci al sistema forestale nazionale

Il primo profilo su cui è necessario richiamare l’attenzione riguarda l’assenza di una definizione giuridica condivisa circa la natura del bene “bosco”. Attualmente le definizioni esistenti sono pressocchè pari al numero delle regioni, a cui si deve aggiungere quella nazionale sancita dal D.lgs 227/2001[1] ([10]), nonché quella adottata nel recente inventario delle foreste ([18], [30]), omologa della definizione FAO e che caratterizza i cosiddetti boschi pro-Kyoto.

Il problema che deriva da questa numerosità di definizioni non riguarda la stragrande superficie forestale, costituita da formazioni mature e continue su area vasta con uno sviluppo senza soluzione di continuità, bensì le formazioni minori, ovvero quelle arboree o in transizione nelle aree marginali, le fasce ecotonali, nonché le neo-formazioni su ex-coltivi o pascolivi, i nuclei isolati, le formazioni arbustive e quelle rade e/o miste. Nel momento in cui una o tutte le formazioni minori sono incluse nei boschi pro-Kyoto, su di essi gravano vincoli di conformità derivanti dal PK. Nella misura in cui essi non sono riconosciuti dalla pianificazione regionale, si generano delle tensioni legate alle diverse aspettative d’uso da parte della proprietà ammesse dalla pianificazione vigente, che potrebbero essere completamente avulse da quelle proprie dei boschi pro-Kyoto.

Per quel che attiene specificatamente le neo-formazioni su ex coltivi e pascolivi, le formazioni arbustive e le formazioni in transizione verso i boschi, per la loro eleggibilità vi è il problema di verificare se siano il frutto di scelte specifiche finalizzate agli obiettivi del PK adottate posteriormente al 1990.

Il riconoscimento che queste formazioni siano direct human-induced, può essere sviluppato su due livelli:

  • verificare se sono una scelta aziendale di favorire l’ampliamento del bosco, anche attraverso atti documentali (esistenza di un piano di assestamento che includa queste superfici tra le comprese forestali) e/o testimoni muti (attuazione di moduli colturali finalizzati a favorire l’affermazione delle specie arboree forestali);
  • verificare l’esistenza di una volontà da parte delle amministrazioni centrali e regionali di tutelare queste formazioni nella prospettiva di contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici, a prescindere dalla volontà delle proprietà, e/o nei casi in cui sussistano le potenzialità affinché divengano boschi, anche se ancora non abbiano maturato i requisiti specifici per essere qualificati come tali.

In entrambi i casi l’elemento dirimente è rappresentato dal quadro legislativo forestale che deve prevedere il divieto della loro reversibilità ad una destinazione d’uso diversa da quella forestale. Questo è un passaggio particolarmente delicato sul piano dell’accettabilità politica, sociale e della gestione del territorio, dato che la sua adozione potrebbe incidere fortemente sulla pianificazione vigente e sulle aspettative della collettività. In sostanza il legislatore deve attestare che le dinamiche socio-economiche inerenti l’uso di queste terre conducono alla formazione di aree che, in prospettiva, avrebbero un interesse ad essere conservate come serbatoi di carbonio.

Le regole e gli standard

Il PK già al suo interno sancisce alcune regole fondanti a cui necessariamente occorre allinearsi per poter veder riconosciuti i crediti del MNCC anche nell’ET del PK. Si citano le due regole di maggior rilevanza forestale:

  1. articolo 3.3, secondo cui tutte le formazioni arboree derivanti da attività di afforestation/reforestation (A/R: attività tradizionalmente indicate come imboschimento/rimboschimento - [15], [31]), realizzate successivamente al 1990, sono eleggibili e generano crediti utilizzabili al 100%;
  2. articolo 3.4 dove sono riportate le attività addizionali che ciascuna Parte del PK può facoltativamente eleggere ai fini della contabilizzazione dei crediti di CO2, tra cui la gestione forestale i cui assorbimenti possono essere contabilizzati fino ad un cap che, come è stato già detto, per l’Italia è stato quantificato in 10.2 MtCO2eq per anno.

