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Changes of forest coverage and land uses as assessed by the inventory of land uses in Italy

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 170-184 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0696-009
Published: Jul 23, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Research Articles

Abstract

The paper presents the IUTI program, a land use inventory of Italy, based on point sampling. It has been carried out to support the National Carbon Sink Accounting Register and it was realized within the framework of the Italian National Remote Sensing Plan managed by the Italian Ministry of Environment. IUTI has monitored the land use and land use change and forestry in the last two decades over the country at the years 1990, 2000, 2008, adopting a tessellated stratified sampling scheme with about 1.2 million sample points on aerial orthophotos. Following definitions, methods and inventory procedures, the main results are discussed. They show the heavy changes affecting surface and distribution of the various classes for arable lands, forests and urban areas.

Keywords

Land use, Land cover change, Tessellated stratified sampling, Carbon inventory, Forest expansion

Introduzione 

Gli inventari di uso del suolo o delle terre rappresentano una valida alternativa alle tradizionali cartografie, ma vengono realizzati in misura minore rispetto alle carte tematiche a mappatura totale. In particolare, sono da tempo utilizzati nelle statistiche del settore agricolo dove sono necessarie informazioni costantemente aggiornate sull’utilizzo dei suoli ([25]), e in contesti multidisciplinari, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove gli approcci cartografico e inventariale vengono integrati e precipuamente sviluppati con il fine dello studio delle capacità e attitudine d’uso delle terre ([18]).

La realizzazione di cartografie di uso del suolo è un processo lungo, costoso, e non ancora completamente affidabile sul piano della correttezza quantitativa, poiché la verifica dell’accuratezza della cartografia può costare più della sua stessa realizzazione. La ricerca di nuove metodologie diviene quindi esigenza di primaria importanza. Gli inventari di uso delle terre possono rispondere a questa esigenza con il grande vantaggio del veloce aggiornamento. Se condotti mediante un elevato numero di unità campionarie, essi possono inoltre, su piccole scale di lavoro quali quella nazionale, contribuire alla localizzazione dei fenomeni, oltre che alla loro quantificazione, per la quale sono ideali, avvicinandosi alla peculiarità delle carte tematiche. Il principale obiettivo è comunque di fornire dati con attendibilità definita e accettabile della stima ([6]), dando modo di utilizzare questi dati per molteplici applicazioni: dall’analisi del paesaggio, alla pianificazione ecologica del territorio, alla definizione di politiche di programmazione agricola, alla pianificazione dello sviluppo urbanistico ([14]). Peraltro, questo è un fattore particolarmente rilevante a causa dell’elevata incertezza intrinseca alle stime forestali, che si aggira intorno al 25 - 30% per i paesi UE e la frequente rielaborazione delle serie storiche del settore alla luce di nuovi dati ([38]).

Tradizionalmente il tematismo cartografico dell’uso e/o copertura del suolo viene prodotto partendo da un dato ancillare di base (foto aerea, ortofoto o immagine da sensore orbitante), il quale è sottoposto a interpretazione o a classificazione, guidata o non guidata, assistita o meno da procedure di elaborazione di immagini digitali. Questo lavoro permette di ottenere una mappatura completa del territorio investigato, restituendo uno strato informativo di poligoni, a ognuno dei quali sono associati gli attributi di superficie e di classificazione dell’uso/copertura del suolo. Numerosi e in continuo adeguamento sono i progetti, a livelli di scala molto diversa e anche di livello continentale e globale, che hanno come obiettivo la produzione di questo tipo di cartografie.

D’altra parte, al momento, nonostante gli enormi progressi della tecnologia nell’osservazione remota della terra, permane la difficoltà di interpretare correttamente le differenze tra uso e copertura del suolo, riconducendosi il primo alle classi di copertura dovute all’azione dell’uomo e alle funzioni riscontrabili e la seconda soprattutto alla classificazione delle evidenze biofisiche, prescindendo dagli utilizzi e dagli ordinamenti colturali o urbanistici. Ciò rende i sistemi di nomenclatura in generale efficaci per le cenosi di tipo naturale e semi-naturale, ma meno per le classi di origine antropogenica. Fin dalle prime esperienze ([1]), si è puntato su classificazioni gerarchiche che mantengono la loro attualità e validità inalterata negli approcci cartografico, inventariale e censuario ([5]). L’importante è mantenere coerenza degli obiettivi e consistenza interna delle singole unità, cosa che non sempre avviene, come ad esempio in diverse unità tipologiche del conosciuto e consolidato progetto europeo Corine Land Cover ([27]) che offre una copertura multi-purpose del suolo a scala 1:100.000 di tutta Europa, realizzato “tradizionalmente” mediante interpretazione analogica (e assistita nell’ultima versione 2006) di immagini acquisite da satellite.

L’unico vero progetto a scala regionale di inventario di uso e copertura del suolo con finalità multi- obiettivo rimane però quello realizzato dal Land Cover Institute (LCI) del Servizio Geologico degli Stati Uniti d’America (USGS), che fin dagli anni settanta ha sviluppato un sistema di monitoraggio dell’evoluzione dell’uso delle terre. Tra i progetti attuali figura il Land Cover Trend (LCT), che ha la finalità di monitorare i cambiamenti di uso e copertura del suolo a scala nazionale in cinque periodi tra il 1973 e il 2010. La metodologia utilizzata per produrre le cartografie si basa su un campionamento casuale stratificato su venti ecoregioni ([35]), con l’estrazione di unità campionarie per la definizione della copertura del suolo e dei suoi cambiamenti. A ciascuna eco-regione è stata sovrapposta una griglia di 10 chilometri di lato, e le informazioni di copertura del suolo vengono estratte mediante interpretazione di immagini Landsat (MSS e TM / ETM) sulle unità campionarie estratte.

Molti altri progetti vengono realizzati nel mondo per la produzione di questi tematismi e delle relative statistiche, anche sperimentando sistemi avanzati mediante l’ausilio di evoluti software di classificazione, come nelle recenti efficaci esperienze cinesi di segmentazione di immagini su grandi estensioni ([17]). La tendenza attuale va verso la realizzazione di sistemi informativi capaci di integrare fonti eterogenee: dati ancillari, rilievi a terra (utili come riferimento per la classificazione automatica), dati catastali (si pensi per l’Italia all’aggiornamento AGEA, nel contesto del Sistema Integrato di Gestione e Controllo - SIGC, che esegue tale attività tecnica grazie a un complesso sistema di ortofoto i cui risultati sono parte integrante del SIAN - Sistema Informativo Agricolo Nazionale), dati provenienti dai database dei censimenti agricoli (i decennali censimenti ISTAT).

