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New frontiers for forest sciences

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 10, Pages 90-93 (2013)
doi: https://doi.org/10.3832/efor1029-010
Published: Nov 05, 2013 - Copyright © 2013 SISEF

Commentaries & Perspectives

Abstract

The present paper proposes the closing lecture of the IX SISEF Congress, held at the Free University of Bolzano (Italy) on 16-19 September 2013.

Introduzione 

Senza la scienza non avremmo la nozione di uguaglianza, senza l’arte la nozione di libertà (Wystan Hugh Auden)

Per svolgere alcune riflessioni a chiusura del IX Congresso nazionale della SISEF mi sono chiesto quali siano o possano essere quelle che amo definire le nuove frontiere delle scienze forestali. Un argomento, certamente stimolante, ma talmente vasto e impregnato di presente e futuro, che a trattarlo, per usare una sineddoche dantesca, è tale da “far tremare le vene e i polsi”.

Non vi è dubbio che nelle scienze forestali i problemi sono così ampi che meriterebbero una analisi più approfondita di quanto sia possibile nel tempo a disposizione. La questione tocca le radici di un modo di concepire e interpretare il “contatto” dell’Uomo con la Natura. Un fenomeno di notevole rilevanza: basti pensare alle ripercussioni sugli aspetti fisici, sociali, economici e politici che nel tempo ha comportato.

Esplorare i legami tra scienza, tecnologia e etica è certamente un argomento di grande fascino. Si pensi soltanto ai cambiamenti climatici, alla desertificazione, all’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria e all’influenza del bosco per mitigare questi inarrestabili processi di degrado le cui conseguenze socioeconomiche sono altamente rilevanti.

In tale contesto bisogna porsi due domande. La prima riguarda la complessità del bosco e l’uso che l’Uomo ne fa. La seconda concerne il futuro del bosco. Epperò, anche se dalla scienza e dalla storia abbiamo appreso che il futuro non è prevedibile, a queste domande i forestali devono dare risposte. Le nuove frontiere delle scienze forestali comportano l’elaborazione di nuove idee e la consapevolezza dell’importanza del bosco per il miglioramento della qualità della vita.

Il mio approccio all’argomento è raffigurabile con Giano bifronte. Il perché è presto detto. Giano poteva guardare al passato e al futuro. Ovvero, al passato con l’analisi dell’evoluzione della scienza e l’individuazione della tipologia delle rivoluzioni scientifiche; al futuro con particolare attenzione ai rapporti tra Ecologia, Economia e Etica. Le tre E che dominano il settore forestale.

La scienza e la tipologia delle rivoluzioni scientifiche 

La teoria ci aiuta a sopportare la nostra ignoranza dei fatti (George Santayana)

Nelle scienze per identificare le nuove direzioni di ricerca, secondo Freeman Dyson, occorre individuare le rivoluzioni scientifiche. In assenza di rivoluzioni, la scienza continua il suo percorso nelle direzioni tracciate in precedenza. Vi sono due tipi di rivoluzioni scientifiche, quelle determinate da nuovi strumenti e quelle scaturite da nuove idee.

Thomas Kuhn, nell’ormai famoso libro “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, ha analizzato con grande rigore le rivoluzioni scientifiche determinate dalle idee, ma non ha preso in considerazione le rivoluzioni determinate da nuovi strumenti. Nel primo caso - le rivoluzioni scientifiche determinate dalle idee - l’effetto è quello di spiegare fenomeni noti in maniera diversa: si pensi a Copernico, Newton, Darwin, Freud, Einstein. Nel secondo caso - le rivoluzioni scientifiche determinate da nuovi strumenti - l’effetto è quello di scoprire fenomeni nuovi che dovranno essere spiegati: si pensi a Galileo con l’uso del telescopio in astronomia, Crick e Watson con l’impiego della diffrazione dei raggi X nella determinazione della struttura delle molecole biologiche o a John von Neumann con la costruzione e l’introduzione del computer.