Un approfondimento specifico merita l’articolo 3.3. Se gli imboschimenti e i rimboschimenti, sottendendo implicitamente il vincolo forestale permanente, rientrano a pieno titolo nella contabilizzazione pro-Kyoto, altrettanto non può affermarsi per l’arboricoltura o comunque per le formazioni arboree di origine artificiale effettuate su terreni agricoli e sottostanti a normale turnazione delle colture agricole. Queste formazioni sono state escluse dalla definizione di foresta pro-Kyoto, e sono considerate facenti parte di categorie di uso delle terre agricole ([24], [33]). I parchi urbani sono anch’essi esclusi dall’articolo 3.3 in quanto insistono su terre urbane. Le suddette terre si caratterizzano per la natura temporanea delle formazioni che contempla la reversibilità della destinazione d’uso dei terreni alla fine del ciclo colturale.

Dato questo inquadramento nascono delle perplessità per la connotazione degli impianti realizzati con i finanziamenti pubblici a partire dagli anni 90’, ovvero con i Reg. 2080/1992, Reg. 1957/1999 e Reg. 1698/2005, nonché quelli sostenuti nei prossimi periodi programmatori. L’esperienza evidenzia che da tali finanziamenti sono scaturite diverse tipologie di formazioni arboree, quali: (a) formazioni permanenti e multifunzionali; (b) formazioni a ciclo lungo; (c) formazioni a ciclo medio; (d) short rotation forestry. E’ evidente che alcune possono essere incluse tout-court nell’ambito delle attività di A/R, mentre altre hanno un carattere temporaneo, di cui alcune con un lungo orizzonte temporale (30-40 anni) ed altre piuttosto breve o brevissimo. In letteratura e nel piano nazionale di riduzione dei gas serra, gli impianti di arboricoltura da legno sono inclusi tra le attività eleggibili di A/R, mentre nell’Inventario dell’Uso delle Terre d’Italia (IUTI - strumento proprio del Registro Nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali) sono annoverati tra le “cropland management”, attività addizionale disciplinata dall’art. 3.4 ma non eletta dal Governo nazionale ai fini della rendicontazione pro- Kyoto.

Per completare il quadro, occorre considerare che queste formazioni sono state realizzate grazie a contributi pubblici erogati in virtù delle loro funzioni ambientali, ivi comprese quelle per la lotta ai cambiamenti climatici. Esse dunque hanno tutti i requisiti per essere incluse nelle rendicontazioni ai fini del rispetto degli obiettivi internazionali, tuttavia, si nutrono delle perplessità circa la possibile partecipazione dei proprietari ad un eventuale MNCC, piuttosto di ritenere che i crediti siano a priori di proprietà pubblica ([27]). I ricavi derivanti dal loro scambio sul MNCC si configurerebbero come una loro seconda remunerazione. È evidente che l’argomento richiede un opportuno intervento chiarificatore del quadro, per promuovere delle aspettative chiare nelle aziende.

Continuando rispetto all’articolo 3.4, occorre superare l’aleatorietà che caratterizza il generico concetto di “gestione forestale”, al di là degli accordi relativi al valore del tetto massimo rendicontabile. E’ indubbio che la foresta cresce e si evolve anche a prescindere dall’intervento umano, tuttavia, la gestione genera un impatto sulla sua dinamica evolutiva e quindi sulla sua capacità di assorbimento. E’ dunque necessario individuare quell’incremento addizionale di assorbimento di anidride carbonica che l’ecosistema fa registrare per effetto dell’attività gestionale.

Sul piano prettamente concettuale il problema è estremamente semplice: dato H0 la variazione annuale/periodica della quantità di carbonio stoccata dal soprassuolo forestale sottoposto al modello colturale corrente, e Hk la variazione annuale/periodica della quantità di carbonio stoccata per effetto del nuovo modulo colturale adottato per accrescere l’efficienza del soprassuolo all’assorbimento di carbonio, ne consegue che (eqn. 1):

(1)
*

dove ΔC è l’incremento di carbonio annuale/periodico stoccato per effetto del modulo colturale adottato nel periodo n che è possibile portare in contabilità. Il principio, concettualmente piuttosto semplice, si complica nel momento in cui si entra nel dettaglio circa le tipologie di interventi di gestione forestale ammissibili, gli standard a cui devono attenersi, quali altri obiettivi siano conciliabili e come debbano essere realizzati. Si tratta di quesiti a cui l’Autorità amministrativa e il mondo scientifico dovrebbero dare chiare risposte.