Anche l’implementazione di progetti di inventario di uso delle terre piuttosto che di mappatura completa del territorio è comunque in continuo sviluppo in questi ultimi anni, grazie ai maggiori vantaggi in termini di costi, tempi di realizzazione e aggiornamento. In parallelo, aumentano l’importanza e le esperienze di inventari per tematismi specifici quali quelli forestali, che realizzano un campionamento dell’uso del suolo, di solito in una prima fase inventariale, focalizzando successivamente sull’approfondimento delle unità campionarie classificate a bosco e dei loro attributi di interesse inventariale, come in molte esperienze europee ed italiane ([16], [8]).

Recentemente, a seguito dell’accresciuta consapevolezza della determinante antropica nei processi di cambiamento globale, è risultato importante discriminare target complessi a causa della frammentazione delle coperture naturali e seminaturali indotta dall’azione dell’uomo, la quale fa crescere rapidamente l’estensione dei biomi antropogenici con caratteristica di mosaici (mescolanze eterogenee di differenti usi e coperture, aree urbane e artificiali, discontinue e frammentate e incorporate in contesti agricoli, ecc. - [19]).

Nell’ultimo decennio sono stati fatti importanti sforzi per migliorare i sistemi di nomenclatura (ad es., Land Cover Classification System - [22]) e per la messa a punto di dati geospaziali a livello regionale sul suolo, le colture agricole ([40]), le aree percorse dal fuoco ([26]), il carbonio, le biomasse e i sistemi forestali ([21], [3]), ma anche sulle aree urbane ([7]). La ricerca continua nel tentativo di migliorare la mappatura globale della copertura del suolo, vedi ad esempio Global Land Cover Project (⇒ http:/­/­www.glcn.org/­ del Global Land Cover Network con la produzione di standard multiobiettivo di copertura del suolo) e Globcover, guidato da European Space Agency (⇒ http:/­/­www.esa-landcover-cci.org/­), che ha aggiornato con risoluzione di 300 metri una mappa globale FAO-LCCS.

Tuttavia, la difficoltà di distinzione tra uso e copertura perdura e la stima dei cambiamenti di uso resta una sfida importante per verificare tendenze in tempi utili a prendere decisioni sui disturbi antropici e i cambiamenti globali. Anche a livello europeo, in base ai più recenti orientamenti delle politiche della Unione Europea (UE), la gestione dei sistemi urbanizzati e rurali e la tutela degli ecosistemi devono essere inquadrati in una visione integrata della produzione che ha come finalità la salvaguardia della biodiversità, la salute ed il benessere dei cittadini e dei lavoratori, nonché la lotta ai cambiamenti globali. Si richiamano le iniziative tese alla salvaguardia del suolo agricolo e della sostanza organica, contro le minacce di erosione, inquinamento e perdita della biodiversità. La Direttiva Habitat (92/43/ECC) e la Convenzione sul Paesaggio, stilata a Firenze il 20 ottobre del 2000, sollecitano e vincolano tutti i Paesi membri alla salvaguardia, la gestione e la pianificazione sostenibile dei paesaggi. Il territorio europeo è ricco di realtà territoriali con elementi di notevole valore naturalistico, ambientale, storico ed archeologico, spesso coesistenti. L’analisi e la pianificazione del paesaggio necessitano dunque di un approccio di forte interdisciplinarietà e comune comprensione dei fenomeni, a partire dalla classificazione e dai dati statistici sull’utilizzo delle terre. L’inventario di uso e copertura del suolo a fini statistici di Eurostat e DG Agriculture è l’indagine campionaria che viene condotta in ambito UE per supportare la formulazione delle politiche territoriali. Il programma Land Use/Cover Area frame statistical Survey (LUCAS, Decisione no. 1445/2000/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio, 22/05/2000) è basato sulla costruzione di un’area-frame survey (rilievo campionario per segmenti), in modo analogo alle esperienze basate sul telerilevamento per le statistiche agricole iniziate già negli anni ’80, con i progetti AGRIT in Italia e MARS in UE (⇒ http:/­/­reports.eea.eu.int/­COR0-landcover/­en). LUCAS è basato su un campionamento a due fasi: la prima primaverile per campionare le coperture e gli usi dei suoli agricoli su unità primarie sistematiche di 18 x 18 km e la seconda a fine anno per quantificare le produzioni e le tecniche agronomiche su 10 unità secondarie regolarmente distribuite su un rettangolo di 1500 x 600 m attorno al centro delle unità primarie ([33]): è quindi un’indagine per aree campione, volta a raccogliere informazioni ai fini dell’applicazione della PAC e dell’analisi delle interazioni tra agricoltura, ambiente e spazio rurale nonché a fornire stime delle superfici delle principali colture. Anche in questo caso, come negli inventari forestali, i dati statistici sono osservati in campo su localizzazioni precisamente georiferite e per ciascuna di esse viene verificato l’uso del suolo e vengono scattate fotografie dell’ambiente.

Alle ricerche globali e di livello continentale si aggiungono quelle multiobiettivo anche a livello nazionale. L’Italia è stata uno dei primi paesi europei ad adottare sistemi statistici sull’uso del suolo prima del fiorire delle iniziative cartografiche, soprattutto ad opera del già citato progetto AGRIT (⇒ http:/­/­www.itacon.it/­): dal 1988 al 2000 il campionamento è stato basato su un’area frame di 5500 segmenti di 50 ha; nel 2001 fu introdotta una point frame, dopo un tentativo sperimentale di inventario per punti (progetto POPOLUS) basato su una griglia sistematica di 500 m di lato e il rilievo su ortofoto aeree di 26 classi su 1 200 000 punti di campionamento.

Area frame surveys e point frame sampling si contrappongono dunque ai metodi di mappatura totale (wall-to-wall), e hanno indubbie caratteristiche di rapidità (⇒ http:/­/­www.lamma.rete.toscana.it/­) e duttilità nel consentire rilevamenti integrati di uso e copertura del suolo:

  • possibilità di valutare direttamente la incertezza statistica delle stime fornite;
  • sostanziale riduzione degli errori di commissione e omissione ([9]);
  • praticità nell’aggiornamento e versatilità multiobiettivo, confermate anche nel progetto qui presentato.

