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Standards in chestnut coppice system: cultural heritage or coltural requirement?

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 9, Pages 281-292 (2012)
doi: https://doi.org/10.3832/efor0705-009
Published: Dec 03, 2012 - Copyright © 2012 SISEF

Research Articles

Abstract

Standards in chestnut coppice system: cultural heritage or coltural requirement? This paper aims at evaluating the role of standards in chestnut coppices from a biological and functional perspective. In addition to a detailed analysis of Italian regulations on the issue, the technical definition of the term is analysed: (i) as for the functional role of standards; (ii) to assess whether the required functions are technically necessary and are being actually performed. In this contex, the results of an experimental trial are reported. The goal of the trial were to assess the shoots’ parameters, the stand productivity, the dynamics of canopy cover in coppices with or without standards. In 2001, at harvesting operations in a coppice aged 30 with standards managed by the local community, two experimental plots 2500 m2 each were established. The two theses being compared were: simple coppice and coppixce with standards (100 standards per hectare). The released standards were qualified immediately after final harvesting. Sprouting ability, growth pattern and stool vitality were surveyed in March 2004 (at age 2), in May 2008 (at age 6) and in April 2010 (at age 8). First results highlighted the evidence of statistically significant differences between the two thesis. The high number of standards effected negatively both vitality and growth pattern of the stools. Simple coppice recorded a lower shoot mortality, a higher diametrical growth and canopy cover degree as well; the heigth growth was, on the opposite, significantly lower. These results, although referred to a limited lifespan (1/3 of the rotation time) and to one site only, underline productive, ecological and environmental benefits and as a consequence suggest the widening of the experimental network and the development of new, more relevant and consistent rules, making acceptable the simple coppice as a possible silvicultural choice to be applied to chestnut coppices.

Keywords

Coppice, Standard release, Castanea sativa, Stumps vitality, Shoots growth, Canopy cover

Introduzione 

Le regole gestionali relative al governo a ceduo, in particolare quelle attinenti al rilascio delle matricine, risultano da una normativa talvolta confusa sia nella terminologia che nelle funzioni attribuite a questa componente, ma che generalmente rispecchia le condizioni socio economiche dell’epoca di emanazione.

Ad esempio, gli obiettivi prioritari delle prescrizioni di massima e di polizia forestale del 1927 erano la difesa del suolo e la produzione di combustibile; di conseguenza si prevedeva un rilascio di matricine non troppo elevato (20-50 ad ettaro) per non deprimere la produzione cedua. Al contrario, a partire dagli anni ’70 si assiste alla perdita di importanza dei combustibili vegetali e all’acquisizione da parte dell’opinione pubblica del valore del bosco come bene comune da conservare, proteggere e quindi da sottrarre al taglio di utilizzazione. Tale sentire è sfociato nella legge n. 431 del 1985 che classifica i boschi come “bene di interesse paesistico - ambientale” e che ha condizionato le modalità di gestione dei cedui imponendo, di fatto, il rilascio di un numero eccessivo di matricine (anche più di 150 matricine ad ettaro - [1]).

Queste due posizioni contrastanti non sono il risultato dell’affinamento della ricerca nel corso del tempo, ma piuttosto la risposta normativa a richieste politiche, sociali e spesso anche “emotive” dell’opinione pubblica. Il problema della matricinatura rappresenta infatti il caso emblematico di come il mondo scientifico, seppur sulla scorta di indicazioni scaturite da indagini sperimentali, non sia riuscito a supportare adeguatamente quello politico e a incidere coerentemente sulla normativa di settore ([17], [38]).