Fra le due tipologie il settore forestale, senza peraltro in alcun modo trascurare le rivoluzioni dovute ai nuovi strumenti, è stato ed è più interessato alle rivoluzioni basate sulle idee. Quando si tratta di rivoluzioni di questo tipo è bene mettere in conto che molti ostacoli, molte resistenze debbono essere superate. D’altra parte, è chiaro che gli operatori impegnati nel presente considerino improponibile qualsiasi idea che apporti importanti cambiamenti strutturali nell’interpretazione dei fenomeni e dei processi che li guidano.

La scienza e la tecnologia fanno grandi progressi in tutti i campi a ritmi incredibilmente veloci. Oltre ai tanti lati positivi che tale fenomeno provoca, dal punto di vista etico c’è un lato da non sottovalutare: si determina l’allargamento del fossato tra chi può permettersi la tecnologia di avanguardia, e chi no. E tuttavia, come la storia insegna, la scienza con l’apporto dell’alta tecnologia è inarrestabile. Da qui spesso i conflitti tra scienza e etica.

La scienza unisce gli uomini sulla scorta di una cultura che lascia sperare in un futuro migliore, ma è altrettanto importante - proprio perché a causa delle tante eclatanti scoperte spesso si instaurano conflitti etici - che gli scienziati quando scrutano l’orizzonte sappiano individuare la brezza che in un tempo assai rapido può trasformarsi in un tornado. La scienza e l’etica ci avvertono che si deve stare sempre vigili.

In sintesi, per essere influenti e orientare le scelte che nel corso degli anni implicano cambiamenti significativi è necessario che chi ha la responsabilità del potere faccia proprie le nuove idee. Il compito della classe accademica è anche quello di adoperarsi perché questo avvenga.

Le tre culture delle scienze forestali 

Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto (Erbert Herriot)

Le scienze forestali sono impregnate da tre culture che rappresentano il passato, il presente e molto probabilmente il futuro. La cultura produttivistica; la cultura della multifunzionalità del bosco; la cultura della complessità.

Dall’analisi delle culture nelle quali si identificano le scienze forestali emergono alcune considerazioni di fondo. Si tratta dei principali cinque aspetti che interessano l’organizzazione dei boschi, (1) l’approccio sistemico; (2) l’humus culturale della complessità; (3) la collaborazione con operatori di diversa estrazione culturale; (4) la consapevolezza da parte dei forestali dell’importanza della salute del suolo, del paesaggio e della fauna; (5) la divulgazione della conoscenza.

Il primo aspetto è indissolubilmente legato all’etica dell’interdipendenza degli alberi. A tal proposito Alfred North Whitehead scrive: “Un albero, da solo, è soggetto alle avversità che le circostanze possono portare. Il vento ne arresta lo sviluppo, gli sbalzi di temperatura ne rovinano il fogliame, la pioggia denuda il suolo e le foglie vengono spazzate via e perdute, usate nei fertilizzanti. Si possono trovare singoli alberi vigorosi anche in circostanze eccezionali o laddove la mano dell’uomo è intervenuta nelle coltivazioni; ma, in natura, gli alberi crescono più spontaneamente associandosi nelle foreste. Probabilmente ogni albero perde parte della sua perfezione individuale nella crescita, ma collabora per mantenere le condizioni per sopravvivere. Il suolo è protetto e ombreggiato e i microbi necessari alla sua fertilità non vengono bruciati, congelati o inondati. La foresta rappresenta l’esaltazione dell’organizzazione di specie reciprocamente dipendenti”.

Il secondo aspetto riguarda una evidenza incontestabile. Ormai la concezione del bosco come sistema biologico complesso appartiene al senso comune. Di conseguenza, nella gestione si valutano le interazioni tra i vari componenti che costituiscono il sistema. In altre parole, si adotta una strategia di approccio ai problemi basata su una visione di eventi e processi tipici di tutti i sistemi. Un approccio questo che cresce sull’humus culturale della complessità.

Il terzo aspetto interessa i conflitti tra gli operatori scientifici e tecnici di diversa estrazione culturale in merito alla interpretazione di alcuni processi e alla valutazione delle metodologie di intervento in bosco. Una disputa che spesso investe professionisti e dilettanti che operano o si interessano del settore delle scienze forestali.

