Historical analysis and modeling of the forest carbon dynamics using the Carbon Budget Model: an example for the Trento Province (NE, Italy)
Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 11, Pages 13-28 (2014)
doi: https://doi.org/10.3832/efor1138-011
Published: Feb 25, 2014 - Copyright © 2014 SISEF
Research Articles
Abstract
Historical analysis and modeling of the forest carbon dynamics using the Carbon Budget Model: an example for the Trento Province (NE, Italy). The Carbon Budget Model (CBM-CFS3) developed by the Canadian Forest Service was applied to data collected by the last Italian National Forest Inventory (INFC) for the Trento Province (NE, Italy). CBM was modified and adapted to the different management types (i.e., even-aged high forests, uneven-aged high forests and coppices) and silvicultural systems (including clear cuts, single tree selection systems and thinning) applied in this province. The aim of this study was to provide an example of down-scaling of this model from a national to a regional scale, providing (i) an historical analysis, from 1995 to 2011, and (ii) a projection, from 2012 to 2020, of the forest biomass and the carbon stock evolution. The analysis was based on the harvest rate reported by the Italian National Institute of Statistics (from 1995 to 2011), corrected according to the last INFC data and distinguished between timber and fuel woods and between conifers and broadleaves. Since 2012, we applied a constant harvest rate, equal to about 1300 Mm3 yr-1, estimated from the average harvest rate for the period 2006-2011. Model results were consistent with similar data reported in the literature. The average biomass C stock was 90 Mg C ha-1 and the biomass C stock change was 0.97 Mg C ha-1 yr-1 and 0.87 Mg C ha-1 yr-1, for the period 1995 -2011 and 2012-2020, respectively. The C stock cumulated by the timber products since 1995 was 96 Gg C yr-1, i.e., about 28% of the average annual C stock change of the forests, equal to 345 Gg C yr-1. CBM also provided estimates on the evolution of the age class distribution of the even-aged forests and on the C stock of the DOM forest pools (litter, dead wood and soil). This study demonstrates the utility of CBM to provide estimates at a regional or local scale, using not only the data provided by the forest inventories, but also by forest management plans.
Keywords
Gestione Forestale, Utilizzazioni, Carbon Budget Model, INFC, Provincia di Trento
Introduzione
Il ruolo delle foreste nello stoccaggio e nell’assorbimento del carbonio (C) presente nell’atmosfera è stato confermato dai recenti negoziati di Durban sui cambiamenti climatici ([18]), così come da numerose ricerche ([30]).
Per l’Italia, come per altri paesi industrializzati, i nuovi obblighi per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (post-2012), includono non solo la necessità di rendicontare le emissioni e le riduzioni di C relative alla gestione forestale, ma anche i cambiamenti dello stock di C relativi ai prodotti legnosi ([31]). Questo aspetto può rappresentare un’opportunità per il nostro Paese, data la rilevanza del settore industriale legato alla lavorazione di manufatti in legno e il crescente ruolo delle biomasse forestali come fonte energetica. Per cogliere queste nuove occasioni è tuttavia necessario sviluppare nuovi strumenti di analisi della dinamica forestale, per quantificare sia la biomassa disponibile per uso energetico ([37]), sia gli effetti che tali utilizzazioni possono avere sulle future dinamiche degli stock di C forestali ed extra-forestali. Diversi modelli empirici, basati sulle stime fornite dagli inventari forestali nazionali, o di analisi dei flussi di C tra l’ecosistema forestale e l’atmosfera, possono soddisfare tali requisiti ([36]). I modelli empirici risultano particolarmente adatti per valutare l’impatto di diverse pratiche gestionali e tassi di utilizzazione sullo stock forestale di carbonio ([3], [43]). Tuttavia tali modelli, basando le proiezioni future sui tassi di crescita registrati nel recente passato, non sono in grado di considerare l’effetto dei cambiamenti climatici e delle mutate condizioni di fertilità stazionale legate a deposizioni azotate, aumento della concentrazione atmosferica di CO2, ecc. ([36]). Per questo motivo le previsioni basate sui modelli empirici devono essere limitate ad un breve arco temporale, nel quale la dinamica degli stock forestali è condizionata prevalentemente dalla struttura cronologica e dalla pratiche gestionali.
Queste analisi possono essere condotte su scala continentale ([4]), nazionale ([15]) o regionale. Il ruolo rivestito dalle amministrazioni regionali e locali nella gestione del patrimonio forestale nazionale, rende quest’ultimo livello di analisi particolarmente interessante per il nostro Paese. Diversi studi hanno proposto, negli ultimi anni, una stima dello stock e delle capacità fissative delle foreste a livello regionale, partendo dalle statistiche inventariali ed assestamentali ([2], [41]). L’interesse dimostrato da diversi operatori del settore per tali aspetti (ad es., [7]), suggerisce l’impiego di nuovi modelli capaci di valutare gli effetti di diversi possibili scenari gestionali sulle dinamiche temporali degli stock forestali di C.
Scopo del presente contributo è presentare i risultati dell’applicazione di un modello empirico di stima dello stock forestale di C basato sulle statistiche inventariali ed applicato a scala locale per il periodo 1995-2020. A tale scopo, è stato applicato il Carbon Budget Model (CBM), recentemente utilizzato anche a scala nazionale ([35]), alle stime fornite dall’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio (INFC) per la Provincia Autonoma di Trento. La scelta di questo ambito territoriale è legata alla possibilità di confrontare le stime fornite dal modello con quelle riportate in letteratura per il medesimo territorio ([41]), utilizzando nel contempo la metodologia già applicata su scala nazionale.
Materiali e Metodi
Il Carbon Budget Model (CBM)
Il Carbon Budget Model è un modello di tipo empirico, sviluppato dal Canadian Forest Service ([26]) e basato sull’applicazione ai dati inventariali o assestamentali di tavole di produzione, in modo da simulare l’evoluzione nel tempo dello stock di C dei principali pool forestali: biomassa arborea epigea ed ipogea, lettiera, legno morto e suolo. La struttura del modello è coerente con il Reporting Method 1 suggerito dalle linee guida dell’Intergovernmental Panel of Climate Change ([22]) e consente di simulare gli effetti sullo stock di C di diverse pratiche gestionali (taglio raso, diradamenti, tagli successivi, ecc), tassi di utilizzazione boschiva, disturbi naturali (incendi, attacchi parassitari, ecc.) e cambiamenti d’uso del suolo (deforestazione o riforestazione).