Le proprietà di questi metodi sono state peraltro riconosciute da tempo, dal momento dello sviluppo degli inventari regionali nel nostro paese ([39]) e delle successive riflessioni anche a carattere internazionale ([10], [11]) condotte per le indagini nazionali e per i successivi e più recenti adempimenti legati alla convenzione sui cambiamenti climatici, in particolare dal Comitato di Consultazione Scientifica (CCS) del Registro Nazionale dei Serbatoi di carbonio forestali (Registro) iniziato nel 2007. Infatti, nell’ambito delle attività di preparazione del Registro l’obiettivo da realizzare era la definizione di un sistema inventariale nazionale che consenta di contabilizzare l’assorbimento di carbonio (al netto delle emissioni dei gas non-CO2) delle attività di uso delle terre, cambiamento di uso delle terre e selvicoltura (Land Use Land Use Change and Forestry - LULUCF), secondo le specifiche tecniche e metodologiche del Protocollo di Kyoto (PK), a cui il nostro Paese ha aderito ([31], [37]), e al minor costo possibile. In Italia il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) è il responsabile della realizzazione e della gestione dell’inventario dell’uso delle terre (IUTI), quale componente del Registro (Decreto Ministeriale 1 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 104 del 5 maggio 2008). In particolare, compito del Registro è la quantificazione e la certificazione dell’assorbimento netto di carbonio generato dalle attività denominate LULUCF attraverso il conteggio delle variazioni di carbonio dovute ad attività di imboschimento e disboscamento (articolo 3.3 del PK) e ad attività di gestione forestale (articolo 3.4 del PK), secondo le modalità indicate dalle linee guida e buone pratiche (GPG-LULUCF) dell’Intergovernmental Panel on Climate Change ([36]).

Il Registro è composto da quattro strumenti tecnici tra loro interconnessi, tra i quali IUTI ha lo specifico compito di inventariare il territorio nazionale in categorie di uso delle terre rispetto a tre date di riferimento (inizio 1990, inizio 2008, fine 2012) in modo da poter poi stimare le superfici eleggibili secondo gli articoli 3.3 e 3.4 del PK. Gli altri tre strumenti indagano l’inventario degli stock di carbonio, gli incendi forestali e le loro emissioni.

In questo lavoro si vuole evidenziare l’esito dell’adozione di una metodologia di inventario dell’uso delle terre su basi telerilevate realizzato con il contributo del piano di telerilevamento ambientale del MATTM. Il Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale (PST-A) è un accordo di programma tra MATTM (Portale Cartografico Nazionale), Dipartimento della Protezione Civile e Ministero della Difesa di intesa con le Regioni e le Province Autonome, ed ha l’obiettivo generale di generare e rendere disponibili e condivisibili, all’intero comparto della Pubblica Amministrazione, le informazioni territoriali indispensabili per la creazione di elaborati ad alto valore aggiunto. I dati sono ottenuti da rilevamenti e processamento di dati acquisiti con vari metodi telerilevati. L’obiettivo del Piano Straordinario è di avviare, per la prima volta, la costituzione di una base dati completa e rappresentativa del territorio Nazionale, con particolare riguardo alla sua configurazione e alle sue componenti per la difesa dell’ambiente. Una base dati ad altissima risoluzione che prevede, tra l’altro, l’acquisizione, di dati con tecnica Laser-scanning LiDAR (da piattaforma aerea) e con tecnica interferometrica (da piattaforma satellitare) e la conseguente catalogazione di tali dati nella banca dati del Geoportale Nazionale (⇒ http:/­/­www.pcn.minambiente.it/­GN). L’obiettivo primario del PST-A è di realizzare, il più rapidamente possibile, una base dati per il supporto ai processi decisionali in tutte le aree soggette al rischio del dissesto idrogeologico e favorire una condivisione strategica di dataset delle metodologie e dei risultati, da acquisire sia tramite un piano mirato di telerilevamento evoluto, sia integrando dati già realizzati o in corso di realizzazione da parte delle Pubbliche Amministrazioni Centrali o Locali. Nel paragrafo seguente vengono illustrati i più significativi elementi metodologici di IUTI con riferimento ai dati ortofotografici resi disponibili dal PST-A e al documento tecnico di progetto del Registro ([29]). Per quanto riguarda i rilevamenti IUTI finora condotti, come meglio specificato in seguito, i singoli punti di campionamento sono stati classificati a video per interpretazione diacronica di ortofoto analogiche pancromatiche (1990) e a colori (2000), e digitali a colori realizzate nel 2008:

  • TerraItaly 1988/89 (prima copertura aerea completa da alta quota e ad alta risoluzione del territorio nazionale); gli standard della ripresa sono i medesimi del National High Altitude Flight Program che in quegli anni la NASA ha condotto per il governo federale degli Stati Uniti; la scala nominale è 1:75.000, con una risoluzione (fotografica) al suolo di circa 1 m grazie all’ottica e a una pellicola pancromatica ad alta risoluzione da 400 coppie di linee per millimetro (Volo Italia, reso disponibile da BLOM-CGR, e appositamente ortorettificato e coregistrato con metodi fotogrammetrici rigorosi che fanno uso dei set di dati geodetici e geografici disponibili sul PCN e della triangolazione aerea dell’intero territorio nazionale);
  • TerraItaly 2000: ortofoto analogiche a colori a risoluzione spaziale di 1 m;
  • TerraItaly 2008: ortofoto digitali a colori a risoluzione spaziale di 0.5 m.

Di seguito vengono presentati metodi e procedure di lavoro, nonché alcuni dei principali risultati riferiti agli anni 1990 e 2008, con particolare approfondimento per quelli relativi alle superfici forestali, di specifico interesse del PK. Vengono infine discussi i dati evidenziati, anche in prospettiva della necessaria ripetizione del rilevamento IUTI a fine 2012.

Aspetti metodologici di IUTI 

IUTI consente di stimare la ripartizione del territorio italiano nelle sei categorie di uso delle terre (settlements, cropland, forest land, grassland, wetland, other lands) previste dal sistema di contabilità dei gas a effetto serra secondo GPG-LULUCF. L’impianto metodologico fa riferimento all’approccio 3 (Geographically explicit land use data) di GPG-LULUCF: in particolare, IUTI si basa sul rilevamento campionario per punti del territorio nazionale (sampling of geographically located points) e sulla classificazione dell’uso delle terre associato ai punti di campionamento attraverso l’interpretazione a video di una serie storica di ortofoto digitali.