Zanzi Sulli & Di Pasquale ([37]) hanno esaminato, attraverso la letteratura scientifica storica, il pensiero selvicolturale ufficiale dalla fine del 1700 al secondo dopoguerra. Sono interessanti le conclusioni che certificano l’assenza di una normativa specifica per la gestione dei cedui e la mancanza di una definizione univoca di matricina fino alla fine del 1800; la funzione delle matricine era essenzialmente legata alla produzione di legname da opera e/o di frutto e frasca per la zootecnia. Solo nei primi anni del ’900 viene definito abbastanza precisamente il ruolo (alle due funzioni sopraccitate si aggiunge quella di produrre seme per sostituire le ceppaie esaurite), il numero da rilasciare (circa 50/ha) e il tempo di permanenza sul terreno (non più di due turni). La definizione attuale non è molto dissimile da quella coniata 100 anni fa e descrive la matricina come pianta rilasciata nel corso di un taglio del bosco ceduo e riservata per uno o più turni con la funzione di: (i): favorire la sostituzione delle ceppaie attraverso la rinnovazione naturale da seme, (ii): produrre legname da lavoro, (iii): produrre frutto per il pascolo (iv): assicurare una adeguata copertura del suolo ([9]). Elemento innovativo è la funzione di copertura del suolo attribuita a questa componente.

Per quanto riguarda il castagno alcuni autori hanno messo in evidenza l’opportunità di adeguare il numero di matricine da rilasciare in considerazione delle peculiarità della specie. Merendi ([25]), acceso fautore di una intensa matricinatura (“i cedui senza matricine sono fatalmente destinati ad un continuo processo di diradamento delle ceppaie”), afferma che “in un ceduo di castagno provvisto di un numero normale di ceppaie, anche se le matricine mancano del tutto, non v’è timore che si manifestino fenomeni di diradamento essendo ben conosciuta la eccezionale vitalità di questa meravigliosa pianta che emette polloni anche quando viene abbattuta in stato di estrema vecchiaia”. E anche Pavari ([26]), nonostante ritenga la forma di governo a ceduo una modalità colturale da migliorare o sostituire perché caratterizzata da produzioni legnose di basso valore, dichiara che il castagno rappresenta “un discorso a sé” perché “le buone produzioni quantitative e qualitative tengono una situazione di primato nella nostra selvicoltura”.

Il dibattito che si è sviluppato negli ultimi decenni intorno al numero di matricine da rilasciare ha riguardato prevalentemente le specie quercine ([14], [20], [5], [8], [10], [12], [16]) e ha visto la concordanza dei risultati nell’indicare che un numero di matricine troppo elevato non solo è inutile ma risulta dannoso per lo sviluppo del soprassuolo ceduo. Nel caso dei soprassuoli di castagno il ragionamento è ancora più stringente trattandosi di una specie eliofila, a rapido accrescimento, precoce nella produzione di seme e dalla capacità pollonifera elevata. Se a ciò si aggiunge anche un auspicabile aumento dei turni ([22], [11]), già in essere in molti comprensori castanicoli, si comprende come il rilascio di un eccessivo numero di piante di 30-50 anni di età e con chioma notevolmente espansa, possa condizionare negativamente l’accrescimento del futuro soprassuolo ceduo ([7], [19], [3]).

Infine, in merito alle funzioni attribuite alle matricine, nel caso del castagno occorre sottolineare che: (i) la rinnovazione da seme può avvenire agevolmente attraverso la fruttificazione dei polloni e inoltre la vitalità delle ceppaie si mantiene fino a tarda età e si rinnova ad ogni ceduazione; (ii) le matricine difficilmente possono fornire legname di buona qualità perché risultano quasi totalmente interessate dal difetto della cipollatura ([21], [4]); (iii) i cedui di castagno non sono pascolati da specie domestiche; (iv) la copertura del suolo è assicurata dalla rilevante densità di polloni sulla ceppaia e dalla loro rapidità di accrescimento.

Alle luce di queste considerazioni, che sembrerebbero indicare che il rilascio di matricine nel ceduo di castagno è scarsamente utile, è stata esaminata la legislazione vigente sulla base dei regolamenti forestali regionali e, parallelamente, impostata un’indagine sperimentale per verificare e valutare le caratteristiche dei polloni, la produttività del soprassuolo, la dinamica della copertura e la vitalità delle ceppaie in cedui caratterizzati dalla presenza o assenza di matricine. L’obiettivo della ricerca, di cui questo studio rappresenta il primo contributo, è fornire indicazioni utili alla revisione o formulazione di norme forestali consone alle modalità di crescita e di sviluppo dei cedui di castagno, in linea con i principi di una selvicoltura adattativa ed ecosostenibile e adeguate alle richieste della collettività.