Il modello è stato recentemente adattato alla realtà forestale Europea ed applicato al territorio italiano ([35]), includendo la simulazione della crescita di popolamenti disetanei (non considerati nella struttura originale di CBM) e sostituendo l’impiego di tavole di produzione riportate in letteratura, con tavole derivanti direttamente dalle stime di volume ed incremento fornite dall’INFC ([17]). Ciò è stato possibile attraverso le seguenti assunzioni:
- La superficie afferente ai popolamenti disetanei (o comunque non definiti come coetanei) è stata concentrata in un’unica classe di età (si tratta chiaramente di un’età fittizia richiesta dalla struttura del modello).
- Attraverso una funzione esponenziale, l’incremento corrente ed il volume stimati dall’INFC per i popolamenti disetanei sono stati utilizzati per costruire una serie di tavole di produzione, distinte per specie e regione.
- Le stime di volume ad ettaro prodotte dall’INFC per i popolamenti coetanei, distinti per classi di età, specie e regione, sono state utilizzate per costruire una serie di tavole di produzione (dette tavole storiche) capaci di rappresentare il volume del soprassuolo all’inizio della simulazione, risultante delle passate pratiche selvicolturali e disturbi naturali.
- L’incremento corrente di volume stimato da INFC per i popolamenti coetanei, distinti per classi di età, specie e regione, è stato utilizzato per costruire una seconda serie di tavole di produzione (tavole correnti) da cui il modello deriva l’incremento periodico in assenza di disturbi naturali o gestionali.
Nel corso della simulazione, tutti i valori di volume riportati dalle tavole di produzione vengono convertiti in tonnellate di sostanza secca (riferite alla biomassa arborea epigea) e infine in Mg C (con un fattore di moltiplicazione uguale a 0.5) attraverso una serie di equazioni specie-specifiche selezionate, attraverso i valori di fitomassa arborea stimati dall’inventario, a partire dalle equazioni raccolte da Boudewyn et al. ([5]).
Durante una fase di pre-simulazione, CBM applica alle diverse classi di età dei popolamenti coetanei, distinti per specie e forma di governo (ceduo e fustaia) i valori forniti dalle tavole storiche, stimando così il volume e lo stock di C della biomassa arborea epigea all’inizio della simulazione. Lo stock di C degli altri pool viene stimato attraverso una serie di tassi di turnover derivanti da valori riportati in letteratura ([25], [27]) e equazioni di decadimento legate alla temperatura media annua ed applicate alla biomassa arborea epigea ([26]). Tale fase di pre-simulazione prosegue con una serie di iterazioni successive sino a quando lo stock di C dei pool a lento decadimento del suolo non si stabilizza, ovvero la differenza nel contenuto complessivo di C di tali pool tra due iterazioni successive è inferiore all’1%.
Nella successiva simulazione, CBM sostituisce alle tavole storiche le tavole correnti, stimando le variazioni di volume e biomassa arborea epigea al lordo dei disturbi naturali ed antropici. Questi ultimi vengono invece definiti come riduzione percentuale della biomassa arborea epigea, trasferita di volta in volta al di fuori della foresta (ovvero ai prodotti legnosi nel caso delle utilizzazioni) o ad altri pool forestali (lettiera, legno morto) nel caso di disturbi naturali. Una serie di matrici associate a ciascun disturbo consente di definire nel dettaglio gli effetti di ogni possibile pratica colturale (diradamenti, tagli successivi, tagli a scelta, ecc.) e disturbo naturale ([24]).
Per i popolamenti disetanei, virtualmente raggruppati in un’unica classe di età, viene applicata la stessa procedura descritta per i popolamenti coetanei, utilizzando però un unico set di tavole, basate sulla combinazione dei valori di volume ed incremento riportati dall’inventario, sia nella fase di pre-simulazione che durante la simulazione. L’ipotesi teorica di questo approccio alla modellizzazione di tali popolamenti è che, per mantenere una struttura disetaneiforme, essi debbano essere sottoposti a regolari trattamenti selvicolturali ([10]), tanto nel recente passato quanto nel futuro prossimo, e siano perciò in una situazione di equilibrio dinamico sia con gli interventi gestionali che con i disturbi naturali.
Riassumendo, per l’applicazione del modello sono state utilizzate le seguenti stime prodotte da INFC: (i) l’estensione complessiva delle diverse categorie forestali, tipi colturali e classi di età (per i popolamenti coetanei); (ii) il volume e l’incremento corrente di volume per unità di supeficie delle diverse categorie forestali, tipi colturali e classi di età (per i popolamenti coetanei) e (iii) la fitomassa arborea epigea totale, del fusto e dei rami grossi e delle ceppaie, distinta tra categorie forestali, per unità di superficie. Per una dettagliata descrizione del modello e delle assunzioni metodologiche relative al caso studio italiano si rimanda a Kurz et al. ([26]) e Pilli et al. ([35]).
L’applicazione di CBM alla Provincia Autonoma di Trento
Il modello CBM è stato parametrizzato sulla base delle assunzioni generali descritte nel precedente paragrafo applicate alle stime prodotte dall’INFC per la provincia autonoma di Trento ([17]). La superficie forestale complessiva, pari a circa 372 900 ha, è stata ripartita tra 12 categorie forestali, due forme di governo e due tipi strutturali (fustaia coetanea, fustaia disetanea e ceduo), così come riportato in Tab. 1. Poichè le aree temporaneamente prive di soprassuolo o non classificate per forma di governo e tipo strutturale, sono state ridistribuite proporzionalmente tra gli altri gruppi, i valori di superficie riportati in Tab. 1 possono leggermente differire dalle statistiche inventariali.
Tab. 1 - La tabella riporta le principali categorie forestali (con i rispettivi acronimi richiamati in seguito), la forma di governo (C: ceduo; H: fustaia), il tipo strutturale (E: coetaneo; U: disetaneo), la superficie in ha e la percentuale relativa assegnata a ciascun gruppo. I valori di superficie sono stati ricavati dalle stime INFC relative alla provincia autonoma di Trento, riferite al 2005 ([17]). Poichè le aree temporaneamente prive di soprassuolo o non classificate per forma di governo e tipo strutturale, sono state ridistribuite proporzionalmente tra gli altri gruppi, i valori di superficie dei singoli gruppi possono leggermente differire dalle statistiche inventariali. Vengono inoltre indicate le pratiche selvicolturali applicate dal modello durante la simulazione, definite secondo i seguenti criteri: (D1): diradamento con rimozione del 10% della biomassa mercantile; (D2): diradamento con rimozione del 15% della biomassa mercantile; (D3): diradamento con rimozione del 20% della biomassa mercantile; (TR): taglio raso con rimozione del 85% della biomassa mercantile (il turno minimo viene riportato tra parentesi in tabella); (TS1): taglio saltuario con rimozione del 20% della biomassa mercantile con un periodo di curazione minimo di 20 anni; (TS2): taglio saltuario con rimozione del 15% della biomassa mercantile con un periodo di curazione minimo di 21 anni. (*): intervalli di età (in anni) in cui vengono applicati i diversi tipi di diradamento (D1, D2, D3) previsti per i popolamenti coetanei. Il trattamento D3 (rimozione del 20% della biomassa mercantile) può essere assimilato anche ad un taglio raso su piccoli gruppi.