Schema di campionamento

I punti di sondaggio sono stati localizzati secondo uno schema di campionamento stratificato per tasselli (tessellated stratified sampling), noto anche come campionamento sistematico non allineato, che garantisce uniformità nella distribuzione spaziale del campione e, al contempo, presenta proprietà statistiche preferibili rispetto a quelle del campionamento casuale semplice e del campionamento sistematico allineato ([2]).

Sul territorio nazionale è stata sovrapposta una maglia di campionamento composta da celle quadrate di 0.5 km di lato, all’interno di ciascuna delle quali è stato posizionato casualmente un punto di sondaggio, ottenendo così una numerosità campionaria complessiva pari a circa 1 206 000 punti. L’elevata numerosità campionaria di IUTI è legata alla necessità di stimare con sufficiente precisione statistica le variazioni, presumibilmente di bassa entità relativa, che intercorreranno tra i due sondaggi successivi e ravvicinati del 2008 e del prossimo 2012.

La localizzazione di circa 301 300 punti di campionamento coincide con quella dei punti di prima fase dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi di Carbonio (INFC - ⇒ http:/­/­www.infc.it/­), che ha una maglia esattamente sovrapposta a quella di IUTI, ma con lato di 1 km.

Sistema di classificazione

GPG-LULUCF contempla l’utilizzo di sei categorie di uso delle terre: nel sistema IUTI, questa classificazione è ulteriormente suddivisa, con criterio gerarchico, in sottocategorie di secondo e terzo livello (Tab. 1), allo scopo sia di evidenziare l’estensione delle colture arboree non forestali, sia di rendere l’indagine integrabile con INFC e consentire così un reciproco scambio di informazioni. L’Italia ha eletto il settore forestale ai fini del conteggio dell’assorbimento di carbonio ai sensi dell’art. 3.4 del PK (escludendo invece la gestione dei terreni agricoli, dei prati e dei pascoli, così come la rivegetazione): INFC rappresenta, infatti, una base di dati privilegiata per il Registro.

Tab. 1 - Sistema di classificazione delle terre secondo IUTI.

Categorie GPG-LULUCF Categorie e sottocategorie IUTI Codice IUTI
Forest land Bosco 1
Cropland Seminativi e altre colture erbacee 2.1
Colture arboree Arboricoltura da frutto e vivai 2.2.1
Arboricoltura da legno 2.2.2
Grassland Praterie, pascolo ed incolti erbacei 3.1
Altre terre boscate 3.2
Wetlands Zone umide e acque 4
Settlements Urbano 5
Other land Zone improduttive o con vegetazione rada o assente 6

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Risulta fondamentale ricordare il significato generale dei termini e delle definizioni da adottare: Land Cover o copertura del suolo è ciò che attiene alle caratteristiche biofisiche della superficie terrestre con la distribuzione di vegetazione, acqua, ghiacci, deserti e altre caratteristiche fisiche indotte dalle attività umane, come infrastrutture e insediamenti. Land Use o uso del suolo è tutto ciò che attiene all’impiego e alle strategie di gestione delle coperture del suolo da parte dell’uomo. La definizione di uso del suolo stabilisce quindi un legame diretto tra la copertura del suolo e le azioni delle persone nel loro ambiente. I seguenti esempi illustrano entrambe le definizioni: alla classe di copertura del suolo “prateria”, potrebbero corrispondere “pascolo” o “campo da tennis” che si riferiscono all’uso di un’area coperta da prato. “Zona ricreativa” è invece un termine di uso del suolo che potrebbe essere applicabile a diversi tipi di copertura del suolo, quali un prato, una spiaggia o un bosco.

IUTI ha adottato un approccio gerarchico che nei due livelli, partendo dalle principali categorie di copertura del suolo, mira a distinguere utilizzazioni diverse. Ciò si è reso necessario per mantenere la specificità delle definizioni inventariali stabilite dal PK ed è stato possibile grazie all’elevato livello di dettaglio raggiungibile con la qualità dei dati telerilevati utilizzati nelle due date più recenti ([32]). Tuttavia il dettaglio raggiungibile non risulta completamente valorizzato, a causa del vincolo del protocollo che doveva necessariamente essere omogeneo per tutte le date e quindi anche per il 1990, data per la quale si dispone di una tipologia di supporti meno efficace ai fini della fotointerpretazione perché di tipo analogico e derivante da riprese aeree effettuate con camere ancora fortemente distorcenti, poi digitalizzate e ortocorrette (e per la qual data ovviamente non erano possibili riscontri a terra).

Per quanto concerne il sistema di nomenclatura, IUTI si configura come un inventario dell’uso delle terre completo, ma con un focus particolare sulle aree agroforestali utili ai fini del Registro. Analogamente a INFC, IUTI recepisce infatti integralmente la definizione FRA2000 ([20]) di bosco (forest land), la quale coincide con la definizione di bosco per Kyoto comunicata dall’Italia nel 2006 ([34], [41]): terreno di area minima di 5000 m2 con copertura arborea superiore al 10% con alberi con altezza potenziale a maturità in situ di almeno cinque metri (5 m) - definizione di copertura del suolo - e che non sia classificabile come uso agricolo (al contrario di impianti di arboricoltura da legno, frutteti, seminativi arborati) o verde urbano (come i giardini e parchi urbani). Una foresta può consistere in formazioni forestali chiuse, dove gli alberi dei vari strati coprono un’elevata porzione del suolo, oppure in formazioni forestali aperte; le aree interessate dai giovani soprassuoli naturali e tutte le piantagioni che non hanno ancora raggiunto una densità di copertura del dieci per cento sono comunque considerati foresta, come fossero parte integrante della superficie forestale che, per intervento dell’uomo (per le utilizzazioni) o per cause naturali (incendi ed eventi meteorici gravi), sono temporaneamente prive di copertura, ma che ci si aspetta divengano nuovamente boscate.