Un ulteriore elemento di complessità riguarda le modalità di calcolo della capacità di assorbimento delle formazioni arboree. Il documento dell’IPCC ([19]) ne sancisce i principi, sviluppati ed adattati alla realtà italiana nel contributo di Federici et al. ([17]) che quantificano la capacità di fissazione di CO2 dell’ecosistema in funzione della provvigione legnosa; tuttavia, è evidente la necessità di approfondire ulteriormente la tematica poiché questa funzione potrebbe mutare significativamente con i caratteri climatici e stazionali, che determinano la capacità portante del sistema, e le modalità gestionali, che determinano la distribuzione nello spazio della biomassa presente.

Rispetto a quest’ultimo punto un profilo sensibile riguarda la dinamica del bilancio del carbonio nei vari comparti[2] (carbon pools) a seguito degli interventi selvicolturali intercalari e di fine turno. Quanto è ragionevole assumere che questa sia direttamente proporzionale all’accrescimento del volume legnoso, senza tener conto degli effetti delle pratiche colturali? In che misura è veritiera l’ipotesi che la quantità di carbonio stoccato nel suolo è funzione del volume legnoso che insiste su di esso? Ed ancora, l’azienda forestale che intende partecipare al mercato deve necessariamente quantificare l’ammontare di tutti i carbon pools? Come possono essere quantificati i crediti e chi li quantifica?

La proposta è che si adottino criteri flessibili che offrano la possibilità di:

  • demandare alla proprietà la scelta di quale dei cinque carbon pools considerati dal PK (biomassa epigea, biomassa ipogea, lettiera, necromassa, suolo) eleggere ai fini del calcolo dello stock di carbonio, offrendo conseguentemente la possibilità di escludere quelli la cui quantificazione risulti particolarmente onerosa;
  • dare l’opportunità alla proprietà di scegliere se partecipare al mercato utilizzando dati di default , oppure ricorrendo alla quantificazione analitica del carbonio assorbito avvalendosi di professionisti qualificati.

La valutazione degli investimenti ed i margini di convenienza

L’analisi degli investimenti pro-Kyoto presenta dei profili molto peculiari. Anzitutto il giudizio di valutazione deve essere espresso considerando congiuntamente la valutazione economico-finanziaria e il bilancio tra emissioni e assorbimenti di CO2. Occorre sviluppare parallelamente le due valutazioni, in entrambi i casi determinando rispettivamente il valore assoluto dello scenario pro-Kyoto [HK] e di quello corrente [H0], quindi eseguendo la loro comparazione per determinare l’incremento delle performance derivanti dalla realizzazione dell’investimento. Quest’ultimo risulterà conveniente nella misura in cui entrambe le valutazioni saranno positive.

Entrando nel dettaglio del calcolo, per quel che attiene la valutazione della dinamica delle emissioni/ assorbimenti, i passaggi delicati sono rappresenti da:

  1. i numeri caratteristici delle attività a confronto;
  2. l’ampiezza dell’orizzonte temporale coinvolto nella valutazione.

Il primo punto investe sia lo scenario [HK] sia quello [H0]. Se per il primo scenario [HK] la tematica è stata trattata nel precedente paragrafo, in questo contesto si evidenzia il gap conoscitivo inerente la dinamica dell’anidride carbonica dello scenario [H0]. Nei casi di attività ascrivibili alla categoria A/R, fermo restando il superamento dell’incertezza relativamente all’articolo a cui afferiscono (3.3 o 3.4), coinvolgendo terreni a spiccato carattere di marginalità, le informazioni inerenti la loro capacità di immagazzinamento non sono al momento disponibili né a scala nazionale né regionale.

Il secondo punto riflette un problema procedurale. A fronte di un vincolo forestale permanente vi è incertezza su quale sia l’orizzonte temporale, considerata l’indeterminatezza di procedere all’accumulazione di infiniti valori di CO2 stoccata.

Per quel che riguarda l’analisi finanziaria, le criticità riguardano tutti i parametri fondamentali per la quantificazione degli indicatori di performance. Sia nello scenario [HK] sia [H0] i ricavi sono quelli maturati sul mercato, con la differenza che nel primo caso debbono essere inclusi i proventi derivanti dai crediti di carbonio scambiati. Tuttavia, occorre fornire indicazioni dettagliate circa la gestione dei crediti a seconda del tipo di intervento selvicolturale, ma soprattutto a seguito di eventi di disturbo/degrado del soprassuolo.