Categoria forestale | Acronimo | Governo | Struttura | Area | Pratiche selvicolturali (intervalli di età*) |
||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
(ha) | % | 10 - 30 | 35 - 95 | > 100 | |||||
Boschi di abete bianco | AA | H | E | 7 563 | 2 | D1 | D2 | D3 | |
U | 8 326 | 2 | TS1 | ||||||
Faggete | FS | C | E | 27 059 | 7 | TR (20) | |||
H | E | 14 564 | 4 | D1 | D2 | D3 | TR (130) | ||
U | 20 804 | 6 | TS1 | ||||||
Boschi di larice e cembro | LD | H | E | 15 978 | 4.3 | D1 | D2 | D3 | |
U | 47 264 | 13 | TS1 | ||||||
Altri boschi caducifogli | OB | C | E | 2 886 | 1 | TR (15) | |||
H | E | 361 | <1 | D1 | D2 | D3 | TR (100) | ||
U | 11 967 | 3 | TS1 | ||||||
Ostrieti e carpineti | Oca | C | E | 21 407 | 5 | TR (20) | |||
H | E | 1 082 | <1 | D1 | D2 | D3 | TR (40) | ||
U | 18 495 | 5 | TS1 | ||||||
Boschi di abete rosso | PA | H | E | 51 860 | 14 | D1 | D2 | D3 | |
U | 85 695 | 23 | TS1 | ||||||
Pino nero, laricio e loricato | PN | H | E | 3 241 | 1 | D1 | D2 | D3 | |
U | 2 896 | 1 | TS2 | ||||||
Pino silvestre e montano | PS | H | E | 9 724 | 3 | D1 | D2 | D3 | |
U | 11 584 | 3 | TS2 | ||||||
Boschi a rovere, roverella e farnia | QR | C | E | 1 804 | 1 | TR (20) | |||
H | E | 361 | <1 | D1 | D2 | D3 | TR (110) | ||
U | 3 627 | 1 | TS1 | ||||||
Boschi igrofili, Castagneti e Leccete | RFCSQI | C | E | 1 443 | <1 | TR (20) | |||
H | E | 722 | <1 | D1 | D2 | D3 | TR (40) | ||
U | 2 177 | <1 | TS1 | ||||||
TOTALE Boschi alti | C | E | 54 599 | 15 | - | ||||
H | E | 105 456 | 28 | - | |||||
U | 212 836 | 57 | - | ||||||
- | - | 372 892 | 100 | - |
Tutte le categorie forestali sono state assunte come popolamenti puri, assegnati alla specie prevalente riportata dall’inventario. I cedui comprendono le categorie inventariali classificate come ceduo semplice, matricinato e composto; le categorie inventariali fustaia transitoria e fustaia coetanea sono state riunite nel gruppo fustaia coetanea; tutte le altre categorie inventariali riportate dall’INFC (fustaia disetanea e irregolare, non definita, ecc.) sono state assegnate al gruppo fustaia disetanea. In base a tale ripartizione, il 57% della superficie forestale provinciale presenta una struttura disetanea (o comunque non definita come coetanea), il 28% una struttura coetanea ed un governo a fustaia ed il rimanente 15% è governato a ceduo. Le categorie forestali prevalenti risultano essere l’abete rosso (37%), seguito da larice e cembro (17%) e faggio (17%).
In tale studio la superficie forestale è stata considerata costante, trascurando sia l’espansione che la riduzione di superficie boscata. In base alle informazioni disponibili in letteratura infatti, negli ultimi decenni questi fenomeni sono stati quantitativamente molto limitati nella provincia di Trento ([13]).
Le categorie così definite, ripartite per forma di governo e tipo strutturale, sono state ulteriormente distribuite tra 5 diverse unità climatiche ([33]) in base alle precipitazioni totali annue e alla temperatura media annua definite a livello nazionale. Quest’ultimo parametro influenza, assieme ad una serie di tassi di decomposizione e di rilascio del C in atmosfera, il tasso di decomposizione della sostanza organica e quindi il contenuto di C dei diversi pool afferenti il suolo, la lettiera e il legno morto, complessivamente ripartiti da CBM in 11 diversi sub-pools. I parametri afferenti ciascuno di questi comparti sono stati definiti in base ai valori riportati in letteratura ([40], [44]) e ad un’analisi preliminare compiuta su vari studi disponibili a livello regionale in Italia ([35]).
Per ciascuna categoria, sono state definite, tenendo conto delle indicazioni riportate in letteratura ([14]), specifiche pratiche selvicolturali, basate sull’applicazione di diradamenti (per le fustaie coetanee), tagli raso (per i cedui e le fustaie coetanee) e tagli saltuari (per le fustaie disetanee). Una sintesi di tali assunzioni è riportata in Tab. 1. Attraverso una serie di matrici, per ciascun trattamento selvicolturale sono stati definiti: (i) la percentuale di biomassa mercantile (comprendente essenzialmente il fusto) che verrà trasferita al pool dei prodotti legnosi, variabile da un minimo del 15% (per i diradamenti bassi nelle giovani fustaie o per il taglio saltuario in alcune categorie forestali) ad un massimo dell’85% per il taglio raso; (ii) l’età minima del soprassuolo (per i popolamenti coetanei) a partire dal quale può essere applicato ciasun diradamento e l’intervallo minimo di applicazione dello stesso; (iii) il turno minimo (per i popolamenti coetanei) o il periodo di curazione minimo (per i popolamenti disetanei); (iv) la percentuale di rimozione di altre componenti legnose (ramaglia e legno morto) associata con ciascun intervento selvicolturale.
