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Comparison of forest definitions at the national level using dominance analysis

Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 11, Pages 86-101 (2014)
doi: https://doi.org/10.3832/efor1055-011
Published: Apr 29, 2014 - Copyright © 2014 SISEF

Research Articles

Abstract

Comparison of forest definitions at the national level using dominance analysis. Despite Italian forests are subject of protection since long time, the first forest definition legally binding has been enacted only in 2001. However, thanks to the action of international, national and regional institutions, 25 forest definitions are effective today on the Italian territory. All definitions of forest are fully described and their qualification analyzed using four definition types: legislation, policies, technical and allocative. Only those that are included in the first three types were subjected to dominance analysis. Macro-criteria, criteria and sub-criteria have been defined to build an absolute valuation matrix. Concordance, discordance and dominance analysis have been cattied out after normaliztion. Forest definitions have been subdivided into two groups: dominant and dominated. The first group includes all regional definitions due to the details of their content, while the second group includes definition adopted by international and national institutions. Three aspects have been emphasized in the conclusion: (a) all definitions, except that adopted by the Lombardy Region, are based on the “forest land” and not on the “forest”; (b) most definitions do not include the multifunctional nature of the forest thus neglecting one of the most relevant forest profiles; (c) the first part of all definition is devoted to technical details as if the main motivation for their elaboration were the quantification of the forest area.

Keywords

Forest Definitions, Typologies of Forest Definitions, Evaluation Matrix, Ranking of Forest Definitions

Introduzione 

Oltre un terzo delle terre emerse del pianeta sono coperte da foreste con una distribuzione variabile su scala regionale (Fig. 1 - [10]). Anche il quadro europeo evidenzia un’ampia variabilità (Tab. 1 - [1], [2]), mentre l’Inventario Nazionale Foreste e serbatoi di Carbonio (INFC - [11]) sancisce che oltre 10 dei 30 milioni di ettari della superficie territoriale nazionale (34.73%) sono investiti a foreste, con ampie oscillazioni regionali (Fig. 2).

Fig. 1 - Superficie territoriale e superficie forestale nei vari continenti (Indice di copertura %). Fonte: FAO ([10]).

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Tab. 1 - Superficie forestale, superficie forestale ed indice di boscosità in Europa (Fonte: [1]).

Paesi Superficie forestale
(x 1000 ha)
Superficie territoriale
(x 1000 ha)
Tasso di boscosità
(%)
Svezia 31247 41034 76.15
Spagna 27747 50599 54.84
Finlandia 23269 30390 76.57
Turchia 21702 76960 28.2
Francia 17572 63283 27.77
Norvegia 12768 30547 41.8
Germania 11076 35711 31.02
Italia 10916 29511 36.99
Polonia 9337 31269 29.86
Romania 6733 22989 29.29
Grecia 6539 13082 49.98
Austria 4006 8244 48.59
Bulgaria 3927 11100 35.38
Portogallo 3611 9212 39.2
Lettonia 3467 6220 55.74
Gran Bretagna 2901 24315 11.93
Repubblica Ceca 2657 7725 34.39
Croazia 2474 5659 43.72
Estonia 2350 4343 54.11
Lituania 2240 6268 35.74
Ungheria 2029 9303 21.81
Slovacchia 1933 4904 39.42
Svizzera 1311 4000 32.78
Slovenia 1274 2014 63.26
Repubblica di Macedonia 1141 2491 45.8
Irlanda 789 6839 11.54
Montenegro 744 1382 53.84
Belgio 706 3028 23.32
Danimarca 591 4310 13.71
Cipro 387 925 41.84
Olanda 365 3376 10.81
Islanda 116 10025 1.16
Lussemburgo 88 259 33.98
Liechtenstein 8 16 50
Malta 0 32 0
Europa 218021 561365 38.84

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Fig. 2 - Superficie territoriale e superficie forestale nelle varie regioni d’Italia (Indice di copertura %). Fonte: Gasparini & Tabacchi ([11]).

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Alla base di questi dati vi è l’assunto che trattandosi dello stesso bene tutti abbiano adottato la medesima definizione. La realtà, tuttavia, è ben diversa. Nel sito curato da Lund (⇒ http:/­/­home.comcast.net/­~gyde/­DEFpaper.htm) vi è un quadro delle definizioni di bosco esistenti su scala mondiale, un analogo quadro per l’Europa è riportato da Pulla et al. ([17]), mentre a livello nazionale questo può evincersi dall’analisi delle leggi forestali disponibili presso l’⇒ http:/­/­www.inea.it/­prog/­osservatorio­_foreste/­it/­index.php?action=detail&id­_cat=131&id­_art=2030. Mollicone & Federici ([15]), invece, evidenziano come nell’ambito della medesima definizione vi siano differenti interpretazioni che possono condurre al rilevamento di diverse entità territoriali.

In Italia malgrado il bosco sia un bene tutelato per legge da lungo tempo ([4], [20], [3], [7], [6]) si è dovuto attendere il 2001 affinché venisse emanata una definizione giuridicamente valida. Essa è riportata nel Decreto Legislativo 18 maggio, 2001, n° 227 (di seguito D.Lgs. 227/2001).

Dare una definizione di questo bene implica condensare, in termini sintetici, i suoi caratteri essenziali, connaturati, tipicizzanti e diversificanti rispetto agli altri beni. Ciò risponde a molteplici obiettivi di cui i principali sono: (a) definire l’ambito rispetto al quale si applicano le leggi, i regolamenti e le politiche specifiche; (b) fornire un riferimento primitivo a cui possono richiamarsi le legislazioni e le politiche non settoriali; (c) quantificare l’estensione di una risorsa di primaria importanza per la vita dell’uomo.

Geores ([12]) ha classificato le definizioni di bosco distinguendole tra quelle autoritative (anche definibili come normative o legali) e quelle allocative. Queste possono essere intese come gli estremi di un continuum, dove in posizione intermedia si collocano quelle tecniche e quelle politiche. I caratteri distintivi sono:

  • per le definizioni normative: adottate a partire dalla seconda metà degli anni ’90 su iniziativa di istituzioni internazionali e nazionali di governo del territorio. Queste vedono il bosco come una realtà unitaria la cui estensione è definita dalla linea ideale che sancisce la variazione di destinazione d’uso forestale da altre destinazioni d’uso del suolo. Per queste aree è riconosciuto un rilevante interesse pubblico connaturato con la presenza stessa del bosco;
  • per le definizioni politiche: si ha un riconoscimento a priori ed astratto del rilevante interesse pubblico del bosco. Le definizioni non sono coercitive, ma hanno un carattere di indirizzo e/o di orientamento demandando alle istituzioni locali la competenza di esplicitare nel dettaglio i parametri (principio di sussidiarietà). E’ il caso della definizione contenuta nella prima parte dell’articolo 2 del D.lgs 227/2001, nonché quella adottata in seno al Protocollo di Kyoto. A questa tipologia possono ascriversi anche le definizioni normative emanate da istituzioni prive di sovranità territoriale;
  • per le definizioni tecniche: sono soprattutto quelle elaborate per fornire una quantificazione dell’entità della superficie forestale (⇒ http:/­/­www.cost.eu/­domains­_actions/­fps/­Actions/­E43). Per approfondimenti sui lavori sviluppati si rimanda al sito: ⇒ http:/­/­www.metla.fi/­eu/­cost/­e43/­index.html, focalizzandosi sui parametri dimensionali del bosco. E’ il caso della definizione adottata dall’ISAFA ([14]) per l’Inventario Nazionale e di quella del CFS (2005) per l’Inventario Nazionale Forestale e dei serbatoi di Carbonio.
  • per le definizioni allocative: sono proprie delle istituzioni che vedono la foresta come un bene strumentale. Il riconoscimento è subordinato ai seguenti fattori: (a) l’individuazione di un soggetto titolare del diritto di proprietà o di godimento del bene; (b) l’esistenza di confini riconosciuti e registrati del bene su cui il soggetto rivendica i propri diritti costituzionalmente tutelati; e (c) l’esercizio di un’attività da cui scaturisce una produzione. Esempi sono le definizioni prodotte ai fini fiscali o per le statistiche nazionali ed europee.