Per quel che attiene gli interventi selvicolturali, nella misura in cui al soprassuolo eliminato segua prontamente il nuovo soprassuolo, per rinnovazione naturale o artificiale, si ritiene che non debba riconoscersi alcun debito all’azienda, ed i crediti acquisiti rimarrebbero integralmente di proprietà al pari di quelli dei periodi successivi. Si tratta di una scelta la cui fattibilità deve essere verificata in seno al PK. Da un punto di vista teorico ammettere che gli altri carbon pools rimangano immutati nella quantità di carbonio stoccato a seguito dell’intervento forestale appare una forzatura.

Situazione diversa dovrebbe configurarsi allorché il soprassuolo sia perso a causa di disturbi/degrado di varia natura, in primis gli incendi. Data la delicatezza dell’argomento si ritiene che dapprima occorre definire le misure minime che la proprietàè tenuta a rispettare per la salvaguardia del proprio patrimonio. Nei casi in cui malgrado le misure di prevenzione vi sia un processo di degrado, si può assumere che questo abbia i caratteri di eccezionalità e conseguentemente non vi sia una responsabilità diretta dell’azienda e quindi non si richiede la compensazione delle emissioni che ne derivano. Contrariamente, nei casi in cui siano state disattese le misure minime di prevenzione sussiste indubbiamente una responsabilità diretta dell’azienda, alla quale si richiede di compensare le emissioni rilasciate in atmosfera a seguito dell’evento di degrado.

Passando alla componente dei costi, un approfondimento specifico lo richiedono i costi di transazione ed il costo opportunità degli investimenti.

Uno dei caratteri tipicizzanti dell’ET del PK, e per analogia lo sarebbe dell’eventuale MNCC, è l’elevata regolamentazione. La natura del bene, le modalità di quantificazione, i criteri di partecipazione e le relative procedure di mercato sono tutte sottoposte a rigide normazioni. Tutto ciò ha quale conseguenza la presenza dei costi di transazione, come già evidenziato in letteratura, che vanno ad erodere i benefici monetari che potrebbe apportare l’attivazione del mercato.

L’analisi della convenienza degli investimenti nella prospettiva del MNCC deve necessariamente includere il costo della migliore alternativa a cui la proprietà forestale dovrebbe rinunciare (costo opportunità ). Tre sono gli aspetti particolarmente significativi in argomento:

  1. aree forestali con popolamenti lassi e/o boschi in ex-coltivi e pascoli. Queste tipologie d’uso del suolo incluse nell’IFNC, come già introdotto, in alcune Regioni non sono sottoposte a tutela come aree boscate. La loro mancata inclusione implica l’esistenza di varie possibili alternative d’uso che genererebbero un costo opportunità elevato, che potrebbe rendere l’opzione dell’investimento ai fini del MNCC da rigettare;
  2. ampliamento della superficie arborea attraverso impianti di arboricoltura da legno. Fermo restando il superamento delle criticità precedentemente illustrate, l’introduzione di regimi di sostegno all’arboricoltura da legno, che si stanno protraendo con continuità ormai dalla metà degli anni ’80, hanno promosso la realizzazione di impianti che dapprima hanno interessato le aree aziendali meno produttive (costo opportunità minore), per poi passare ad aree con produttività maggiore innalzando il relativo costo opportunità. Ne consegue che oggi le eventuali nuove formazioni dovrebbero realizzarsi su terreni maggiormente produttivi e di conseguenza l’investimento pro-Kyoto dovrà remunerare costi di rinuncia crescenti ([9]), riducendo la sua attrattività;
  3. la gestione forestale dei boschi esistenti. La partecipazione al MNCC passa per l’adozione di scelte e moduli colturali in grado di accrescere la capacità di fissazione del carbonio dei popolamenti rispetto alla gestione consuetudinaria. In queste circostanze seppur il costo opportunità sia molto contenuto, le due problematiche che ne conseguono riguardano i costi effettivi a cui la proprietà potrebbe andare incontro per accrescere la capacità di fissazione del carbonio, e il limite attualmente esistente per la gestione forestale pari a 10.2 MtCO2eq.