I regolamenti forestali regionali 

L’esame dei regolamenti forestali regionali emanati nell’ultimo decennio ha messo in evidenza la consapevolezza del legislatore nel riconoscere la peculiarità della specie e la conseguente volontà di definire norme specifiche per la gestione del ceduo di castagno. Sono stati analizzati i regolamenti forestali delle 7 regioni nelle quali il castagno presenta la maggiore consistenza in termini di superficie (86% della superficie nazionale - Fig. 1) e la più elevata produttività dei soprassuoli cedui: Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria.

Fig. 1 - Superficie castanicola nazionale suddivisa per struttura e uso produttivo nelle sette regioni considerate.

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Sono stati considerati la lunghezza del turno, il numero di matricine, la distribuzione sul terreno e i criteri di rilascio delle matricine (Tab. 1).

Tab. 1 - Principali norme per la gestione dei cedui di castagno nei regolamenti forestali vigenti, nelle sette regioni considerate. (a): Gruppi di almeno 10 piante, superficie massima di 200 m2, distanza tra gruppi 1.5 volte l’altezza totale; (b): il rilascio delle matricine non assume carattere di obbligatorietà; (c): consentito senza matricine solo in presenza diffusa di cancro virulento.

Regione Reg. For. del Turno min Turno max N min
matricine
Distribuzione
matricine
Estensione
taglio max
Piemonte [33] 10 Non definito - Gruppi (a) 5 ha
Toscana [35] 8 50 30 Uniforme 20 ha
Liguria [31] 12 Non definito 60 (b) Uniforme o gruppi Non indicata
Lombardia [32] 15 Non definito 50 Uniforme o gruppi 10 ha
Calabria [28] 12 40 30 (c) Uniforme o gruppi 10 ha
Lazio [30] 14 35 30 Uniforme o gruppi 20 ha
Campania [29] 12 Non definito 30 Uniforme Non indicata

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In merito alla lunghezza del turno viene sempre definito il turno minimo (da 8 anni in Toscana a 15 in Lombardia), mentre quello massimo è indicato solo in Toscana (50 anni), Lazio (35 anni) e Calabria (40 anni). Queste età, particolarmente nel caso di Lazio e Calabria, oltre le quali i soprassuoli non possono più essere ceduati, condizionano negativamente una gestione finalizzata alla valorizzazione del legname. Un popolamento ceduo di castagno di 35-40 anni, soprattutto se ben gestito e in condizioni di buona fertilità, è infatti giovane e ancora in grado di esprimere accrescimenti sostenuti ([15], [13], [23]). L’obbligo della “conversione a fustaia” oltre tale età rappresenta un deterrente per i proprietari privati che non sfruttano appieno le potenzialità produttive della specie. Inoltre la possibilità di utilizzare il ceduo ad età più avanzate permette di ottenere anche benefici di ordine ambientale ed ecologico per il maggior stoccaggio della CO2 e la sua immobilizzazione in prodotti di più lunga vita rispetto alla paleria ottenibile con turni brevi.

Nella prevalenza dei casi i regolamenti prescrivono un rilascio di almeno 30 matricine ad ettaro; tale numero sale a 50 in Lombardia e a 60 in Liguria anche se, in quest’ultima regione, la matricinatura non rappresenta un requisito obbligatorio. Eccetto che in Toscana e Campania, dove si richiede una distribuzione uniforme sul terreno, è prevista anche la distribuzione a gruppi. I criteri sono ben specificati solo nel regolamento del Piemonte che indica la dimensione (gruppi di almeno 10 piante), l’estensione (superficie massima di 200 m2) e la distanza (1.5 volte l’altezza totale) tra i gruppi. Se questi sono i numeri minimi previsti dai regolamenti, nella realtà le cose sono un po’ diverse perché difficilmente si ritrovano soprassuoli cedui con solo 30 matricine ad ettaro. Per quanto riguarda la matricinatura a gruppi non esiste una sperimentazione effettuata sui cedui di castagno anche se appare razionale e innovativo sostituire il concetto di numero con quello di superficie di terreno occupata.