La soluzione di tali conflitti è correlata alla possibilità di collaborazione tra forestali, ambientalisti, ecologisti e naturalisti per una seria ricerca scientifica. I forestali costituiscono la classe dei professionisti e proprio per questo talvolta operano non tenendo conto della necessità di rendere partecipi della propria attività le comunità che stanno a contatto con il bosco. Nei riguardi della foresta sono proprio gli ambientalisti, gli ecologisti e i naturalisti che sostengono la cultura del bosco e spingono per far emergere i problemi, aiutando così l’attività dei forestali.

Il quarto aspetto riguarda la consapevolezza da parte dei forestali che si dovrebbero rendere conto, come afferma Aldo Leopold, che l’incremento di legno comprato a spese della salute del suolo, della bellezza del paesaggio e della fauna è economia scadente, oltre che scadente politica pubblica.

Il quinto aspetto tocca la divulgazione della conoscenza dei fenomeni bioecologici che sottendono la funzionalità del sistema bosco. Questo compito è delegato a tutti gli uomini di cultura, ma è assolutamente ineludibile e prioritario per gli studiosi e i tecnici che lavorano nel settore forestale.

Questo Congresso può e deve raffigurare un riverbero per un nuovo e più forte impulso in favore della in-formazione della scienza in campo forestale, utilizzando quanto di più attuale fornisce la tecnologia applicata al naturale e all’ecologico. Una prospezione che avrà un peso rilevante per una migliore conoscenza degli alberi, del bosco e dell’ambiente.

Il futuro del bosco 

Gli orizzonti erano ampi ed era naturale guardare avanti di un centinaio d’anni, il tempo necessario a una quercia per crescere (Freeman Dyson)

Ho prima accennato al futuro del bosco. Nel settore forestale - caratterizzato da tempi lunghi, a volte lunghissimi - il presente non consente l’affermazione di una rivoluzione. Se proprio si vuole andare nello specifico il presente può rappresentare un futuro epistemico, cioè un futuro che ha lo scopo di indicare ipotesi, presupposti per una eventuale nuova rivoluzione scientifica.

Ricordo che i passaggi che hanno segnato lo sviluppo delle scienze forestali si possono ricondurre a due: 1) la ricerca dell’ordine nella e della foresta; 2) la proposizione nella gestione forestale di un nuovo rapporto Uomo Natura. In altri termini, il passaggio dalla concezione classica e produttivistica del bosco a quella autopoietica e sistemica.

Negli anni ottanta ho proposto di superare la concezione classica in conflitto con la cultura emergente e, soprattutto, in contrasto con le nuove conoscenze nel campo dell’ecologia. Questo processo iniziato da oltre trenta anni ormai è accettato, ma non è ancora in fase di compiuta affermazione. Forse tra alcuni lustri, dopo il definitivo recepimento e la completa attuazione, si avrà piena consapevolezza che si è trattato di una vera e propria rivoluzione scientifica nel senso prima indicato.

Ma non sarà questa la sola rivoluzione scientifica. Nei prossimi anni la tecnologia avrà messo a punto strumenti ancora più sofisticati e non è improbabile che si possano introdurre nuove metodiche e produrre piante capaci di adattarsi a condizioni climatiche estreme o piante resistenti alle più svariate malattie o piante in grado di fornire a ritmi attualmente impensabili prodotti che possono trasformare l’economia di molte regioni geografiche. Si tratta di quello che attualmente io considero i «miti» forestali.

Nei laboratori ci sono gli strumenti idonei a promuovere questa rivoluzione e altri ancor più sofisticati sono in corso di preparazione. Non si dimentichi che siamo nel secolo della biologia, della determinazione della sequenza del genoma umano, dei processi di ingegneria molecolare, dell’ectogenesi. Fenomeni e processi che lasceranno un segno indelebile e influiranno in modo significativo sugli orientamenti etici, sociali, economici e politici.

I forestali saranno impegnati nell’escogitare strumenti, studiare in laboratorio e sul campo, elaborare un progetto che da un livello globale consenta di risolvere i problemi a livello locale. Dovranno fare in modo che le soluzioni siano concepite in modo da salvaguardare le tradizioni e i “saperi locali”.