Per superficie agricola (cropland) si intende un terreno di area minima di 5000 m2 occupato da superfici agricole quali seminativi - asciutti e irrigui -, prati polifiti permanenti, vivai non forestali, colture orticole in pieno campo, in serra o in tunnel di plastica, impianti di specie arboree o arbustive da frutto (compresi i noccioleti regolarmente coltivati) e impianti di arboricoltura da legno. Questi ultimi, al pari delle formazioni forestali, per avere dignità di classificazione autonoma come sottocategoria, devono occupare una superficie maggiore di 5000 m², esercitare una copertura potenziale delle chiome arboree superiore al 10% e poter raggiungere un’altezza in situ maggiore di 5 m).

Nelle superfici pascolive (grassland) sono incluse: la sottocategoria “altre terre boscate” (terreno di area minima di 5000 m2 occupato da una copertura arborea del 5-10% di alberi in grado di raggiungere un’altezza minima di 5 m a maturità in situ, oppure una copertura maggiore del 10% costituita da alberi che non raggiungono un’altezza di 5 m a maturità in situ, oltre ad arbusteti e cespuglieti); la sottocategoria “pascolo e praterie” (terreno di area minima di 5000 m2 occupato da pascolo naturale, praterie di alta quota, prati-pascoli, aree che derivano dall’abbandono delle pratiche agricole e comunque tutte le formazioni vegetali occupate da vegetazione erbacea spontanea con copertura superiore al 40%, principalmente dominata da specie erbacee).

Per acque e zone umide (wetland) si intende una area minima di 5000 m2 occupata da paludi interne e salmastre, torbiere, saline, laghi, piccoli bacini (naturali o artificiali), lagune e estuari, fiumi, torrenti e canali artificiali.

Nella superficie urbana (settlements) è inclusa sia la sottocategoria parchi urbani (terreno di area minima pari a 5000 m2 occupato da aree verdi inseriti in tessuto urbano continuo e discontinuo insediativo, inclusi i campeggi e le aree sportive), sia la sottocategoria aree urbane (terreno di area minima di 5000 m2 occupato da: centri urbani e tutte le zone recentemente urbanizzate, come il tessuto urbano continuo e discontinuo insediativo, inclusi i nuclei abitativi sparsi; insediamenti del settore terziario con le loro pertinenze e spazi annessi; reti e aree infrastrutturali stradali e ferrovie, aree per impianti di smistamento merci e per gli impianti di telecomunicazioni, le aree portuali, gli aeroporti nonché le aree estrattive, i cantieri le discariche e i depositi di rottami; aree archeologiche e cimiteri; quest’ultima è chiaramente una categoria di copertura del suolo legata ai fenomeni di artificializzazione e impermeabilizzazione dei suoli.

Infine, per improduttivo (other land) si intende un terreno di area minima di 5000 m2 occupato da zone aperte con vegetazione rada o assente (superfici completamente prive di vegetazione o con copertura arborea ed arbustiva inferiore al 5% e vegetazione erbacea minore del 40%; spiagge, dune e sabbie; rocce nude; zone calanchive, falesie e rupi; zone coperte da nevi perenni o da ghiacciai), classe chiaramente connotata come di copertura del suolo.

Procedura di classificazione e di elaborazione

I singoli punti di campionamento fotointerpretati sono stati classificati sulla base della categoria di uso delle terre assegnata al poligono considerato omogeneo in cui ricadono. Questo approccio, che coniuga l’adimensionalità delle unità campionarie con l’attribuzione della categoria sulla base di criteri cartografici, è coerente con l’impostazione metodologica di un sistema di dati geograficamente espliciti. L’identificazione del poligono e l’attribuzione della categoria, che avviene sulla base dell’interpretazione a video di ortofoto digitali, non ha previsto necessariamente la digitalizzazione del poligono nell’intorno dell’unità di campionamento.

Ai fini del Registro, per ciascun punto di campionamento deve essere identificato l’uso delle terre alle date 31/12/1989, 01/01/2008 e 01/01/2013 (work in progress), secondo le sei categorie di uso delle terre previste dal sistema di classificazione. Al fine di calibrare adeguatamente le interpolazioni su base annuale, l’uso delle terre è stato intanto classificato anche con riferimento al 01/01/2000, verificando cosi l’uso delle terre sui punti di campionamento che presentano variazioni di uso tra il 31/12/1989 e il 01/01/2008 per quanto attiene ai fenomeni di imboschimento/rimboschimento e disboscamento.

La procedura di interpretazione utilizzata è analoga a quella di prima fase INFC ed è assistita da un software che facilita la valutazione dei parametri corrispondenti agli standard di classificazione, attraverso la contemporanea visione diacronica dell’intorno dei punti da classificare (Fig. 1). Il software si basa su un sistema di editazione remota di dati geografici (WebEditor) che fa riferimento a un server centrale e a una rete di PC client dove i dati vengono elaborati accedendo al database tramite browser, attraverso collegamenti internet e intranet. La base dati geografica organizzata nel contesto del GN è composta dalle ortofoto di riferimento, dalla banca dati dei punti di campionamento (oggetto delle operazioni di editing/codifica) e da dati vettoriali di riferimento. Inoltre, l’interpretazione a video è stata supportata dalla consultazione di Google Earth® e di cartografia tematica forestale e di uso delle terre, a scala regionale e subregionale. È stata anche utilizzata una particolare matrice guida alla risoluzione delle problematiche riguardanti i punti di campionamento ricadenti in inclusi di altri usi del suolo. Il sistema di nomenclatura e la procedura di classificazione sono integralmente descritti nel manuale di interpretazione Il sistema di classificazione e le modalità di fotointerpretazione per l’Inventario dell’Uso delle Terre d’Italia - IUTI ([30]), approvato dall’apposito gruppo di lavoro costituito presso il MATTM che ha ripreso e incorporato parte dei testi del lavoro di proprietà del Corpo Forestale dello Stato, predisposto da CRA-ISAFA ([15]).

Fig. 1 - Schermata di esempio dal programma di supporto alla classificazione diacronica dell’uso delle terre nei singoli punti di campionamento: a sinistra localizzazione di un punto di campionamento su ortofoto TerraItaly 1988/89, a destra localizzazione dello stesso punto di campionamento su ortofoto TerraItaly 2008.

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La stima della superficie interessata dalle diverse forme di uso delle terre e dalle aree forestali e la sua ripartizione per Regioni e Province autonome, è stata realizzata sulla base dei risultati della fotointerpretazione. Le procedure di stima fanno riferimento alla metodologia proposta da Fattorini et al. ([23]).