Infine tutti i regolamenti concordano nel definire che le matricine da rilasciare devono essere scelte tra le piante dominanti, possibilmente nate da seme, con cancri ipovirulenti e nelle migliori condizioni vegetative per portamento, stabilità fisico-meccanica e vigoria, in grado di sviluppare in breve tempo una chioma ben strutturata e simmetrica.

Materiale e metodi 

Le aree di studio sono localizzate sul Monte Amiata, nel territorio gestito dalla Comunità Montana Amiata Val d’Orcia (Siena). Il comprensorio del Monte Amiata è una delle zone più importanti nell’area di diffusione del castagno in Toscana. I popolamenti costituiscono, per estensione, produttività e presenza di tipologie selvicolturali differenti (dal castagneto da frutto al ceduo a turno breve, a quello a turno medio-lungo, fino ai popolamenti avviati ad alto fusto), un interessante laboratorio per l’analisi delle possibili scelte gestionali ([24]).

I castagneti a prevalente funzione legnosa, cedui e alto fusto, occupano una superficie di 3534 ha, sono ubicati nella fascia altimetrica tra 800 e 1200 m s.l.m. Il trattamento selvicolturale si diversifica in funzione del tipo di proprietà: nell’area pubblica (13%) la gestione prevede un turno di 25-30 anni, la realizzazione di un diradamento a circa 12 anni e il rilascio di 60 matricine ad ettaro; nella proprietà privata il turno è normalmente ridotto a 16 anni, non vengono eseguiti diradamenti e il numero di matricine sale fino alle 100 unità ad ettaro.

Il substrato geologico è costituito da lave trachitiche ricche di silicati e povere di basi che hanno originato terre brune di buone caratteristiche fisiche, a reazione subacida. I suoli appartengono all’unità cartografica GUA 1 - Andic Dystrudepts coarse-loamy, siliceous, mesic - profondi, molto soffici, non ghiaiosi, a tessitura franco sabbiosa e franca, non calcarei, da moderatamente a fortemente acidi, a saturazione molto bassa, ben drenati ([34]).

I dati climatici registrati nella stazione di Abbadia San Salvatore (829 m s.l.m.) per il periodo 1985-2000, riportano una temperatura media annua di 11.1 °C con minima in gennaio (4.2 °C) e massima in luglio (19.3 °C) e precipitazioni annue di 1104 mm con minimo estivo (157 mm) e massimo autunnale (390 mm).

Nel corso di un taglio raso, realizzato dalla C.M. nell’inverno 2001-2002 in un ceduo di 30 anni, furono istituite due aree di ricerca ponendo a confronto due differenti tesi sperimentali: ceduo matricinato (tesi A) e ceduo semplice (tesi B). Le aree sperimentali, di 2500 m2 ciascuna, sono localizzate a 1000 m s.l.m., in esposizione est e morfologia pianeggiante (Fig. 2).

Fig. 2 - Localizzazione delle aree di ricerca.

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I rilievi sono stati eseguiti nel marzo 2004, nell’aprile 2008 e nel febbraio 2010, rispettivamente dopo 2, 6 e 8 anni il taglio raso del ceduo.

Ciascuna ceppaia è stata numerata progressivamente e considerata unità biologica individuale; nel complesso sono state monitorate 145 ceppaie nella tesi A e 130 ceppaie nella B. Per ogni ceppaia sono stati determinati il numero di polloni presenti, il numero di polloni dominanti, il diametro di ciascun pollone (nei rilievi 2008 e 2010), l’altezza totale, l’altezza di inserzione della chioma e l’area di insidenza della chioma. Inoltre è stata definita la vitalità di ciascuna ceppaia sulla base di 3 classi (Buona, Media, Scadente) seguendo un criterio oggettivo in funzione del numero dei polloni presenti, della loro posizione sociale all’interno della ceppaia, dell’altezza totale e dell’area di sviluppo della chioma. La corretta classificazione della vigoria è stata valutata con tecniche multivariate (software PAST, Version 2.12, 1999-2011) attraverso l’analisi delle componenti principali.