La struttura iniziale del soprassuolo dei popolamenti coetanei è stata desunta dalla distribuzione in classi di età riportata dall’INFC per le diverse categorie forestali, riferibile all’anno 2005 ([17]). Per garantire una distribuzione omogenea tra le diverse classi di età (aventi ampiezza crescente in funzione dell’età nelle stime originali INFC), la superficie inventariale è stata innanzitutto ridistribuita in classi di età di 10 anni.
È stata inoltre ricostruita la distribuzione in classi di età riferita al 1995, al fine di garantire un adeguato confronto tra le stime fornite dal modello ed i dati storici disponibili in letteratura e analizzare l’evoluzione storica dello stock forestale per un congruo numero di anni. A tale scopo, applicando la stessa procedura già utilizzata a livello nazionale, l’età di ciascuna classe è stata ridotta di 10 anni. La superficie afferente alla prima classe di età (< 10 anni) riportata dall’INFC, è stata invece attribuita ad aree forestali soggette a taglio raso nei 10 anni precedenti. Tale area è stata perciò riassegnata alla classe di età immediatamente precedente al turno di utilizzazione minimo (riportato in Tab. 1) assegnato a ciascuna categoria forestale coetanea. Durante la simulazione, nel periodo 1995-2005, tale superficie, oggetto di un taglio raso, verrà riassegnata alla prima classe di età.
Poiché per abete rosso, larice e cembro, abete bianco, ed alcune altre specie le stime INFC non riportano alcuna area avente un’età inferiore ai 10 anni, per tali categorie non è stata prevista l’applicazione di tagli a raso durante la simulazione. Il diradamento di maggiore intensità applicato a tali soprassuoli in età adulta, con la rimozione del 20% della massa mercantile, può essere assimilato ad un taglio raso eseguito su piccoli gruppi, pratica corrente in molte fustaie coetanee.
Per i soprassuoli disetanei, date le particolari assunzioni metodologiche che prevedono l’utilizzo di una sola classe cronologica fittizia, non è necessario procedere ad alcuna riassegnazione della superficie per effettuare una simulazione a partire dal 1995.
Una volta definita la struttura iniziale del soprassuolo e le caratteristiche dei trattamenti selvicolturali afferenti a ciascuna categoria, CBM simula l’evoluzione del popolamento, tenendo conto dei fattori di disturbo esogeni definiti dall’utente. Questi possono essere legati a disturbi naturali o antropici. Nel presente studio è stato trascurato l’effetto di possibili disturbi naturali, quali incendi, schianti da vento o attacchi parassitari, che possono essere oggetto di specifiche analisi successive. Data la rilevante presenza di cedui invecchiati (il 57% della superficie a ceduo presenta un’età superiore a 40 anni) è stata invece considerata la conversione dei cedui verso l’alto fusto. Come noto ([6], [29]), tale processo può essere dovuto ad un intervento antropico diretto (taglio di conversione) o al progressivo abbandono ed invecchiamento del soprassuolo (conversione naturale). Le formazioni già oggetto di un taglio di conversione, sono incluse tra le fustaie transitorie (8288 ha censiti dall’INFC) e direttamente ricomprese tra le formazioni coetanee. Al fine di considerare anche la conversione in atto per via naturale, spesso rilevante nei soprassuoli di piccola proprietà (quasi il 40% dei cedui provinciali), nella distribuzione iniziale in classi di età (riferita al 1995) tutti i cedui aventi un’età superiore a 60 anni sono stati riclassificati come fustaie.
Nel corso dell’analisi inoltre è stata simulata la progressiva conversione della superficie a ceduo non oggetto di taglio, quindi potenzialmente abbandonata e invecchiata, con la transizione dei popolamenti aventi via via un’età superiore ai 60 anni dal ceduo alla fustaia, attraverso la predisposizione di una apposita matrice di transizione ([24]). Tale passaggio, generalmente associato ad una progressiva riduzione del numero di polloni presenti per unità di superficie dovuto alla mortalità degli stessi ([6]), è stato associato ad un generico disturbo afferente il 5% della biomassa arborea. A questi popolamenti sono state applicate delle tavole di produzione di transizione tra le due forme di governo, ottenute come media ponderata con l’età tra i valori di volume associati ai cedui (per la classe di età di 60 anni) e quelli dell’altofusto (per la classe di età di 110 anni).
I disturbi antropici sono invece legati all’esatta quantificazione della biomassa asportata dal soprassuolo attraverso le utilizzazioni boschive.
Le utilizzazioni boschive
La principale fonte informativa sulle utilizzazioni boschive disponibile a livello nazionale è rappresentata dall’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT). Come evidenziato da numerosi studi, tali statistiche risultano spesso sottostimate o inesatte ([12], [9], [32]). Al fine di predisporre una stima realistica delle utilizzazioni boschive relative alla provincia di Trento, ai dati ISTAT relativi alle utilizzazioni legnose in foresta, distinte per tipo di bosco e destinazione (Tavola F01A - [23]) e relative al periodo 2001-2011, è stato applicato un fattore di correzione pari a 2.65. Tale fattore è dato dal rapporto tra le utilizzazioni riportate dall’INFC per la provincia di Trento, pari a 1 348 355 m3 e riferibili al periodo 2005-2007 ([17]), e il valore medio delle utilizzazioni ISTAT relativo al medesimo periodo, pari a 509 312 m3. Tale approccio, risulta coerente con la metodologia applicata dall’Italia nel National Inventory Report ([42]) ed è stato applicato all’area oggetto di studio senza tener conto di altre fonti aggiuntive di dati, pur disponibili a livello locale ([39]), per garantire una maggiore omogeneità con altri casi di studio sia su scala regionale che nazionale.
I dati relativi al periodo 1995-2000, sono stati desunti dalle statistiche ISTAT, se disponibili, o estrapolati, mediante regressione lineare, dai dati relativi agli altri anni, in assenza di altre informazioni (1995 e 1996).
Le utilizzazioni risultanti, ripartite tra conifere e latifoglie e tra legname da opera e legna da ardere, al netto delle perdite di lavorazione in foresta (riportate a parte nelle statistiche ISTAT), sono riportate in Fig. 1.
Fig. 1 - Utilizzazioni applicate dal Carbon Budget Model (CBM) alla provincia di Trento, ripartite tra conifere (Con) e latifoglie (Lat) e tra legname da opera e legna da ardere, al netto delle perdite di lavorazione in foresta. I valori riferiti al periodo 1995-2011 sono ricavati dalle statistiche ISTAT, corrette in funzione dei rilievi inventariali. I valori successivi al 2012, corrispondono al valore medio 2006 - 2011, assunto come costante.