Il coinvolgimento di istituzioni internazionali fino a quelle locali danno vita ad un sistema istituzionale multilivello ([13]) le cui decisioni si sovrappongono con scarso coordinamento reciproco. Ciò spiega la coesistenza sul territorio nazionale di ben 25 definizioni efficaci di bosco: 2 definizioni emanate da istituzioni internazionali, 3 definizioni di istituzioni nazionali, nonché 18 definizioni emanate dai Governi regionali, oltre a 2 definizioni di tipo allocativo adottate dal Ministero delle Finanze per fini fiscali e dal Ministero dell’Economia per le esigenze di contabilità di Stato.

I passaggi preliminari dello studio riguardano l’analisi delle definizioni rispetto agli obiettivi a cui genericamente dovrebbero conformarsi, nonché la qualificazione delle stesse rispetto alle quattro tipologie indicate per la loro classificazione. Successivamente queste sono state sottoposte all’analisi di dominanza per verificare se sussistono delle differenze e quali di esse potrebbero rappresentare esempi di definizioni più esaustive rispetto alle altre. Le conclusioni evidenziano gli effetti e le criticità generate da questa numerosità di definizioni.

Materiali e metodi 

Definizioni di bosco

Le definizioni delle istituzioni internazionali

Il Global Forest Resources Assessment ([8], [9]) definisce la foresta come: “Forest includes natural forests and forest plantations. It is used to refer to land with a tree canopy cover of more than 10 percent and area of more than 0.5 ha. Forests are determined both by the presence of trees and the absence of other predominant land uses. The trees should be able to reach a minimum height of 5 m. Young stands that have not yet but are expected to reach a crown density of 10 percent and tree height of 5 m are included under forest, as are temporarily unstocked areas. The term includes forests used for purposes of production, protection, multiple-use or conservation (i.e. forest in national parks, nature reserves and other protected areas), as well as forest stands on agricultural lands (e.g. windbreaks and shelterbelts of trees with a width of more than 20 m), and rubberwood plantations and cork oak stands. The term specifically excludes stands of trees established primarily for agricultural production, for example fruit tree plantations. It also excludes trees planted in agroforestry systems”. Avendo alla base questa definizione il rapporto fornisce il quadro delle foreste su scala mondiale, esaminando il loro status e trend avvalendosi di oltre 90 variabili relative all’estensione, condizioni, usi e valori.

In seno alle attività svolta dall’UNFCCC per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, in occasione della Conferenza delle parti (CP) tenuta a Marakkesh ([21], [19]), con la Decisione 11/CF.7 Land use, land-use change and forestry nell’allegato Definitions, modalities, rules and guidelines relating to land use, land-use change and forestry activities under the Kyoto Protocol è stata adottata la definizione di foresta. Essa è di seguito riportata: “Forest is a minimum area of land of 0.05-1.0 hectares with tree crown cover (or equivalent stocking level) of more than 10-30 per cent with trees with the potential to reach a minimum height of 2-5 metres at maturity in situ. A forest may consist either of closed forest formations where trees of various storeys and undergrowth cover a high proportion of the ground or open forest. Young natural stands and all plantations which have yet to reach a crown density of 10-30 per cent or tree height of 2-5 metres are included under forest, as are areas normally forming part of the forest area which are temporarily unstocked as a result of human intervention such as harvesting or natural causes but which are expected to revert to forest”.

La definizione del Protocollo di Kyoto, seppur analoga per struttura a quella della FAO, differisce per i parametri identificativi delle foreste. Essa individua degli intervalli di valori nonché per la mancata specificazione del ruolo socio-economico ed ambientale delle foreste. Il primo aspetto denota la sua natura politica finalizzata alla quantificazione del ruolo delle foreste nelle lotta ai cambiamenti climatici; il secondo è invece coerente con la sua finalità dominante (lotta ai cambiamenti climatici) e spiega anche l’omissione delle altre funzioni ambientali delle foreste.

Se la definizione della FAO potrebbe essere ascritta tra quelle di tipo normativo, essendo un’istituzione priva di sovranità territoriale, la sua definizione acquisisce una valenza politica di riferimento su scala internazionale, analoga alla classificazione della definizione del Protocollo di Kyoto.

Le definizioni delle istituzioni di governo del territorio in ambito nazionale

Nel governo del territorio nazionale sono coinvolti differenti livelli istituzionali: quello comunitario, nazionale e regionale.

Nel Reg. 1698/2005 l’UE ha inteso procedere secondo standard comuni validi per l’intero territorio, nell’individuazione di cosa sia la foresta eleggibile all’erogazione dei contributi previsti in seno alla Politica Agricola Comunitaria. Tale definizione riportata all’interno del Regolamento applicativo, non ha una validità generale e trasversale per l’intera legislazione comunitaria, ma ha un’efficacia limitata all’attuazione del solo Regolamento citato. Tale consapevolezza unitamente alla valutazione di opportunità di non differenziarsi da quella di riferimento a livello internazionale, probabilmente ha condotto l’UE a far riferimento alla definizione della FAO attribuendole una valenza normativa.

Passando al livello nazionale la Costituzione non cita mai la foresta, mentre nell’articolo 9 include il paesaggio di cui le foreste sono una delle componenti più rilevanti. La definizione di bosco è invece stata inclusa nel Decreto legislativo 18 maggio, 2001, n° 227 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”, in cui all’articolo 2 (“Definizione di bosco e di arboricoltura da legno”) vi sono i sei commi i cui contenuti sono così sintetizzabili:

  • comma 1 - equiparazione dei termini “bosco”, “foresta” e “selva”;
  • comma 2 e 3 - criteri di base per la costruzione delle definizioni a livello regionale;
  • comma 4 - ruolo della definizione di bosco di cui al presente articolo nella pianificazione paesistica;
  • comma 5 - definizione di arboricoltura da legno;
  • comma 6 - definizione di bosco a livello nazionale.

Particolarmente significativi sono il comma 2 e il comma 3, nonché il comma 6. I primi due comma concorrono a creare una definizione di tipo politico limitandosi a fornire i soli criteri, ovvero, demandando ad un’istituzione di rango inferiore la loro esplicitazione (governi regionali). Nel comma 6, invece, vi è la definizione di interesse nazionale che, da quanto indicato in apertura del comma, avrebbe dovuto avere una efficacia transitoria e residuale fintanto che le Regioni non avessero adottato la propria ([18], [7], [20]). La sua costruzione riprende i criteri indicati al comma 2 e 3 per cui le foreste sono “[...] i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5 ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell’adesione a misure agro ambientali promosse nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi (modifiche apportate con il decreto semplificazioni convertito con legge 4 aprile 2012, n. 35, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, specificatamente dall’articolo 26). Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco non identificabili come pascoli, prati o pascoli arborati”.