Nella tesi A (ceduo matricinato) sono state anche numerate e misurate (diametro, altezza totale, altezza di inserzione e area della chioma) tutte le matricine presenti.

In entrambe le aree sono stati poi delimitati due transetti di 800 m2 (40x20 m) all’interno dei quali sono state posizionate topograficamente tutte le ceppaie e le matricine presenti con il duplice scopo sia di rappresentare graficamente la dinamica della struttura e visualizzare le modalità di ricaccio, sia di definire i principali parametri delle chiome, quali grado di copertura e di ricoprimento.

L’elaborazione dei dati ha permesso di quantificare la dinamica della mortalità, dell’accrescimento e della ricostituzione della copertura nelle due aree e di verificare se sussistono differenze significative tra le tesi, ovvero se i parametri scelti come indicatori sono significativamente influenzati dalla presenza delle matricine. I parametri considerati per l’analisi statistica, realizzata attraverso il test t di Student utilizzando il software Statistica (StatSoft Inc. Tulsa, OK, USA), sono stati il numero di polloni per ceppaia, il numero di polloni dominanti, l’altezza totale, l’area basimetrica, l’area di insidenza e il volume della chioma delle ceppaie.

Risultati 

In Tab. 2 sono riportati i parametri descrittivi quantitativi che caratterizzano i due soprassuoli, nei tre inventari. Il numero di ceppaie ad ettaro non ha subito variazioni nel tempo in entrambe le tesi, mentre il numero dei polloni si è ridotto notevolmente soprattutto nei primi 4 anni. La mortalitàè risultata sempre più elevata nel ceduo matricinato (65% tra 2 e 6 anni e 19% tra 6 e 8 anni) rispetto al ceduo semplice (59% e 16%). Il numero dei polloni dominanti (Fig. 3) è diminuito notevolmente in entrambi i soprassuoli ma la presenza di matricine sembra aver influito negativamente sul mantenimento del ruolo sociale; a 2 anni la percentuale di polloni dominanti era in entrambe le tesi pari all’11% dei polloni totali, dopo 6 anni è scesa al 7% nel ceduo matricinato mentre è rimasta stabile in quello semplice. In linea con questi risultati sono anche i valori di area basimetrica e di incremento corrente, registrati nelle due tesi ai due inventari (Tab. 2), che denotano come la presenza delle riserve deprima l’accrescimento dei polloni. Anche considerando la componente matricine, la tesi A ha comunque fatto registrare a 8 anni un incremento corrente totale (2.2 m2 ha-1 anno-1) inferiore a quello della tesi B (3.3 m2 ha-1 anno-1).

Tab. 2 - Principali parametri dendrometrici dei due soprassuoli nei tre inventari. (N): numero di piante ad ettaro (n ha-1); (G): area basimetrica ad ettaro (m2 ha-1); (Ic): incremento corrente di area basimetrica (m2 ha-1 anno-1); (D med): diametro medio (cm). L’etàè riferita all’età del ceduo, per le matricine è necessario considerare l’età del ceduo più 30 anni (inventari a 32, 36, 38 anni).

Parametro Inventario Tesi A Tesi B
2 anni 6 anni 8 anni 2 anni 6 anni 8 anni
N Ceppaie 725 725 725 650 650 650
Polloni 23813 8350 6725 21375 8738 7338
Matricine 100 100 100 - - -
G Polloni - 14.89 17.96 - 17.35 23.95
Matricine 5.93 9.5 10.88 - - -
Totale 5.93 24.39 28.84 - 17.35 23.95
Ic Polloni - 2.5 1.5 - 2.9 3.3
Matricine - 1.6 0.7 - - -
Totale - 4.1 2.2 - 2.9 3.3
D med Polloni - 4.8 5.8 - 5 6.4
Matricine 27.5 34.8 37.2 - - -

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Fig. 3 - Numero di polloni dominanti (valori ad ettaro) nelle due tesi, nei tre inventari.