I diritti del bosco e le nuove frontiere forestali 

La frontiera di oggi è il limite di domani (John D. Barrow)

Si può essere d’accordo oppure no. Nulla è più naturale e legittimo che sui Diritti del bosco si abbiano pareri discordi. Esso si configura come un trait d’ésprit. Rispettare la Natura vuol dire rispettare se stessi. E, appunto per questo, in termini etici e culturali il rapporto tra l’uomo e il bosco diviene paritetico.

Per orientarci su quali potranno essere gli sviluppi futuri credo sia necessario analizzare i rapporti tra quella che ormai è definita environmental philosophy e il progresso che essa ha comportato nella scienza e nella tecnologia. Solo in questo senso è possibile aprire un dibattito in grado di portare un contributo fattivo per intravedere prima e disegnare poi i nuovi orizzonti, appunto le nuove frontiere delle scienze forestali.

Un dibattito iniziato negli anni ’70 che non tutti i tecnici e i ricercatori, forestali e non, hanno seguito. Presi dal proprio lavoro, puramente tecnico e, per quanto riguarda la comunità scientifica, da una certa purezza metodologica e strumentale, che talvolta rasenta l’oziosità scientifica, hanno perso di vista il contesto epistemologico che sottende ogni impresa a carattere scientifico.

Il senso comune, lo si sa, si traduce in quell’etica ambientale che costituisce il punto elettivo di riferimento per indicare categorie, concetti e soluzioni pratiche di rilievo e comunque radicate in un discorso etico analitico. Desidero qui ricordare un evento a dir poco straordinario avvenuto negli Stati Uniti d’America. Il 19 settembre 2006 la cittadina di Tamaqua, nella contea di Schuykill in Pennsylvania, ha approvato una ordinanza rivoluzionaria che ha cambiato radicalmente il concetto di soggetto di diritti giuridici. In pratica, questa ordinanza riconosce alle comunità naturali e agli ecosistemi lo status di persona giuridica con propri diritti.

Invero, noi - un gruppo di studiosi e ricercatori, alcuni dei quali qui presenti - avevamo codificato questa visione già nel 1995. Purtroppo solo in pochi ci hanno ascoltato. Ma, afferma un antico proverbio, il tempo è galantuomo!

Conclusioni 

Dedica mezz’ora al giorno a pensare al contrario di come stanno pensando i tuoi colleghi (Albert Einstein)

A onor del vero, si deve dire che la ricerca forestale sul piano dell’acquisizione e dell’accumulo di dati e di conoscenza ha fatto e continua a fare molta strada. Epperò, prima di dare un senso ai dati empirici occorre riconoscere il bosco. Bisogna essere in-formati a leggerlo. Il che vuol dire stare a contatto con esso, compartecipare alla sua vita, guardarlo con rispetto e amore.

La scienza, si sa, ha valore se è in grado di spiegare e di predire. La cultura scientifica dominante è tesa a programmare il futuro sulla base dei dati acquisiti con esperimenti e osservazioni. Ebbene, in biologia e in selvicoltura le attuali conoscenze non consentono di essere certi che il cambiamento di alcune condizioni non influisca sui risultati. Come è facile intuire, questo dato fattuale comporta problemi di natura metodologica, sui quali, invece di soffermarsi a riflettere, spesso si sorvola con grande disinvoltura.

Ormai è evidente a tutti che bisogna mutare atteggiamento nei confronti del bosco. Occorre procedere a radicali modifiche nell’approccio scientifico. Occorre riprendere su basi nuove il dibattito sulla gestione forestale. Altrimenti si finisce con il governare il passato. Si trascrive o si ripete quanto acquisito in condizioni ambientali e in situazioni socio-economiche diverse da quelle attuali. E a farne le spese, manco a dirlo, sarà sempre e comunque il bosco.

Il principio fondamentale della scienza è sapere che ignoriamo. Le scienze forestali percorreranno nuove frontiere se all’ecologia e all’economia si associa l’etica, configurando in tal modo “la saggezza del forestale”, intesa, appunto, come unità tra scienza e etica.

 
 
 

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