La definizione del comma 6 rispetta i criteri citati ai comma 2 e 3 eccetto per l’omissione delle aree temporaneamente prive di copertura arborea come invece è richiesto alla lettera b) comma 3 per quelle regionali.

Su scala regionale, 19 Regioni hanno una propria definizione di bosco. Fanno eccezione la Regione Abruzzo e quella della Puglia per le quali vale la definizione nazionale (Tab. 2). Nella maggior parte dei casi la definizione è stata inserita all’interno della legge quadro forestale, mentre sono minoritarie le Regioni che l’hanno collocata in altre leggi o in strumenti regolamentari di rango inferiore: la P.A. di Trento all’interno della legge di governo del territorio montano, la Valle d’Aosta nella legge Urbanistica, l’Emilia Romagna nella sezione “definizioni” delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale ed infine la Basilicata ha provveduto a riportarla nel Regolamento forestale.

Tab. 2 - Quadro regionale delle definizioni giuridiche di bosco e relativa fonte. Le sigle delle varie regioni regioni sono riportate a fine articolo.

Legge forestale Legge dialtri settori Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale, oppure Regolamento forestale Deliberazione Giunta Regionale/ Provinciale Regioni per cui vale la definizione di cui al comma 2, art. 6, D.Lgs 227/2001
13 2 2 2 2
CLB; CMP; FVG; LZN; LGR; LMB; MRC; MLS; PMT; SCL; TSC; UMB; VNT P.A.T; VDA; BSL; ERG; SRD; P.A.B; ABZ; PGL;

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Discorso a parte richiede il caso della Sardegna. Essa aveva posto la propria definizione all’interno della legge per il contrasto degli incendi boschivi che è stata abrogata con la sentenza del 23 gennaio, 2007 n° 1874 della Corte di Cassazione Penale, Sezione III. L’Amministrazione Regionale ha sanato la sua situazione limitandosi a richiamare quanto riportato all’articolo 2 del D.Lgs 227/2001. In Tab. 3 sono indicate gli estremi delle disposizioni in cui sono riportate.

Tab. 3 - Estremi delle disposizioni che contengono la definizione di bosco per le diverse Regioni.

Regione/Istituzione Fonte
Basilicata D.G.R. 20 aprile 2000, n° 956. Regolamento recante le nome per il taglio di boschi in assenza di piani di assestamento forestale
Calabria Legge regionale 12 ottobre, 2012, n° 45. Gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale regionale. Articolo 4.
Campania Legge regionale 7 maggio 1996, n° 11. Modifiche ed integrazioni alla legge Regionale 28 febbraio 1987, n° 13 concernente la delega in materia di economia, bonifica montana e difesa del suolo"
Emilia-Romagna D.G.R. 31 maggio 1995, n° 132. Prescrizioni di Massima e Polizia Regionale.
Friuli Venezia Giulia Legge regionale 23 aprile 2007, n° 9 Norme in materia di risorse forestali. Articoli 6 e 7
Lazio Legge regionale 28 ottobre 2002, n° 39. Norme in materia di gestione delle risorse forestali. Articolo 3 e 4
Liguria Legge regionale 22 gennaio, 1999, n° 4, Articolo 2
Lombardia Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale. L.r. 5 dicembre 2008, n° 31, articolo 42
Marche Legge regionale 23 febbraio, 2005, n° 6. Legge forestale regionale. Articolo 2
Molise L.r. 18 gennaio, 2000, n° 6. Disciplina generale delle foreste della Regione - Valorizzazione economica - Tutela ambientale. Articolo 5
P.A. Bolzano Decreto del Presidente della Giunta Provinciale 31 luglio 2000, n° 29. Regolamento dell’Ordinamento Forestale
P.A. Trento Legge provinciale 23 maggio, 2007, n° 11. Governo del territorio forestale e montano, dei corsi d’acqua e delle aree protette. Articolo 2. Decreto del Presidente della Provincia, 26 agosto 2008, n° 35-142/Leg. Regolamento concernente la procedura di approvazione dei piani forestali e montani, dei piani di gestione forestale aziendale e dei piani semplificati di coltivazione e dei piani degli interventi d’interesse pubblico nonché dei piani per la difesa dei boschi dagli incendi (articoli 2, 6, 57, 85 e 86 della legge provinciale 23 maggio 2007 n. 11). Articolo 2.
Piemonte Legge regionale 10 febbraio 2009, n° 4. Gestione e promozione economica delle foreste. Articolo 3
Sardegna Prescrizioni di contrasto alle azioni determinanti, anche solo potenzialmente, l’innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d) dell’art. 3 comma 3, della Legge 21 novembre 2000, n. 353. Delib.G.R. n. 20/20 del 26.4.2011. Articolo 5
Sicilia Legge regionale 6 aprile, 1996, n° 16. Articolo 4 (modificato con l.r. 13/1999 art. 1 ed integrato con comma 5bis della l.r. 14/2005)
Toscana Legge regionale 21 marzo., 2000, n° 39. Legge forestale della Toscana. Articolo 3
Umbria Legge regionale 19 novembre 2001, n° 28. Testo unico regionale per le foreste. Articolo 5
Valle d’Aosta Legge regionale 6 aprile, 1998, n° 11. Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta. Articolo 33
Veneto Legge regionale 13 settembre 1978, n° 52. Legge forestale regionale. Articolo 14

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Entrando nel dettaglio delle definizioni, gran parte dei legislatori regionali hanno costruito la loro definizione sulla base dei parametri indicati dal D.Lgs 227/2001, comma 2 e 3, che sono:

  • parametri minimi di larghezza, estensione e copertura;
  • dimensione minima delle radure e dei vuoti;
  • fattispecie che per la loro natura non sono considerati boschi;
  • aree prive di soprassuolo che per loro natura sono considerate bosco, a prescindere dalla presenza del soprassuolo;
  • aree in cui l’assenza del soprassuolo ha carattere temporaneo;
  • le radure e le altre superfici forestali d’estensione inferiore ai 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco, diversi dal pascolo, prati o pascoli arborati.

Nel complesso le definizioni regionali si sono attenute ai criteri, tuttavia, vi sono state anche varie integrazioni ed omissioni, oltre ad una significativa variabilità dei valori attribuiti. La Campania per quantificare la copertura del soprassuolo, ha introdotto il concetto intuitivo, ma non oggettivo, della “densità piena”; mentre la P.A. di Bolzano e la Valle d’Aosta non la prevedono; la larghezza minima non è stata quantificata dalla Liguria e dalla P.A. di Bolzano; le Marche e Valle d’Aosta, invece, non hanno esplicitato che le aree temporaneamente prive di soprassuolo forestale debbono comunque essere considerate bosco. Hanno definito parametri aggiuntivi la Campania, Liguria e Molise introducendo la distanza minima dai boschi estesi a cui debbono distare i piccoli boschi per essere considerati tali; la Toscana ha affiancato all’indice di copertura quello di densità delle piante per unità di superficie, mentre sempre la Toscana e il Lazio si sono munite dell’elenco delle specie arboree ed arbustive considerate “forestali”. Un ultima specifica riguarda le definizioni della Regione Toscana e di quella dell’Umbria. La prima ricomprende i medesimi parametri adottati dalla Regione Umbria con performance migliori, tuttavia, le due definizioni presentano delle differenze non tanto sul piano quantitativo, ma su quello qualitativo: la Regione Umbria include come bosco i castagneti da frutto ed i rimboschimenti, mentre la Regione Toscana non cita i rimboschimenti ed include le sugherete ed i castagneti da frutto.