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L’analisi delle componenti principali (Fig. 4) ha validato la classificazione della vigoria delle ceppaie, evidenziando in modo particolare le differenze tra le classi buona e scadente. La vigoria delle ceppaie è indirettamente influenzata dalla presenza di matricine; in entrambe le tesi è risultata sempre correlata con il numero di polloni, con l’area basimetrica e con l’area di insidenza della ceppaia (Tab. 3), parametri fortemente condizionati dalla presenza delle matricine. Come per il ruolo sociale, ciò che diversifica maggiormente le due tesi è la dinamica nel tempo: a 2 anni di età erano state classificate di buona vigoria il 46% e il 45% delle ceppaie presenti rispettivamente nel ceduo matricinato e in quello semplice; a 8 anni tale percentuale si riduce notevolmente nella tesi A (38%) e leggermente meno nella B (40%); inoltre, mentre nel ceduo semplice le ceppaie di scarsa vigoria rimangono stabili nel tempo (22% a 2 anni e 23% a 8 anni), in quello matricinato raddoppiano nel periodo considerato (18% a 2 anni e 36% a 8 anni).

Fig. 4 - Analisi delle componenti principali relativa alle tre classi di vigoria delle ceppaie (cerchi neri: buona; c. grigi: media; c. bianchi: scadente).

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Tab. 3 - Confronto fra le due tesi ai tre inventari: distribuzione percentuale delle ceppaie nelle tre classi di vigoria e coefficiente di correlazione tra la classe di vigoria e i principali indicatori dendrometrici delle ceppaie (N, H, G e A: rispettivamente numero di polloni, altezza, area basimetrica e area di insidenza delle ceppaie). (*) indica le correlazioni significative (p<0.05).

Anni Tesi Classe di vigoria Coefficiente di correlazione
Buona Media Scadente N H G A
2 A 46 37 17 0.75* 0.64* - 0.83*
B 45 33 22 0.81* 0.63* - 0.82*
6 A 39 27 34 0.67* 0.46 0.69* 0.63*
B 40 37 23 0.81* 0.55 0.75* 0.57*
8 A 38 26 36 0.75* 0.57 0.80* 0.78*
B 40 37 23 0.77* 0.58 0.82* 0.63*

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L’approccio statistico univariato ha confermato il ruolo negativo delle matricine sulla mortalità, sull’accrescimento diametrico e lo sviluppo della chioma (Fig. 5). La presenza delle matricine, se da una parte sembra non avere influenzato significativamente il numero medio di polloni portati da ciascuna ceppaia (le differenze tra le tesi non sono significative in nessuno dei tre inventari), dall’altra ha condizionato certamente l’andamento della mortalità che è risultata continua e consistente nel ceduo matricinato (differenze statisticamente significative sia tra 2 e 6 anni - p<0.01 - che tra 6 e 8 anni - p<0.05) e più contenuta in quello semplice (differenze solo tra 2 e 6 anni - p<0.01).

Fig. 5 - Andamento nel tempo dei parametri rilevati (valore medio ± errore standard) nelle due tesi (tesi A, barre scure; tesi B, barre chiare). Le lettere all’apice degli istogrammi indicano le eventuali differenze significative.

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La rapida perdita del ruolo sociale dei polloni, carattere peculiare del castagno, è evidente in entrambe le tesi anche se, come già detto, è molto più accentuata nel ceduo matricinato (tesi A); qui la differenza tra il numero di polloni dominanti per ceppaia è sempre altamente significativa (p<0.01), al contrario del ceduo semplice, dove non sono state registrate differenze tra 6 e 8 anni. Inoltre differenze statisticamente significative tra le due tesi emergono solo nell’ultimo inventario (p<0.01).

Il confronto tra le due tesi in termini di area basimetrica media della ceppaia ha evidenziato valori maggiori, con differenze statisticamente significative, nel ceduo semplice a 6 (p<0.05), ma ancor più a 8 anni (p<0.01). Inoltre nel ceduo matricinato non sono state registrate differenze significative tra 6 e 8 anni.