Per ciascuna di tali categorie, le utilizzazioni medie relative agli ultimi 5 anni (2006-2011) sono state assunte come valore costante relativo al successivo periodo 2012-2020.
Le utilizzazioni riportate in Fig. 1 sono state ripartite tra conifere e latifoglie e, per queste ultime, tra formazioni governate ad alto fusto e a ceduo, secondo le assunzioni riportate in Tab. 2. In base a tali assunzioni, il legname da opera fornito dalle conifere, proviene per il 60% da fustaie disetanee e per il restante 40% da fustaie coetanee, prevalentemente soggette a diradamenti o tagli a raso su piccole superfici. Questi ultimi trattamenti forniscono anche la totalità della legna da ardere proveniente dalle conifere. Per le latifoglie, circa il 5% delle utilizzazioni proviene da tagli a raso su fustaie o popolamenti governati a ceduo, il 30% da fustaie disetanee e la restante parte da diradamenti e tagli a raso su piccole superfici effettuati su fustaie coetanee. L’ulteriore ripartizione delle utilizzazioni tra diverse categorie forestali, è stata effettuata in proporzione allo stock della biomassa arborea epigea presente in ciascuna categoria.
Tab. 2 - Ripartizione percentuale delle utilizzazioni riportate in Fig. 1 tra conifere e latifoglie, forme di governo e tipi di utilizzazione. Date le assunzioni proposte per la ricostruzione della distribuzione in classi di età dei popolamenti coetanei, l’ammontare relativo delle utilizzazioni fornite dal taglio raso prima del 2005 (definito in funzione dell’area), varia leggermente di anno in anno.
Utilizzazioni | Conifere | Latifoglie | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Fustaie | Fustaie | Cedui | ||||||
Coetanee | Disetanee | Coetanee | Disetanee | |||||
Raso | Dirad. | Salt./Grup | Raso | Dirad. | Salt./Grup | Raso | ||
Conifere | Opera | < 1% | ≅ 39% | 60% | - | - | - | - |
Ardere | - | 100% | - | - | - | - | - | |
Latifoglie | Opera | - | - | - | ≅ 5% | ≅ 65% | ≅ 30% | - |
Ardere | - | - | - | - | - | - | ≅ 5% |
Tenendo conto della ripartizione tra legna da ardere e legname da opera riportata in Fig. 1, può essere anche stimato lo stock di C accumulato nei prodotti legnosi. In base alla metodologia proposta dalle linee guida dell’IPCC ([22]), dobbiamo assumere che il C presente nella legna da ardere venga immediatamente rilasciato in atmosfera. Per il legname da opera, assumendo che esso venga totalmente impiegato per la produzione di segati, che la vita media di tali prodotti sia di 35 anni (corrispondenti ad una costante di decadimento k
= 0.0198 anni-1) e che il rendimento di lavorazione sia pari al 73% (rendimento complessivo di segagione del tronco - [8]) è possibile applicare la metodologia IPCC ([22]), basata sulla seguente equazione, da applicare a ciascun i-esimo anno (eqn. 1):
dove C(i)
rappresenta il C stock del legname da opera, all’inizio dell’i-esimo anno (Gg C) e Inflow(i)
rappresenta la quantità di C che affluisce al pool nel corso dello stesso anno (Gg C anno-1). Nel presente studio il C stock dei prodotti legnosi antecedente il 1995 non è stato considerato. La variazione dello stock di C (ΔC
), sarà quindi espressa come (eqn. 2):
Risultati e discussione
Evoluzione storica (1995-2011)
L’evoluzione dello stock di C per ettaro nei principali pool forestali è riportata in Fig. 2. Lo stock medio di C totale, relativo al periodo 1995-2011, è pari a 202.0 Mg C ha-1, mentre quello relativo alla biomassa arborea è pari a 90.4 Mg C ha-1 e 19.7 Mg C ha-1, riferiti rispettivamente alla componente epigea ed ipogea.
Fig. 2 - Evoluzione storica (1995-2011) e proiezione (2012-2020) dello stock di C per ettaro (Mg C ha-1) stimato dal modello per i principali pool forestali: suolo, lettiera e legno morto (Dead Organic Matter - DOM), biomassa arborea ipogea ed epigea e C stock totale (riportato nel riquadro inferiore).
Le stime fornite dal modello possono essere confrontate sia con i dati riportati dall’Inventario Forestale del Carbonio della Provincia di Trento (di seguito indicato come IFTN) basati su rilievi effettuati prevalentemente tra 1999 e 2001 ([41]), sia con i valori riportati dall’INFC ([17]), riferibili al 2005 e desunti dalla fitomassa arborea epigea stimata dall’inventario, moltiplicata per 0.5 ([22]). Nell’analisi di tale confronto è necessario tener conto del fatto che: (i) i risultati forniti da CBM non sono del tutto indipendenti dalle stime INFC, poichè i dati inventariali sono stati utilizzati per la selezione delle equazioni di conversione del volume in biomassa, per la definizione delle tavole di produzione e per la ripartizione della superficie tra categorie forestali, forme di governo e classi di età; (ii) il disegno campionario applicato a IFTN (importance sampling) è stato ottimizzato in funzione della stima dello stock complessivo di C e non dei valori unitari riferiti a singole sottocategorie forestali (Cescatti, com. pers.).
Per proporre un’analisi complessiva di tali dati, essi sono stati confrontati con i valori medi stimati dal modello per il periodo 2000-2005. I risultati, riportati in Fig. 3, evidenziano che le stime fornite da CBM ricadono, per quasi tutte le principali categorie forestali, nei limiti di confidenza forniti dall’IFTN e risultano prossimi ai valori INFC. Una certa sovrastima si rileva soltanto per le faggete, ove lo stock medio di C stimato da CBM risulta considerevolmente più alto dei valori forniti dagli inventari, le cui stime tuttavia presentano tra loro differenze superiori al 25%. Tali differenze si riducono considerevolmente distinguendo i valori riportati dall’INFC per i cedui, con uno stock medio pari a 61 Mg C ha-1, per le fustaie, con uno stock medio pari a 98 Mg C ha-1 e per i tipi colturali non classificati e non definiti, per i quali l’inventario nazionale riporta uno stock medio estremamente basso (che riduce perciò il valore medio complessivo riportato in Fig. 3) compreso tra 30 e 12 Mg C ha-1. Queste ultime categorie, che coprono circa il 17% della superficie complessiva delle faggete, sono state aggregate alle fustaie disetanee nel presente studio. Lo stock medio di C stimato da CBM per le faggete è pari a 108 Mg C ha-1 e 55 Mg C ha-1, rispettivamente per le fustaie (+10% rispetto alla stima INFC) ed i cedui (-9% rispetto alla stima INFC).