Differenze si registrano nei parametri territoriali, dalla superficie minima di 10000 m2 ai 500 m2; la copertura minima è compresa tra 20 ed il 50%, mentre la larghezza minima è ricorrentemente di 20 metri, con un massimo di 30 metri. Pressoché tutte le Regioni hanno individuato delle fattispecie particolari di formazioni arboree da ricomprendere tra i boschi e tutte hanno definito quelle che non vi fanno parte con una numerosità che varia da tre per la Valle d’Aosta a dodici del Friuli Venezia Giulia.

La definizione nazionale e quelle regionali, data l’evidente analogia strutturale, possono ascriversi come definizioni al contempo tecniche e normative.

Le definizioni delle altre istituzioni nazionali

Le definizione sviluppate da altre istituzioni sono strumentali all’esercizio delle rispettive competenze ed in quanto tali sono di natura allocativa. La definizione più datata è stata elaborata dal Ministero delle Finanze nel 1933 ai fini della qualificazione a “bosco” delle particelle catastali. Sono state individuate tre qualità di coltura con criteri estremamente generici e su base eminentemente produttivistico. Queste sono:

  • bosco di alto fusto (n° 25): terreno occupato da alberi di alto fusto di ogni genere;
  • bosco ceduo (n° 26): terreno occupato da alberi di ogni genere, che si tagliano a intervalli generalmente non maggiori di 15 anni, sia di ceppaia che di piante a capitozza;
  • bosco misto (n° 27): bosco composto promiscuamente di piante ad alto fusto e di cedui.

L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), invece, ha dovuto adottare una propria definizione per quantificare la superficie boscata ai fini della contabilità nazionale. Fino al 2004 erano classificate tali le formazioni arboree con una estensione superiore a 5000 m2 ed una copertura maggiore del 50%. Successivamente alla luce della forte discrepanza tra questo dato e quello emergente dagli inventari forestali è stato intrapreso un percorso per convergere verso un’unica definizione.

Tra le definizioni tecniche di rilievo vi è quella alla base del primo Inventario Forestale Nazionale ([14]). Essa includeva le formazioni che insistevano su superfici fino ai 2000 m2 con una densità del 20% purché la dimensione minima del suo sviluppo territoriale non fosse inferiore a 20 metri. Definizione superata negli anni ’ 2000 da quella adottata nel successivo INFC ([11]), più conforme agli indirizzi internazionali. Essa individua il bosco, quale “territorio con copertura arborea maggiore del 10% su un’estensione maggiore di 0.5 ha. Gli alberi devono poter raggiungere un’altezza minima di 5 m a maturità in situ. Può trattarsi di formazioni chiuse od aperte. Soprassuoli forestali giovani, anche se derivati da piantagione, od aree temporaneamente scoperte per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma suscettibili di ricopertura a breve termine secondo i requisiti sopra indicati, sono inclusi nella definizione di bosco. Sono inoltre inclusi: vivai forestali ed arborei da seme (che costituiscono parte integrante del bosco); strade forestali, fratte tagliate, fasce tagliafuoco ed altre piccole aperture del bosco; boschi inclusi in parchi nazionali, riserve naturali ed altre aree protette; barriere frangivento e fasce boscate di larghezza superiore a 20 metri, purché maggiori di 0.5 ha. Sono incluse anche le piantagioni finalizzate a scopi forestali comprese quelle di alberi da gomma e le sugherete”.

Un ultima definizione considerata è quella che è stata elaborata dall’Accademia Italiana in Scienze Forestali ([5]) all’interno del progetto di Legge Forestale Nazionale. Seppur non costituisce una istituzione con competenze territoriali, la sua inclusione è dovuta al carattere scientifico e culturale che riveste l’Accademia nel settore. La definizione di bosco recita che lo sono “i terreni sui quali esista, o venga comunque a costituirsi, per via naturale o artificiale, un popolamento di specie legnose forestali arboree od arbustive, a qualunque stadio di sviluppo si trovino, dalle quali si possono trarre, come principale utilità prodotti comunemente ritenuti forestali, anche se non legnosi, nonché benefici di natura ambientale riferibili particolarmente alla protezione del suolo ed al miglioramento della qualità della vita. Sono, altresì, da considerare boschi gli appezzamenti di terreno che siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia in attesa o in corso di rinnovazione o di ricostituzione.” Come è evidente questa si discosta significativamente da tutte le altre definizioni. Più di ogni altra presenta i caratteri propri di una definizione politica che si sofferma sui principi generali consapevole del decentramento esistente nel sistema forestale nazionale.

Le definizioni selezionate

La gerarchia delle fonti conferisce alla singola definizione una differente valenza ed efficacia, introducendo già di per sé una significativa differenziazione. Effetto, tuttavia, che si intende elidere dalle successive elaborazioni. A tal fine l’ambito di studio è stato circoscritto ai soli caratteri identificativi del bosco, prescindendo dal rapporto gerarchico che sussiste tra le varie fonti.

Delle quattro tipologie di definizione quella significativamente diversa è la tipologia allocativa poiché ha quale riferimento la produzione dell’azienda forestale, mentre le definizioni normative, politiche e tecniche si soffermano sul bosco a prescindere dall’assetto aziendale e dal regime di proprietà.

Circoscrivendo a queste ultime l’analisi comparativa, i numeri indicano che sul territorio nazionale sono potenzialmente efficaci 24 definizioni, tuttavia, ai fini dell’elaborazione queste si riducono poiché:

  • la Regione Sardegna avendo adottato la definizione di cui al comma 6, articolo 2 del D.Lgs 227/2001 è stata omessa perché ridondante rispetto a quella nazionale;
  • la definizione della regione Toscana è dominante rispetto a quella dell’Umbria, in quanto tutti i parametri di quest’ultima sono ricompresi in quella della Regione Toscana con valori migliori;
  • la sentenza della Corte di Cassazione ha contestualizzato che le definizioni regionali hanno validità solamente per quel che riguarda la funzione produttiva dei boschi mentre quella nazionale è permanete e cogente per le funzioni ambientali delle foreste. In quanto tale la definizione di cui al comma 6, articolo 2 del D.Lgs 227/2001 non è ridondante rispetto a quelle regionali ed è stata inclusa nelle successive elaborazioni;
  • la definizione di tipo politico contenuta nella prima parte dell’articolo 2 del D.Lgs 227/2001 non è considerata poiché assorbita dalle definizioni regionali, ivi comprese da quelle emanate precedentemente a 2001;
  • la definizione del PK indica un range di valori per alcuni parametri fisico-territoriali e forestali. Tramutando tali indicazioni in due diverse definizioni si ottengono le definizioni estreme, una estensiva con i valori maggiori ed una restrittiva con quelli minori. Poiché quella estensiva e le altre possibili combinazioni sono dominate da quella più restrittiva, nelle elaborazioni verrà inclusa solo quest’ultima.

Le alternative a confronto si riducono a 22, di cui 17 di iniziativa regionale e delle province autonome, 1 del governo nazionale, 1 di istituzioni tecniche, 2 di istituzioni internazionali, a cui si aggiunge quella proposta dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali.