L’influenza della presenza di matricine sull’accrescimento longitudinale è evidente nei valori di altezza media della ceppaia, sempre maggiori nel ceduo matricinato anche se le differenze, significative a 2 (p<0.01) e 6 anni (p<0.05), si annullano a 8 anni. Le differenze tra i tre inventari sono sempre altamente significative (p<0.01).

L’area di insidenza e il volume delle chiome presentano invece lo stesso comportamento, caratterizzato dalla notevole capacità di ricostituzione della copertura a seguito del taglio raso del ceduo, evidente in entrambe le tesi nei tre inventari (differenze significative, p<0.01, sia in A che in B tra 2 e 6 e tra 6 e 8 anni), ma anche dal ruolo inibitore delle matricine che contribuisce a diversificare significativamente l’accrescimento della chioma nelle due tesi. I valori sono sempre maggiori nel ceduo semplice e le differenze si incrementano nel tempo.

L’analisi della dinamica della copertura (Fig. 6) ha indicato che solo nel primo inventario (a 2 anni di età) il ceduo matricinato, in virtù della presenza di piante di 32 anni, presenta valori di copertura e ricoprimento che sono più del doppio rispetto al ceduo semplice. Tali parametri sono poi risultati simili nel secondo inventario e significativamente maggiori, a 8 anni di età, nel ceduo semplice. In questa tesi il consistente incremento delle dimensioni della chioma e lo sviluppo della copertura non sono stati infatti ostacolati dalla presenza delle matricine, piante che presentano valori diametrici e altezze rispettivamente superiori a 35 cm e 20 m.

Fig. 6 - Visualizzazione grafica e principali parametri descrittivi della copertura sul piano orizzontale: confronto fra le due tesi in corrispondenza dei tre inventari.

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Discussioni e conclusioni  

L’obiettivo di questo studio è verificare se una consuetudine di trattamento, quale quella del taglio raso con rilascio di matricine applicata al ceduo di castagno, sia una tecnica selvicolturale realmente adeguata allo sviluppo del soprassuolo e alla protezione del suolo.

Il primo passo sperimentale è stato quello di scegliere e monitorare, per un periodo di 8 anni, alcuni parametri, indicatori e processi fortemente condizionati dalla bioecologia della specie e utili per valutare la modalità di sviluppo del ceduo in presenza o assenza di matricine. Partendo dall’assunto che il castagno è specie eliofila, a rapido accrescimento, a fruttificazione precoce, in grado di emettere una grande quantità di polloni subito dopo il taglio e con una gerarchizzazione precocemente evidente delle ceppaie e dei polloni ([27], [36]), si è scelto di analizzare la mortalità, l’accrescimento radiale e longitudinale, il ruolo sociale dei polloni, la vigoria delle ceppaie, i modelli di ricostituzione della copertura.

Tutti i descrittori considerati - quantitativi, qualitativi, generali e di dettaglio - hanno indicato che la presenza delle matricine influisce negativamente, almeno nella fase giovanile, sullo sviluppo del soprassuolo ceduo, incrementando la mortalità dei polloni, limitandone l’accrescimento diametrico, dequalificandoli socialmente e deprimendo la vigoria delle ceppaie. L’unico parametro positivamente influenzato dalla presenza delle matricine è l’altezza media della ceppaia anche se le differenze tra le tesi si riducono già a 8 anni, età dell’ultimo inventario. Un risultato emblematico di come alcune norme, quali la matricinatura a scopo di protezione del suolo, possano preservarsi nel tempo senza un reale supporto sperimentale deriva dall’analisi della copertura del suolo. I dati hanno chiaramente evidenziato che già a 6 anni il ceduo semplice presenta volumi di chioma maggiori e un grado di copertura del terreno più elevato rispetto al ceduo matricinato; di conseguenza l’assenza delle matricine accresce la funzionalità e l’efficienza del popolamento in termini ecologici.