Risultati 

Dalle analisi statistiche condotte sul database prodotto da IUTI è possibile dedurre interessanti informazioni riguardanti le variazioni di uso delle terre nel periodo 1990-2008. Sono qui riportati alcuni dei principali risultati a livello nazionale, con un approfondimento relativo alle formazioni forestali, anche a livello di macroaree (nord, centro, sud, isole) e di singola regione.

La classe di uso delle terre più estesa a livello nazionale è ancora nel 2008 quella dei seminativi e delle altre colture erbacee (Tab. 2, Fig. 2, Fig. 3), che nel 1990 occupava una superficie di 11 315 217 ettari, pari al 37.5% della superficie nazionale. Nel 2008 si registra peraltro una contrazione di questa classe che scende a 10 056 141 ettari, passando dal 37.5% al 33.4%, con una forte perdita complessiva di ben 1 259 076 ettari. Il decremento della superficie dei seminativi rappresenta la dinamica territoriale più rilevante avvenuta nel periodo 1990-2008 nel territorio italiano. La superficie agricola complessiva trova, tuttavia, una parziale compensazione nell’aumento dell’arboricoltura, che incrementa la sua estensione passando rispettivamente da 2 682 761 a 3 114 765 ettari per quanto riguarda l’arboricoltura da frutto e da 134 091 a 144 376 ettari per quanto riguarda l’arboricoltura da legno. Complessivamente, tra il 1990 e il 2008 a carico delle superfici agricole rimane comunque un saldo negativo di 816 787 ettari.

Tab. 2 - Superficie stimata da IUTI per ciascuna categoria di uso delle terre al 1990 e al 2008. (es%): errore standard della superficie stimata, espresso in percentuale.

Uso delle terre 1990 2008
Superficie (ha) es% Superficie (ha) es%
Bosco 9 141 355 0.1 9 653 216 0.1
Seminativi e altre colture agrarie 11 315 217 0.1 10 056 141 0.1
Arboricoltura da frutto 2 682 761 0.3 3 114 765 0.3
Arboricoltura da legno 134 091 1.3 144 376 1.3
Praterie, pascoli e incolti erbacei 2 195 754 0.3 1 874 449 0.3
Altre terre boscate 1 867 138 0.3 1 991 200 0.3
Zone umide e acque 510 061 0.7 518 586 0.7
Urbano 1 644 010 0.4 2 140 903 0.3
Zone improduttive o con vegetazione rada o assente 658 288 0.6 655 040 0.6

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Fig. 2 - Percentuale di copertura stimata da IUTI per ciascuna categoria d’uso delle terre al 1990 e al 2008 rispetto alla superficie nazionale. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

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Fig. 3 - Variazione percentuale di ciascuna classe rispetto alla superficie nazionale tra il 1990 e il 2008. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

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Le praterie, i pascoli e gli incolti erbacei occupano, al 2008, un’estensione pari a 1 874 449 ha. Questa classe ha visto ridursi la sua superficie di 321 306 ettari rispetto al 1990, corrispondente a un decremento percentuale di 1.1% sul territorio nazionale.

Molto evidente la crescita dell’estensione del territorio urbanizzato che nel 2008 con 2 140 903 ettari di superficie risulta la quarta classe in termini di occupazione del suolo nazionale, in ragione di un aumento del 1.6 % rispetto al 1990, corrispondente a ben 496 893 ettari di consumo di suolo nel ventennio.

Esaminando in particolare le classi di interesse forestale (Tab. 3), il dato più evidente riguarda l’estensione del bosco, che rispetto al 1990 ha avuto un incremento rilevante, passando da 9 141 355 ettari del 1990, a 9 470 362 ettari del 2000, per giungere a 9 653 216 ettari del 2008 (per tutte e tre le date, l’errore standard della stima è molto contenuto, pari a 0.1 %). Nel periodo 1990-2008 si è dunque registrato un aumento di superficie del bosco pari a 511 861 ettari (Fig. 4). Questo valore deriva dalla differenza tra la variazione positiva, corrispondente a 639 099 ha di imboschimento (circa 35 000 ha all’anno), e quella negativa, pari 127 238 ettari transitati in altri usi delle terre (disboscamento, circa 7000 ha all’anno). In particolare, il tasso di variazione annua del bosco risulta molto sostenuto nel periodo 1990-2000, con circa 33 000 ettari di incremento annuo, per attenuarsi nel periodo successivo a circa 23 000 ettari. In generale, peraltro, si ha un incremento progressivo e significativo della superficie forestale totale, che passa da 11 142 584 ettari nel 1990, a 11 718 116 ettari nel 2000 e a 11 788 792 nel 2008. L’andamento del fenomeno, che sembra in fase decrescente, è confermato, seppur con intensità diverse, nel nord, nel centro e nel sud d’Italia, mentre risulta in controtendenza nelle isole, in cui il tasso di espansione nel periodo 2000-2008 è sensibilmente superiore rispetto al decennio precedente (Tab. 4).

Tab. 3 - Superficie stimata da IUTI delle categorie e sottocategorie di uso delle terre di interesse forestale. (es%): errore standard della superficie stimata, espresso in percentuale.

Uso delle terre 1990 2000 2008
Superficie (ha) es% Superficie (ha) es% Superficie (ha) es%
Bosco 9 141 355 0.1 9 470 362 0.1 9 653 216 0.1
Arboricoltura da legno 134 091 1.3 146 524 1.3 144 376 1.3
Altre terre boscate 1 867 138 0.3 2 101 229 0.3 1 991 200 0.3

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Fig. 4 - Dinamica della superficie a bosco tra il 1990 e il 2008.

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Tab. 4 - Stima della variazione della superficie media annua del bosco nelle macroregioni nord, centro, sud e isole.

Macroaree Superficie (ha anno-1)
1990-2000 2000-2008 1990 -2008
Nord 12 001 6 365 9 496
Centro 9 313 4 735 7 278
Sud 7 472 4 480 6 143
Isole 4 114 7 277 5 520
Totale 32 901 22 857 28 437

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Ulteriori informazioni sulle dinamiche territoriali possono essere dedotte dalla matrice di transizione dei cambiamenti (Tab. 5) da cui risultano, per ciascuna classe di uso delle terre, le variazioni avvenute in entrata e uscita durante il periodo preso in esame: la matrice delle trasformazioni evidenzia sia i principali cambiamenti intercorsi nell’intervallo di tempo considerato (all’incrocio di due diversi usi delle terre) sia le persistenze (all’incrocio dello stesso uso delle terre, lungo la diagonale principale).