Analisi di concordanza, discordanza e dominanza

Alternative, parametri e loro normalizzazione

Ciascuna definizione costituisce un’alternativa il cui vettore degli argomenti si compone delle performance dei criteri e sub-criteri. L’analisi delle singole alternative si è basata sui seguenti macro-criteri:

  • caratteri generali;
  • parametri fisico-territoriali;
  • parametri forestali;
  • fattispecie per la valutazione della continuità del bosco;
  • ecosistemi arborati particolari;
  • boschi di neoformazione.

Il macro-criterio “caratteri generali” ricomprende 3 criteri, quali: (a) l’oggetto di interesse della definizione, che può essere il bosco inteso come formazione vegetazionale, oppure il terreno avente destinazione d’uso forestale; (b) l’esplicitazione dei limiti territoriali del bosco costituiti dalla linea ideale che segna la variazione di destinazione ad uso non forestale del terreno; (c) la valenza multifunzionale del bosco. Il secondo macro-criterio “parametri fisico-territoriali” ha per oggetto gli aspetti dimensionali (estensione, copertura, distanza minima, ecc.); mentre il terzo macro-criterio “parametri forestali” attiene ad aspetti qualificanti del soprassuolo. I successivi macro-criteri riguardano: (a) l’esplicitazione delle fattispecie che non interrompono la continuità del bosco e le dimensioni minime che debbono possedere le infrastrutture; (b) l’indicazione degli ecosistemi particolari; e (c) le specifiche per il riconoscimento dei boschi di neo-formazione. Complessivamente sono stati definiti 20 tra criteri/sub-criteri per la valutazione. La tabella SM1 (Appendice 1) riporta la matrice dei valori assoluti.

La normalizzazione delle performance per criterio/ sub-criterio è stata effettuata adottando una delle seguenti funzioni:

  • binarie, in presenza di variabili che potevano assumere solamente due possibili valori, attribuendo valore [1] laddove presente, mentre se assente [0];
  • lineari, allorquando la variabile poteva assumere molteplici valori. Sono stati individuati i seguenti valori significativi: [0] alla performance peggiore rappresentata frequentemente dalla mancata definizione della variabile; il valore [0, 1] alla performance peggiore esplicitata, mentre il valore [1] a quella migliore;
  • per classi, laddove la variabile poteva assumere molteplici valori per intervalli di classi. E’ stato attribuito il valore [0] per quella peggiore ed [1] per quella migliore, mentre alle espressioni intermedie il valore è stato attribuito mediante una funzione lineare.

In Tab. 4 sono specificate le funzioni di normalizzazione adottate ed il range di normalizzazione per ciascun criterio/sub-criterio.

Tab. 4 - Macro criteri, criteri e sub-criteri di valutazione e relativo range di normalizzazione.

Macrocriteri Criterio Sub-criterio Funzione Range di valori normalizzati
Caratteri generali Oggetto - Binaria Bosco (1); Destinazione d’uso del suolo (0)
Confini - Binario Presenti (1); Assenti (0)
Valenzamultifunzionale - Binario Presente (1); Assente (0)
Parametri fisico-territoriali Estensione - Lineare Migliore (1); Peggiore (0.1); n.d. (0)
Distanza - Binaria Presente (1); Assente (0)
Copertura copertura Lineare Migliore (1); Peggiore (0.1); n.d. (0)
densità Binaria Presente (1); Assente (0)
Dimensione (metri) - Lineare Migliore (1); Peggiore (0.1); n.d. (0)
Parametri forestali Età - Binaria Definiti (1); Non definiti (0)
Altezza - Lineare Minima (1); Massima (0.1); n.d. (0)
Stato evolutivo - Binaria Definito (1); Non definito (0)
Specie - Lineare per classi Elenco specie forestali (1); Specie arboree ed arbustive forestali (0.75); Vegetazione arborea (0.50); Non definito (0)
Origine - Binaria Naturale e/o artificiale (1); Non definito (0)
Parametri per la valutazione delle continuità del bosco Aree temporaneamente prive di soprassuolo Binaria Specificate (1); Non specificate (0)
Specificazione delle infrastrutture e altri elementi che non interrompono la continuità del bosco Binaria Presenti (1); Assenti (0)
Dimensioni minime delle infrastrutture e/o altri elementi che non interrompono la continuità del bosco Binaria Presenti (1); Assenti (0)
Ecosistemi, Inclusi tra i boschi Lineare Numero massimo (1); Numero minimo (0)
Formazioni arboree non incluse nei boschi Lineare Numero massimo (1); Numero minimo (0)
Boschi di neo formazione Definizione Binaria Presente (1); Assente (0)
Parametri dimensionali Binaria Presente (1); Assente (0)

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Pesi dei parametri

Assumendo che una definizione esaustiva richieda il concorso di tutti i macro-criteri considerati, a ciascuno è stato attribuito un peso unitario, procedendo alla successiva normalizzazione. Dato il numero dei criteri previsti da ciascun macro-criterio, il peso di quest’ultimo è stato ripartito tra i criteri da questo ricompresi, nonché se questi ultimi comprendevano sub-criteri si è proceduto analogamente partendo dal peso del criterio. L’ultima colonna della Tab. 5 riporta i pesi adottati per le elaborazioni per ciascun criterio/sub-criterio.

Tab. 5 - Modalità di definizione dei pesi dei criteri.

Macrocriteri Peso
macrocriteri
Criteri Peso
criteri
Subcriteri Peso
subcriteri
Peso
Caratteri generali 1 0.167 Oggetto 3 0.056 - - - 0.056
Confini 0.056 - - - 0.056
Valenza multifunzionale 0.056 - - - 0.056
Parametri fisico-territoriali 1 0.167 Estensione minima 4 0.042 - - - 0.042
Distanza minima 0.042 - - - 0.042
Copertura 0.042 Copertura 2 0.021 0.021
Densità 0.021 0.021
Dimensione minima 0.042 - - - 0.042
Parametri Forestali 1 0.167 Altezza 5 0.033 - - - 0.033
Età 0.033 - - - 0.033
Stato evolutivo 0.033 - - - 0.033
Specie 0.033 - - - 0.033
Origine 0.033 - - - 0.033
Parametri per la valutazione della continuità territoriale del bosco 1 0.167 Aree temporaneamente prive di soprassuolo 3 0.056 - - - 0.056
Specificazione delle Infrastrutture e altri elementi che non interrompono la continuità del bosco 0.056 - - - 0.056
Dimensioni minime delle infrastrutture e/o altri elementi che non interrompono la continuità del bosco 0.056 - - - 0.056
Ecosistemi arborati particolari 1 0.167 Ecosistemi inclusi tra i boschi 2 0.083 - - - 0.083
Formazioni arboree non incluse nei boschi 0.083 - - - 0.083
Boschi di neo formazione 1 0.167 Definizione 2 0.083 - - - 0.083
Parametri identificativi 0.083 - - - 0.083

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Le matrici di concordanza, discordanza e dominanza aggregata

Le definizioni sono state sottoposte ad analisi di dominanza con cui normalmente sono ordinate delle alternative sulla base di criteri e di pesi noti, gerarchizzandole in senso decrescente a partire da quella dominante ([16]). In questo caso l’alternativa dominante rappresenta la definizione di bosco più esaustiva. Le elaborazioni sono state svolte avvalendosi di un comune foglio elettronico e dei suoi comandi logici contenuti in libreria ([22]).