La dimensione e il numero delle matricine giocano un ruolo importante nel condizionare la crescita del ceduo in quanto nella loro zona di influenza l’accrescimento dei polloni è ridotto per effetto dell’ombreggiamento. Un risultato analogo è stato trovato da Bergez et al. ([6]) su popolamenti cedui di carpino bianco sottostanti a matricine di farnia; in particolare gli autori hanno trovato, a 40 anni di età, una relazione positiva tra l’aumento di area basimetrica e la distanza dalla matricina. Nel caso di studio - una matricina ogni 10 metri con un raggio medio della chioma di circa 2.5 m - questa componente del soprassuolo incide fortemente sui fenomeni competitivi e limita considerevolmente lo spazio a disposizione delle ceppaie per una crescita armonica dei giovani polloni, già all’età di 8 anni. Probabilmente tale fenomeno si attenuerà con l’età, vista la rapidità di accrescimento dei polloni che già a 25 anni spesso non si discostano fisionomicamente dagli allievi rilasciati ([2]) con funzione di matricina. Per questo motivo risulterà di estrema importanza continuare il monitoraggio e incrementare il numero dei casi di studio.

In definitiva lo studio affrontato, pur con alcune limitazioni e in particolare quella di aver analizzato un solo soprassuolo, ha indicato che il ceduo in assenza di matricine non solo risulta più produttivo ma evidenzia anche una maggiore efficienza, stabilità e copertura del suolo, caratteristiche comunemente attribuite sopratutto alla presenza della matricinatura. Alla luce di questi risultati, che non rilevano elementi negativi del ceduo semplice ma viceversa ne evidenziano i benefici di ordine produttivo ed ecologico-ambientale, appare fondata l’ammissibilità di tale opzione gestionale per il castagno.

Il trattamento a ceduo viene spesso definito come un sistema colturale semplice, che riduce la biodiversità ed è caratterizzato da scarsa sostenibilità ecologica. Tale ragionamento può essere in parte condivisibile ma non è il rilascio delle matricine che risolve il problema della sostenibilità. Piuttosto sarebbe opportuno affrontare il problema del ceduo, e nel caso particolare del ceduo di castagno, a scala territoriale più ampia per permettere il mantenimento di situazioni colturali differenziate in funzione della proprietà, della fertilità del suolo e della struttura economica e sociale nelle aree di pertinenza.

I regolamenti forestali, pur dovendo ovviamente mettere dei punti fermi alla gestione, dovrebbero permettere l’applicazione di scelte differenziate in linea con i risultati della sperimentazione e le caratteristiche del bosco, considerando la lunghezza del turno, il numero e la distribuzione delle matricine e l’ampiezza della tagliata come elementi chiave e sinergici nella gestione dei cedui di castagno.

In merito al primo punto, sono tecnicamente possibili, in funzione della fertilità stazionale, sia turni di 20 anni per la produzione di paleria che di 50-60 anni per ottenere, in seguito a un regime di diradamenti precoci e frequenti, assortimenti da opera e strutturali di buone dimensioni e qualità. Per quanto riguarda la matricinatura, i regolamenti forestali esaminati prevedono tutti il rilascio di matricine; gli unici elementi di novità, presenti in alcune regioni, sono quelli legati alla loro distribuzione sul terreno, ovvero la matricinatura a gruppi. Sicuramente l’applicazione di tale norma, anche se non sperimentata sul castagno, potrebbe determinare una differenziazione strutturale e distributiva dei soprassuoli ([18]) che potrebbe contribuire a migliorare la produttività e la valenza paesaggistica dei popolamenti cedui di castagno.

Sotto il profilo della protezione del suolo, il taglio raso senza rilascio di matricine potrebbe essere accompagnato dalla riduzione dell’ampiezza delle tagliate.

Ringraziamenti 

Gli autori desiderano ringraziare un anonimo revisore per gli utili suggerimenti e il personale tecnico del Centro di ricerca per la selvicoltura di Arezzo, in particolare Claudia Becagli, Umberto Cerofolini, Tessa Giannini e Luigi Mencacci, per la collaborazione alla realizzazione del protocollo sperimentale e alla raccolta dei dati. La ricerca, di lungo periodo, è stata supportata dal progetto “Collezioni E A-OR” finanziato dal MiPAAF con D.M. 19477/7301/08.

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