Tab. 5 - Matrice di transizione dei cambiamenti avvenuti nell’uso delle terre dal 1990 al 2008. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

Codice IUTI 2008
1 2.1 2.2.1 2.2.2 3.1 3.2 4 5 6 Totale
1990 1 9 014 117 30 192 13 573 975 13 446 37 213 9 497 21 118 1 225 9 141 355
2.1 184 398 9 586 594 789 148 69 470 154 166 128 526 15 374 387 391 150 11 315 217
2.2.1 35 547 272 931 2 269 752 775 21 650 16 571 575 64 962 0 2 682 761
2.2.2 3 847 51 692 1 249 67 659 2 773 2 349 1 249 3 273 0 134 091
3.1 138 121 60 692 22 573 4 224 1 662 343 276 904 5 349 24 998 550 2 195 754
3.2 256 716 48 566 17 072 750 9 449 1 513 565 7 399 13 097 525 1 867 138
4 14 696 1 225 425 400 2 999 11 224 476 768 1 500 825 510 061
5 5 023 4 174 950 125 5 250 3 724 1 250 1 623 439 75 1 644 010
6 750 75 25 0 2 373 1 125 1 125 1 125 651 691 658 288
Totale 9 653 216 10 056 141 3 114 765 144 376 1 874 449 1 991 200 518 586 2 140 903 655 040 30 148 676

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Come accennato, la classe dei seminativi è quella che nel periodo 1990-2008 ha subito la maggiore contrazione di superficie, di cui circa la metàè riconducibile a processi di riconversione colturale in ambito agricolo: da seminativo a colture arboree (prevalentemente frutteti e vigneti - Fig. 5); la restante parte si deve al processo di abbandono e di riconquista da parte del bosco e delle formazioni arbustive e soprattutto di consumo di suolo destinato all’impermeabilizzazione. Questo ultimo aspetto è chiarissimo in Fig. 6, ove è possibile osservare come la espansione delle aree urbane sia avvenuta soprattutto a scapito delle superfici agricole, in primo luogo seminativi (oltre 380 000 ettari) e, secondariamente, colture arboree da frutto (circa 65 000 ettari) e pascoli, praterie e incolti.

Fig. 5 - Bilancio (espresso in termini di superficie) delle transizioni da e verso la classe “seminativo ed altre colture agrarie” nel periodo 1990-2008. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

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Fig. 6 - Bilancio (espresso in termini di superficie) delle transizioni da e verso la classe “urbano” nel periodo 1990-2008. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

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Per quanto riguarda l’espansione della superficie boscata tra il 1990 e il 2008, essa è avvenuta soprattutto a scapito delle altre terre boscate, dei seminativi e di praterie, pascoli e incolti (Fig. 7). Si tratta certamente dello stesso fenomeno di abbandono progressivo del territorio rurale che vede l’innescarsi di processi naturali di ricolonizzazione da parte di specie arbustive e arboree nelle aree marginali ([12]). La dinamica della superficie boscata registra comunque un saldo sempre positivo nei confronti di tutti gli altri usi delle terre a eccezione delle zone improduttive (probabilmente per eventi calamitosi catastrofici quali i fenomeni franosi di massa) e dell’urbano.

Fig. 7 - Bilancio (espresso in termini di superficie) delle transizioni da e verso la classe “bosco” nel periodo 1990-2008. Per il significato dei codici di uso delle terre, vedi Tab. 1.

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Discussione e conclusioni 

Il primo dato emergente dalle stime diacroniche realizzate attraverso IUTI è quello delle superfici forestali ed in particolare della classe bosco, che alla data 2008 (9 653 216 ettari), oltre a essere confermato in forte espansione, diverge dal dato INFC (Tab. 1.28 - ⇒ http:/­/­www.sian.it/­inventarioforestale) che riporta una superficie di 8 582 968 ettari. Le ragioni di questa divergenza possono essere ricondotte a fattori diversi:

  • disponibilità per IUTI di materiale fotografico di ottima qualità al 2008;
  • disponibilità per IUTI del confronto diacronico diretto grazie alle riprese scattate in epoche diverse e disponibili simultaneamente, che risulta di grande aiuto nel processo interpretativo;
  • possibile difficoltà di IUTI, senza una fase di controllo a terra, di distinguere sulle ortofoto tra le classi bosco e altre terre boscate, peraltro ecologicamente vicine e significative anche nel loro ammontare totale, in quanto il protocollo prevede modalità omogenee di classificazione alle varie date, e quindi anche al 1990 e al 2000, date per le quali è stata ovviamente impossibile una fase a terra;
  • omissione, nella seconda fase INFC, del campionamento negli strati classificati in prima fase come non forestali, che può aver portato a una sottostima della superficie forestale ([24]).

Differenze analoghe, e imputabili alle stesse ragioni (e forse anche alle riprese relativamente più recenti, che potrebbero aver registrato piccoli ulteriori aumenti), si verificano anche a carico degli altri usi delle terre di interesse forestale, quali l’arboricoltura da legno (144 376 contro 122 252) e le altre terre boscate 1 991 200 contro 1 708 333). Il dato di sintesi finale, relativamente al totale delle aree forestali del paese, è uno scostamento di più di 1.3 milioni di ettari tra il rilevo INFC 2005 e il rilievo IUTI 2008: 10 467 533 ettari da INFC, con errori standard percentuali che variano da 0.3 (bosco) a 4.5 (arboricoltura), contro 11 788 792 ettari da IUTI (pari al 38.6% del territorio nazionale), con errori standard percentuali pari a 0.1 e 1.3, rispettivamente. Può essere utile evidenziare che l’analogo dato di sintesi Eurostat, derivato dai rilievi relativi all’ultima indagine LUCAS del 2009, conferma una percentuale del 38% di aree forestali per il nostro Paese.