Fig. 3 - La figura riporta lo stock di C riferito alla biomassa arborea epigea, distinta per le principali categorie forestali riportate in Tab. 1 (tra parentesi la percentuale complessiva di superficie afferente a ciascuna categoria), stimato dall’IFTN e riferito al periodo 1999-2000 ([41]), da CBM (valore medio relativo al periodo 2000-2005) e dall’INFC, riferito al 2005 e desunto dai valori di fitomassa arborea epigea riportati dall’inventario moltiplicati per 0.5 ([17]). Viene inoltre evidenziato il coefficiente di variazione percentuale riportato dall’IFTN per le principali categorie (per Oca, OB e QR esso si riferisce alle Latifoglie meso-termofile), per le fustaie (Tot_HF) e per i cedui (Tot_C). Infine viene riportato lo stock medio di C stimato da CBM per l’intera provincia, confrontato con il medesimo valore INFC (Tot_INFC), desunto dallo stock medio della biomassa arborea epigea (158.3 Mg ha-1) con il relativo errore standard (4.1%).
Lo stock medio complessivo stimato per le fustaie (93.3 Mg C ha-1) e per i cedui (59.6 Mg C ha-1) rientra nei limiti di confidenza riportati dall’IFTN ed è analogo ai valori stimati dall’INFC. Lo stock stimato per le fustaie, può essere ulteriormente distinto tra popolamenti coetanei (98 Mg C ha-1) e disetanei (95 Mg C ha-1). Le stime INFC per tali categorie, fornite in termini di peso secco della biomassa arborea epigea (comprendente fusto, rami grossi, ramaglia e ceppaia), sono pari a 227 e 186 Mg ha-1, rispettivamente per le fustaie coetanee e disetanee ([21]). Assumendo un fattore di conversione dalla fitomassa a C pari a 0.5, si rileva una leggera sottostima (-13%) dello stock di C stimato da CBM per le fustaie coetanee (pari a 113.5 Mg C ha-1 secondo INFC). Lo stock stimato per le fustaie disetanee è invece coerente con il valore inventariale, pari a 93.0 Mg C ha-1. Infine, lo stock complessivo relativo alla biomassa arborea epigea (90.1 Mg C ha-1) risulta leggermante sovrastimato (+14%) rispetto allo stock stimato dall’INFC, pari a 158.3 Mg ha-1 (con un errore standard del 4.1%), ovvero 79.15 Mg C ha-1 per l’intero territorio provinciale (Fig. 3).
Valori analoghi, relativi alla biomassa arborea epigea, sono stati riportati anche da Anfodillo et al. ([2]) per la vicina regione Veneto, ove, in base ai dati assestamentali, è stato stimato uno stock medio della biomassa arborea epigea pari a 77 Mg C ha-1 e 66 Mg C ha-1, rispettivamente per le fustaie e i cedui.
Per quanto riguarda gli altri pool forestali, lo stock medio di C stimato da CBM per il periodo 1995 - 2011 è pari a 67.3 Mg C ha-1, 11.4 Mg C ha-1 e 13.1 Mg C ha-1 rispettivamente per suolo, legno morto e lettiera. Lo stock di C stimato dall’INFC per la provincia di Trento ([21]), per l’orizzonte organico e minerale del suolo è pari rispettivamente a 18.5 Mg C ha-1 (16.1 Mg C ha-1 secondo l’IFTN) e 80.3 Mg C ha-1 (76.5 Mg C ha-1 secondo l’IFTN). A tali valori si aggiungono 7.4 Mg C ha-1 (5.4 Mg C ha-1 secondo l’IFTN) relativi alla lettiera e 5.3 Mg ha-1 di peso secco riferito alla necromassa totale (non esplicitamente considerata dall’IFTN), pari a 2.65 Mg C ha-1 (assumendo un fattore di conversione pari a 0.5). Poiché il rilievo di tali parametri per l’INFC ([16]) così come per l’IFTN ([41]) si basa sulla valutazione delle caratteristiche qualitative (orizzonti OL e OF per la lettiera) e sullo spessore dei diversi strati (sino ad un massimo di 30 cm per il suolo), mentre la distinzione tra i medesimi pool proposta da CBM si basa sulla ripartizione della sostanza organica vivente tra 11 diversi comparti ([26], [35]), risulta più opportuno un confronto complessivo tra tali pool. Lo stock di C totale è pari a 91.8 Mg C ha-1, 108.9 Mg C ha-1e 98.0 Mg C ha-1, rispettivamente per CBM (valore medio 1995-2011), l’INFC (rilievi effettuati nel 2008-2009) e l’IFTN (rilievi effettuati nel 1999-2001). Tenuto conto del fatto che le stime inventariali si riferiscono ai 30 cm superiori degli orizzonti minerali, mentre quelle fornite da CBM sono riferibili ad una profondità media di 1 m, i risultati forniti dal modello risultano, nel complesso, sottostimati rispetto ai valori inventariali.
L’evoluzione della distribuzione in classi di età dei popolamenti coetanei viene riportata in Fig. 4. Il confronto con la distribuzione originale riportata dall’INFC per il 2005, evidenzia la corretta ricostruzione dell’evoluzione del soprassuolo coetaneo nel periodo 1995-2005, basata sull’assunzione che la sola superficie inventariale avente un’età inferiore a 10 anni sia stata oggetto di un taglio raso nel decennio precedente (Fig. 4).
Fig. 4 - Evoluzione della distribuzione in classi di età dei popolamenti cedui e delle fustaie coetanee, stimata da CBM per il 1995, 2005, 2011 e 2020 e posta a confronto con la distribuzione originale riportata dall’INFC per il 2005. I dati riportati tengono conto delle assunzioni proposte per i popolamenti cedui, per cui: (i) i popolamenti aventi un’età superiore a 60 anni sono stati classificati come fustaie; e (ii) la superficie complessiva classificata a ceduo dal modello diminuisce nel corso della simulazione a causa della conversione in fustaie dei cedui invecchiati non soggetti ad utilizzazione.