La costruzione della matrice di concordanza è stata effettuata procedendo ad un confronto a coppie tra le alternative j e j* con j ≠ j*. Per ciascun criterio i è stato approntato un test di comparazione che ammette due risultati: wi se il test fosse stato superato e 0 se invece non lo fosse. Formalmente (eqn. 1):

\begin{equation} se (c_{i,j} - c_{i,j* }) > 0;w_{i}; 0 \end{equation}

dove c è la performance del criterio e w è il peso riconosciuto al criterio. La somma dei pesi del confronto a coppie tra l’alternativa j e le altre alternative j* (eqn. 2):

\begin{equation} vc_{j,j*} = \sum_{i=1}^n {w_{i}} \end{equation}

indica il valore di concordanza vc ovvero quanto l’alternativa j è da preferirsi all’alternativa j*. Questo valore costituisce l’argomento della matrice di concordanza, dove la semi-matrice superiore riflette il confronto a coppie j j* e quella inferiore j*j. L’indice aggregato di concordanza (di seguito IAC) per ciascuna alternativa è dato dalla differenza dei totali per riga (r) con quello della colonna (c), ovvero (eqn. 3):

\begin{equation} IAC_{j} =\sum_{j \rightarrow j*,i=1}^{{n}} {w_{i,r}} -\sum_{j* \rightarrow j,i=1}^{{n}} {w_{i,c}} \end{equation}

Passando alla matrice di discordanza, anch’essa è stata costruita mediante il confronto a coppie delle alternative, le cui funzioni di calcolo sono state (eqn. 4, eqn. 5):

\begin{equation} se (c_{i,j} - c_{i,j*}) > 0; c_{i,j} - c_{i,j*} \cdot w_{i}; falso \end{equation}
\begin{equation} se (c_{i,j} - c_{i,j*}) > 0+; \left| c_{i,j} - c_{i,j*} \right| \cdot w_{i}; falso \end{equation}

da cui si è calcolato il valore di discordanza vd con il seguente rapporto (eqn. 6):

\begin{equation} vd_{j,j*} = \frac{ max ( \left| c_{i,j} - c_{i,j*} \right| ) \cdot w_{i}}{ max (c_{i,j} - c_{i,j*}) \cdot w_{i} } \end{equation}

La costruzione della matrice di discordanza riporta nella parte superiore i valori relativi al confronto a coppie j ↔ j* ed in quella inferiore il confronto opposto j*↔ j. L’indice aggregato di discordanza (di seguito IAD) per ciascuna alternativa j è dato dallo scarto tra la somma dei valori di discordanza per riga con quelli della colonna, ovvero (eqn. 7):

\begin{equation} IAD_{j} =\sum_{j=1}^{{m}} {vd_{j,r}} -\sum_{j=1}^{{m}} {vd_{j,c}} \end{equation}

Ottenute le matrice di concordanza e quella di discordanza, si procede alla costruzione della matrice di dominanza, laddove si evidenzia la preferibilità di una certa alternativa rispetto alle altre avendo definito delle soglie prefissate di concordanza minima pari ad α e discordanza massima pari a β. Operando sulla matrice di concordanza, si costruiscono le seguenti due matrici intermedie:

(a) la matrice di dominanza nella concordanza, caratterizzata dai seguenti valori (eqn. 8):

\begin{equation} se (vc > \alpha); 1; 0 \end{equation}

(b) la matrice di dominanza nella discordanza, caratterizzata dai seguenti valori (eqn. 9):

\begin{equation} se (vd < \beta); 1; 0 \end{equation}

Da cui si perviene alla matrice di dominanza aggregata che assumerà solamente i valori [1] e [0], dove (eqn. 10):

\begin{equation} se (vc = vd = 1); 1; 0 \end{equation}

La lettura della matrice viene effettuata per righe. L’alternativa j è dominante rispetto alle altre alternative laddove la concordanza è maggiore di α e la discordanza minore β.

Risultati 

Tutti i criteri e sub-criteri individuati trovano una specificazione in almeno una definizione, tuttavia, nessuna definizione fornisce una esplicitazione a tutti. La regione Calabria è quella che se ne è avvalsa maggiormente, mentre le definizioni di tipo politico sono quelle che hanno utilizzato il minor numero (Fig. 3). Nessuna definizione è dominante in assoluto, mentre l’analisi di correlazione fornisce valori del coefficiente compresi tra 0.9 e 0.4 riferiti alle sole definizioni regionali, mentre valori inferiori si raggiungono ricomprendendo le definizioni politiche. Tra le definizioni regionali va menzionato il caso della Valle d’Aosta, che fa registrare i minori valori di correlazione.

Fig. 3 - Percentuale dei criteri/sub-criteri utilizzati nelle diverse definizioni di bosco. Fonte: ns. elaborazione.

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La definizione che possiede il maggior numero di criteri/sub-criteri con le migliori performance è la Toscana (10), seguita a ruota dalla P.A. di Trento ed il Lazio, mentre quelle che hanno il numero minore sono la Sicilia e Marche (3). Il criterio/sub criterio definito nei suoi valori migliori dalla maggior parte delle definizioni è quello relativo al riconoscimento che le aree temporaneamente prive di soprassuolo debbono comunque considerarsi bosco, mentre criteri/sub criteri riportate da singole definizioni sono: la definizione diretta di bosco (Lombardia), l’indice di densità delle piante (Toscana), l’età minima del soprassuolo arboreo (Valle d’Aosta) e la dimensione minima delle infrastrutture che interrompono la continuità dei boschi (Calabria).

La matrice di concordanza esprime il maggior consenso che una definizione j registra rispetto alle altre. La sua quantificazione è espressa dall’IAC da cui emerge la definizione di bosco della P.A. di Trento (IAC = 5.706) con valori lievemente inferiori per il Molise (IAC = 5.289) e significativamente distanziati Friuli Venezia Giulia, Lazio e Marche. Alla definizione del FRA è attribuito il minor consenso (IAC = -4.819). Passando alla matrice di discordanza questa esprime il dissenso, ossia il rammarico che si conseguirebbe scegliendo una determinata definizione: il valore minore implica il maggior rammarico per la sua mancata scelta. Nel caso specifico questo è per la definizione della P.A. di Trento (IAD = - 14.673), mentre quella del Molise e del Lazio sono significativamente distanziate. Il minor rammarico è associato alla definizione del D.Lgs 227/2001 (IAD = 19.017). In Tab. 6 vi sono riportati i valori degli indici per ciascuna regione.

Tab. 6 - Indici aggregati di concordanza e discordanza.

Regioni Indice aggregato
Concordanza Discordanza
PAT 5.706 -14.673
MLS 5.289 -11.676
FVG 3.344 -1.233
LAZ 2.557 -9.167
MRC 2.185 2.558
CLB 1.514 0.494
PMT 1.206 -6.595
LGR 0.928 -4.008
CMP 0.585 0.808
PAB 0.518 -2.149
LBD 0.479 -8.283
ERG -0.064 0.467
BSL -0.722 4.119
SCL -0.831 2.849
INFC -1.349 0.114
DLGS -1.999 19.017
TSN -2.968 9.761
VDA -3.007 9.333
PK -3.260 4.160
VNT -3.524 12.891
AISF -3.899 10.967
FRA -4.819 9.508

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La distribuzione delle definizioni rispetto all’effetto combinato dei due indici è riportata nella Fig. 4. Nel 1° quadrante vi sono le definizioni che hanno registrato il maggior consenso all’accettazione e il maggior rammarico alla loro esclusione, mentre nel 3° si ha la situazione diametralmente opposta. In questo quadrante si collocano le definizioni delle istituzioni internazionali e nazionali (siano esse di governo o settoriali).