Per quel che attiene l’orizzonte temporale di valutazione degli investimenti pro-Kyoto di fatto esso è illimitato, in accordo con il principio “once Kyoto land, always Kyoto land” ([1]) superando così il problema della non-permanenza dei progetti forestali (problema risolto soltanto da un punto di vista formale in quanto rimane l’incertezza legata ai processi di degrado dei boschi, agli incendi boschivi ecc.), che sarebbero gravati da un vincolo permanente pro-Kyoto. Due problematiche collaterali da definire: (a) la necessità che tale vincolo rimanga agli atti sia in sede di passaggi di successione che di compravendite; (b) che la destinazione pro-Kyoto sia recepita anche in ambito catastale.

Infine, la problematica della giusta entità del saggio di capitalizzazione. Trattandosi di una valutazione su scala aziendale questo deve riflettere il costo opportunità di impieghi alternativi, ovvero il saggio di rendimento di investimenti analoghi per livelli di rischio, durata e capitali investiti.

I risultati di alcuni investimenti forestali nella prospettiva pro-Kyoto ([28]) hanno evidenziato che l’azienda registra dei margini di convenienza nei casi in cui realizzi formazioni multifunzionali, ovvero, i proventi dell’attività di impresa derivino sia dalla produzione di legno da opera sia dai crediti corrispondenti all’assorbimento del carbonio.

Le tipologie di mercato dei crediti di carbonio 

Il mercato istituzionale

Il bene oggetto di scambio su questo mercato è rappresentato dalla quota di CO2. Questa può essere una quota di emissione (quota di debito), espressione della domanda di mercato da parte dei settori emettitori di CO2eq, oppure una quota di credito legata alla funzione di assorbimento di CO2eq da parte delle foreste.

Una definizione giuridica di quota di emissione è presente nell’EU-ETS, secondo cui questa equivale “al diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato” (Dir. 2003/87/CE). La quota di interesse forestale può essere definita per analogia, ovvero è quel diritto di emissione riconosciuto al possessore delle foreste gestite pro-Kyoto, in relazione all’avvenuto assorbimento di una tonnellata di biossido di carbonio. Si tratta di un bene intangibile, immateriale, non esplicitamente identificabile, intrinsecamente collegato alle quantità di carbonio accumulato nelle foreste.

Data la particolare natura del bene oggetto di scambio, affinché si giunga ad un mercato efficiente occorre creare strumenti amministrativi che ne assicurino l’escludibilità piena (ovvero l’impossibilità che la medesima quota divenga proprietà di più soggetti) e la rivalità assoluta (ovvero l’impossibilità che la medesima quota sia oggetto contemporaneamente di scambi su più mercati). Ciò può avvenire mediante il meccanismo del registro che attesti, in modo univoco e certo, l’esistenza, la consistenza, l’ubicazione ed il nominativo di colui che ha i diritti di proprietà sulla stessa, a cui fanno da corredo altre informazioni quali la specie, la forma di governo e trattamento del bosco ed altre ancora. E’ noto che esiste il Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali ([22]), tuttavia, questo non è idoneo a supportare l’eventuale MNCC. Le modalità di costruzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio, basate su rilievo statistico campionario, non consentono al momento di attribuire ad unità territoriali (esempio particelle catastali o forestali) titolo di possesso ed entità delle quote di assorbimento di CO2 di spettanza. In argomento vi sono due criticità principali:

  • l’attuale registro fornisce un dato della CO2 stoccata quantificato con una indagine campionaria, ma non è in grado di indicare quale sia la quota relativa al soprassuolo che insiste sulla specifica particella forestale o catastale;
  • l’attuale registro non comprende una sezione dedicata ai possessori dei boschi.

Nella prospettiva che vengano superate queste eccezioni, dando la possibilità al settore forestale di dare appieno il suo contributo, vi sono altri passaggi estremamente significativi da compiere:

  • definire procedure tecnico-amministrative trasparenti delle dinamiche di mercato delle singole quote;
  • individuare le istituzioni coinvolte, definendone funzioni, ruoli e strumenti.

E’ opportuno sottolineare che l’attivazione di questo mercato si dovrebbe basare su regole chiare ed efficaci che assicurino l’addizionalità, la permanenza dei crediti generati e l’assenza di esternalità negative (leakage - problema legato al trasferimento delle emissioni in altro luogo e/o ad un altro settore). Queste sono le principali regole che discendono direttamente dal PK, a cui deve conformarsi l’eventuale MNCC per poter vedere riconosciuti i propri crediti di carbonio nazionali nel mercato internazionale.