Complessivamente, tra 1995 e 2011, 11 765 ha di superficie (in media circa 660 ha all’anno) originariamente governata a ceduo hanno oltrepassato la soglia di 60 anni di età al di sopra della quale, in base alle assunzioni proposte e in assenza di precedenti utilizzazioni, tali formazioni sono state riclassificate come fustaie, simulando la conversione ad altofusto. Tale ipotesi risulta coerente con il fatto che, specie nel caso di faggete e cedui situati in territorio montano, popolamenti invecchiati presentano in genere una ridotta capacità pollonifera, che sconsiglia la ripresa del governo a ceduo oltre una certa età ([6]).
In Fig. 5 viene riportata la variazione annua dello stock di C (di seguito indicato come stock change) relativo ai diversi pool forestali (valori negativi evidenziano una riduzione dello stock di C). A livello provinciale risulta, nel complesso, un assorbimento netto di C atmosferico in tutto il periodo considerato, con un valore medio annuo tra il 1995 e il 2011 pari a 0.97 Mg C ha-1 anno-1.
Fig. 5 - Variazione annua totale (stock change) a livello provinciale dello stock di C (Gg C anno-1) relativo ai diversi pool e variazione complessiva relativa a biomassa vivente + DOM (dead organic matter).
Tra il 1995 e il 2001 si evidenzia un progressivo aumento dello stock change della biomassa vivente e complessivo, dovuto ad una riduzione delle utilizzazioni di legname da opera proveniente da conifere (si veda Fig. 1). In seguito si hanno una serie di variazioni annuali sino al 2011 (ultimo dato storico disponibile) legate a corrispondenti variazioni delle utilizzazioni di legname da opera e legna da ardere, sempre relative principalmente alle conifere. Lo stock change medio della biomassa arborea nel periodo 1995-2011 risulta pari a 0.81 Mg C ha-1 anno-1 e 0.16 Mg C ha-1 anno-1 per la componente epigea e ipogea, rispettivamente. Tonolli & Salvagni ([41]) riportano un incremento corrente medio della biomassa epigea, su un periodo di 5 anni (1995-2000), pari a 1.52 ± 0.22 Mg C ha-1 anno-1. Da tale valore tuttavia vanno sottratte le utilizzazioni medie del periodo, pari, secondo le stime del nostro modello, a 0.79 Mg C ha-1 anno-1, riferite allo stesso periodo 1995-2000. L’incremento corrente IFTN, al netto delle utilizzazioni, risulta perciò compreso nell’intervallo 0.51-0.95 Mg C ha-1 anno-1, entro cui ricade la nostra stima (0.81 Mg C ha-1 anno-1).
Anche la lettiera, ove si hanno ancora valori positivi indicanti un progressivo accumulo di C atmosferico e il legno morto risentono delle variazioni annuali delle pratiche selvicolturali. In quest’ultimo caso tuttavia si ha una progressiva riduzione del C stock, più marcata nei periodi in cui si riducono gli interventi selvicolturali (ad es., 1995-2001). Infatti, in concomitanza con ciascun intervento, una parte della biomassa vivente, in percentuale variabile a seconda dell’intensità delle pratiche colturali, transita dalla componente vivente al legno morto (ramaglia, ceppaie, cimali) e alla lettiera (foglie). Una riduzione delle utilizzazioni può perciò comportare, nel breve periodo, una temporanea riduzione dell’apporto di sostanza organica al suolo. Il suolo propriamente detto, infine, rappresenta un pool piuttosto stabile, con un leggero rilascio di C in atmosfera, pari in media a 0.07 Mg C ha-1 anno-1 nel periodo 1995-2011. Quest’ultimo dato, tuttavia, può essere legato ad un non completo equilibrio raggiunto dal pool nella fase di pre-inizializzazione ([45], [35]). Allo stesso modo, la corretta valutazione delle variazioni dello stock di C di lettiera e legno morto, richiederebbe l’acquisizione di ulteriori informazioni, e la calibrazione dei parametri climatici ad una scala spaziale più adeguata alle caratteristiche orografiche della provincia di Trento ([38]).
Scenario 2012-2020
Assumendo un tasso di utilizzazione medio costante nel periodo 2012-2020 (pari alle utilizzazioni medie del periodo 2006-2011), il modello prevede una leggera riduzione dell’accumulo di C, che passa complessivamente da 0.90 Mg C ha-1 anno-1 (336 Gg C complessivi) riferiti al periodo 2006-2011 a 0.84 Mg C ha-1 anno-1 (316 Gg C complessivi) nel 2020, con una riduzione media annua dello 0.7% (Fig. 5). Tale riduzione è imputabile a diversi fattori, legati sia all’evoluzione della struttura del soprassuolo, sia a possibili limiti della modellizzazione proposta.
Infatti, da un lato, nella Provincia di Trento, come sull’intero territorio nazionale, si osserva un tasso di utilizzazione mediamente inferiore all’incremento corrente. Nel medio-lungo periodo ciò può portare ad un progressivo invecchiamento del soprassuolo, con una conseguente riduzione degli incrementi, cui si aggiunge una possibile coetanizzazione dei popolamenti disetanei, non sempre soggetti ai trattamenti selvicolturali previsti. Ciò concorda con quanto emerso sia dall’applicazione di CBM a livello nazionale ([35]), sia da un’analisi storica dell’evoluzione della biomassa forestale a livello continentale ([28]).
D’altro canto, come evidenziato da Graven et al. ([19]), l’effetto dei cambiamenti climatici e delle mutate condizioni di fertilità stazionale sui tassi di crescita della vegetazione, sembra determinare un aumento del sink forestale in tutto l’emisfero settentrionale ed in particolare nelle regioni boreali. Anche se tali fattori, in analisi di breve periodo come quella proposta, possono avere un effetto limitato, l’applicazione di tavole di produzione costanti durante la simulazione, quali quelle applicate da modelli empirici, e una non completa modellizzazione delle dinamiche in atto nei popolamenti disetanei, possono portare ad una sottostima delle potenzialità di crescita del soprassuolo.
Considerando la distinzione tra i prodotti legnosi destinati alla produzione di legna da ardere, e quindi ad un immediato rilascio in atmosfera del C in essi contenuto, e quelli destinati alla produzione di manufatti, è possibile stimare il C stoccato in quest’ultimo pool. In Fig. 6 viene riportato il flusso di C relativo al legname da opera prodotto dalle foreste della provincia di Trento, calcolato in base all’eqn. 2. Lo stock change medio dell’intero periodo, quindi l’accumulo annuo di C nei prodotti legnosi, è pari a 96 Gg C anno-1, ma decresce leggermente dopo il 2011, a causa del tasso di utilizzazione costante applicato dal modello e del decadimento stesso cui sono soggetti tali prodotti, con conseguente rilascio di C in atmosfera. Rispetto alla biomassa arborea vivente, presente nel medesimo territorio, lo stock change dei prodotti legnosi è generalmente inferiore, ma più stabile, in quanto non risente direttamente di singole variazioni del tasso di utilizzazione (o di eventuali fattori di disturbo naturale) che possono interessare il soprassuolo arboreo (Fig. 6).