Fig. 4 - Indice di concordanza aggregato ed indice di concordanza aggregato. Fonte: ns. elaborazione.

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Nell’analisi di dominanza adottando quale soglia minima di concordanza α = 50% e quella massima di discordanza β = 70%, risultano quali definizioni dominanti quella della Calabria e del Friuli Venezia Giulia, mentre 3 sono le definizioni che non hanno alcuna posizione dominante rispetto ad altre (Fig. 5).

Fig. 5 - Livello di dominanza di ciascuna definizione. Fonte: ns. elaborazione.

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Discussione 

Nel ricco panorama delle definizioni emerge quella della Regione Lombardia: unica che ha definito il bosco con una locuzione di tipo diretto “il bosco è la vegetazione… , mentre tutte le altre hanno usato formulazioni di tipo indiretto “il bosco è il terreno su cui insiste…”, in cui l’attenzione pare essere finalizzata soprattutto a definire la destinazione d’uso forestale del terreno entrando in contraddizione con la rubrica dell’articolo.

Poche definizioni esplicitano la natura fisiografica dei confini del bosco. Ancor meno sono quelle che evidenziano il valore multifunzionale delle foreste quale carattere tipicizzante di questo bene. Lo hanno fatto la Campania, l’Emilia Romagna, la FAO e l’Accademia Italiana di Scienze Forestali.

Per quel che attiene i criteri dimensionali, gran parte delle definizioni convergono su una superficie minima di 2000 m2, tuttavia vi è un ampia oscillazione che va dai 500 m2 rispettivamente per la P.A. di Bolzano e il Protocollo di Kyoto, ai 10000 m2 della Sicilia. Sulla dimensione minima si ha una convergenza intorno ai 20 metri, mentre il 20% è il valore dell’indice di copertura più ricorrente, seppur vi registrano definizioni con valori diversi, come il caso della definizione della Valle d’Aosta la cui dimensione minima è 30 metri, mentre Sicilia, Campania e Lombardia 25 metri. Relativamente alla copertura le definizioni tecniche vanno verso valori del 10%, mentre 50% è quello adottato dalla Sicilia. L’introduzione della distanza minima tra il bosco è la piccola formazione come indicato dalla definizione della Campania, Liguria e Molise si configura come il sentiero di espansione naturale del bosco. L’importanza di questi criteri deve ricercarsi nell’attenzione verso la tutela delle piccole formazioni boscate. Queste formazioni, infatti, sono quelle più vulnerabili che presumibilmente sono sottoposte a maggiori pressioni e che rischiano con maggior facilità a trasformarsi in altre qualità di coltura.

Per quel che riguarda i criteri dei parametri forestali, la definizione dell’altezza e dell’età rappresenta un’eccezione, mentre la definizione dei criteri dell’origine del bosco e dello stato evolutivo sono la normalità. Questi dunque non fanno la differenza, mentre si ritiene degno di menzione l’approccio adottato dai legislatori della Regioni Toscana e Lazio per la salvaguardia della biodiversità forestale. L’elaborazione di elenchi seppur conferisce estrema rigidità, ha quale pregio quello di offrire certezza e fornire uno strumento efficiente per il contrasto all’invasione di specie aliene al patrimonio locale.

Vi è, invece, unanimità nel ritenere che laddove l’assenza del bosco ha un carattere temporaneo, il suolo deve comunque considerarsi come tale, mentre un numero contenuto di definizioni indica quali siano gli elementi che non interrompono la continuità territoriale dello stesso.

Tutte le Regioni hanno introdotto un elenco delle tipologie di ecosistemi che debbono ritenersi boschi e un elenco di formazioni che invece sono escluse. Tra gli ecosistemi particolari assimilati come boschi, la numerosità maggiore la si deve alla Regione Lazio, Molise, P.A. di Trento, Sicilia nonché la definizione del FRA. Di converso il maggior numero di formazioni arboree non incluse nei boschi lo fornisce il Friuli Venezia Giulia (12), Marche e P.A. di Trento (10), le altre definizioni ne riportano numeri inferiori fino al minimo della Regione Veneto e del D.Lgs 227/2001 che ne indicano solo tre: i parchi e giardini pubblici e privati, fasce alberate. Nell’ambito di questo indicatore si rilevano posizioni diametralmente opposte rispetto a come si configurano talune formazioni. Uno dei passaggi delicati è rappresentato dalle formazioni di origine artificiale realizzati con contributi pubblici con particolare riferimento a quelli realizzati in seno alla PAC. Il Molise li cita esplicitamente come “non boschi”, le altre Regioni non entrano in questo dettaglio. Il D.Lgs 227/2001 a seguito della recente modifica, esclude le formazioni realizzate su ex coltivi mediante contributi europei al termine del loro ciclo colturale, nonché introduce una fattispecie molto articolata relativamente alle formazioni naturali ed artificiali recuperati per fini produttivi su terrazzamenti. La formazione su cui si rilevano posizioni significativamente diverse è quella dei castagneti da frutto. La regione Liguria e Lombardia li escludono, il Lazio li include prevedendo una disciplina specifica, mentre le Marche effettuano una distinzione tra quelli non in attualità (che sono inclusi) da quelli in attualità di coltura (che sono esclusi), specificando che questi ultimi debbono caratterizzarsi per sesti regolari, generati da impianti artificiali sottoposti a moduli colturali di impostazione agronomica.

I boschi di neoformazione non costituiscono un profilo ricorrente nelle definizioni e quelle che li riportano sono le sole definizioni regionali. Queste riflettono l’attenzione del legislatore verso la dinamica naturale di espansione della copertura forestale, pertanto, sono protese ad individuare i caratteri minimi che consentono di estendere anche a loro le tutele previste per i boschi ormai consolidati. I parametri adottati sono l’età media del soprassuolo che la definizione lombarda indica superiore a 5 anni e quella piemontese a 10 anni, mentre la regione Lazio ha indicato un parametro di copertura arbustiva del 50% con la presenza di individui di specie incluse nell’allegato delle specie forestali. La P.A. di Trento è l’unica realtà che ha adottato un approccio inverso, stabilendo che i soprassuoli con altezza ed età inferiori ai valori specificati non possono assimilasi a boschi e in quanto tali possono essere destinati anche ad altri usi.

L’analisi degli articolati ha consentito di cogliere ulteriori aspetti meritevoli di menzione. Il primo riguarda l’opportunità prevista dalla Regione Veneto secondo cui gli enti gestori delle aree protette possono definire standard più restrittivi per individuare il bosco all’interno del loro territorio. Il secondo, invece, riguarda il rapporto pianificazione territoriale - bosco. Vi sono due diverse situazioni meritevoli di riflessione. Una è rappresentata dalla Regione Friuli Venezia Giulia che ha definito le aree non boscate anche quelle che in attualità presentano bosco, ma la cui pianificazione territoriale prevede altra destinazione d’uso; l’altra della Regione Lazio, laddove, alla luce di una preesistente definizione di bosco all’interno della legge paesistica (l.r. 24/1998) nella legge forestale ha previsto l’obbligo della convergenza delle successive pianificazioni territoriali alla definizione in essa contenuta. Per la costruzione della recente carta dell’uso del suolo (⇒ http:/­/­www.urbanisticaecasa.regione.lazio.it/­cusweb/­Dati.htm), tuttavia, è stato fatto riferimento alla definizione della D.Lgs 227/ 2001, creando le premesse per l’attivazione di possibili contenziosi in materia.