Le metodologie di monitoraggio degli assorbimenti e delle emissioni dovranno rispondere a requisiti di trasparenza, consistenza, completezza ed accuratezza al fine di assicurare la loro comparabilità. Inoltre, il mercato dovrà assicurare la tracciabilità degli scambi. Su queste tematiche vi è una vasta letteratura, pertanto il mondo scientifico è chiamato a formulare delle proposte che le istituzioni centrali dovrebbero tradurre in iniziative cogenti.

Il mercato volontario dei crediti di carbonio

Attualmente nel settore è operativo unicamente il mercato volontario. L’offerta è rappresentata dall’insieme dei possessori delle foreste presenti sul territorio nazionale che, in forma diretta o mediata, intendono collocare le quote maturate dalle proprie formazioni attraverso dei progetti di carbon offset. Ad essi si contrappongono tutti coloro (individui, imprese, società, istituzioni, etc.) che intendono volontariamente compensare le loro emissioni di gas climalteranti, per motivi etici, ambientali, commerciali o di altra natura, comunque non riconducibili agli obblighi derivanti dal PK.

L’oggetto di scambio è rappresentato dalla quota di carbonio, denominata Verified Emission Reduction (VER), commercializzabile nell’ambito del mercato che si riconosce in uno standard comune. Ciascuno standard ha un proprio registro dei possessori delle quote conferite, con organizzazione e procedure autonomamente definite ([2]), e nel corso degli anni ogni standard ha maturato un diverso livello di attendibilità che determina un diverso valore dei VER.

Anche a livello nazionale vi sono vari standard, con una valenza molto circoscritta ed una scarsa proiezione internazionale, nonché con un proprio registro. I crediti dovrebbero derivare da attività addizionali rispetto a quelle consuetudinarie, e i boschi coinvolti dovrebbero essere registrati in modo da evitare eventuali duplicazioni nell’allocazione dei crediti. Questi passaggi costituiscono le maggiori criticità per questo mercato, poiché seppur ciascun soggetto certificatore si attiverà al meglio per assicurarsi la coerenza con gli impegni sottoscritti dai proprietari, l’assenza di un registro unico, che includa anche il registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali, e la mancanza di un sistema terzo di controllo, rende a priori il sistema debole (problematica comune a livello mondiale, laddove operano vari standard che danno vita ad altrettanti mercati volontari, segmentati e non mutualmente riconosciuti) ed espone i crediti riconosciuti a doppi conteggi.

La problematica della duplicazione dei crediti è rilevante in particolare per i progetti di generazione di VER nei paesi con obbligo di riduzione delle emissioni, ivi compresa l’Italia, i cui assorbimenti netti nel settore forestale possono essere utilizzati per gli adempimenti degli obblighi nazionali o per il mercato istituzionale dei crediti di carbonio (ET); mentre non sussiste nei Paesi in via di sviluppo senza obbligo di riduzione di emissione, assicurando però che le superfici forestali in oggetto non siano incluse in progetti CDM. I numerosi standard volontari internazionali in genere richiedono una certificazione che escluda il doppio conteggio, soprattutto per i progetti effettuati da paesi con obblighi di riduzione.

Conclusioni 

Le aspettative di riconoscimento economico della funzione di assorbimento della CO2 da parte delle foreste, che il settore forestale riponeva nel PK, ad oggi sono state abbastanza frustrate. Lo stallo istituzionale a cui si è pervenuti ha avuto quale conseguenza l’acquisizione gratuita da parte del Governo nazionale del contributo delle attività LULUCF, a tutto vantaggio del sistema produttivo ed in particolare dei settori non ammessi all’EU-ETS che, seppur non obbligati a compensare le loro emissioni, concorrono alla definizione delle emissioni nazionali. Questa scelta ha quale effetto discorsivo quello di creare una rendita di posizione a favore di questi settori, in aggiunta a quella della collettività, che si riversa con delle limitazioni delle risorse delle aziende forestali senza assicurare alcun beneficio agli stessi.

Affinché ciò non si ripeta, è necessario che le Autorità competenti consentano la partecipazione diretta delle foreste nel MNCC. Ciò dovrà essere rivendicato unitariamente dall’intero settore forestale che a sua volta dovrebbe compattarsi attorno all’obiettivo comune di farsi riconoscere il diritto alla remunerazione della funzione di cui, stante gli atti prodotti, altri settori produttivi usufruiscono gratuitamente abbattendo i costi vivi che altrimenti avrebbero dovuto sostenere per conseguire gli obiettivi del PK.