Significativo è il dato relativo all’abbandono degli spazi rurali, certamente per i seminativi ma probabilmente anche per i pascoli, per i quali è nota una tendenza crescente dell’abbandono soprattutto nel meridione del paese. La relativa stabilità nelle regioni settentrionali e quindi della catena alpina è dovuta probabilmente a fasi di abbandono più antiche nella zona remota del limite superiore del bosco, peraltro ora in via di consolidamento probabilmente anche a causa dei cambiamenti climatici come emerge da conferme sperimentali recenti anche sulle componenti erbacee ([28]). L’espansione forestale netta, come accennato, è stata pari a 32 901 ettari l’anno tra il 1990 e il 2000 e nell’ultimo decennio pari a 22 857 ettari, con un trend decrescente nord-sud e un picco nelle isole tra 2000 e 2008 dovuto presumibilmente al crollo degli allevamenti zootecnici estensivi in corso, soprattutto in Sardegna.

Interessanti, anche se abbastanza drammatiche, le considerazioni che possono essere fatte sul forte decremento del sistema agricolo, con un saldo negativo di 816 787 ettari: la classe più espressiva da questo punto di vista, quella dei seminativi, rimane la prevalente a livello nazionale soltanto considerando separatamente le aree forestali chiuse e aperte. In realtà però, sia dal punto di vista paesaggistico (l’eccesso di rivegetazione naturale può essere rischioso per la stessa biodiversità a livello territoriale) che da quello della funzionalità ecosistemica, i fattori cenoecologici delle formazioni forestali aperte e di quelle arbustive sono più pertinenti ai sistemi silvani che a quelli agricoli, soprattutto dove la tendenza è di incremento delle componenti arbustiva e arborea. Fenomeno inverso, che resta importante, anzi in crescita, è quello della categoria delle piantagioni arboree e delle coltivazioni legnose agrarie che saranno oggetto di un approfondimento a sé, in corso di realizzazione, ai fini del servizio ecosistemico di fissazione del carbonio, assieme alla diffusa e relativamente poco conosciuta componente degli alberi fuori foresta. Benché il contributo al bilancio del carbonio dell’arboricoltura da legno non sia trascurabile, così come quello degli alberi fuori foresta ([13]), questa categoria è attualmente esclusa dal sistema di contabilizzazione del Registro, poiché non classificati come uso del suolo forestale secondo la definizione adottata dall’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto. L’arboricoltura da legno, comprese le piantagioni governate a ceduo a turni brevissimi (short rotation forestry), è infatti inclusa nella classe di uso del suolo “agricolo”, ma potrebbe giocare un ruolo fondamentale se l’Italia decidesse di eleggere la gestione agricola come attività conteggiabile per il secondo periodo d’impegno. Dunque, i dati rendono conto da un lato dell’intensificazione dell’agricoltura e dall’altro di come pascoli, praterie, incolti e altre terre boscate siano in abbandono; presumibilmente, nei prossimi anni, queste quote di superfici andranno ad incrementare ulteriormente l’ammontare delle superfici boscate per naturale ricolonizzazione degli spazi aperti.

Importante, e per certi versi inatteso nei suoi termini quantitativi, è il dato relativo al disboscamento, affatto trascurabile perché si configura come vero e proprio consumo di suolo naturale, con circa 7000 ha all’anno che subiscono cambiamento di destinazione d’uso. Dall’analisi delle ortofoto è emerso come questo fenomeno vada imputato in particolar modo sia agli interventi realizzati per la costruzione di infrastrutture e zone commerciali, con grave pregiudizio di tipi forestali, già ridotti ai minimi termini nelle aree costiere, di fondovalle o pianura e periurbane, sia all’espansione di aree estrattive pedemontane e in alveo; in misura minore, il fenomeno è dovuto alla costruzione di abitazioni e comprensori sciistici nelle zone di montagna.

Il consumo di suolo risulta dunque fenomeno complessivamente molto significativo e questo aspetto sarà oggetto di apposito approfondimento in corso di realizzazione. Dai dati IUTI relativi al 2008, l’estensione del territorio artificializzato è di 2 140 903 ettari - secondo dati più recenti sarebbero già arrivati a 2 350 000 ettari, pari al 7.6% del territorio nazionale ([4]), secondo LUCAS, anche in questo caso in ottima concordanza con IUTI, il 7.3% del territorio è artificializzato contro una media UE pari al 4.3% - e risulta incrementata del 1.6 % rispetto al 1990, con dinamiche di crescita accelerata. La maggior parte delle trasformazioni avviene a carico dei suoli agricoli, e in minor misura a carico di terreni incolti o boschivi, coerentemente con quanto osservato nel resto d’Europa: quindi a scapito in primo luogo di praterie, prati, pascoli e incolti, ma in grande misura anche dei seminativi e in parte delle altre terre boscate; ciò è da imputare presumibilmente all’espansione dei centri urbani minori e delle relative zone industriali e artigianali (con annesse vie di trasporto), alle zone periurbane delle grandi città, alle estese periferie diffuse, grappoli disordinati di sobborghi residenziali, blocchi commerciali connessi da arterie stradali e alle grandi infrastrutture (3.2% rispetto al 2.4% della media UE), a scapito di terreni in genere in pianura, fondovalle e sulle coste basse, i meno disponibili nel nostro paese e i più fertili e comodi. Le città italiane crescono di dimensioni, si allargano nel territorio, anche nei Comuni con trend demografici negativi e i processi di sparpagliamento dell’urbanizzato e crescita degli insediamenti (urban sprawl) hanno accresciuto la frammentazione territoriale e reso spesso non più riconoscibile il limite tra città e campagna.

Alla luce di questi risultati e dell’esperienza qui descritta anche sul piano metodologico, si può concludere che il sistema proposto da IUTI come inventario dei cambiamenti di copertura e uso del suolo tra il 1990 e il 2008 abbia dato in tempi molto brevi risultati affidabili, aprendo una interessante prospettiva della ripetizione del rilevamento nell’anno 2012. Sarebbe molto utile valutare la possibilità della sua diretta integrazione con le specifiche componenti degli inventari non solo forestali, ma anche agricoli e con il monitoraggio del consumo di suolo visto che il nostro Paese si prefigge di realizzare con cadenza annuale apposite indagini in materia (audizione del 18/01/2012 alla Commissione XIII “Territorio, Ambiente, Beni ambientali” del Parlamento).

Nota degli autori 

Il presente studio rappresenta una valutazione scientifica delle informazioni relative all’Inventario dell’Uso delle Terre d’Italia e non rappresenta un documento ufficiale del MATTM. Le considerazioni riportate nella discussione dei risultati sono attribuibili esclusivamente agli Autori dell’articolo.

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