Conclusioni 

Nel corso degli ultimi anni, i legislatori, i politici, le istituzioni ed i decision makers tutti hanno acquisito la consapevolezza che l’adozione di una definizione giuridicamente vincolante di bosco è una conditio sine qua non per poter accrescere l’efficacia delle politiche forestali.

Su scala mondiale le prime definizioni di bosco risalgono agli anni ’80, adottate soprattutto per motivi tecnici. Sul finire degli anni ’90 vi è stato il passaggio alle definizioni normative e politiche, sia per iniziativa di istituzioni internazionali, che nazionali e regionali.

Solamente nel 2001 l’Italia si è dotata di una propria definizione giuridica, seppur il riconoscimento dell’interesse pubblico connesso con la funzione idrogeologica dei boschi risale al periodo antecedente l’Unità d’Italia ([4]). Con l’approvazione della legge da parte della Regione Calabria, sul territorio nazionale sono attualmente efficaci ben 22 diverse definizioni.

Nel corso degli anni la natura dell’interesse pubblico connesso con le foreste si è evoluto. Dalla difesa del suolo si è passati alla sua connaturata multifunzionalità, per via della produzione di beni ed erogazione di servizi ed esternalità. Pur essendo questo un carattere esclusivo e tipicizzante, che incide significativamente nella definizione dei moduli di gestione, ben poche definizioni lo hanno evidenziato al loro interno. Questo sembra essere un grave vulnus poiché viene meno la possibilità che queste possano assumersi quale riferimento primitivo per le politiche non settoriali. Aspetto, tra l’altro, indirettamente evidenziato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 2007, laddove delinea una netta differenziazione delle competenze: le istituzioni regionali sono deputate al governo della sola funzione produttiva, mentre quelle nazionali competono le funzioni ambientali. È ragionevole ipotizzare che questa separazione derivi dall’assunto che le funzioni citate siano gestibili in modo autonomo ed indipendente, non essendoci alcun riferimento che evidenzi l’intima connessione ed interdipendenza tra la gestione forestale e le funzioni ambientali e sociali erogate.

Un’altra criticità riguarda la modalità con cui si procede alla definizione di bosco. Fatta eccezione della Regione Lombardia, le altre definiscono il bosco in via indiretta “il bosco è il terreno…”. Ed è proprio quest’ultimo ad essere il vero soggetto di diritti, i cui effetti si riverberano conseguentemente sul bosco.

Dalle definizioni analizzate non emergono significative differenze per i boschi che si sviluppano su aree estese con formazioni continue e senza soluzioni di discontinuità, bensì hanno un impatto rilevante per i piccoli boschi e/o nuclei boscati distribuiti a macchia di leopardo nei territori extra-urbani, circondati da territori con differenti destinazioni d’uso. Valori più restrittivi dei parametri territoriali sono indice della maggiore attenzione del legislatore alla tutela di queste formazioni. La variabilità dei valori, invece, indebolisce il sistema forestale innalzando la complessità per pervenire ad un’azione efficace nell’adempimento degli indirizzi e azioni definite ai vari livelli istituzionali. Altresì diviene una barriera all’accesso delle risorse pubbliche. Nel precedente periodo programmatico questa variabilitàè stata oggetto di specifica negoziazione con l’UE, arrivando transitoriamente alla sua accettazione. Presumibilmente analoga problematica si solleverà in occasione del nuovo periodo programmatico 2013-2020, i cui esiti potrebbero non essere altrettanto favorevoli.

Un ulteriore considerazione riguarda lo sbilanciamento esistente in molte definizioni tra la parte tecnica e la parte di dettaglio. Da ciò traspare che l’esigenza dominate al momento delle loro elaborazioni sia sempre stata la quantificazione della superficie forestale e non la natura del bosco.

L’analisi di dominanza ha ripartito le varie definizioni in due gruppi: (a) quello per cui vi è un maggior consenso, ovvero rammarico, per la loro eventuale esclusione, tutte emanate da fonte sub-nazionale; (b) quello con minor dissenso per la loro esclusione, comprende quelle di fonte nazionale ed internazionale.

Le definizioni che si configurano come dominanti in assoluto sono quella della Regione Calabria e quella del Friuli Venezia Giulia, a cui seguono quella della P.A. di Trento e Regione Molise. Quella della Regione Calabria viene preferita per la numerosità dei criteri/sub-criteri utilizzati, mentre quella del Friuli Venezia Giulia lo è per aver registrato mediamente le migliori performance. Di converso le definizioni nettamente dominate sono quelle politiche del PK, AISF ed IFNC, mentre appena superiore è quella del FRA. Ciò riflette le aspettative: dovendo avere una validità su ampia scala, esse si focalizzano su principi generali e comuni con una minore capacità di entrare nel dettaglio. Il caso più emblematico è quello dell’AISF che non fornisce alcuna indicazione circa i parametri dimensionali.

Al livello di dominanza poco superiore rispetto alle definizioni politiche vi è la definizione del DLgs 227/2001 e pariteticamente il gruppo delle regioni costituite da Veneto, Valle d’Aosta e Sicilia. La loro collocazione è dovuta al concomitante effetto di aver adottato valori definitori minori e/o alla mancata definizione di alcuni criteri. Il caso più eclatante è quello della Regione Sicilia che si caratterizza per i più lassi parametri territoriali (superficie minima 10000 m2, copertura minima 50%, dimensione minima 25 m).

In prospettiva, si ritiene che l’attuale quadro definitorio debba essere necessariamente superato, specie per quel che riguarda le diversità regionali. Ciò dovrebbe realizzarsi convergendo su una definizione comune che si allinei anzitutto con quelle internazionali, nonché evidenzi la stretta connessione della gestione con la multifunzionalità delle foreste e definisca i caratteri dimensionali e forestali comuni. La funzione sussidiaria delle istituzioni locali attiene all’individuazione delle peculiarità rispetto a delle tipologie predefinite da includere o escludere dalla fattispecie di bosco. Un ulteriore tappa di questo percorso dovrebbe essere la trasposizione del territorio boscato su idonei supporti cartacei e multimediali con l’attribuzione del valore legale e cogente di quanto in essi contenuto.

Abbreviazioni 

Abbreviazioni identificative delle regioni italiane e di altre istituzioni adottate nel testo:

  • Regioni d’Italia: Abruzzo = ABZ; Basilicata = BSL; Calabria = CLB; Campania = CMP; Emilia Romagna = ERG; Friuli Venezia Giulia = FVG; Lazio = LZN; Liguria = LGR; Lombardia = LMB; Marche = MRC; Molise = MLS; Piemonte = PMT; Provincia Autonoma di Bolzano = PAB; Provincia Autonoma di Trento = PAT; Puglia = PGL; Sardegna = SRD; Sicilia = SCL; Toscana = TSC; Umbria = UMB; Valle d’Aosta = VDA; Veneto = VNT.
  • Altre istituzioni: Accademia Italiana Scienze Forestali = AISF; Decreto legislativo 221/2007 = DLGS; Global Forest Resources Assessment = FRA; Inventario forestale nazionale dei serbatoi di carbonio = IFNC; Protocollo di Kyoto = PK.

References

(1)
AA.VV. (2011a). Forestry in the EU and the world. A statistical portrait. Eurostat, Statistical books, Luxemburg, pp. 116.
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