Parallelamente occorre affrontare le criticità che, in questa prospettiva, caratterizzano il settore. Ciò coinvolge sia le istituzioni, le realtà amministrative, gli operatori del settore e non da ultimo il mondo scientifico. L’evidente complessità delle regole e dei procedimenti talvolta si scontra con carenza e/o vaghezza circa la conoscenza degli elementi operativi cruciali. Si cita a titolo di esempio le scarse informazioni inerenti la dinamica del carbonio legato alle attività agricole e l’impatto degli interventi di utilizzazione forestale.

La delega delle competenza alle Regioni in materia di agricoltura e foreste, impone necessariamente che le stesse abbiano un ruolo di primo piano nell’eventuale nascente MNCC, cionondimeno vi deve essere un coinvolgimento delle istituzioni nazionali che rappresentano gli interlocutori con le istituzioni deputate all’attuazione del PK.

Data la natura del bene oggetto di scambio, nonché il processo di genesi del MNCC, i suoi elementi caratterizzanti saranno le regole, le istituzioni ed i costi di transazione. In generale maggiore è l’accuratezza di stima richiesta, più dettagliate dovranno essere le regole per poter contemplare l’ampia casistica dei sistemi forestali, più pervasive saranno le istituzioni, più onerose risulteranno le procedure e maggiori saranno gli oneri e le risorse necessarie per la costruzione del quadro nazionale.

Nuovi costi a cui l’azienda forestale, comunque, andrà incontro. Per contenere la loro incidenza, laddove è possibile, si suggerisce l’adozione di procedure flessibili, che consentano il riconoscimento dei diritti sulla base di dati di default, oppure, per coloro che intendono raggiungere un livello di precisione maggiore, questi riflettano protocolli precisi ed articolati.

Eseguire investimenti pro-Kyoto implica misurarsi con l’incertezza che caratterizza la loro valutazione. Ciò non riguarda tanto l’evolversi degli scenari futuri circa la domanda e l’offerta, né tanto meno gli aspetti procedurali, riguarda aspetti più operativi inerenti dati e metodi per la stima degli assorbimenti/emissioni delle attività forestali nello scenario baseline, da comparare poi con gli effettivi assorbimenti ed emissioni che si avranno in conseguenza delle pratiche di gestione pro-Kyoto adottate.

La spendibilità dei crediti oggi è legata unicamente al mercato volontario. L’esperienza mondiale è piuttosto variegata con alcuni operatori che hanno acquisito un ruolo leader, sviluppando standard credibili e assicurando adeguata tracciabilità delle negoziazioni; a livello nazionale, probabilmente, vi è un numero eccessivo di operatori che, muovendosi in modo autonomo ed indipendente, attenuano la loro incisività al punto che taluni ritengono necessaria l’adozione di provvedimenti per allineare i vari standard esistenti.

L’auspicabile MNCC è ancora allo stato embrionale. Un’ipotesi di studio di fattibilitàè in corso di redazione ([4] e [5]), tuttavia, le criticità avanzate nel presente contributo pesano fortemente sulla possibile istituzione. Il primo passo è stato compiuto con la costruzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali, tuttavia, occorre raggiungere altre tappe e in breve tempo. Una delle prime riguarda la parte politica che deve esprimere una posizione in merito. Su di essa pesano due evidenze: a) un indubbio interesse degli altri settori produttivi affinché il MNCC per il settore forestale non decolli, condizione che gli consentirebbe di consolidare la rendita di posizione emersa in questo primo periodo di applicazione; b) la compensazione assicurata dalle foreste a titolo gratuito permette indirettamente alle imprese escluse dall’EU-ETS di contenere i loro sforzi per abbattere le emissioni alla fonte, non essendo sottoposti ad obblighi di riduzione.

Superati questi aspetti, indubbiamente vi è un notevole lavoro da svolgere che dovrebbe condurre alla definizione di istituzioni, regole e procedure in grado di far funzionare questo mercato, con un forte coinvolgimento del mondo scientifico ed istituzionale.

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I comparti di carbonio sono cinque: la biomassa viva epigea, la biomassa ipogea, la lettiera, la necromassa ed il carbonio organico dei suoli.
 
 
 

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