Fig. 6 - Confronto tra: (i) il C stock change (in Gg C anno-1) relativo al legname da opera prodotto dalle foreste e lo stock change della biomassa arborea vivente presente in foresta; e (ii) il C stock (in Gg C) complessivo accumulato nel periodo 1995-2020 dai medesimi pool.
La stessa Fig. 6 evidenzia anche lo stock complessivo di C (calcolato in base all’eqn. 1) accumulato nel periodo 1995-2020 nei prodotti legnosi e nella biomassa arborea presente in foresta. Quest’ultima componente è naturalmente preponderante sullo stock complessivo di C, ma il contributo relativo dei prodotti legnosi, nel solo periodo considerato e trascurando lo stock accumulato prima del 1995, aumenta da meno dell’1% nel 1995 a più del 5% nel 2020.
Ciò evidenzia le potenzialità delle utilizzazioni, soprattutto nelle formazioni a prevalenza di latifoglie e nei cedui. Infatti, un confronto tra le utilizzazioni medie applicate da CBM tra 2012 e 2020 (ovvero, in termini assestamentali, la ripresa) e l’incremento netto di biomassa relativo allo stesso periodo, suggerisce che, nel medio periodo, le utilizzazioni potrebbero aumentare considerevolmente, senza intaccare la provvigione, ovvero lo stock di C della biomassa arborea vivente. Come evidenziato dalla Tab. 3 il rapporto di utilizzazione che, in termini assestamentali, è dato dal rapporto tra la ripresa e l’incremento corrente ([11]) varia tra un massimo di 0.46 nel caso delle fustaie di conifere ed un minimo di 0.06 nel caso dei cedui.
Tab. 3 - Confronto tra l’incremento medio di biomassa stimato dal modello Carbon Budget Model al netto delle perdite per mortalità naturale (colonna 1) e le utilizzazioni medie del periodo 2012-2020 (colonna 2). I valori sono espressi in Mg ha-1 anno-1 e sono distinti tra le fustaie a prevalenza di conifere, le fustaie a prevalenza di latifoglie e i cedui. L’ultima colonna evidenzia il rapporto di utilizzazione, dato dal quoziente tra le utilizzazioni medie e l’incremento netto di biomassa.
Formazioni e forma di governo |
Incremento netto biomassa 2012 - 2020 (Mg ha-1 anno-1) |
Utilizzazioni medie 2012 - 2020 (Mg ha-1 anno-1) |
Rapporto di utilizzazione 2012 - 2020 |
---|---|---|---|
Conifere | 2.03 | 0.93 | 0.46 |
Latifoglie - fustaie | 1.89 | 0.36 | 0.19 |
Latifoglie - cedui | 1.47 | 0.09 | 0.06 |
Si tratta naturalmente di stime indicative, influenzate dalle assunzioni metodologiche proposte nel presente studio e che non tengono conto dei possibili fattori di disturbo naturale, né dell’effetto di eventuali cambiamenti climatici sui ritmi di crescita del soprassuolo (trascurabili nel breve periodo), né degli effetti stessi che un consistente aumento delle pratiche selvicolturali avrebbero sulla struttura, e quindi sulla crescita, del soprassuolo arboreo.
Ulteriori analisi, basate sull’applicazione di CBM, alle stime invenariali o assestamentali disponibili in Trentino ([39]) così come in altre regioni italiane ([34]), potrebbero definire in modo piú preciso l’effetto di tali variabili. Ciò consentirebbe di valutare in modo oggettivo, a livello nazionale, regionale o assestamentale, diversi scenari gestionali, legati a differenti pratiche selvicolturali e strategie di impiego delle risorse legnose. Queste potrebbero essere volte a massimizzare la produzione di manufatti, quantificando la funzione di C-ritenzione extra-boschiva come richiesto dai nuovi accordi sui cambiamenti climatici ([31]), o l’utilizzo del legname per fini energetici, come prevedono diversi modelli economici recentemente applicati su scala europea ([4]) o ancora lo stoccaggio del C in foresta.
Tali aspetti, sono da tempo oggetto di indagini condotte su singoli casi di studio ([20], [1]), ma per essere valutati su una più ampia scala spaziale e temporale, richiedono l’applicazione di modelli di studio dinamici, capaci di integrare le informazioni inventariali ed assestamentali disponibili in letteratura con diversi possibili scenari futuri.
Conclusioni
Il lavoro offre un esempio delle possibilità di impiego del Carbon Budget Model su scala locale, utilizzando le informazioni fornite dall’INFC e da altri studi inventariali a scala regionale. Le modifiche apportate a CBM e la metodologia proposta per la parametrizzazione del modello hanno consentito: (i) di simulare la gestione delle foreste disetanee e quindi fornire un’analisi coerente con la struttura delle foreste italiane, ove meno del 60% della superficie forestale totale è classificata come ceduo o fustaia coetanea; (ii) di evitare l’impiego di tavole di produzione spesso obsolete; e (iii) di integrare su scala locale le informazioni relative alle utilizzazioni forestali, distinte tra conifere e latifoglie e tipo di impiego, con i dati inventariali.
I risultati, oltre ad evidenziare la coerenza delle stime fornite dal modello con i dati inventariali riportati in letteratura, offrono una stima delle capacità fissative attuali delle foreste trentine, pari a circa 350 Gg C anno-1 negli ultimi 10 anni, e delle potenzialità future delle stesse. Queste sono legate anche al ruolo della così detta C-ritenzione extra-boschiva, ovvero dello stock di C accumulato nei prodotti legnosi, che in base ad una prima stima, è pari a circa il 30% dello stock change complessivo accumulato annualmente in foresta.
Il modello proposto, consente di includere in successive analisi anche il ruolo di fattori di disturbo naturali, quali gli incendi, già considerati su scala nazionale, della riduzione o dell’incremento della superficie forestale, nonché di diversi possibili scenari gestionali che, in base alle informazioni disponibili, potranno essere analizzati su diverse scale temporali e spaziali, dall’ambito assestamentale, a quello regionale o nazionale.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano l’anonimo revisore che ha fornito utili suggerimenti e commenti per la redazione del presente manoscritto.
References
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